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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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una vicenda davvero inquietante. È fin troppo evidente<br />

che qualcuno mente, e clamorosamente. Chi? Il sostituto<br />

procuratore antimafia Mauro Mura afferma che la libertà<br />

di Farouk non è costata una lira. Il primo marzo<br />

<strong>del</strong> ’94 <strong>Mesina</strong> ribadisce l’esatto contrario durante un<br />

interrogatorio durato sei ore. Al suo avvocato affida anche<br />

due parole a uso esterno poiché tiene molto all’idea<br />

che si può fare di lui l’opinione pubblica: «Se sarò condannato<br />

perché ho aiutato un bambino a tornare a casa,<br />

pazienza. Mi sono mosso dove altri non riuscivano». Il<br />

problema, in realtà, è più sottile. Si tratta di capire chi<br />

sta barando e perché.<br />

Cagliari, autunno 1992. Nel corso di una visita ufficiale,<br />

il capo <strong>del</strong>la polizia Vincenzo Parisi viene bloccato<br />

dai cronisti all’ingresso <strong>del</strong> palazzo viceregio, che<br />

ospita la Prefettura. Deve presiedere un vertice sulla<br />

criminalità. Faccione da mastino buono, perde le staffe<br />

solo quando lo pizzicano sul tema <strong>del</strong> giorno: «Per la liberazione<br />

di Farouk non abbiamo pagato. <strong>Mesina</strong>, che<br />

in questa storia ha creato solo impicci, racconta baggianate.<br />

Il Sisde non ha affatto contribuito al rilascio <strong>del</strong>l’ostaggio».<br />

Roma, autunno 1994. Interrogato al processo per lo<br />

scandalo dei fondi neri dei servizi segreti, il funzionario<br />

<strong>del</strong> Sisde Maurizio Broccoletti parla genericamente di<br />

danaro destinato a operazioni speciali. Quando il presidente<br />

<strong>del</strong>la Corte lo invita a spiegarsi meglio, dice che<br />

una certa quantità di soldi veniva utilizzata, in casi particolari,<br />

per «sbloccare, ad esempio, sequestri di persona».<br />

Il rapimento di Farouk Kassam rientra tra questi<br />

“casi particolari”? Forse. Broccoletti, comunque, non<br />

fa cenno a episodi precisi.<br />

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Non ne avrebbe parlato neppure <strong>Mesina</strong> se, subito<br />

dopo la liberazione <strong>del</strong> bambino, non fosse scoppiata<br />

una guerra a distanza tra lui e la magistratura. Una guerra<br />

combattuta all’inizio a colpi di fioretto e, subito dopo,<br />

a ran<strong>del</strong>late. Molti, troppi cambiano versione con la<br />

velocità di un pony-express.<br />

<strong>Lo</strong> stesso Graziano si mantiene fe<strong>del</strong>e alla linea <strong>del</strong><br />

silenzio fino a due giorni dal rilascio di Farouk. Chiuso<br />

a Orgosolo nella casa <strong>del</strong>la sorella Peppedda, in Corso<br />

Repubblica, in attesa di onori che non verranno, segue i<br />

notiziari su un vecchio apparecchio televisivo e, ogni<br />

tanto, commenta a voce alta. «Non so se sia stato pagato<br />

riscatto», dice, «non mi sono passati soldi tra le mani».<br />

Troppo furbo per sostenere il contrario e magari aggiungere<br />

che il bimbo è stato consegnato personalmente<br />

a lui. Giusto per scansare un’eventuale incriminazione<br />

per favoreggiamento (incriminazione che, alla fine,<br />

gli piomberà comunque addosso), assicura deciso: «Non<br />

ho compiuto reati, mi sono semplicemente occupato<br />

<strong>del</strong> sequestro. Non ho visto né bambino né soldi, sia<br />

chiaro». Si guarda bene però dallo smentire la voce più<br />

insistente di quei giorni, una voce che parla di riscatto<br />

da tre miliardi e ottocento milioni, perfino più alto di<br />

quello pagato per la liberazione <strong>del</strong> costruttore romano<br />

Giulio De Angelis.<br />

<strong>Mesina</strong> cambia idea all’improvviso poco dopo. Un<br />

coro gli dà <strong>del</strong> bugiardo, il procuratore <strong>del</strong>la Repubblica<br />

lo definisce “un venditore di gazzosa”. Ma pare tener<br />

botta, anche quando scende in campo Fateh Kassam,<br />

con l’obiettivo dichiarato di farlo a pezzi, disintegrare il<br />

mito, dimostrare che è soltanto un bandito. «Quando<br />

uno ha alle spalle la vita che ha lui, non credo che cambi.<br />

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