Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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vivo – se necessario – il giorno <strong>del</strong> processo. La moglie<br />
assicura che il primo periodo di esilio forzato non è stato<br />
terribile. Certo, c’era il problema di acclimatarsi, inserirsi<br />
senza fare troppo chiasso. Fortuna che un lavoro,<br />
in un certo senso garantito dagli amici sardi, non<br />
manca; qualche soldino pure. Non c’è da preoccuparsi.<br />
Tutto procede nel migliore dei modi, vecchio tran tran<br />
casa-lavoro-casa fino a quando Contini non si sente travolto<br />
dal suo vecchio hobby.<br />
Con l’aiuto di qualcuno rimasto sconosciuto rapisce<br />
un veterinario di Ajaccio, autorevole rappresentante<br />
<strong>del</strong> Fronte di liberazione. Le trattative per il rilascio,<br />
ammesso che si trattasse davvero di un sequestro<br />
a scopo di estorsione, naufragano quasi subito. Alle<br />
prese con un ostaggio imbarazzante, Contini pensa di<br />
liberarsene senza indugi. Con un sistema collaudato,<br />
sostiene l’accusa: lo ammazza e brucia il cadavere con<br />
l’aiuto di una bombola a gas. Pare, ma su questo non<br />
si è mai riusciti a sapere molto, volesse sfigurarlo per<br />
renderlo irriconoscibile. La fiamma ossidrica aveva insomma<br />
il compito di cancellare qualunque traccia: <strong>del</strong><br />
veterinario non si dovevano avere più notizie. L’operazione<br />
andava realizzata nel più breve tempo possibile.<br />
E sarebbe andata benissimo se all’ultimo minuto non<br />
si fosse messa di mezzo la gendarmeria francese e un<br />
commissario un po’ tosto, di quelli che non mollano.<br />
Contini viene arrestato e rinchiuso in carcere. Non si<br />
sa se all’ufficio matricola venga registrato col suo vero<br />
nome o con quello preso in prestito al momento <strong>del</strong>la<br />
fuga da Olbia. È ragionevole pensare che, anche da detenuto,<br />
vivesse sotto falso nome: uno come tanti, in attesa<br />
di giudizio per omicidio.<br />
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C’è però qualcuno che conosce, a prova di errore, la<br />
sua vera identità. Qualcuno che passa l’informazione,<br />
la fa uscire all’esterno e aspetta. Contini non sa di essere<br />
stato condannato a morte. Con o senza documenti<br />
falsi, la sua sorte è segnata. Una mattina, appena sveglio,<br />
vede arrivare attraverso lo spioncino due detenuti<br />
incaricati di fare pulizie. Non immagina che tipo di<br />
pulizie debbano fare. Non li aveva mai visti prima, ma<br />
questo ha poca importanza. Così come sembra avere<br />
poca importanza il fatto che, a un certo momento, il<br />
“braccio” si spopoli. Non c’è neppure un agente di custodia<br />
quando i detenuti-netturbini aprono la porta<br />
<strong>del</strong>la sua cella, gli vanno incontro senza pronunciare<br />
una parola. <strong>Lo</strong> fanno a pezzi. Contini non ha il tempo<br />
di gridare, di chiedere aiuto: eppoi, avrebbe trovato<br />
qualcuno disposto a darglielo?<br />
I detenuti-netturbini escono senza fare rumore, superano<br />
la cancellata che chiude quell’ala <strong>del</strong> penitenziario<br />
e, sempre senza fretta, arrivano all’uscita. Salutano,<br />
se ne vanno.<br />
Il chiasso dei giornali è inferiore alle previsioni. Viene<br />
aperta un’inchiesta, anzi due: una promossa dalla<br />
magistratura, l’altra dal ministero di Giustizia alla ricerca<br />
di talpe tra i suoi dipendenti. Si vogliono individuare<br />
coperture e responsabilità, si vuole scoprire com’è possibile<br />
che due estranei siano penetrati in una prigione di<br />
Stato, abbiano messo a segno un <strong>del</strong>itto in assoluta tranquillità<br />
e se ne siano andati senza sbattere la porta. A distanza<br />
di sette anni, per quel che se ne sa, non si è approdati<br />
a niente. La morte di Salvatore Contini rimbalza a<br />
Olbia con qualche ritardo. Commenti? A livello ufficiale<br />
neppure uno. Chi è morto, Contini?, e chi è Contini?<br />
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