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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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Bisogna dunque prendere in considerazione tali atti fondati, dai quali emergerà con ulteriore<br />

chiarezza la struttura cognitiva totale della percezione. Innanzitutto gli atti (categoriali) della sintesi.<br />

Se nella percezione semplice abbiamo visto presentificarsi l’ente stesso nella sua identità, tuttavia<br />

ciò non significa che esso non consti <strong>di</strong> parti e che queste parti non possano essere a loro volta rese<br />

esplicitamente presenti in atti enunciativi i quali, a loro volta, implicano atti categoriali, che<br />

<strong>Heidegger</strong> definisce anche “atti dell’esplicazione”.<br />

Ciò può però avvenire in una duplice <strong>di</strong>rezione che presuppone la sintesi, piuttosto che<br />

realizzarla a posteriori. Cioè a <strong>di</strong>re che, nel determinare una relazione tra un pre<strong>di</strong>cato q ed un<br />

soggetto S, “non solo si può <strong>di</strong>re che q si trova in S, ma anche viceversa che S ha in sé q” 426 ,<br />

laddove però “l’aspetto primario è il rapporto stesso, per mezzo del quale gli elementi del rapporto<br />

<strong>di</strong>ventano espliciti in quanto tali. (…) Questa doppia <strong>di</strong>rezione coappartiene al senso <strong>di</strong> una struttura<br />

dello stato <strong>di</strong> cose come tale. Gli atti <strong>di</strong> rilevamento e <strong>di</strong> donazione del rapporto non sono un porreaccanto<br />

e un porre-dopo, ma sono unitariamente, nell’unità dell’intenzionare, il rapporto dello stato<br />

<strong>di</strong> cose come tale. Essi sono una unità <strong>di</strong> atti originaria, che estendendosi porta alla datità –<br />

intenzionata primariamente e presentificata come tale – la nuova oggettualità o, più precisamente:<br />

l’ente in questa nuova oggettualità. La nuova oggettualità, lo stato <strong>di</strong> cose, si contrad<strong>di</strong>stingue in<br />

quanto preciso rapporto, i cui elementi forniscono ciò che in essi è scomposto nel carattere del<br />

soggetto e del pre<strong>di</strong>cato” 427 .<br />

La nuova oggettualità che viene così portata in luce come tale è, ad esempio, l’aspetto<br />

categoriale dell’“essere-giallo” della se<strong>di</strong>a, intuito sì nella se<strong>di</strong>a reale gialla – intuizione che sola<br />

fonda, rendendola possibile, qualsiasi esplicazione –, ma non esplicitamente colto come tale,<br />

poiché, come sappiamo, l’“essere-giallo” non è una proprietà reale della se<strong>di</strong>a, eppure può essere in<br />

certo modo ‘visto’: “Diventa così chiaro che è possibile rilevare e presentare lo stato <strong>di</strong> cose nella<br />

sua totalità, solo sulla base della cosa già data, e per la precisione in modo tale che nello stato <strong>di</strong><br />

cose si mostri esplicitamente questa e solo questa cosa. L’atto fondato del rapportare offre qualcosa<br />

che non potrà mai essere colto per mezzo del semplice percepire come tale” 428 . Con ciò viene così<br />

smentito un altro caposaldo delle tra<strong>di</strong>zionali teorie del giu<strong>di</strong>zio – e del loro rifarsi in ciò ad<br />

Aristotele –, secondo il quale esso consisterebbe innanzitutto in un atto collegante 429 .<br />

Aktes, wodurch <strong>di</strong>e schlicht vorgegebenen Gegenstände zur expliziten Erfassung kommen”; F. DASTUR, <strong>Heidegger</strong> und<br />

<strong>di</strong>e “Logische Untersuchungen”, cit., p. 48.<br />

426<br />

Ivi, p. 80.<br />

427<br />

Ibid.<br />

428<br />

Ivi, p. 81.<br />

429<br />

Così <strong>Heidegger</strong> interpreterà fenomenologicamente, come vedremo, i concetti aristotelici <strong>di</strong> sintesi e <strong>di</strong>airesi. Ma già<br />

in quest’occasione afferma: “L’atto del rapportare, nel quale la cosa <strong>di</strong>venta presente nel come <strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> cose così<br />

fondato, può, conformemente alla doppia <strong>di</strong>rezione del relazionarsi sia al tutto che alla parte, essere compresa sia come<br />

sintesi sia come <strong>di</strong>airesi. Già Aristotele aveva in<strong>di</strong>viduato questo carattere. Il senso <strong>di</strong> questi atti deve essere compreso<br />

correttamente. Nella sintesi si tratta non tanto del connubio tra due parti che in prima istanza erano separate, come se<br />

unissimo e fondessimo due cose, ma súnqesij e <strong>di</strong>aíresij sono da intendersi in senso intenzionale, cioè il senso è un<br />

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