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Il seracco “Lamar” al S. Matteo di Riccardo Scotti (SGL) L’accresciuta sensibilità rispetto alle discipline glaciologiche ed in particolare per gli aspetti riguardanti il rischio e la pericolosità in alta montagna ha portato negli ultimi anni allo studio sistematico di fenomeni glaciali prima trascurati come la dinamica e l’evoluzione dei ghiacciai sospesi o seracchi. In questo contesto si collocano il monitoraggio e lo studio della dinamica del seracco “Lamar” alla Punta S. Matteo, piccola porzione del bacino di accumulo del Ghiacciaio dei Forni, il più grande ghiacciaio vallivo italiano. CAI MORBEGNO CAI MORBEGNO
Grafico a fianco: l’inizio del fenomeno di dissesto è coinciso con un periodo contraddistinto da temperature in quota elevatissime. Nella prima metà dell’agosto 2003 la stazione meteorologica del Vioz, posta a 2950m slm ed a 4,8 km dal seracco, fa’ registrare temperature medie giornaliere superiori ai +10°C per oltre 10 giorni. Nella foto in alto: la Parete Nord della Punta S.Matteo il 14 giugno 2003. Non si nota alcun segno di dissesto. L’aspetto è del tutto simile a quello delle stagioni precedenti. Dopo meno di due mesi, l’apertura di una ampia fenditura sulla cresta NW della montagna (freccia) segna l’inizio del processo di formazione del seracco. Sopra: il 1 aprile 2004, la frattura appare evidente ma non sembrano essersi prodotte modificazioni sostanziali rispetto al 2003. Analisi meteo-climatica Vioz 2950 m s.l.m- temperatura media giornaliera in°C - Agosto 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 -8 -10 -12 Inizio fenomeno di dissesto 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Giorno 2005 2004 2003 Evoluzione del seracco della Punta S. Matteo dal 2003 ad oggi Nell’ambito della attuale fase di deglaciazione si colloca anche il fenomeno dei numerosi crolli di ghiaccio registrati sulle Alpi negli ultimi anni. Sul finire dell’estate 2003, l’operatore A. C. GALLUCCIO (comunicazione personale) segnala che un vistoso crepaccio interrompe il profilo regolare della cresta ghiacciata NW della Punta S. Matteo. Il crepaccio è il primo atto della movimentazione di un enorme seracco (volume stimato ~ 900.000 m³) nella porzione occidentale della Parete N della montagna: esso si imposta poche decine di metri sotto la vetta (cui lascia un breve settore con una morfologia a “meringa”) e nei mesi a seguire inizia a traslare verso il basso. Al termine della stagione di ablazione 2004, nonostante i numerosi nuovi crepacci visibili ai margini e alla fronte del seracco (A. C. GALLUCCIO), la situazione appare meritevole di studio, ma ancora non preoccupante. Il controllo eseguito il 1 maggio 2005 (R. SCOTTI) mette invece in evidenza una repentina accelerazione del processo di dislocazione della massa ghiacciata: in pochi mesi è scivolata verso il basso per diverse decine di metri, mentre la sua parte frontale è crollata. Il monitoraggio durante l’estate 2005 Per proseguire l’analisi sopra esposta, basata su monitoraggi occasionali e spesso non finalizzati allo studio del seracco, si è deciso di organizzare un progetto di ricerca più specifico, grazie anche alla collaborazione di diversi enti impegnati nello studio dei ghiacciai alpini. Il Servizio Glaciologico Lombardo (SGL), ente che da anni si occupa di ricerche sui ghiacciai lombardi, ha coordinato il monitoraggio fotografico da punti fissi del seracco “Lamar” con cadenza almeno settimanale. I risultati di questa attività sono stati resi disponibili alla comunità scientifica e al Comune di Valfurva attraverso quattro comunicati pubblicati sul sito web www.sgl.cluster.it. In seguito al primo comunicato pubblicato il 4 maggio, il Comune di Valfurva ha emesso un’ordinanza di interdizione al traffico escursionistico per il bacino occidentale del Ghiacciaio dei Forni. Il 19 luglio inizia il monitoraggio del seracco con total station, a cura dello scrivente e L’immagine del 19 settembre 2004 mostra come, in seguito alla genesi del crepaccio principale, notevolmente ampliatosi, se ne siano aperti altri di minori dimensioni nella zona di contatto fra la parete di ghiaccio e il seracco vero e proprio. Questi sono conseguenza del rapido aumento di velocità della massa pensile. Dal confronto con l’immagine dell’11 maggio 2005 (in basso, A. C. Galluccio) le variazioni appaiono marcatissime: la frattura fra la “meringa” di ghiaccio superiore e il seracco (zona 1) si è ampliata a dismisura (100 m circa). In questo modo il seracco perde ogni aggancio sommitale alla parete. Nella zona mediana (zona 2) il crepaccio a forma di V rovesciata segna l’apice superiore del crollo di una porzione del seracco avvenuto nel corso dell’autunno 2004. La valanga di ghiaccio si è verosimilmente scontrata con il basamento del seracco asportandone la porzione che fungeva da ancoraggio basale (zona 3). Si noti che tali trasformazioni sono avvenute durante la stagione fredda, forse a torto considerata una stagione di quiescenza delle dinamiche glaciali. CAI MORBEGNO CAI MORBEGNO
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