"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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si può imparare a vedere che l’oggettività <strong>di</strong> un ente non si esaurisce proprio in ciò che, in quanto<br />
realtà, viene determinato in questo senso così strettamente definito; si può vedere che l’oggettività o<br />
l’oggettualità nel senso più ampio è molto più ricca della realtà <strong>di</strong> una cosa; ancora <strong>di</strong> più, si può<br />
vedere che la realtà <strong>di</strong> una cosa è comprensibile nella sua struttura solo a partire dalla piena<br />
oggettività dell’ente semplicemente esperito” 435 .<br />
Di fondamentale importanza sono, infine, tra gli atti categoriali, gli “atti dell’ideazione” o<br />
dell’“intuizione dell’universale”, i quali si <strong>di</strong>fferenziano dagli altri atti fondati per la caratteristica <strong>di</strong><br />
non cointenzionare l’oggettualità che li fonda, come ad esempio in un atto sintetico <strong>di</strong><br />
congiunzione, in cui “proprio l’«e» cointenziona l’uno e l’altro, mettendo in evidenza questo «A e<br />
b» nella nuova oggettualità” 436 .<br />
In tali atti “offerenti”, ciò che è offerto tra<strong>di</strong>zionalmente “viene definito idea, idéa, species.<br />
Questo termine latino è la traduzione <strong>di</strong> eôdoj, l’aspetto [das Aussehen] <strong>di</strong> qualcosa” 437 , ciò che<br />
determina il singolo qualcosa in ciò che esso propriamente è, ed è già sempre “co-afferrato”, ma<br />
non esplicitamente colto in quanto tale, in ogni semplice intuizione. Inoltre, al contenuto oggettivo<br />
della species, dell’universale, è assolutamente in<strong>di</strong>fferente il suo realizzarsi in questo o quel caso<br />
singolare concreto, per cui essa è, “come si usa anche <strong>di</strong>re, un’unità dell’identità immutabile,<br />
invariante” 438 , e tuttavia “che in generale ci sia qui un fondamento, questo appartiene nuovamente<br />
all’atto dell’ideazione, che come tutti gli atti categoriali è un atto fondato” 439 .<br />
Ebbene, quando si è posto il problema del possibile riempimento intuitivo <strong>degli</strong> atti pre<strong>di</strong>cativi,<br />
in cui evidentemente si mostrava un’eccedenza rispetto a ciò che può essere riempito per mezzo<br />
della semplice percezione, l’idea stessa della verità come identificazione mostrante tra l’inteso e<br />
l’intuito sembrava dovere venir meno. Ma il rinvenimento <strong>di</strong> specifiche oggettualità categoriali,<br />
possibili solo sul fondamento dell’intenzionalità della coscienza e dell’analisi della molteplicità<br />
<strong>degli</strong> atti possibili nella loro gradualità 440 , ha chiarito che “se si conduce una ricerca esaustiva sulla<br />
consistenza <strong>degli</strong> atti che offrono l’oggetto e se non si sottostimano gli atti categoriali come<br />
435<br />
Ivi, pp. 82-83.<br />
436<br />
Ivi, p. 84.<br />
437<br />
Ibid.<br />
438<br />
Ivi, p. 85.<br />
439<br />
Ibid.<br />
440<br />
“Ora da questa correzione fondamentale e decisiva <strong>di</strong> un vecchio pregiu<strong>di</strong>zio, il quale interpreta e identifica il «nonsensibile»,<br />
il «non-reale» con l’immanente e il soggettivo, si vede qui che il superamento <strong>di</strong> questo pregiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>pende<br />
al tempo stesso dalla scoperta dell’intenzionalità. Non si sa quello che si fa, se ci si decide per questo giusta concezione<br />
del categoriale e se nel contempo si crede <strong>di</strong> poter respingere – [come abbiamo visto fare Rickert] – l’intenzionalità<br />
come concetto mitico; entrambi sono uno ed uno stesso”; “Abbiamo collocato la funzione categoriale, in quanto<br />
comportamento intenzionale, <strong>di</strong> proposito solo al secondo posto. Guardando ora in<strong>di</strong>etro alla comprensione della prima<br />
scoperta essa ci appare proprio come una concrezione della costituzione fondamentale dell’intenzionalità che là veniva<br />
in<strong>di</strong>cata. Come l’intuizione categoriale è possibile solo sulla base del fenomeno, precedentemente visto,<br />
dell’intenzionalità, così la terza scoperta che dobbiamo ora <strong>di</strong>scutere è comprensibile solo sulla base della seconda e <strong>di</strong><br />
conseguenza sulla base della prima. Solo così si giustifica la sequenza delle scoperte e solo così la prima si rivela a poco<br />
a poco nella sua importanza fondamentale”; Ivi, p. 74 e 91.<br />
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