Eco n. 75 - Maggio 10:Layout 1 - Eco della Brigna
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e16<br />
Piccoli filibustieri<br />
IN CONVENTO<br />
“<br />
No, picciotti, mi dispiace, ma io<br />
domani devo riuscire ad entrare.<br />
C’è la versione in classe dal latino e<br />
non posso perdere l’occasione di<br />
aggiustarmi la media”. Enzo mi guardò<br />
sornione e mi disse: “Si, Padre Nilo<br />
ti aspetta a braccia aperte. Domani<br />
mattina vedrai come ti fa entrare!”.<br />
Lo sapevo che sarebbe stato difficile. I<br />
Basiliani erano molto severi e noi il<br />
giorno prima l’avevamo fatta grossa.<br />
Ci eravamo beccati sette giorni di<br />
sospensione e non c’era stato verso di<br />
ottenere una briciola di perdono.<br />
Quella mattina, spinti dai nostri genitori,<br />
che avevano già subito, il pomeriggio<br />
precedente, l’onta <strong>della</strong> convocazione<br />
all’Istituto Andrea Reres, a Santa<br />
Maria, per avere ricevuto la notifica<br />
<strong>della</strong> nostra sospensione, avevamo<br />
fatto un tentativo, ma eravamo stati<br />
allontanati. Sulle prime ci eravamo<br />
messi in fila, nell’atrio del Monastero<br />
Basiliano, con i nostri compagni e gli<br />
interni, i parrineddi, alcuni dei quali<br />
venivano fin dalla Calabria per studiare<br />
a Santa Maria.<br />
Padre Nilo ci aveva squadrati severo,<br />
Zeus pronto col fulmine. Poi, additandoci<br />
uno per uno con lo sguardo che<br />
pareva veramente un lampo che saettava<br />
da sotto gli occhiali, ci aveva indicato<br />
il portone e noi uno dietro l’altro:<br />
Salvatore, Enzo, Vittorio e io, ci eravamo<br />
“accomodati” fuori dall’istituto. Ci<br />
pareva che anche quel portoncino rita-<br />
di Lillo Pennacchio<br />
gliato nel portone grande fosse fatto<br />
apposta per mortificarci. Provate a passare<br />
senza chinare la testa, se vi riesce!<br />
A casa non volevamo tornare, in giro<br />
non potevamo andare perché sarebbe<br />
stato come annunciare a tutto il paese<br />
che eravamo stati sospesi. Potevamo<br />
vagare per le campagne ma, in inverno,<br />
dove andare? Ci sentivamo veramente<br />
persi. Io poi ero ulteriormente mortificato<br />
perché c’era stata la neve e mio<br />
padre stava pascolando le pecore vicino<br />
alla scuola, sopra Sanremo, o’ Tirrascu.<br />
Mi si gelava il sangue ogni volta che<br />
sentivo la sua voce che richiamava le<br />
pecore. Mia madre non gli aveva detto<br />
nulla la sera prima. Era stata con le<br />
altre mamme alla convocazione ma,<br />
come fanno spesso le mamme, aveva<br />
tenuto il dispiacere tutto per sé, per<br />
lasciare tranquillo mio padre che già<br />
aveva le sue difficoltà in campagna e<br />
ci mancava pure quella.<br />
Come spesso succedeva, anche quella<br />
volta fu Vittorio a risolvere, almeno<br />
fino all’una, la faccenda.<br />
Ci invitò a seguirlo dietro il monastero<br />
e fece quello che spesso facevamo<br />
quando volevamo entrare di soppiatto<br />
nell’istituto per prendere il pallone e<br />
giocare davanti alla chiesa o addirittura<br />
per fermarci nella sala giochi dei nostri<br />
compagni interni quando loro erano<br />
allo studio o impegnati in chiesa a pregare:<br />
si arrampicò fino alla finestra, che<br />
veniva lasciata aperta per aerare il loca-<br />
Foto archivio Salvatore Bisulca<br />
le, con una tecnica particolare che consisteva<br />
nel fare passare la testa tra le<br />
sbarre, poi le spalle e poi tutto il corpo.<br />
Scavalcò la finestra e dopo qualche<br />
minuto ci chiamò dalla porta del garage<br />
che aveva aperto dall’interno. Avevamo<br />
un rifugio. Ci sedemmo in macchina,<br />
una FIAT 1<strong>10</strong>0 TV tipo familiare color<br />
carta da zucchero; cominciammo a<br />
chiacchierare del più e del meno. Roso<br />
dai sensi di colpa, io pensavo a come<br />
entrare il giorno dopo per potere fare la<br />
versione. Loro non avevano proprio la<br />
mia stessa esigenza: in quella precedente<br />
avevano preso la sufficienza e quindi,<br />
anche se non la facevano … ma io<br />
avevo un quattro da riparare e la versione<br />
dal latino era certamente più facile di<br />
quella che in seguito avremmo fatto<br />
dall’italiano. Dovevo entrare il giorno<br />
dopo. Ma come fare? Enzo aveva ragione,<br />
il giorno dopo Padre Nilo ci avrebbe<br />
cacciati via come quella mattina.<br />
Eppure dovevo trovare un modo. In<br />
fondo non era successo nulla di grave<br />
o meglio noi non volevamo fare una<br />
cattiva azione: era stato un gioco…Va<br />
be’, lo racconto.<br />
Era successo questo: il giorno prima<br />
avremmo dovuto, nelle due ore dopo<br />
la ricreazione, fare Educazione fisica,<br />
ma il nostro professore, Nino<br />
Zambianchi, per un contrattempo non<br />
era arrivato e noi ci eravamo messi a<br />
trascorrere il tempo, ognuno come<br />
meglio credeva. Noi quattro, appunto<br />
quattro, ci eravamo organizzati buoni<br />
buoni per giocare a briscola, visto che<br />
avevamo le carte. Non davamo fastidio,<br />
ma gli altri si divertivano a darcene<br />
fino al punto da nasconderci una<br />
carta. La ricerca non era facile, una<br />
carta si nasconde agevolmente. Ad un<br />
certo punto ci sembrò che un nostro<br />
compagno si divertisse particolarmente<br />
alla nostra affannata ricerca e naturalmente<br />
diventò l’indiziato numero<br />
uno. Come fu e come non fu, ci ritrovammo<br />
tutti e quattro addosso a lui<br />
steso sulla cattedra e, visto che continuava<br />
a ridere, gli sfilammo le scarpe<br />
convinti di trovarvi la carta. Niente, la<br />
carta non c’era. Allora, dopo avergli<br />
tolto il maglione, frugammo dentro la<br />
camicia. Lui rideva sempre più forte,<br />
forse per il solletico, ma la carta non si<br />
trovava. Nel momento in cui, sempre<br />
più convinti che quel sette di spade