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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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conserverebbe tuttavia ancora un principio <strong>di</strong> realismo, seppure <strong>di</strong> tipo esclusivamente psicologico,<br />

con l’ammettere l’esistenza delle sostanze spirituali o anime, mentre sarà Hume colui che porterà<br />

alle estreme conseguenze “il sensismo del primo”, negando qualunque carattere reale e oggettivo ai<br />

concetti <strong>di</strong> sostanza e causalità ridotti a puro ‘fascio <strong>di</strong> percezioni’. E non deve stupire, se valutato a<br />

partire dalla prospettiva realista, il giu<strong>di</strong>zio severo che <strong>Heidegger</strong> riserva qui anche a Kant, il quale<br />

“intendeva superare le unilateralità pericolose dell’empirismo inglese e assicurare per gli uomini<br />

una conoscenza <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà universale, necessaria, vigente entro determinati limiti, [ma] non è giunto<br />

oltre la posizione <strong>di</strong> una arcana ‘cosa in sé’. E se si riflette che Kant in ultima analisi ha applicato il<br />

suo metodo trascendentale solo alle scienze formali, in quanto ha indagato come siano possibili la<br />

matematica pura, la scienza naturale e la metafisica (in senso razionalistico), <strong>di</strong>viene comprensibile<br />

che nella sua teoria della conoscenza il problema della realtà non potesse trovare posto” 26 .<br />

Emerge dunque chiaramente come già dalle prime prove l’orientamento gnoseologico non sia<br />

inteso da <strong>Heidegger</strong> esclusivamente nello stretto senso della necessità <strong>di</strong> una fondazione dei saperi<br />

positivi, formali o storici, ma investa più universalmente il problema della filosofia come scienza<br />

‘prima’ o fondamentale (metafisica?), sia pure declinato, a quest’altezza, come problema della<br />

realtà. Ed emerge anche come non ci sia bisogno – come si è invece per lo più fatto nella letteratura<br />

– per aver prova <strong>di</strong> ciò, <strong>di</strong> attendere il ‘programma’ della “metafisica dello Spirito vivente”<br />

annunciato nel 1916 nella conclusione aggiunta per la pubblicazione della tesi <strong>di</strong> abilitazione alla<br />

docenza su Scoto, che analizzeremo in seguito. D’altra parte, a conferma <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>ciamo,<br />

<strong>Heidegger</strong> invita a far attenzione “alla posizione precaria e al compito non autonomo della filosofia<br />

nel positivismo” 27 .<br />

Che qui la prospettiva sia però ancora <strong>di</strong>fferente da quella che <strong>Heidegger</strong> maturerà negli anni<br />

imme<strong>di</strong>atamente successivi, è reso evidente dal giu<strong>di</strong>zio ancora negativo, che qui viene dato dell’<br />

“idealismo troppo ambiziosamente elevato <strong>di</strong> Hegel” 28 , il quale avrebbe compiuto e insieme portato<br />

a termine quello kantiano finendo con l’estromettere del tutto il problema della realtà dalla filosofia.<br />

Infine, l’affermarsi delle scienze positive ed il loro progressivo affrancarsi dalla tutela della<br />

filosofia, minacciata da queste ultime, avrebbe determinato il ritorno a Kant ma, con lui,<br />

all’empirismo inglese e francese, per cui è possibile scorgere in Hume il vero e proprio “Spiritus<br />

rector della filosofia dell’epoca” 29 , caratterizzata, appunto, dalle due principali tendenze del<br />

26<br />

Ivi, p. 133; e poi annota: “Külpe osserva a ragione che Kant, il quale tanto ammoniva <strong>di</strong> non varcare i confini,<br />

<strong>di</strong>venne infedele a se stesso e dalla teoria delle scienze formali fece uscire una teoria della scienza in genere”, Ibid.<br />

27<br />

Ibid.<br />

28<br />

Ibid.<br />

29<br />

Ibid.; <strong>Heidegger</strong> cita qui da E. WALZ, David Hume und der Positivismus und Nominalismus, in «Philosophisches<br />

Jahrbuch», XXIII (1910), quad. 2, pp. 161-182. Lo stesso Rickert, poi maestro <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong>, aveva ascoltato, ancora<br />

studente a Berlino, le lezioni <strong>di</strong> Friedrich Paulsen sull’empirismo inglese e su Hume in particolare, l’interesse per il<br />

quale lo spinse probabilmente a Zurigo per stu<strong>di</strong>are l’empiriocriticismo <strong>di</strong> Richard Avenarius; sulla formazione <strong>di</strong><br />

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