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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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si profila perfino uno scontro tra la Procura di Cagliari e<br />

il giudice Fornace di Torino che nel frattempo ha allentato<br />

le misure restrittive alla libertà vigilata di <strong>Mesina</strong> finendo<br />

addirittura per ringraziarlo a cose fatte.<br />

Detto questo, il procuratore Melis propone minuto<br />

per minuto l’altra ricostruzione dei fatti, quella <strong>del</strong>lo<br />

Stato, <strong>del</strong>le istituzioni snobbate dalla stampa. Per cominciare,<br />

la magistratura non è andata dietro <strong>Mesina</strong><br />

per scoprire dove stavano i banditi. I rapitori di Farouk<br />

erano stati grosso modo individuati già da qualche giorno<br />

e si stava progettando di farli finire nella rete. Come?<br />

Con un attacco di reparti speciali, rischi minimi e altissima<br />

probabilità di successo. Poi si decide per una sorta<br />

di stato d’assedio che costringa la banda ad arrendersi.<br />

Alle 0.45 <strong>del</strong>l’11 luglio – il nuovo giorno è cominciato<br />

da tre quarti d’ora – mentre l’accerchiamento continua,<br />

una pattuglia trova Farouk. È solo, non è bendato né incappucciato.<br />

In quel momento e soltanto in quel momento,<br />

l’ostaggio può considerarsi libero. E di <strong>Mesina</strong>,<br />

che dire? «Sta barando. È un venditore di gazzosa. Si<br />

mette le penne <strong>del</strong> pavone. Che l’altra sera ci fosse movimento<br />

lo avevano capito tutti. Dunque <strong>Mesina</strong>, che<br />

sapeva <strong>del</strong>la liberazione imminente <strong>del</strong> bambino, ha<br />

giocato d’anticipo». In pratica, avrebbe dato una notizia<br />

verosimile che sarebbe diventata vera solo cento minuti<br />

più tardi. Perché l’abbia fatto, è fin troppo evidente:<br />

riscattare una vita da bandito, conquistare la grazia e<br />

la benevolenza degli italiani.<br />

Tenuto conto <strong>del</strong>la scaltrezza <strong>del</strong> personaggio, la<br />

tesi <strong>del</strong> procuratore <strong>del</strong>la Repubblica non appare assurda.<br />

Se fosse vera, però, le cosiddette istituzioni<br />

avrebbero ben poco da esultare. Saremmo di fronte a<br />

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una beffa. <strong>Mesina</strong>, che non ha fatto assolutamente<br />

nulla per ottenere il rilascio di Farouk, è riuscito ad attribuirsi<br />

i meriti <strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine utilizzando la<br />

prima rete televisiva nazionale e il nuovo totem degli<br />

anni ’90, il telefonino cellulare. Sapendo che non<br />

avrebbe mai potuto sedersi al fianco <strong>del</strong>le autorità per<br />

la conferenza stampa post-liberazione, ha pensato di<br />

farne lui, una brevissima, addirittura fulminante, dai<br />

microfoni <strong>del</strong> Tg1 attraverso un improvvisato e ignaro<br />

portavoce, Pino Scaccia. Se questo non fosse vero,<br />

meglio archiviare la notte <strong>del</strong>le menzogne. In <strong>caso</strong><br />

contrario, bisognerebbe riconoscere a <strong>Mesina</strong> una geniale<br />

creatività criminale.<br />

Comunque non tutto torna, troppe circostanze appaiono<br />

sfuggenti e la verità parallela, quella <strong>del</strong>lo Stato,<br />

in qualche passo tentenna acrobaticamente. Le contraddizioni<br />

sono parecchie ed evidenti. Vincenzo Parisi,<br />

il capo <strong>del</strong>la polizia, assicura che la banda era stata individuata<br />

e che i fuorilegge non erano stati bloccati «per<br />

non mettere a repentaglio la vita <strong>del</strong> bambino». Il giorno<br />

dopo il rilascio <strong>del</strong>l’ostaggio, quando gli domandavano<br />

se è vero che si stava sul serio addosso ai banditi, il<br />

procuratore <strong>del</strong>la Repubblica risponde: «Forse c’è stato<br />

un rastrellamento, ma non ci è stato detto nulla». Ma<br />

come, la prigione viene individuata e nessuno lo comunica<br />

ai titolari <strong>del</strong>la indagine? Melis lascia pensare a una<br />

vaga sensazione di disagio quando ammette: «Avremmo<br />

dovuto saperlo». Non foss’altro perché dei rapitori<br />

si sono perse le tracce.<br />

Se è vero che era in corso un accerchiamento, organizzato<br />

e messo a punto con qualche giorno d’anticipo,<br />

come mai non s’è vista neanche l’ombra di un bandito?,<br />

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