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Eco n. 75 - Maggio 10:Layout 1 - Eco della Brigna

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e18<br />

Amico dei cavalli, Spiridione, era<br />

nato in un piccolo villaggio<br />

ghego di quel tratto <strong>della</strong> Sila che<br />

degrada verso oriente e che guarda<br />

aldilà del mare che la separa dalle<br />

scure vette dei monti delle isole jonie<br />

al sorgere del sole.<br />

Fin da bambino preferiva trascorrere il<br />

tempo lontano dai giochi dei suoi coetanei,<br />

per andare appena fuori dell’abitato<br />

a sedersi sulla staccionata dei<br />

cavalli di Don Fernando: un duca<br />

stanco del mondo, un forestiero venuto<br />

da fuori per godere <strong>della</strong> pace del<br />

luogo e <strong>della</strong> gioia che provava a vivere<br />

insieme con i suoi animali di cui si<br />

curava personalmente. Ma andava<br />

invecchiando e la fatica rendeva<br />

necessario trovare qualcuno che lo<br />

aiutasse. Così un giorno decise di proporre<br />

a Doni, ormai giovanotto, di<br />

occuparsi del suo maneggio come<br />

salariato fisso.<br />

«Stalliere del duca!» Per Doni era<br />

come toccare il cielo, la fortuna che si<br />

materializzava, la sua passione profonda<br />

che diventava sorgente di vita.<br />

Ogni giorno governava il maneggio e<br />

i cavalli, che poi allenava per tenerli<br />

Penelope e Calipso<br />

U CAVADDARU<br />

di Paolo Borgia<br />

pronti per il padrone. La gioia di<br />

cavalcare lo faceva sentire un privilegiato<br />

e un po’ snob, nel logoro aplomb<br />

paesano.<br />

Poco per volta, lui schivo e di poche<br />

parole, si accorse che le ragazze -<br />

sfrontate arbresce! - lo guardavano<br />

anche con seduzione. Qualcuna persino<br />

osava salutarlo invitante. E Doni<br />

finì per mettersi con la più provocante<br />

e decisa, Francesca Giuseppa…<br />

I cavalli del duca davano appena da<br />

mangiare a Doni e ai suoi due figli, già<br />

di 4 e 1 anno. Faceva volentieri lo stalliere<br />

ma la paga, sia pure sicura, era<br />

misera. Così la moglie Giùsi, per alleviare<br />

l’economia <strong>della</strong> famiglia nella<br />

stagione del pomodoro lasciava i figli<br />

alle vicine anziane e come le altre<br />

donne scendeva a Crotone nello stabilimento<br />

delle conserve e dei pelati.<br />

Pelavano a mani nude i pomodori<br />

quando erano ancora bollenti. Da<br />

quando aveva 15 anni Giùsi faceva<br />

quel lavoro indispensabile anche alla<br />

sua famiglia paterna, perchè il padre,<br />

volontario in marina, fu congedato<br />

soltanto dopo otto anni, durante i quali<br />

aveva combattuto per la patria nella<br />

seconda guerra mondiale, sempre in<br />

giro per i mari del mondo e poi fatto<br />

prigioniero dagli inglesi.<br />

E il duca morì! I suoi figli, che non<br />

amavano i cavalli nè il loro odore, se<br />

ne disfarono. E Doni dovette partire<br />

per Bukesburg come aveva già fatto la<br />

maggior parte dei suoi coetanei.<br />

Aveva trovato ingaggio in un cupo<br />

stabilimento per la produzione di<br />

posate di acciaio inox.<br />

Dopo tre anni, alcuni paesani trasferiti<br />

a Torino gli dissero di scendere perchè<br />

la sua domanda di assunzione alla<br />

FIAT era stata accettata. Trovò un<br />

alloggio in affitto e si fece raggiungere<br />

dalla moglie coi figli che ora avevano<br />

7 e 4 anni. Anche Giùsi trovò lavoro<br />

ma siccome non sapeva a chi lasciare i<br />

figli, quando usciva li chiudeva in<br />

casa, da soli, fino a quando tornava il<br />

marito, finito il turno. Di anno in anno<br />

le loro condizioni di vita e quelle economiche<br />

andarono migliorando.<br />

Anche i figli, dopo gli studi, trovarono<br />

lavoro e misero su le loro famiglie...<br />

Franz, ormai fatto uomo, a 35 anni<br />

trovò il coraggio di infrangere il silenzio<br />

di pudore e chiedere alla madre,<br />

Susi, di parlargli del padre, che non<br />

aveva conosciuto. Conobbe una storia,<br />

che più che d’amore nato da un impeto<br />

di passione, era piuttosto il confortante<br />

epilogo di due solitudini insopportabili,<br />

di spontanea simpatia, di<br />

naturale trasporto, di consapevole predisposizione<br />

all’incontro e di conforto<br />

nel vuoto esistenziale <strong>della</strong> grigia<br />

Bukesburg. Susi infatti era sposata ma<br />

la sua vita si era come spenta per la<br />

assenza di affetto e di condivisione del<br />

marito, che anzichè curarsi <strong>della</strong> casa<br />

e <strong>della</strong> sua padrona preferiva naufragare<br />

nel fumo delle taverne.<br />

L’incontro tra Doni e Susi fu un semplice<br />

dare corpo alla metafisica predisposizione.<br />

1+1≡1. Come nel sogno.<br />

E quando Doni partì per Torino, Susi<br />

lasciò il marito. Restò sola. Era abituata<br />

a fare tutto da sola. Ma ora aveva<br />

una ragione di vita. Il figlio Franz per<br />

Susi rimase la sua gioia perpetua.<br />

Susi morì! E Franz, tramite agenzia<br />

venne a sapere che anche Doni era<br />

morto. Ma l’istinto lo spinse a Torino.<br />

Voleva incontrare i fratelli mai conosciuti.<br />

Si presentò alla casa di Giùsi<br />

che aveva sempre saputo tutto. Il<br />

marito le aveva raccontato e lei aveva<br />

tenuto il segreto nel cuore, legandosi a<br />

Doni di struggente ardore crescente<br />

insaziabile. E la difesa <strong>della</strong> sua famiglia<br />

restò sempre prima d’ogni cosa.<br />

I fratelli finalmente si incontrarono<br />

nella più completa gioia. E Giùsi fu<br />

orgogliosa del nuovo ruolo di matrigna<br />

di un figlio tedesco, Franz.

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