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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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<strong>di</strong>scoprire o il coprire regge e determina l’autentica (eigentliche) intenzione del <strong>di</strong>scorso»” 504 . Il<br />

tipo <strong>di</strong> enunciazione che mostra in questo modo è ciò che Aristotele designa come lógoj<br />

Þpofantikój, il cui senso fenomenologico primario, cioè quello delotico, abbiamo chiarito nel<br />

precedente capitolo.<br />

L’enunciazione viene infatti anche e per lo più intesa come pre<strong>di</strong>cazione nel senso della<br />

determinazione <strong>di</strong> un soggetto attraverso un pre<strong>di</strong>cato, oppure come comunicazione o espressione,<br />

in cui ciò che è inteso, nell’esempio <strong>di</strong> un enunciato del tipo ‘la lavagna è nera’, “non è né la<br />

semplice lavagna nel suo esser nera, quel che viene in<strong>di</strong>cato, messo in evidenza, né l’esser nero,<br />

quel che viene pre<strong>di</strong>cato, ma l’esser nero della lavagna come qualcosa che viene detto, l’esser detto<br />

<strong>di</strong> quel che viene in<strong>di</strong>cato e in<strong>di</strong>cato nel modo della pre<strong>di</strong>cazione. Nel <strong>di</strong>scorso parlato<br />

un’Þpófansij è enunciazione contemporaneamente in tutt’e tre i significati” 505 , laddove però è il<br />

primo senso, quello delotico, che fonda e rende possibili gli altri. Pertanto, conclude <strong>Heidegger</strong>, “il<br />

504<br />

Ibid.<br />

505<br />

Ivi, p. 90; a rimarcare la continuità platonico-aristotelica nell’interpretazione <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong>, è interessante dare uno<br />

sguardo alla sua analisi della polisemia del logos in Platone, secondo la quale il logos denoterebbe alternativamente: “1.<br />

légein. 2. legómenon, e precisamente questo significato <strong>di</strong> legómenon, ciò che è detto, ha senso duplice: esso può<br />

in<strong>di</strong>care l’oggetto del <strong>di</strong>scorso, quin<strong>di</strong> il contenuto, ma anche 3. l’esser-detto, l’essere espresso <strong>di</strong> questo contenuto (…)<br />

4. lógoj equivale ad eôdoj. Questo significato <strong>di</strong>pende dal fatto che lógoj può significare legómenon, ciò che è detto<br />

e precisamente – nella misura in cui légein significa Þpofaínesqai, lasciar vedere – ciò che nel <strong>di</strong>re si lascia vedere<br />

dell’ente, l’aspetto che l’ente offre, come esso si mostra nel lógoj in quanto Þpofaínesqai. Pertanto il lógoj può<br />

spesso essere identificato con l’eôdoj, con l’idea. In un ulteriore significato abbiamo 5. una identificazione del lógoj<br />

con noûj, noeîn. Già sappiamo che il lógoj è il fenomeno che viene inteso come determinazione fondamentale<br />

dell’uomo: l’uomo in quanto vivente che parla. Ma nella misura in cui tale parlare è la modalità d’attuazione del vedere,<br />

del percepire, della a#isqhsij come del noeîn, il lógoj in quanto carattere fondamentale dell’essere dell’uomo <strong>di</strong>venta<br />

parimenti sostituto per l’altra determinazione della zoÔ dell’uomo, cioè per il noûj. Per via <strong>di</strong> quest’intrico fenomenale<br />

accade che il lógoj venga tradotto con Ragione. Ma lógoj non significa ragione e non possiede in se stesso il senso<br />

noeîn, bensì può essere solo la modalità d’attuazione del percepire stesso. (…) 6. lógoj significa relazione<br />

(Beziehung). Questo significato risulta comprensibile sulla base del senso fondamentale del légein. Légein significa<br />

légein ti katá tinoj: chiamare in causa qualcosa in quanto qualcosa, cioè in riferimento a qualcosa. Nel légein<br />

risiede un riferirsi a, un riferirsi dell’uno all’altro; per questo lógoj significa anche qualcosa come relazione. Dal<br />

significato <strong>di</strong> chiamare in causa qualcosa in quanto qualcosa il termine lógoj riceve questo significato derivato:<br />

relazione. Da qui poi si chiarisce in che senso lógoj 7. significa Þnálogon, «corrispondente» (ent-sprechend), ciò che<br />

corrisponde, il corrispondere come un modo specifico dell’essere-riferito”, id., Platon: Sophistes, cit., pp. 201-202; a tal<br />

proposito Le Moli, che inspiegabilmente non riporta il fondamentale quinto punto del testo heideggeriano, in cui, come<br />

ora sappiamo, si insiste sulla essenziale connessione-<strong>di</strong>stinzione tra il logos e gli atti intuitivi categoriali dell’ideazione,<br />

osserva tuttavia: “Il significato 1) (légein) qualifica il «parlare» come «atto» (l’«azione» espressa da un verbo); i<br />

significati 2) e 3) esprimono l’aspetto per cui il lógoj possiede un contenuto determinato (legómenon); il significato 4)<br />

in<strong>di</strong>ca il fatto che ciò che viene detto nel lógoj esprime l’«aspetto» dell’ente <strong>di</strong> cui si parla, porta cioè quest’ultimo ad<br />

«evidenza», mentre i significati 6) e 7) ne introducono il senso relazionale, per cui nel lógoj c’è un rapporto: a) tra<br />

l’atto del «parlare» e il «contenuto» del <strong>di</strong>scorso e b) intrinseco all’«oggetto del <strong>di</strong>scorso» stesso nella misura in cui<br />

esso è determinato nel <strong>di</strong>scorso, ovvero è «chiamato in causa» (angesprochen) in quanto qualcosa, cioè «<strong>di</strong>svelato» in<br />

quanto tale. «Funzione <strong>di</strong>svelante» («delotica»), «intenzionalità» e «relazionalità» sono in questo senso, per <strong>Heidegger</strong>,<br />

i caratteri fondamentali della concezione platonica del lógoj”, A. Le Moli, <strong>Heidegger</strong> e Platone. Essere, relazione,<br />

<strong>di</strong>fferenza, Milano, 2002, p. 33; si vede chiaramente come a tali raggruppamenti fondamentali dei <strong>di</strong>versi sensi del logos<br />

corrispondano i tre sensi dell’asserzione poc’anzi delucidati: la “funzione <strong>di</strong>svelante” primaria (apofantico-delotica) del<br />

<strong>di</strong>scorso, l’“intenzionalità” e “relazionalità” del <strong>di</strong>scorso come pre<strong>di</strong>cazione determinante qualcosa in quanto qualcosa,<br />

e quella comunicativo-espressiva – che Le Moli vede e tuttavia non enumera – espressa nei significati 1) e 3);<br />

sull’interpretazione heideggeriana del logos nel Sofista si veda anche J.F. Courtine, L’interpretazione del lógoj e la<br />

teoria della proposizione nel Sofista, in E. Mazzarella (a cura <strong>di</strong>), <strong>Heidegger</strong> a Marburgo (1923-1928), Genova, 2006,<br />

pp. 189-210; più in generale su <strong>Heidegger</strong> e Platone si vedano anche M. J. Brach, <strong>Heidegger</strong>-Platon. Vom<br />

Neukantianismus zur existentiellen Interpretation des Sophistes, Würzburg, 1996; P. Ciccarelli, Il Platone <strong>di</strong><br />

<strong>Heidegger</strong>. Dalla «<strong>di</strong>fferenza ontologica» alla «svolta», Bologna, 2002.<br />

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