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Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura

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ma garantito e sicuro <strong>del</strong>la cosiddetta “prova di vita”.<br />

Bisogna dire, a onor <strong>del</strong> vero, che i primi a servirsene sono<br />

stati i terroristi <strong>del</strong>le Brigate Rosse durante il sequestro<br />

di Aldo Moro, presidente <strong>del</strong>la Dc, nel 1978. Chi<br />

non ricorda la foto <strong>del</strong> “prigioniero politico” che teneva<br />

in mano un quotidiano di Roma? Indifferente e distratto<br />

verso altri fenomeni d’importazione, un certo banditismo<br />

sardo – quello più evoluto – ha fatto tesoro di<br />

questa indicazione e l’ha sfruttata immediatamente.<br />

Il resto, ma non tutto il resto, ha mantenuto la vecchia<br />

ricetta. Giusto per non tradire la cucina locale.<br />

Giuseppe Medici, senatore <strong>del</strong>la Repubblica incaricato,<br />

alla fine degli anni ’60, di stendere una relazione su<br />

quella che sarà poi chiamata società <strong>del</strong> malessere, si<br />

guarda intorno e coglie alcuni aspetti che non giustificano<br />

ma comunque spiegano in un certo senso nascita e<br />

sviluppo di un fenomeno profondamente sardesco,<br />

molto imitato e mai uguagliato pur essendo uno dei pochissimi<br />

prodotti regionali che ha riscosso (e riscuote)<br />

un robusto successo nel resto d’Italia e all’estero. Aiutandosi<br />

col bastone in un incedere che tradiva l’anima<br />

aristocratica, il senatore scoprì una terra ingrata, secca e<br />

ventosa, arida e sterile. Scrive preoccupato: “In questo<br />

ambiente agropastorale di montagna, vive una popolazione<br />

ferrigna: soltanto gente di ferro può reggere a un<br />

simile ambiente e amare la vita <strong>del</strong> pastore nomade”.<br />

Davanti agli occhi aveva l’immagine <strong>del</strong> Supramonte,<br />

il sipario roccioso di Montalbo di fronte a Lula, la<br />

Barbagia e il suo sterminato deserto. Insomma, le condizioni<br />

geo-ambientali per forgiare un popolo duro c’erano<br />

tutte. L’annotazione di Medici è tutt’altro che superficiale,<br />

paesaggistica: in qualche modo cerca di capi-<br />

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re come possa diffondersi un reato così terribile, un reato<br />

che prevede – volentieri o meno – una ferocia che si<br />

ripete, si proietta giorno dopo giorno in uno stillicidio<br />

che annienta. E che talvolta coinvolge intere comunità.<br />

Cosa può importare a “gente ferrigna” <strong>del</strong>le sofferenze<br />

di un povero miliardario? Dopotutto, molta di quella<br />

gente fa una vita quotidiana che non è molto diversa da<br />

quella <strong>del</strong>l’ostaggio. L’alimentazione, pane formaggio e<br />

salsiccia, fa parte <strong>del</strong>la vita di migliaia di contadini e pastori.<br />

Resta da parlare <strong>del</strong>la privazione <strong>del</strong>la libertà, modesta<br />

e temporanea seccatura, che viene ritenuta sopportabile.<br />

Non ci sarà mai nessuno tra Mamoiada e Orune,<br />

tra Nule e Benetutti, che lo dichiarerà apertamente,<br />

ma non è vista – in un certo senso – molto diversa dalla<br />

prigionia <strong>del</strong> latitante o da quella di un pastore, imbavagliato<br />

dal silenzio, condannato a stare per intere settimane<br />

a non vedere anima viva. Imprigionato senza catene<br />

certo, ma comunque imprigionato in una cella gigantesca,<br />

infinita, senza porta e senza sbarre ma pure senza<br />

via d’uscita.<br />

Ascoltate le discussioni nei bar, il chiacchiericcio per<br />

strada: la custodia <strong>del</strong>l’ostaggio non è affatto considerata<br />

la parte più orribile <strong>del</strong> sequestro. Stando al paragone<br />

di prima, non si venga a dire che il pastore se vuole può<br />

andarsene, può lasciare la sua galera. Non è vero, non<br />

può: glielo vieta il senso <strong>del</strong> dovere e <strong>del</strong>la famiglia, soprattutto<br />

un destino segnato e immutabile. L’alternativa<br />

fin quasi agli inizi degli anni ’70 è stata soltanto una:<br />

emigrazione. Senza scivolare nella retorica, sarebbe interessante<br />

scoprire quali siano i punti di riferimento e il<br />

significato di libertà per centinaia di migliaia di sardi<br />

che si sono rifugiati all’estero o nel nord Italia, inseguiti<br />

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