"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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non essere e il non-essente come essere è coprimento, ma il far-vedere l’essente come essere e il<br />
non-essente come non-essere è scoprimento»” 517 .<br />
Di qui risulta la valenza ontologica della concezione aristotelica della verità, alla quale siamo<br />
ora preparati dalle analisi circa il senso ontologico della fenomenologia. L’asserzione non ha<br />
innanzitutto a che fare con rappresentazioni, né Aristotele ha mai pensato a qualcosa come una<br />
copia dell’ente nella coscienza sotto forma <strong>di</strong> rappresentazione, poiché, <strong>di</strong>versamente, “la<br />
<strong>di</strong>chiarazione è già contenuta, in base al suo senso, nell’ente stesso, e anche quando l’intorno-a-che<br />
del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>chiarativo non è presente in carne ed ossa, quando cioè è solo inteso, è, sempre<br />
secondo il senso dell’enunciare, inteso l’ente stesso e non una rappresentazione o un’immagine che<br />
concorderebbe con l’ente non semplicemente-presente” 518 . Intanto il logos può essere sintetico<strong>di</strong>airetico,<br />
in quanto è l’ente stesso ad avere in sé struttura ‘composita’, ma per chiarire meglio<br />
questo punto pren<strong>di</strong>amo ancora in considerazione gli altri passi aristotelici riportati da <strong>Heidegger</strong><br />
con la loro traduzione, come sempre fortemente interpretante. Sempre in Metafisica E 4, 1027 b 20-<br />
22 si legge: “Tò mèn gàr Þlhqéj tÕn katáfasin æpì tÐ sugkeimén_ 1cei tÕn d’Þpófasin<br />
æpì tÐ <strong>di</strong>h?rhmén_, tò dè yeûdoj toútou toû merismoû tÕn Þntífasin. «Giacché lo<br />
scoprimento ha (in sé) l’attribuzione (<strong>di</strong> qualcosa a qualcosa) in riferimento a cose-giàsemplicemente-presenti-insieme<br />
ed ha la separazione in riferimento a cose-prese-nella-lorocontrapposizione,<br />
a cose-semplicemente-presenti-nella-loro-contrapposizione, mentre il coprimento<br />
consiste nel fatto che esso in rapporto a tale partizione, quella cioè del già-semplicemente-presenteinsieme<br />
e del semplicemente-presente-nella-contrapposizione, è rispettivamente l’opposto»” 519 .<br />
D’altra parte, <strong>di</strong> qui si evince che il falso in senso greco, in quanto “simulazione”, consiste nel<br />
pre<strong>di</strong>care qualcosa <strong>di</strong> qualcosa che in realtà è contrapposto, e nel separare ciò che in realtà si<br />
presenta come presente insieme.<br />
In questo passaggio viene chiaramente in luce la valenza apofantica del logos e,<br />
contemporaneamente, il suo significato eminentemente ontologico, in senso greco, per cui essere<br />
vuol <strong>di</strong>re innanzitutto presenza, e il ‘con-essere’ del leghein ti katá tinos significa ‘com-<br />
(semplice)presenza’, se ci è consentita la formulazione. Infatti, commenta <strong>Heidegger</strong>, “la cosa<br />
semplicemente-presente viene in<strong>di</strong>cata in quanto qualcosa, in modo che l’in-quanto-che-cosa con<br />
cui viene in<strong>di</strong>cata la cosa semplicemente-presente «giaccia» (keímenon-keîtai) in questa stessa<br />
cosa semplicemente-presente; con ciò, esso, l’intorno-a-che dell’enunciazione, viene raccolto in<br />
quanto giacente-isieme” 520 .<br />
517 Ivi, pp. 109-110.<br />
518 Ivi, p. 110.<br />
519 Ivi, pp. 110-111.<br />
520 Ivi, p. 111.<br />
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