"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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esperienza e pensiero” 42 , ciò che rende anche meglio comprensibile senso e motivo dell’adesione al<br />
realismo critico del Külpe, a metà strada, appunto, tra un realismo ingenuo che accetta i contenuti <strong>di</strong><br />
percezione “come realtà oggettive nella forma in cui si offrono” 43 ed “il pensare puro [che] non è un<br />
tribunale competente per decidere sull’essere ideale o reale” 44 , “anche se si può non consentire<br />
interamente con Külpe, e soprattutto non a riguardo della sua concezione della metafisica<br />
«induttiva», del carattere ipotetico e della fondazione d’essa” 45 .<br />
Tale esigenza <strong>di</strong> conciliazione dei due aspetti proveniva ad <strong>Heidegger</strong>, come è stato<br />
ottimamente mostrato 46 , dalla lettura <strong>di</strong> Brentano, il quale, nello stesso intento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are<br />
l’aristotelismo con le tendenze della filosofia contemporanea e pur partendo dal riconoscimento<br />
della plurivocità del senso categoriale dell’essere, aveva finito poi col fornire una interpretazione<br />
‘univocista’ <strong>di</strong> ascendenza tardo e neoplatonica (si ricor<strong>di</strong> inoltre l’importanza, per <strong>Heidegger</strong>, delle<br />
lezioni <strong>di</strong> Braig su Schelling) del pensiero dello stagirita, interpretazione che <strong>Heidegger</strong><br />
sostanzialmente accoglierà fino ad esasperarne la tendenza univocista, torcendo la stessa esigenza <strong>di</strong><br />
me<strong>di</strong>azione tra unità e molteplicità, sensibilità e intelletto, realismo critico e idealismo<br />
trascendentale nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una sempre più incolmabile <strong>di</strong>fferenza tra essere ed ente 47 . E,<br />
infine, ci sembra <strong>di</strong> vedere qui chiaramente in nuce il motivo del successivo interesse <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong><br />
per la filosofia <strong>di</strong> Emil Lask, la cui istanza <strong>di</strong> una ‘logica della filosofia’ – cioè la necessità <strong>di</strong> una<br />
nuova teoria delle categorie applicabile non solo ai dati <strong>di</strong> realtà, ma anche a quelli logici (concetti,<br />
giu<strong>di</strong>zi e sillogismi <strong>di</strong>ce qui <strong>Heidegger</strong>, come si è visto) – ed il cui principio della ‘determinazione<br />
materiale della forma’, dovevano meglio corrispondere, rispetto all’impostazione kulpiana,<br />
all’esigenza brentaniana – “indubbiamente <strong>di</strong> sapore aristotelico” 48 – <strong>di</strong> una rivalutazione<br />
42<br />
Ivi, p. 143.<br />
43<br />
Ivi, p. 145.<br />
44<br />
Ibid.<br />
45<br />
Ivi, p. 148.<br />
46<br />
Cfr. F. VOLPI, <strong>Heidegger</strong> e Brentano, cit.<br />
47<br />
Si veda a proposito il seguente passo: “In conclusione, ci sembra <strong>di</strong> poter asserire che, pur venendo a contatto <strong>di</strong>retto<br />
con una problematizzazione ra<strong>di</strong>cale dell’esperienza, quale quella aristotelica, <strong>Heidegger</strong> ne travisa il significato,<br />
sovrapponendo a questo domandare un’istanza ingiustificata e ingiustificabile e, quin<strong>di</strong>, ad esso estranea e con esso<br />
inconciliabile, l’esigenza dell’univocità dell’essere: anziché rigettare come ingiustificata e acritica questa istanza,<br />
<strong>Heidegger</strong>, influenzato da letture filosofiche <strong>di</strong> carattere scolastico (Brentano, Lask) e dalle esigenze <strong>di</strong> correnti<br />
filosofiche allora dominanti nelle università tedesche (Natorp, Husserl), ha operato l’impossibile tentativo <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are<br />
l’essere univoco, razionalmente indeterminabile, e la molteplicità dell’esperienza. Il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza ontologica,<br />
in forza del quale l’essere è ciò che è trascendens in modo assoluto, costituisce l’essenza e, nello stesso tempo,<br />
l’implicita <strong>di</strong>chiarazione dell’impossibilità <strong>di</strong> questa me<strong>di</strong>azione”; F. VOLPI, <strong>Heidegger</strong> e Brentano, cit., p. 20. Del resto<br />
lo stesso <strong>Heidegger</strong> ricorderà in seguito come la lettura del testo <strong>di</strong> Brentano su Aristotele lo avesse posto <strong>di</strong> fronte ad<br />
un centrale interrogativo: “Pur se in modo sufficientemente impreciso, mi muoveva il pensiero: se l’essente è detto in<br />
più sensi, quale ne è allora il significato guida fondamentale? Che significa essere?”; M. HEIDEGGER, Il mio cammino <strong>di</strong><br />
pensiero e la fenomenologia, cit., p. 189.<br />
48<br />
F. VOLPI, <strong>Heidegger</strong> e Brentano, cit., p. 86. Parimenti si può constatare il limite, a quest’altezza, della lettura<br />
heideggeriana delle Ricerche Logiche nelle quali Husserl, in particolare grazie al concetto <strong>di</strong> ‘intuizione categoriale’ –<br />
che <strong>Heidegger</strong> stesso dovrà sempre più ritenere la scoperta fondamentale della fenomenologia – si sforzava <strong>di</strong> rifondare<br />
su basi completamente nuove proprio il rapporto tra sensibilità, percezione e intelletto, approdando ad un nuovo<br />
concetto <strong>di</strong> evidenza; ma su ciò <strong>di</strong>remo <strong>di</strong>ffusamente in seguito. A proposito dei limiti del ruolo conoscitivo<br />
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