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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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Con ciò si chiarisce <strong>di</strong> rimando anche il fenomeno della possibilità del falso circa gli enti<br />

composti, riconoscibile ora come fondato sul semplice noein, poiché, “in qualche modo, devo già<br />

necessariamente avere l’intorno-a-che [dell’asserzione] per fallire in rapporto ad esso” 537 . La<br />

possibilità della falsità, e dunque della verità dell’asserzione, si fonda pertanto, anche in Aristotele,<br />

sul previo aver già scoperto l’ente nel percepire.<br />

Ma, ancora, c’è una doppia “possibilità <strong>di</strong> simulazione” per gli enti che possono essere mostrati<br />

in quanto e a partire da qualcos’altro: ci sono enti la cui caratteristica è infatti quella <strong>di</strong> poter andare<br />

sempre insieme ad altre cose e sempre separati da certe altre, ed enti che possono o non possono<br />

stare insieme ad altri, a seconda dei casi. Per il primo tipo <strong>di</strong> ente “il mettere-insieme che fa vedere<br />

quel che è sempre separato – [e viceversa] – deve allora necessariamente coprire” 538 , nel caso dei<br />

secon<strong>di</strong> si danno ancora due possibilità del falso, e cioè una ontica, fondata sull’ente stesso, e una<br />

delotica, fondata sulla “relazione coprente”. La falsità ontica si ha, per esempio, quando l’ente <strong>di</strong><br />

cui l’enunciazione pre<strong>di</strong>ca l’essere insieme a qualcosa subisce un mutamento che mo<strong>di</strong>fica la<br />

medesima enunciazione da scoprente in coprente. La falsità delotica si ha invece quando<br />

l’enunciazione pre<strong>di</strong>ca qualcosa <strong>di</strong> qualcosa cui essa può senz’altro inerire, ma non nel momento in<br />

cui detta enunciazione è espressa. Riassumendo, <strong>Heidegger</strong> in<strong>di</strong>vidua tre con<strong>di</strong>zioni strutturali della<br />

falsità, e dunque della verità:<br />

1. La tendenza allo scoprimento <strong>di</strong> qualcosa, il preliminare pensare e possedere l’intorno-ache.<br />

2. Un far-vedere l’intorno-a-che partendo da un’altra cosa in questa relazione scoprente<br />

fondamentale in quanto retta e guidata da tale far-vedere, giacché solo in base a tale struttura<br />

esiste la possibilità del dare qualcosa in quanto qualcosa.<br />

3. Questo far-vedere partendo da un’altra cosa è contemporaneamente fondato nella possibilità<br />

del comporsi <strong>di</strong> qualcosa con qualcos’altro 539 .<br />

Ora, è chiaro che in tale connessione strutturale le tre con<strong>di</strong>zioni non sono sullo stesso piano, ma<br />

si danno invece dei rapporti <strong>di</strong> fondazione. La seconda con<strong>di</strong>zione, infatti, si fonda sulla terza, cioè<br />

a <strong>di</strong>re che solo in quanto si riferisce agli enti che hanno la possibilità del comporsi con<br />

qualcos’altro, il far-vedere in cui consiste il logos può esplicarsi secondo la sua struttura, che è<br />

il problema dell’essere della cosa semplice, ricorre nuovamente allo schietto noeîn-qigeîn. L’essere-scoperto si<br />

incarica quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> rispondere al problema dell’essere. Un carattere d’essere dell’ente, il carattere cioè <strong>di</strong> quel che è in<br />

maniera vera e propria, della cosa semplice, è determinato per mezzo dell’essere-scoperto”, M. <strong>Heidegger</strong>, Logica. Il<br />

problema della verità, cit., p. 127.<br />

537<br />

Ivi, p. 122.<br />

538<br />

Ivi, p. 124.<br />

539<br />

Ivi, p. 125.<br />

137

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