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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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(psicologico) del percepire o anche, meno ovviamente, con l’ente percepito stesso. Nella<br />

convinzione che il senso ultimo della tesi kantiana sia “che l’effettività, l’esistenza, non sono<br />

qualcosa <strong>di</strong> effettivo, <strong>di</strong> esistente, che l’essere, in sé, non è qualcosa <strong>di</strong> essente” 571 , <strong>Heidegger</strong> opta<br />

invece per l’identificazione <strong>di</strong> esistenza ed esser-percepito, il ché, non a caso, corrisponde alla<br />

posizione <strong>di</strong> Berkeley dell’esse-percipi, per <strong>Heidegger</strong> sintetizzante la posizione della modernità<br />

intera.<br />

Ma anche dopo questa ipotesi, <strong>Heidegger</strong> spinge all’estremo la problematizzazione del testo<br />

kantiano al fine <strong>di</strong> farne emergere l’insufficienza, per poi tentare la sua ra<strong>di</strong>calizzazione positiva<br />

circa la questione dell’essere; e infatti osserva: “La finestra non riceve certo l’esistenza per il fatto<br />

che io la percepisco, ma, viceversa, io posso percepire la finestra solo se questa esiste e perché<br />

questa esiste. L’esser-percepito presuppone in ogni caso la percepibilità e questa, a sua volta,<br />

richiede già l’esistenza dell’ente percepibile o percepito. La percezione o posizione assoluta è tutt’al<br />

più il modo <strong>di</strong> accedere a ciò che esiste, a ciò che sussiste, il modo del suo scoprimento. L’esserscoperto,<br />

però, non è il sussistere <strong>di</strong> ciò che sussiste, l’esistere <strong>di</strong> ciò che esiste. Esso appartiene a<br />

ciò che esiste, a ciò che sussiste, anche se questo ente non risulta scoperto. Solo perciò l’ente può<br />

essere scoperto. Allo stesso modo la posizione, intesa come esser-posto, non costituisce l’essere<br />

dell’ente né si identifica con esso, ma rappresenta semmai il modo in cui è colto ciò che è posto” 572 .<br />

Secondo <strong>Heidegger</strong>, bisogna pertanto chiarire più ra<strong>di</strong>calmente, oltre Kant stesso, quale sia la<br />

struttura ontologica del porre e del percepire e su quali basi essi siano possibili, per poter enucleare<br />

infine – ed oltre la sua forma negativa – il senso positivo della tesi <strong>di</strong> Kant sull’essere, espresso<br />

dall’identificazione dell’essere (esistenza) con la posizione-percezione 573 . Innanzitutto, e come<br />

571<br />

Ivi, p. 39.<br />

572<br />

Ivi, p. 44; a proposito <strong>di</strong> questo passaggio, Zimmerman ha notato come esso “seems to be <strong>di</strong>rected at the neo-<br />

Kantians, who – accor<strong>di</strong>ng to <strong>Heidegger</strong> – attempted to reduce the Being of being to «objectivity», i.e., being is what it<br />

is because of its relation to the subject”, M.E. Zimmerman, <strong>Heidegger</strong>’s «Completion» of «Sein und Zeit», cit., p. 44;<br />

Zimmerman ci sembra però impreciso, in quanto certo <strong>Heidegger</strong> contesta ai neokantiani – e in generale – anche la<br />

riduzione dell’essenza a mero concetto dell’intelletto soggettivo, e tuttavia, nei passaggi che ricostruiamo, è in<br />

questione non l’essenza (what <strong>di</strong>ce Zimmerman, was, realitas nel senso kantiano illustrato), ma l’esistenza (dass). Ora,<br />

che i neokantiani identificassero l’oggettività con l’essere nel senso dell’essenza o dell’esistenza ci pare tutto da<br />

verificare.<br />

573<br />

Ancora qui – siamo nel ’27 – <strong>Heidegger</strong> – dando in tal modo a vedere <strong>di</strong> considerare ancora lo ‘psicologismo’, in<br />

senso ampio, il vero antagonista <strong>di</strong> una filosofia scientifica, ben oltre il problema <strong>di</strong> una fondazione su basi psicologiche<br />

delle leggi logiche – polemizza contro le interpretazioni o i tentativi <strong>di</strong> superamento <strong>di</strong> Kant a partire dalla psicologia<br />

scientifica, nella sua pretesa <strong>di</strong> essersi sbarazzata del naturalismo della psicologia <strong>di</strong> stampo positivista: “Secondo Kant<br />

ogni pensare, ogni porre, è un Io penso. L’Io ed i suoi stati, i suoi atteggiamenti, la sfera psichica, come si suol <strong>di</strong>re,<br />

richiedono un chiarimento preliminare. Il motivo per cui risulta insufficiente la spiegazione kantiana del concetto <strong>di</strong><br />

esistenza sembra del tutto chiaro: Kant lavora con una psicologia ancora molto primitiva. (…) La psicologia o<strong>di</strong>erna, in<br />

tutti i suoi in<strong>di</strong>rizzi, che si <strong>di</strong>stinguono quasi solo per le terminologie usate, si tratti della psicologia della Gestalt o della<br />

psicologia dello sviluppo, della Denkpsychologie o dell’eidetica, afferma: oggi siamo ormai usciti dal naturalismo del<br />

secolo scorso e dei decenni passati; per noi oggetto della psicologia è la vita, non sono più soltanto le sensazioni, le<br />

impressioni tattili e l’attività della memoria: noi indaghiamo la vita nella sua piena realtà e nella nostra ricerca noi<br />

destiamo in noi stessi la vitalità; la nostra scienza della vita è al tempo stesso l’autentica filosofia poiché, nel suo<br />

procedere, essa dà forma alla vita ed è visione della vita e del mondo. (…) La psicologia, in tutti i suoi in<strong>di</strong>rizzi che<br />

pongono l’accento sul problema antropologico, si trova sostanzialmente là dove era, più <strong>di</strong> trent’anni fa, in maniera<br />

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