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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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dalla miseria e dalla disoccupazione. Alcuni sostengono<br />

che gli emigrati siano stati non meno di cinquecentomila<br />

nell’arco di trent’anni, altri riducono questa cifra<br />

(centocinquanta-duecentomila) tenendo conto esclusivamente<br />

<strong>del</strong> criterio <strong>del</strong>l’emergenza, cioè <strong>del</strong> bisogno<br />

ispirato e suggerito dalla fame.<br />

Esistono tre chiavi per aprire la porta dei sequestri e<br />

tentare di coglierne in qualche misura le ragioni profonde.<br />

La prima offre una prospettiva esclusivamente economica:<br />

si ruba e si sequestra per un motivo antico, il<br />

danaro. Col danaro, comunque guadagnato, si diventa<br />

ricchi. Col benessere ci si affranca da mille catene. La<br />

chiave poliziesca chiude qualunque interpretazione con<br />

le norme <strong>del</strong> codice penale: come dire, il <strong>del</strong>inquente è<br />

<strong>del</strong>inquente, inutile girarci attorno. La chiave <strong>del</strong> sociologo<br />

trova invece un angolino, quello <strong>del</strong>la disuguaglianza<br />

tra classi. Il sequestro, detto in altri termini, non è altro<br />

che un meccanismo di ridistribuzione <strong>del</strong>la ricchezza.<br />

Teoria piuttosto debole, questa: anche ammettendone<br />

la validità, la ricchezza espropriata all’ostaggio finirebbe<br />

nelle tasche di uno sparuto gruppo di persone.<br />

Più consistente la tesi che parla di emulazione, ossia <strong>del</strong><br />

desiderio di rubare-sequestrare per essere uguali agli altri,<br />

rivendicando una sorta di diritto assoluto ad avere le<br />

stesse cose, gli stessi beni. Beni piccolo borghesi, ovviamente.<br />

E qui bisognerebbe dire quale sia la responsabilità<br />

dei media, d’una cultura televisiva che ha creato una<br />

propria scala di valori e l’ha venduta come reale, oggettiva.<br />

Il mondo come una telenovela.<br />

Sarebbe noioso sfoderare le citazioni d’obbligo che<br />

garantiscono il vuoto per pieno nelle bibliografie di fine<br />

106<br />

libro, che tentano di dare spessore e autorevolezza a inchieste<br />

di cronaca come questa. Stimolante, anche se<br />

non rientra tra i testi da ricordare obbligatoriamente a<br />

proposito di <strong>Sardegna</strong> e dintorni, è l’analisi di due docenti<br />

universitari che hanno messo a fuoco i confini <strong>del</strong><br />

terreno di gioco: “Il banditismo in <strong>Sardegna</strong> non è genericamente<br />

rurale né tantomeno contadino. Bandito e<br />

pastore appartengono allo stesso sistema, allo stesso<br />

mondo socio-economico e culturale e, benché esistano<br />

nei complessi rapporti che legano le popolazioni pastorali<br />

al bandito notevoli ombre di ambivalenza e ambiguità,<br />

ciò spiegherebbe la sostanziale integrazione <strong>del</strong><br />

bandito nel gruppo pastorale di estrazione, i processi di<br />

identificazione tra pastore e fuorilegge, la possibile idealizzazione<br />

e mitizzazione <strong>del</strong> bandito e, conseguentemente,<br />

la protezione (definita in termini e secondo<br />

un’ottica esterna al mondo pastorale ‘omertà’) di cui<br />

gode il bandito, condizione indispensabile alla sua esistenza<br />

e sopravvivenza”.<br />

Citazione lunga, questa: ma ha il merito di esprimere<br />

con chiarezza (nonostante il linguaggio per addetti ai lavori)<br />

una realtà che appartiene alla <strong>Sardegna</strong> come i<br />

suoi monti, i suoi fiumi.<br />

Graziano <strong>Mesina</strong> è cresciuto in un ambiente chiuso,<br />

dove i “valori” <strong>del</strong>la criminalità resistono al tempo, stentano<br />

a raccogliere novità dall’esterno, ad aprirsi. Salvo<br />

rare eccezioni, le cosiddette regole <strong>del</strong> gioco sono considerate<br />

eterne e ripetono rituali antichi. Uccidere un<br />

confidente <strong>del</strong>le forze <strong>del</strong>l’ordine richiede ad esempio<br />

una piccola operazione chirurgica: il taglio <strong>del</strong>la lingua.<br />

Il moncone qualche volta viene infilato tra le natiche.<br />

Quando si tratta di assassinare un dongiovanni di paese<br />

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