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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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quella <strong>di</strong> essere leghein tì katà tinos. Ma la seconda con<strong>di</strong>zione – e dunque a sua volta la terza – si<br />

fondano sulla prima, cioè sul preliminare avere presente l’intorno-a-che dell’enunciazione. Ciò<br />

significa, ancora una volta, che la verità dell’asserzione – per Husserl come per Aristotele – è<br />

fondata, e fondata sulla <strong>di</strong>sponibilità dell’ente resa possibile dall’intuizione.<br />

È per questo motivo che Aristotele denomina il carattere d’essere <strong>degli</strong> enti caratterizzati da<br />

compresenza come !en, ciò che “in<strong>di</strong>ca una preliminare presenza, in cui la compresenza è possibile<br />

solo come modo. La terza con<strong>di</strong>zione della falsità è quin<strong>di</strong> parimenti fondata su un fenomeno<br />

originario, su una presenza primaria” 540 . E tuttavia, precisa infine <strong>Heidegger</strong> a proposito della<br />

presenza in senso primario e del modo <strong>di</strong> averla, “il reggente aver-presente l’intorno-a-che, da parte<br />

sua, non è ancora una determinazione, ma un semplice possesso, dunque in qualche modo un<br />

qigeîn; giacché, dapprima, ogni cosa semplice è accessibile come tale nel qigeîn, il quale però non<br />

è solo via d’accesso alle cose semplici ma anche a quel che può essere posseduto nel modo delle<br />

cose semplici, ossia a quel che è irriducibile. Proprio nel modo dell’irriducibilità delle<br />

determinazioni è tematizzato sin dall’inizio l’intorno-a-che, e in questo modo sorretto come il<br />

terreno su cui il determinante possesso trova espressione” 541 .<br />

2. La tesi <strong>di</strong> Kant “l’essere non è un pre<strong>di</strong>cato reale”.<br />

Nell’intento <strong>di</strong> un avvicinamento in negativo alla più propria e positiva concezione<br />

heideggeriana della verità, intesa come inscin<strong>di</strong>bile dalla Seinsfrage, inten<strong>di</strong>amo ora prendere in<br />

considerazione la celebre tesi <strong>di</strong> Kant sull’essere secondo la quale “l’essere non è un pre<strong>di</strong>cato<br />

reale”. In realtà essa era già emersa nel corso del primo capitolo, in cui abbiamo visto Husserl<br />

richiamarvisi nelle Ricerche Logiche e Lask – seguito esplicitamente da <strong>Heidegger</strong> – farla propria<br />

interpretandola nel senso della <strong>di</strong>stinzione, funzionale al progetto <strong>di</strong> una scienza autonoma della<br />

logica in quanto filosofia della filosofia, tra l’oggetto e l’oggettuale, dunque tra l’ente e l’essere, tale<br />

da aprire alla possibilità dell’ampliamento della sfera del categoriale dall’ambito ontico delle<br />

tra<strong>di</strong>zionali categorie aristoteliche a quello propriamente logico della vali<strong>di</strong>tà 542 .<br />

Anche per quanto riguarda Kant è necessaria tuttavia una premessa. Negli ultimi anni<br />

marburghesi, infatti, gli sforzi decostruttivi heideggeriani si incentrano in maniera sempre crescente<br />

540 Ivi, p. 127.<br />

541 Ibid.<br />

542 Cfr. capitolo I, nota 81.<br />

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