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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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È inoltre possibile ricavare da qui tre concetti <strong>di</strong> verità i quali costituiscono però ciascuno una<br />

“scansione” <strong>di</strong> una stessa struttura fenomenale: il primo concetto si riferisce all’“essere-identico fra<br />

intenzionato e intuito” nel senso della “consistenza [del gelten potremmo <strong>di</strong>re, ma <strong>Heidegger</strong><br />

preferisce qui, a rimarcare una <strong>di</strong>fferenza dalle logiche della vali<strong>di</strong>tà, il termine Bestand] <strong>di</strong> questa<br />

identità” 396 . In tale atto dell’identificazione, tuttavia, ciò che viene esplicitamente còlto è l’oggetto<br />

stesso e non l’evidenza in quanto identità, la quale ultima viene però “esperita”. C’è bisogno <strong>di</strong> uno<br />

specifico atto, e dunque <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazione (teoretica) dello sguardo affinché venga colta<br />

l’identità come tale: “Questo è il senso fenomenologico del <strong>di</strong>scorso secondo cui io, nella<br />

percezione evidente, non stu<strong>di</strong>o tematicamente la verità <strong>di</strong> questa percezione stessa ma vivo nella<br />

verità. L’essere-vero viene esperito come un rapporto privilegiato, un rapporto fra intenzionato e<br />

intuito, e precisamente nel senso dell’identità. Questo rapporto privilegiato lo definiamo rapporto-<br />

con-il-vero [Wahrverhalt]; in esso risiede appunto l’essere-vero” 397 . Questo è il concetto <strong>di</strong> verità<br />

che è possibile ricavare a partire dal correlato dell’intenzionalità, cioè a partire dall’intentum. Un<br />

secondo concetto <strong>di</strong> verità è invece ricavabile a partire dalla struttura dell’atto identificante, dunque<br />

“come carattere della conoscenza, come atto, cioè come intenzionalità” 398 .<br />

E, ancora una volta, è stato il <strong>di</strong>sconoscimento dell’intenzionalità e della sua complessità<br />

strutturale a determinare, lungo tutto il corso della storia della filosofia, il protrarsi del conflitto<br />

circa due concezioni della verità – realistica e idealistica, <strong>di</strong>ciamo noi – che sono in realtà due<br />

aspetti dello stesso fenomeno: “il conflitto riguardo al concetto <strong>di</strong> verità oscilla fra la tesi: verità è<br />

un rapporto del rapportarsi alla cosa e la tesi: verità è un determinato contesto <strong>di</strong> atti; infatti io<br />

posso enunciare la verità soltanto del conoscere. Entrambe le versioni, che tentano <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere il<br />

concetto <strong>di</strong> verità portandolo unilateralmente da una parte, sono incompiute” 399 . In terzo luogo,<br />

vero può anche intendersi “l’oggetto essente stesso” in quanto è intuito e fornisce così il<br />

fondamento per l’atto <strong>di</strong> identificazione. In questo terzo senso “verità significa qui tanto quanto<br />

rendere vera la conoscenza. Verità significa qui tanto quanto essere, essere reale. Questo è un<br />

concetto <strong>di</strong> verità che si è manifestato già agli inizi della filosofa greca e si è mescolato<br />

costantemente con gli altri due sopracitati” 400 .<br />

Nel concetto fenomenologico <strong>di</strong> verità risulta dunque coimplicata una determinata concezione<br />

dell’essere, cioè come “essere-vero”. Anche tale essere-vero può tuttavia essere inteso in modo<br />

duplice: se, ad esempio, si considera l’enunciato “la se<strong>di</strong>a è gialla”, si può mettere in risalto<br />

396<br />

Ibid.<br />

397<br />

Ivi, p. 66; si ricorderà come fosse stato già Lask a parlare <strong>di</strong> un “vivere nella verità”; si veda qui la nota 337 del<br />

primo capitolo; ma ancora Husserl aveva precisato che “essere vissuto non equivale ad essere dato come oggetto”; E.<br />

HUSSERL, Ricerche Logiche, cit., II, p. 443.<br />

398<br />

M. HEIDEGGER, Prolegomeni alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, cit., p. 66.<br />

399<br />

Ibid.<br />

400<br />

Ivi, pp. 66-67.<br />

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