Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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d’oro, ha avuto quattordici dipendenti. Poi l’onda lunga<br />
<strong>del</strong>la recessione ha cancellato più o meno tutto. Gli è<br />
rimasta soltanto la casa di San Marzanotto, acquistata<br />
quando sembrava che l’età <strong>del</strong> riscatto sociale non dovesse<br />
finire.<br />
Nell’estate <strong>del</strong> ’93 Michele Quai, incensurato e cittadino<br />
irreprensibile, vive di piccoli lavori; robetta che<br />
gli consente giusto di tirare a campare. Non si lamenta.<br />
Dice che i tempi sono grigi per tutti, perché dovrebbe<br />
essere fortunato lui che non lo è mai stato in<br />
vita sua? «Gente come me deve sempre lottare per stare<br />
in piedi».<br />
Alle 9,40 <strong>del</strong> 29 luglio, giovedì, è a San Marzanotto<br />
insieme a Claudio e a un geometra <strong>del</strong> Tribunale per<br />
una perizia tecnica. Alla stessa ora Stella Bianco è fuori,<br />
in giro tra i negozi di Asti a far la spesa. Graziano <strong>Mesina</strong><br />
è nell’appartamento di via Guttuari. Bussano, va ad<br />
aprire. Sul pianerottolo ci sono due <strong>signor</strong>i che fa entrare,<br />
li guida in un anditino che termina in un salotto: un<br />
divano, due poltrone, alla parete un arazzo col disegno<br />
d’una sfinge, sul comò una bottiglia artistica di liquore<br />
verde e la tivù, che troneggia vicino a vecchi orologi. I<br />
tre fanno appena in tempo a sedersi quando la porta<br />
d’ingresso viene giù, sfondata. «Polizia, fermi dove siete».<br />
Perquisizione lampo e un po’ rude. Quando rientra,<br />
Stella Bianco trova tutto sottosopra come se ci fossero<br />
ladri. «Lei non sa chi aveva in casa», dice un sottufficiale.<br />
«Chi, <strong>Mesina</strong>?», domanda lei. No, si riferiva agli<br />
altri. Chi sono gli altri? Si saprà solo qualche ora dopo<br />
che, tra stridio di gomme da filmetto americano, vengono<br />
tutti portati via.<br />
In quello stesso momento a San Marzanotto, Miche-<br />
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le Quai viene fermato dai carabinieri accanto all’ingresso<br />
di casa. «Documenti». Concluse le formalità <strong>del</strong>l’identificazione,<br />
iniziano a frugare nell’orto. Altri due,<br />
nonostante le chiavi siano a disposizione, preferiscono<br />
mandare in frantumi il vetro <strong>del</strong>la porta di un garage.<br />
Dentro, c’è la carcassa d’una vecchia macchina. Sulle<br />
prime pensano di smontarla, poi rinunciano. Troppo<br />
complicato, porta via parecchio tempo e tempo da perdere<br />
non ce n’è, neppure un minuto. Al piano terra rovistano<br />
un salottino per passare, subito dopo, alla cucina,<br />
una stanzetta quadrata con un piccolo tavolo al centro.<br />
Danno un’occhiata dappertutto, dietro i mobili, nei<br />
cassonetti <strong>del</strong>le serrande, tra riviste ingiallite, barattoli.<br />
Che cercano? Due rampe di scale ed eccoli al primo piano<br />
dove ci sono due stanze da letto e un bagno. Stessa<br />
operazione con moto ondoso in aumento: materassi rovesciati,<br />
un grande armadio messo di traverso, via i comodini,<br />
i cassetti. Quasi fossero pezzi di un’offerta speciale,<br />
ammonticchiano disordinatamente abiti, calze,<br />
mutande, un ombrello. Scattano un paio di fotografie a<br />
un armadio bianco inutilizzato, vuoto. Nello sprint finale<br />
salgono sul sottotetto, strappano qualche telo <strong>del</strong><br />
controsoffitto. Vanno via senza aver trovato nulla, sfiorano<br />
i pomodori, quasi maturi, e scompaiono senza<br />
neppure un buongiorno. Sconcertato e infastidito, Michele<br />
Quai continua a chiedersi cosa cercassero, senza<br />
trovare una risposta. Soldi? C’erano un milione e mezzo<br />
in contanti. Puliti.<br />
Alla fine di una giornata convulsa, finalmente i nomi<br />
degli arrestati. Insieme a <strong>Mesina</strong> finiscono in carcere i<br />
due sconosciuti che erano andati a trovarlo. Uno, Domenico<br />
Anfossi, 39 anni, fa il contabile in una piccola<br />
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