Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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avere rispetto di sé e degli altri. «Ogni mattina, quando ti<br />
svegli, devi autodisciplinarti perché ci sarà sempre un intoppo,<br />
una <strong>del</strong>usione, una contrarietà a buttarti giù. Ci<br />
puoi provare, ma non riuscirai mai, assolutamente mai,<br />
ad avere un giorno davvero sereno. Basta che un sorvegliante<br />
si svegli di malumore e ti becchi un rapporto».<br />
I numeri ufficiali gli danno ragione, sono moltissimi<br />
quelli che non ce la fanno. In una popolazione carceraria<br />
di oltre cinquantasettemila persone (dati ministeriali),<br />
i primi sei mesi <strong>del</strong> 2003 hanno fatto registrare quaranta<br />
suicidi. «Il fatto è che se vivi in un posto come<br />
questo non puoi permetterti il lusso di essere fragile, altrimenti<br />
crepi. La differenza rispetto a voi, voi <strong>del</strong> mondo<br />
libero, è che qui si muore piano piano. E a morire<br />
non sono soltanto quelli che trovano appesi a un lenzuolo<br />
e finiscono sui giornali accompagnati da un’immancabile<br />
interrogazione parlamentare. Anche noi altri<br />
togliamo il disturbo, senza fare rumore però».<br />
Dietro il velo <strong>del</strong> pugile messo definitivamente kappaò,<br />
<strong>Mesina</strong> nasconde una rabbia immensa. «Certe volte<br />
mi chiedo come ho fatto a vivere quarant’anni qui<br />
dentro senza prendere un ergastolo, un ergastolo vero<br />
dico». Il pericolo di spalancare le porte alla violenza sta<br />
dietro i ritmi quotidiani <strong>del</strong>la galera. «La tensione è nell’aria<br />
che respiri. Sperano sempre di farti passare dalla<br />
loro parte. Non te lo domandano apertamente, certi<br />
discorsi bisogna capirli. È quasi un miracolo riuscire a<br />
sopravvivere dentro posti come questi e non diventare<br />
<strong>del</strong>atore. Qui non sai mai chi ti avvicina, perché ti avvicina<br />
e cosa vuole. Certe volte ti capitano in cella compagni<br />
che puzzano di spia a un miglio di distanza». Altre<br />
volte la “collaborazione” di un detenuto viene stimolata<br />
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attraverso la concessione di piccoli benefici, privilegi<br />
infinitesimali che tuttavia contano molto in un ambiente<br />
dove di solito si hanno solo doveri e incidentalmente<br />
qualche diritto.<br />
A questo si aggiunge il fatto che per Graziano la fobìa<br />
da spione è una specie di malattia infantile mai <strong>del</strong><br />
tutto risolta. <strong>Lo</strong> ha accompagnato quando faceva il latitante<br />
ma anche (e soprattutto) quando si è trasferito in<br />
una prigione di Stato. Il DNA barbaricino ne ha fatto<br />
un impareggiabile malfidato, assolutamente incapace<br />
di stabilire un rapporto leale e aperto di primo acchito.<br />
Regola numero uno, diffidare. Regola numero due, evitare<br />
confronti. «Non è proprio il <strong>caso</strong> che io, proprio<br />
io, mi metta a dare pagelle». Manco una sillaba, dunque,<br />
sul banditismo degli anni ’80, sui nuovi soci <strong>del</strong>l’Anonima<br />
sequestri e l’affiorare di un inedito e imprevedibile<br />
icerberg malavitoso. «Posso dire soltanto di<br />
me. Donne? Non ne ho mai preso, ai miei tempi non si<br />
doveva. Bambini, neanche. Una volta me n’è capitato<br />
uno ma l’ho rimandato a casa: a me interessava il padre.<br />
Non mi ricordo quante persone ho rapito ma di una cosa,<br />
a parte il fatto che qualcuno se lo meritava pure, sono<br />
certo: le ho sempre trattate bene. Difatti mai una<br />
che si sia costituita parte civile ai processi. Neanche per<br />
un giorno, neanche quando le cose sembravano mettersi<br />
male, ho dimenticato che l’ostaggio è un uomo, che<br />
avevo davanti un cristiano. I sequestri non si fanno con<br />
entusiasmo: se hai coscienza, pesano, danno fastidio.<br />
Quando leghi a un albero uno come te non sei altro che<br />
un carceriere nel senso peggiore <strong>del</strong> termine. Se non sei<br />
una bestia, te ne rendi conto. Li ho fatti i rapimenti, li<br />
ho fatti. Non rinnego nulla».<br />
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