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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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oggettuali, che devo definire come elementi reali del processo psichico; non trovo mai qualcosa<br />

come ‘essere’, ‘questo’, ‘e’. Perciò Husserl <strong>di</strong>ce: «Non nella riflessione sui giu<strong>di</strong>zi o meglio sui<br />

riempimenti giu<strong>di</strong>cativi, ma nei riempimenti giu<strong>di</strong>cativi stessi risiede veramente l’origine dei<br />

concetti <strong>di</strong> stato <strong>di</strong> cose e <strong>di</strong> essere (nel senso della copula); non in questi atti in quanto oggetti, ma<br />

negli oggetti <strong>di</strong> questi atti troviamo il fondamento dell’astrazione per la realizzazione <strong>di</strong> questi<br />

concetti…» 417 . ‘Essere’ (categoria), ‘e’, ‘oppure’, ‘questo’, ‘uno’, ‘alcuni’, ‘allora’, non sono<br />

conformi alla coscienza, ma correlati <strong>di</strong> certi atti” 418 .<br />

Le oggettualità categoriali devono pertanto essere considerate “oggettualità <strong>di</strong> tipo proprio”, non<br />

<strong>di</strong> tipo sensibile e pur tuttavia passibili <strong>di</strong> “autodonazione originaria” ad opera <strong>di</strong> specifici atti<br />

donanti, gli atti dell’intuizione categoriale appunto, i quali pure trovano riempimento a partire<br />

dall’intuizione sensibile – seppure ‘eccedendola’ –, ma non nella riflessione. Si noterà come, a<br />

questo punto, un concetto <strong>di</strong> intuizione sensibile realmente <strong>di</strong>stinto dal momento categoriale sia non<br />

solo impossibile, ma anche fonte <strong>di</strong> equivoci rispetto al corretto inten<strong>di</strong>mento del processo<br />

percettivo e dei suoi momenti strutturali.<br />

È per questo che <strong>Heidegger</strong> passa quin<strong>di</strong> ad analizzare gli atti percettivi nella loro <strong>di</strong>stinzione in<br />

atti semplici e graduati, chiarendo subito come la stessa percezione semplice, che è stata in<br />

precedenza – e tra<strong>di</strong>zionalmente – caratterizzata come sensibile, “sia fusa insieme con l’intuizione<br />

categoriale; che cioè l’intenzionalità del cogliere percipiente è semplice, ma che la semplicità della<br />

percezione non esclude un alto grado <strong>di</strong> complicazione della struttura dell’atto in quanto tale” 419 . In<br />

che senso la percezione sia semplice, o “monograduale”, risulta chiaro ancora una volta dall’analisi<br />

<strong>degli</strong> adombramenti percettivi Possiamo guardare infatti un oggetto girandovi attorno,<br />

percependone così una serie <strong>di</strong> aspetti, e tuttavia, a rigore, non abbiamo coscienza della percezione<br />

della mera molteplicità <strong>di</strong> tali aspetti, bensì, <strong>di</strong> volta in volta, della medesima cosa in carne ed ossa<br />

secondo un determinato aspetto. “Ciò significa che il continuum della serie – [si noti la <strong>di</strong>fferenza<br />

417<br />

E. HUSSERL, Ricerche Logiche, cit., II, pp. 443-444; poco oltre Husserl aggiunge: “E’ peraltro ovvio fin dall’inizio<br />

che, come un concetto qualsiasi (un’idea, un’unità specifica) può «sorgere», cioè essere dato in se stesso solo sulla base<br />

<strong>di</strong> un atto che ci pone <strong>di</strong> fronte, almeno immaginativamente, una qualsiasi singolarità ad esso corrispondente, così il<br />

concetto <strong>di</strong> essere può sorgere soltanto se un essere qualsiasi ci viene posto <strong>di</strong> fronte, effettivamente o<br />

immaginativamente. Se l’essere vale per noi in quanto essere pre<strong>di</strong>cativo, allora deve esserci uno stato <strong>di</strong> cose qualsiasi<br />

e ciò naturalmente attraverso un atto che lo «dà» – l’analogon dell’intuizione in senso comune ”; E. HUSSERL, Ricerche<br />

Logiche, cit., II, pp. 444; <strong>Heidegger</strong> non mancherà <strong>di</strong> rilevare, nei seminari <strong>di</strong> Zähringen, l’ottenimento del concetto <strong>di</strong><br />

intuizione categoriale per via analogica rispetto a quella sensibile; cfr. M. HEIDEGGER, ID., Seminari, cit., p. 150. Circa<br />

il concetto <strong>di</strong> essere in Husserl, Taminiaux ha giustamente rilevato “una versione husserliana della <strong>di</strong>fferenza<br />

ontologica. Volendo esprimerla nel quadro teorico nel quale si colloca in Husserl, si potrebbe <strong>di</strong>re che essa consiste nel<br />

fondare sull’eccedenza dell’essere l’identificazione <strong>di</strong> un Sachverhalt, inteso nella sua presenza concreta, e<br />

nell’installare al tempo stesso un’eccedenza nel seno stesso dell’intenzionalità, in forza della quale questa<br />

identificazione ha luogo. Ma tutta la <strong>di</strong>fficoltà – che è immensa e che per questo fa comprendere come abbia reso quasi<br />

compulsava l’infatuazione heideggeriana – consiste proprio nel sapere se questi concetti e il quadro teorico che li<br />

organizza, siano commisurati all’eccedenza in<strong>di</strong>viduata, oppure se questo quadro non finisca ben presto per ricoprire ciò<br />

che Husserl ha scoperto”; J. TAMINIAUX, Considerazioni su <strong>Heidegger</strong> e le "Ricerche Logiche" <strong>di</strong> Husserl, cit., pp. 251-<br />

252.<br />

418<br />

M. HEIDEGGER, Prolegomeni alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, cit., p. 74.<br />

419<br />

Ivi, p. 76.<br />

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