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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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che in famiglia parla poco, viene arrestato dal giudice<br />

istruttore Luigi <strong>Lo</strong>mbardini tre mesi dopo. Il suo difensore,<br />

l’avvocato Bruno Bagedda, riesce a tirarlo fuori:<br />

gli indizi non sono sufficienti, le tesi accusatorie non<br />

reggono. Ci vogliono cinque anni perché lo spettro di<br />

quel rapimento-omicidio torni a galla. Sostenuto da un<br />

furore investigativo che non mancherà di creargli qualche<br />

fastidio, <strong>Lo</strong>mbardini riesce a mettere in angolo Contini.<br />

Che stavolta parla, straparla. Diventa quello che la<br />

cronaca definisce un “pentito eccellente”. A valanga, la<br />

sua confessione spalanca le porte <strong>del</strong> carcere a molti insospettabili.<br />

Tra questi c’è perfino l’avvocato Bagedda.<br />

«Mi aveva chiesto notizie di Concato», rivela Contini.<br />

Basta questo per dimostrare che Bagedda è coinvolto<br />

nel sequestro? L’avvocato viene condannato e solo le<br />

sue drammatiche condizioni di salute (un tumore che<br />

lo fa finire per due volte in sala operatoria) gli evitano<br />

l’onta <strong>del</strong>la prigione. Quattordici anni dopo il primo<br />

verdetto, la Cassazione concede la revisione <strong>del</strong> processo.<br />

Si ricomincia.<br />

E Contini? Morto. Ucciso nel carcere di Ajaccio da<br />

un commando di militanti <strong>del</strong> Fronte di liberazione<br />

còrso.<br />

La sua è davvero una storia esemplare. In un’intervista<br />

mai smentita (e inutilmente offerta alla magistratura),<br />

la vedova aggiunge particolari inquietanti. Deve<br />

avere paura, molta paura a parlare, ma le ribolle dentro<br />

una rabbia sorda che rischia di farla impazzire. Si sente<br />

scaricata, abbandonata dalle istituzioni che fino a pochi<br />

mesi prima garantivano protezione e danaro. Per questo<br />

vuole rompere la consegna <strong>del</strong> silenzio, gridare se<br />

potesse. L’effetto-megafono offerto da un quotidiano a<br />

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larga tiratura riesce a convincerla. Al termine di una<br />

lunga trattativa, accetta di parlare.<br />

Appuntamento a mezzanotte in una certa periferia<br />

alle porte <strong>del</strong>la città. A Olbia non c’è più nessuno per<br />

strada quando riaffiora il primo ricordo di un’avventura<br />

incredibile. «Volevamo rifarci una vita fuori, lontano<br />

da qui».<br />

Anche perché in <strong>Sardegna</strong> la vita sarebbe appesa a<br />

un filo: la vendetta, diretta o trasversale, di chi hai fatto<br />

finire in cella, è sicura. C’è da mettere in conto un agguato:<br />

questione di settimane, di mesi, ma Salvatore<br />

Contini sa bene che per lui il calendario <strong>del</strong>la vita va veloce,<br />

velocissimo da quando ha travolto con una confessione-fiume<br />

protagonisti e comparse <strong>del</strong>la cosiddetta<br />

“Anonima gallurese”.<br />

Appena uscito dal carcere per i meriti legati al suo<br />

ruolo di “collaboratore di giustizia”, avverte che l’aria si<br />

è fatta stretta. Intuisce che ha perfino poco tempo per<br />

levarsi di torno, farsi dimenticare se ce la facesse. Chiede<br />

aiuto e qualcuno aiuto gli concede. La vedova dice<br />

che gli era stato procurato un nome nuovo e un passaporto<br />

per fuggire in Corsica. Materiale, aggiunge, gentilmente<br />

fornito da qualcuno che sosteneva di far capo<br />

alla Questura di Sassari.<br />

La partenza è fissata per una sera qualunque, pochi<br />

bagagli, l’essenziale: non bisogna dare nell’occhio.<br />

Contini e sua moglie vengono accompagnati fino a Palau<br />

da due “poliziotti in borghese”. Signori cortesissimi<br />

e di poche parole: efficienti, sicuri. Quando il traghetto<br />

leva gli ormeggi sollevando un vortice di schiuma, sembra<br />

fatta sul serio. Salvezza raggiunta.<br />

Di Contini si perdono le tracce: scomparso, si farà<br />

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