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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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Pertanto, una logica – o peggio una gnoseologia – considerata separatamente dall’ontologia o<br />

come priva <strong>di</strong> riferimento ontologico all’ente, è qualcosa che esorbita dall’orizzonte concettuale<br />

greco, il quale, nel suo orientamento al logos, ed in particolare al logos in quanto enunciato (in<br />

senso participiale), ha reso tuttavia possibile il coprimento del fenomeno originario della verità pure<br />

scoperto.<br />

Poiché infatti, “nella misura in cui la sintesi è struttura del lógoj inteso come comportamento<br />

dell’in<strong>di</strong>care, l’3n e la sua struttura sono interpretati a partire dal lógoj e dalla sua struttura; la<br />

struttura dell’essere è caratterizzata come «logica» nel senso stretto del termine, quin<strong>di</strong> non nel<br />

senso <strong>di</strong> un’ontologia dell’ente, ma in quello <strong>di</strong> una logica dell’ente. (…) Σúnqesij non è solo la<br />

struttura del lógoj, ma anche dell’intorno-a-che in quanto tale, nella misura in cui esso è e<br />

dev’essere ente in generale nel senso del vero” 521 . Ma è ancora un altro il luogo al quale ci si<br />

richiama tra<strong>di</strong>zionalmente per attribuire ad Aristotele un concetto ingenuo – cioè appunto non o pre-<br />

critico – <strong>di</strong> verità, ed è un celebre passo del De interpretazione (I, 16 a 3-8): # Esti mèn oûn tÞ æn<br />

tØ fwnØ tÏn æn tØ yucØ paqhmátwn súmbola, kaì tà grafómena tÏn æn tØ fwnØ< kaì<br />

9sper o÷dè grámmata pâsi tà a÷tá, o÷dè fwnaì aë a÷taí< þn méntoi taûta shmeîa<br />

prÍtwn, taûtà pâsi paqÔmata tÖj yucÖj, kaì þn taûta ñmoiÍmata prágmata 2dh<br />

ta÷tá.<br />

Così traduce <strong>Heidegger</strong>: “«Ora però ci sono le emissioni <strong>di</strong> voce, le parole, tali che in esse è<br />

reso noto quel che avviene nel comportamento dell’anima (percepire – considerare). E le lettere<br />

scritte, tali che in esse sono rese note le parole. E ora, come i segni scritti non sono gli stessi per<br />

tutti gli uomini (quelli <strong>degli</strong> Egizi sono <strong>di</strong>versi da quelli dei Greci), così anche i suoni (le forme<br />

dell’emissione <strong>di</strong> voce) non sono gli stessi. Ciò <strong>di</strong> cui tuttavia queste emissioni <strong>di</strong> voce, questi<br />

vocaboli in prima linea (propriamente) sono segni, ossia ciò cui essi in quanto vocaboli danno voce,<br />

ciò per cui essi in quanto vocaboli sono parole, questo in quanto identico è ciò che tutti incontrano,<br />

in quanto inteso, in quanto appreso, è anzi ciò <strong>di</strong> cui quel che è inteso e compreso, i significati, è<br />

assimilazione, l’ente stesso con cui abbiamo a che fare, prágmata, con cui si intende comunque<br />

già qualcosa che sin dall’inizio è identico a se stesso»” 522 .<br />

521<br />

Ibid.; e poco oltre <strong>Heidegger</strong> precisa: “La súnqesij, come con<strong>di</strong>zione della possibilità dell’esser-falso e soprattutto<br />

<strong>di</strong> un corrispondente esser-vero, è un concetto cangiante, ora logico, ora ontologico, anzi, per lo più le due cose insieme,<br />

o, più precisamente, né l’una né l’altra. È questo lo sta<strong>di</strong>o caratteristico tanto della filosofia aristotelica quanto <strong>di</strong> quella<br />

platonica. (…) Uno dei meriti immortali <strong>di</strong> Platone è quello <strong>di</strong> aver mostrato come anche l’errore e la falsità siano;<br />

questo gli fu possibile solo perché pose il problema dell’essere su basi nuove. Tuttavia, egli non ha trovato una risposta<br />

che <strong>di</strong>cesse che cosa sia questo essere falso e come esso sia possibile, come non l’ha trovata Aristotele, che si spinse<br />

oltre sul terreno del lavoro platonico. Aristotele mostra come vi sia nell’ente stesso e nel suo possibile modo d’essere<br />

una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> possibilità della falsità. Una scoperta che in seguito ed attualmente è caduta nella più completa<br />

<strong>di</strong>menticanza, poiché il problema stesso della verità non è più compreso. Noi riteniamo che l’illusione e l’errore siano<br />

qualcosa <strong>di</strong> soggettivo, che abbiano origine nel pensiero che viola leggi e simili”, ivi, p. 113.<br />

522<br />

Ivi, p. 112.<br />

132

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