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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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anni questa terapia va avanti con la pervicacia <strong>del</strong>l’analista<br />

che ha scovato la genesi <strong>del</strong> trauma: scava, insiste,<br />

lascia che la memoria faccia risalire da abissi profondi<br />

squarci di ricordo: la famiglia, i genitori, l’adolescenza.<br />

La vita. Non ce n’è abbastanza per reagire, finalmente?<br />

Conclusa la parte teorica, il salto verso quella pratica<br />

è un gioco. All’avvocato Enrico Aimi, consigliere regionale<br />

di An, viene affidato l’incarico di stendere la “domandina”<br />

da spedire al Capo <strong>del</strong>lo Stato. Aimi, penalista<br />

esperto e sensibile, si reca a Voghera un afoso lunedì<br />

di giugno. Alle agenzie di stampa affida un discorso efficace<br />

e scontato: un paese civile, una democrazia, non<br />

può tollerare che Graziano <strong>Mesina</strong> resti ancora in prigione.<br />

Battute invano tutte le strade contemplate dal<br />

codice penale, non resta che presentare istanza di grazia.<br />

«<strong>Mesina</strong> firmerà», assicura prima di varcare il cancello<br />

elettronico <strong>del</strong> penitenziario.<br />

In realtà non ne è sicurissimo. Sa che il suo cliente ha<br />

un carattere particolare, basta una frase sbagliata o una<br />

botta di cattivo umore e salta tutto.<br />

Il 21 luglio l’avvocato Aimi esce dal carcere intorno<br />

alle tredici. «Ha firmato», dice rifiutandosi di entrare<br />

nei particolari di un’istanza dove – per espresso volere<br />

di <strong>Mesina</strong> – sono elencati sprazzi di vita barbaricina, la<br />

<strong>Sardegna</strong> rovente <strong>del</strong>l’Anonima, gli incontri più o meno<br />

obbligati che un giovane balente doveva fare.<br />

Prima <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> mese, la pratica è a Roma, sul tavolo<br />

<strong>del</strong> ministro di Grazia e Giustizia che deve esprimere<br />

un parere. Per farlo, dovrà ricucire la carriera carceraria,<br />

le condanne, i comportamenti, le opinioni di<br />

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persone che sanno. Pronunciare, in buona sostanza,<br />

quello che in ogni <strong>caso</strong> sarà l’ultimo verdetto.<br />

In questa fase, l’unico senza diritto di parola è proprio<br />

<strong>Mesina</strong>. Che comunque non ruffianeggia. Per ragioni<br />

di dignità e di coerenza, ripete che di solito la grazia<br />

«la chiedono quelli che stanno scontando una condanna».<br />

Lui ha concluso, da un pezzo. E si appella (si<br />

appellava) al rispetto <strong>del</strong>le regole dimenticando che<br />

nella patria <strong>del</strong> diritto le regole esistono per costruirci<br />

intorno le eccezioni. Valide per tutti, quasi tutti.<br />

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