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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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e scoprimento” 513 . Secondo <strong>Heidegger</strong>, che in effetti abbiamo visto essere dalla prima ora, con<br />

Husserl, sostenitore della separazione tra logica e grammatica, tale groviglio <strong>di</strong> equivoci nasce dal<br />

tra<strong>di</strong>zionale orientamento della logica alla proposizione espressa, “ma uno sguardo più attento vede<br />

già qui che lo schema súnqesij-<strong>di</strong>aíresij non è applicabile neanche alla forma linguistica” 514 .<br />

Che cosa <strong>di</strong>stingue realmente, infatti, una proposizione affermativa da una negativa? Il ‘non’<br />

della negazione separa davvero gli elementi <strong>di</strong> una proposizione rispetto ad una affermativa?<br />

Evidentemente una tesi del genere è insostenibile, per cui va <strong>di</strong>sconnessa anche l’identità tra<br />

attribuzione e negazione da un lato, e collegamento e separazione dall’altro, identificazione che ha<br />

determinato uno stallo nell’interrogazione sulle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> possibilità della verità e falsità del<br />

logos, da Aristotele – che pure rappresenta per <strong>Heidegger</strong> il picco <strong>di</strong> tale riflessione – fino a<br />

Kant 515 . Ci troviamo qui, sostiene <strong>Heidegger</strong>, ancora <strong>di</strong>nanzi al problema del Sofista platonico circa<br />

ciò che renda possibile la koinonia <strong>di</strong> una molteplicità <strong>di</strong> parole, ciò che Platone in<strong>di</strong>ca nell’essenza<br />

del logos in quanto logos tinos, <strong>di</strong>scorso su qualcosa in quanto qualcosa. Bisogna dunque analizzare<br />

tale struttura ‘compositivo-<strong>di</strong>sgiuntiva’ del logos, con la consapevolezza, tuttavia, che nemmeno le<br />

analisi aristoteliche giungono a vedere il fenomeno della verità nella sua essenza ontologica ultima,<br />

cioè il suo ra<strong>di</strong>camento nella significatività del mondo in cui l’esserci innanzitutto vive e alla quale<br />

anche qui, come nei Prolegomeni, <strong>Heidegger</strong> de<strong>di</strong>ca le prime pagine davvero significative quanto a<br />

sviluppo dell’elaborazione concettuale 516 . E dunque, la sintesi non è necessariamente per Aristotele<br />

la forma esclusiva dell’asserzione vera. <strong>Heidegger</strong> riporta infatti un passo da Metafisica G 7, 1011<br />

b 26: tò mèn gàr légein tò 3n mÕ eônai $h tò mÕ $on eônai yeûdoj, tò dè tò $on eônai kaì tò<br />

mÕ $on mÕ eônai Þlhqéj. <strong>Heidegger</strong> traduce: “«Giacché il <strong>di</strong>scorrente far-vedere l’essente come<br />

513<br />

Ivi, pp. 93-94. Quest’ultima affermazione, che potrebbe risultare <strong>di</strong>fficilmente comprensibile, risulta chiara alla luce<br />

delle già richiamate considerazioni dei Prolegomeni. Tuttavia, sarà forse necessario riportarne qui un passaggio,<br />

chiarificatore della questione: “L’aspetto primario non è anzitutto l’estrapolazione prima del q, poi <strong>di</strong> S come il tutto, e<br />

infine l’unione <strong>di</strong> entrambi, in modo che il rapporto dello stato <strong>di</strong> cose venga costruito insieme da elementi dati in<br />

precedenza, ma viceversa: l’aspetto primario è il rapporto stesso, per mezzo del quale gli elementi del rapporto<br />

<strong>di</strong>ventano espliciti in quanto tali. Più precisamente bisogna osservare che la <strong>di</strong>rezione del rilevamento dello stato <strong>di</strong> cose<br />

(…) non è l’unica possibile. In questo rilevamento si parte da q e si procede verso S, cioè dalla parte al tutto; ma si può<br />

anche andare in senso inverso, cioè dal semplice coglimento del tutto alla parte, ossia che non solo si può <strong>di</strong>re che q si<br />

trova in S, ma anche viceversa che S ha in sé q. E’ presente insomma una relazione che è coglibile in due <strong>di</strong>rezioni.<br />

Questa doppia <strong>di</strong>rezione coappartiene al senso <strong>di</strong> una struttura dello stato <strong>di</strong> cose come tale”, M. <strong>Heidegger</strong>,<br />

Prolegomeni alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, cit., p. 80; è chiaro, quin<strong>di</strong>, che se si considera l’attribuzione ad S <strong>di</strong> q, si<br />

procede in modo sintetico, mentre se si enuclea q da S il proce<strong>di</strong>mento è <strong>di</strong>airetico, ed entrambi sono ugualmente<br />

possibili.<br />

514<br />

Id., Logica. Il problema della verità, cit., p. 94.<br />

515<br />

“Lo stesso Aristotele, se si prescinde da un’in<strong>di</strong>cazione essenziale ma <strong>di</strong> nuovo troppo indeterminata, non mostra la<br />

<strong>di</strong>rezione. Egli e i Greci (e la tra<strong>di</strong>zione successiva), in realtà, hanno trascurato l’indagine su questo fenomeno<br />

strutturale. Collegamento e separazione sono le strutture con cui l’enunciazione, il giu<strong>di</strong>zio, sono spiegati come<br />

qualcosa <strong>di</strong> ultimo, e in questa tra<strong>di</strong>zione è poi confluita, <strong>di</strong>sgraziatamente, quella dei giu<strong>di</strong>zi analitici e sintetici,<br />

cosicché la confusione è enorme e nella scienza della logica, apparentemente compiuta e sicura, in realtà non c’è nulla<br />

che sia stato chiarito”, ivi, p. 95.<br />

516<br />

La verità, afferma infatti <strong>Heidegger</strong>, “è, posto che sia possibile <strong>di</strong>re così, la relazione dell’esserci come esserci con il<br />

suo stesso mondo, l’apertura al mondo propria dell’esserci, il cui essere per il mondo, che si apre in e con questo essere<br />

per esso, è scoperto. Aristotele non ha certamente scorto questo fenomeno, per lo meno non nella costituzione<br />

ontologica che gli è propria; altrettanto poco, però, egli ha inventato una teoria della verità come copia (…)”, ivi, p. 110.<br />

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