Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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Uno, nessuno, un imputato tra i tanti <strong>del</strong>la indagine sull’Anonima<br />
gallurese.<br />
Un cadavere da dimenticare e basta. Possibile che<br />
nessuno si domandi quale fosse l’attendibilità <strong>del</strong> teste?,<br />
possibile che nessuno voglia riaprire certe pagine,<br />
dolorosissime, di quel processo? Bruno Bagedda, difensore<br />
di questo sconcertante “collaboratore di giustizia”,<br />
è stato in qualche modo riabilitato dopo un’attesa<br />
infinita. A Sassari lo aspetta il nuovo processo imposto<br />
dalla Cassazione: si arriverà ad un indizio, indizio concreto,<br />
sul sequestro-omicidio di Concato? Chissà. Passata<br />
la tempesta e un eloquente silenzio in risposta alle<br />
sue dichiarazioni, la vedova di Contini si è eclissata,<br />
buttata a capofitto sul lavoro, nella routine di una vita<br />
qualunque, assolutamente e rigorosamente anonima. A<br />
conti fatti, è una vittima anche lei. Non vuol più sentire<br />
parlare di giornali, interviste, aule d’Assise. Potesse,<br />
chiederebbe un certificato di non-esistenza.<br />
Suo marito le ha lasciato in eredità soltanto un brutto<br />
ricordo. Forse il peggiore nella storia <strong>del</strong> pentitismo<br />
in <strong>Sardegna</strong>: perché gli altri, i canarini, i quacquaracquà<br />
(come li chiamano adesso) non hanno fatto quella fine.<br />
Certo, qualcuno è stato assassinato, altri (come Luciano<br />
Gregoriani, logorroico e spietato accusatore dei<br />
suoi ex complici) hanno fatto definitivamente i bagagli<br />
senza rientrare in una cassa da morto. Sono insomma<br />
riusciti a rifarsi un nome e una vita lontano dalla <strong>Sardegna</strong>.<br />
Detto brutalmente, hanno fatto un investimento che<br />
ha dato i suoi frutti: due o tre persone al massimo sanno<br />
sotto quale identità si nascondono in una sperduta città<br />
<strong>del</strong> mondo. A Salvatore Contini un’uscita di sicurezza,<br />
evidentemente, non andava bene. Voleva di più.<br />
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Al pentitismo, e alle confessioni in genere, <strong>Mesina</strong><br />
crede poco. È fatto d’un’altra stoffa, lui. Unico recluso<br />
nell’Italia <strong>del</strong> dopoguerra ad aver scontato ventinove<br />
anni e qualche giorno. Unico recluso che si è visto<br />
condannato all’ergastolo come somma di pene inflitte<br />
per diversi reati: una specie di prendi due e paghi tre<br />
in versione giudiziaria.<br />
Altra musica, vecchi spartiti, vecchie regole. Nella<br />
sua autobiografia, sostiene un’idea precisa che è stata<br />
un po’ l’idea-guida <strong>del</strong>la sua vita. Quella che gli ha<br />
consentito di uscire vivo dalle peggiori carceri italiane:<br />
«Il pentitismo non riesco a digerirlo. Se uno fa una<br />
scelta, la deve portare avanti per tutta la vita…».<br />
L’ha fatta, fino in fondo. Nel 1984, quando ottiene<br />
una licenza di tre giorni, torna a Orgosolo e scopre un<br />
paese che stenta a riconoscere. Si ricorda che venticinque<br />
anni prima, giochi <strong>del</strong>la gioventù barbaricina, andava<br />
fortissimo il tiro al lampione. Soprattutto di notte,<br />
soprattutto quando c’era da far ammattire i carabinieri<br />
negli inseguimenti. Adesso soffia un altro vento.<br />
Otto sequestri in dodici mesi (nove a voler essere precisi,<br />
visto che uno non va a segno), una quarantina di<br />
omicidi. Ma siamo soprattutto alla vigilia <strong>del</strong>l’offensiva<br />
contro gli amministratori pubblici: i sindaci, figure un<br />
tempo intoccabili, stanno per diventare i bersagli di<br />
un’offensiva senza precedenti. Graziano, che non si<br />
è mai occupato di politica, appare frastornato. D’accordo<br />
i murales, impronta d’arte naïf e di protesta corale.<br />
Ma che senso ha sfregiare il portoncino d’ingresso<br />
<strong>del</strong> Municipio?, annunciare con gli slogan spray una<br />
rivolta che nessuno avrà mai il coraggio di scatenare?<br />
Prestissimo si arriverà alle bombe, agli attentati che<br />
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