Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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ne di scarcerazione che da Roma deve arrivare a Pavia e<br />
da Pavia a Voghera. Castelli, che con la magistratura ha<br />
un fronte di guerra permanente, ne approfitta per dichiarare<br />
che «lo sciopero ritarderà di 24 ore l’uscita dal<br />
carcere di Graziano <strong>Mesina</strong>. Un giorno di libertà in meno,<br />
che non gli restituirà nessuno».<br />
Il 24 novembre l’assedio dei giornalisti inizia di<br />
buon’ora. Freddo, un cielo basso e nuvoloso abbraccia<br />
degnamente la casa circondariale di Voghera: c’è<br />
un grigio uniforme che non regala affatto aria di festa.<br />
I primi arrivati si piazzano accanto all’ingresso, qualche<br />
metro dalla garitta blindata, intorno alle 8 <strong>del</strong><br />
mattino. Per ingannare l’attesa, qualcuno va a chiedere<br />
notizie di un secondino speciale, un pastore tedesco<br />
che mesi prima sembrava passarsela male sotto il sole<br />
d’agosto. È il cane <strong>del</strong>le guardie carcerarie, una cuccia<br />
di fronte a sbarre alte sette metri e, sullo sfondo, una<br />
discarica. Aspettando <strong>Mesina</strong>, vale la pena di andare a<br />
trovarlo superando – con discrezione – il limite invalicabile<br />
<strong>del</strong>la prigione (alt, sorveglianza armata). Il cane<br />
c’è e sta bene, abbaia con determinazione, mostra agli<br />
estranei una sanissima dentatura. Però non è lui. L’altro,<br />
spelacchiato e malconcio, ha tirato le cuoia. Quello<br />
che parteciperà all’affollata partenza di Graziano<br />
<strong>Mesina</strong> è soltanto un successore.<br />
Intanto il piazzale <strong>del</strong>le auto in sosta si riempie rapidamente.<br />
Tra telecamere e taccuini, c’è una piccola legione,<br />
un centinaio di reporter in tutto. Di <strong>Mesina</strong> manco<br />
l’ombra. Quando manca un quarto d’ora alle 13 una<br />
vecchia Punto si avvicina lentamente, supera uno sbarramento<br />
e s’arresta davanti alle gigantesche inferriate<br />
da gabbia circense che avvolgono il penitenziario. Al<br />
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volante c’è Ballore, fratello maggiore di Graziano, coppoletta<br />
sarda di velluto, occhi immobili su un punto imprecisato<br />
davanti a lui. Ballore finge di non sentire chi<br />
bussa ai vetri, di non vedere le facce dei giornalisti che si<br />
spiaccicano sul parabrezza implorando una dichiarazione<br />
qualunque. Forse, ma proprio forse, sorride impercettibilmente<br />
quando qualcuno gli pone una domanda<br />
iper-cretina: scusi, è venuto a prendere suo fratello?<br />
Con aplomb ben diverso, passo sicuro e quasi marziale,<br />
qualche ora prima aveva fatto il suo ingresso in<br />
carcere l’avvocato Aimi. Tutti sicuri che entrasse e<br />
uscisse nel giro di qualche minuto insieme a Graziano.<br />
Invece nulla. Dopo quasi tre ore di permanenza, il legale<br />
si fionda all’esterno, rallenta davanti allo schieramento<br />
di microfoni e distilla un’ovvietà: «Ancora pochi passi<br />
e Graziano <strong>Mesina</strong> sarà un uomo libero». Poi si allontana,<br />
imbufalito.<br />
La verità salta fuori in un baleno. Aimi, se una certa<br />
ricostruzione sussurrata è vera, è entrato in carcere e ha<br />
chiesto di parlare col suo assistito. Siccome dal ministero<br />
non era ancora arrivato niente, la risposta <strong>del</strong> comandante<br />
<strong>del</strong>la polizia penitenziaria è stata gentile e<br />
veloce: «No». Per non mostrare contrarietà, a quel<br />
punto Aimi ha ripiegato con stile: «Vabbe’, fatemelo<br />
sentire almeno per telefono». E ha incassato il secondo<br />
no. «Col detenuto in questione potrà parlare quando<br />
verrà scarcerato. In assenza d’una richiesta di colloquio<br />
regolarmente autorizzata, non è possibile incontrarlo o<br />
mettersi in comunicazione con lui». Sconfitto su tutta<br />
la linea e per niente disposto a rivelarlo ai giornalisti,<br />
l’avvocato ha preferito a quel punto optare per una ful-<br />
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