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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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<strong>Heidegger</strong> mostra come i frainten<strong>di</strong>menti si anni<strong>di</strong>no già nella traduzione corrente dei termini<br />

principali <strong>di</strong> tale cruciale passaggio. Se infatti si intende ñmoíwma come immagine o copia, e<br />

paqÔmata come stati <strong>di</strong> coscienza o rappresentazioni, si può intendere la parte finale del brano nel<br />

senso che “nell’anima vi sono stati dell’anima stessa, l’elemento psichico, come immagini <strong>di</strong> cose<br />

che non sono nell’anima” 523 .<br />

Ma i paqÔmata non sono i páqh, “stati”, bensì in<strong>di</strong>cano l’“affezione in senso ampio” 524 – così<br />

come in senso ampio <strong>Heidegger</strong> aveva inteso, con Husserl, la percezione –, mentre “ñmoiÍmata<br />

vuol <strong>di</strong>re quel che è stato assimilato, che ñmoíwj 1cei, che in quanto si fa incontro è eguale all’ente<br />

stesso” 525 . Bisogna però precisare che vero e falso comportano sempre due aspetti: da un lato essi<br />

costituiscono un “carattere dell’ente stesso (in particolare del mondo)”, nel quale si fondano, cioè<br />

l’“essere-scoperto” dell’ente in quanto qualcosa; dall’altro verità e falsità designano il<br />

comportamento – scoprente o coprente – dell’esserci, laddove “questo comportamento stesso e<br />

l’esserci come tale sono [a loro volta] <strong>di</strong> per sé scoperti. Il fenomeno dello scoprimento ha<br />

molteplici «aspetti» essenziali” 526 .<br />

Al fine <strong>di</strong> penetrare più a fondo il fenomeno ontologico della verità, nonché il fondamento del<br />

suo carattere ‘intuitivo’, alla base, come si è visto, <strong>di</strong> tutta la tra<strong>di</strong>zione filosofica, <strong>Heidegger</strong> passa<br />

quin<strong>di</strong> ad analizzare brani <strong>di</strong> Met. Θ 10. In polemica con le interpretazioni <strong>di</strong> Jaeger, Schwegler e<br />

Ross, i quali consideravano il libro IX della Metafisica spurio o incoerente con il complesso<br />

dell’opera, <strong>Heidegger</strong>, in accordo con Bonitz, Tommaso e Suarez 527 , ritiene invece che proprio in<br />

tale libro sia da trovare l’essenziale connessione tra il problema dell’essere e quello della verità, e<br />

che il libro sia dunque da considerare assolutamente autentico, anzi, ad<strong>di</strong>rittura “la comprensione<br />

dell’ontologia greca e con essa del problema della verità <strong>di</strong>pende dalla possibilità dell’accesso a<br />

questo capitolo” 528 .<br />

523<br />

Ibid.<br />

524<br />

Ibid.<br />

525<br />

Ibid.<br />

526<br />

Ivi, p. 114.<br />

527<br />

“La metafisica <strong>di</strong> Cartesio e quelle <strong>di</strong> Spinoza, Leibniz, Wolff, Kant, Hegel nascono dalle Disputationes<br />

Metaphysicae del gesuita e tomista spagnolo Suarez; grazie alla sua me<strong>di</strong>tazione, la problematica e la concettualità<br />

ontologiche sono entrate nell’epoca moderna (egli stesso – Tommaso e quin<strong>di</strong> Aristotele)”, ivi, p. 116.<br />

528<br />

Ivi, p. 117; riportiamo qui <strong>di</strong> seguito la traduzione heideggeriana dei brani in questione, <strong>di</strong>visi in due sezioni, per<br />

consentire <strong>di</strong> seguirne più agevolmente l’interpretazione: “1051 a 34 - b 6: «Poiché l’ente e il non-ente sono compresi<br />

(s’intende, nel loro essere) sia in riferimento alle forme delle categorie, sia in riferimento alla possibilità (non-presenza<br />

nel senso <strong>di</strong> qualcosa che non è ancora presente) e alla realtà (pura e semplice presenza) dell’ente inteso nelle categorie<br />

o del non-ente (vale a <strong>di</strong>re il suo contrario), quando però sia compreso l’ente nel senso più proprio, scoprimento e<br />

coprimento… b 5: sorge così la domanda quando sia o non sia quel che noi chiamiamo ‘scoperto’ e ‘coperto’. Bisogna<br />

infatti ricercare quel che inten<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>re con questi termini». Proposizione interme<strong>di</strong>a b 2-5: «L’essere più proprio<br />

dell’ente poggia infatti per quanto riguarda l’ente stesso sullo stare-(già)-insieme e sullo stare-<strong>di</strong>viso, cosicché scopre<br />

chi prende (ha - «ha» presente) ciò che sta <strong>di</strong>viso nel suo star <strong>di</strong>viso, ciò che sta insieme nel suo star insieme. Mentre<br />

copre chi nell’in-quanto-qualcosa in cui prende l’ente si riferisce all’ente nella maniera opposta». b 6-9: «Infatti, tu non<br />

sei bianco per il fatto che noi scoprendo ti ve<strong>di</strong>amo in quanto bianco nel tuo essere presente, ma per il fatto che il tuo<br />

esser presente è in quanto bianco, ci comportiamo cioè in maniera scoprente quando facciamo vedere nel <strong>di</strong>scorso<br />

questo esser presente». b 9-13: «Se ora, quin<strong>di</strong>, qualcosa dell’ente sta sempre insieme e (nel suo essere) non c’è la<br />

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