biblioteca di testi teatrali - Capitello
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23<br />
Antologia 3<br />
9Linguaggi<br />
speciali<br />
Teatro e cinema<br />
LABORATORIO TEATRALE<br />
FACCIAMO TEATRO<br />
Dall’idea, al canovaccio, al testo p. 1<br />
Prime azioni <strong>teatrali</strong>: le improvvisazioni p. 6<br />
BIBLIOTECA DI TESTI TEATRALI<br />
LEggIAMO IL TEATRO<br />
Aristofane La pace p. 9<br />
Plauto Anfitrione p. 14<br />
W. Shakespeare Romeo e Giulietta p. 22<br />
A. Čechov Una domanda <strong>di</strong> matrimonio p. 31<br />
L. Pirandello La patente p. 38
laboratorio teatrale<br />
Antologia 3 9. Linguaggi speciali facciamo teatro<br />
Dall’idea, al canovaccio, al testo<br />
COME TRASPORRE UN’IDEA<br />
IN UN CANOVACCIO<br />
1<br />
A<br />
L’idea<br />
Leggi il percorso seguente, che descrive i<br />
<strong>di</strong>versi passaggi svolti per giungere al testo<br />
teatrale Arlecchino e lo stomaco brontolone.<br />
Quando non c’ è nessun testo narrativo<br />
da cui partire, ma soltanto una traccia o<br />
un’idea, come si fa per scriverne uno?<br />
Arlecchino è il servo, continuamente affamato e senza denari, <strong>di</strong> Pantalone,<br />
un vecchio, ricco e avaro mercante <strong>di</strong> Venezia. Arlecchino scopre le provviste<br />
<strong>di</strong> Pantalone e vuole mangiarsele, ma il vecchio, richiamato dal brontolìo<br />
dello stomaco vuoto <strong>di</strong> Arlecchino, lo sorprende e lo caccia <strong>di</strong> casa. Disperato, Arlecchino<br />
incontra Brighella, servo della marchesa Rasponi, una vecchia, bruttissima e ricchissima zitella.<br />
La marchesa deve inviare un suo ritratto a uno spasimante lontano che la vorrebbe sposare.<br />
I due servi, allora, inventano una truffa ai danni della marchesa: Arlecchino, travestito,<br />
si fingerà pittore e si farà pagare in anticipo dalla marchesa, poi i due malandrini <strong>di</strong>videranno<br />
il bottino. Il raggiro sembra riuscire, ma, sul più bello, Pantalone giunge inaspettato a casa<br />
della marchesa e, udendo il brontolìo dello stomaco vuoto <strong>di</strong> Arlecchino, riconosce nel pittore<br />
il suo servo e smaschera l’imbroglio. Allora…<br />
B<br />
Il canovaccio<br />
Dall’idea si può elaborare una traccia più articolata e completa che,<br />
nel linguaggio teatrale, si chiama «canovaccio».<br />
Il canovaccio è un particolare testo teatrale che riassume il racconto e<br />
lo <strong>di</strong>vide in scene <strong>di</strong> cui in<strong>di</strong>ca i personaggi e i fatti, ma non le battute.<br />
Le battute, infatti, sono improvvisate dagli attori <strong>di</strong>rettamente sulla scena, quin<strong>di</strong> possono<br />
variare <strong>di</strong> volta in volta. Questo modo <strong>di</strong> recitare, molto <strong>di</strong>ffuso nel XVI e XVII secolo e tipico<br />
<strong>di</strong> un genere teatrale detto «Comme<strong>di</strong>a dell’Arte», richiedeva che gli attori fossero molto<br />
bravi e affiatati.<br />
Ecco come il canovaccio descrive le prime due scene tratte dall’idea.<br />
Scena prima<br />
Rientrando in casa <strong>di</strong> Pantalone, Arlecchino sente brontolare il suo stomaco vuoto<br />
e prende a lamentarsi della propria fame e del proprio padrone avarissimo, che<br />
non gli dà <strong>di</strong> che vivere. Pantalone sembra essere uscito, ma in realtà, richiamato<br />
dal brontolìo, spia il servo <strong>di</strong> nascosto. Arlecchino decide <strong>di</strong> rubare il cibo dalla<br />
<strong>di</strong>spensa del suo padrone. Vi trova salsicce, formaggi, vino e pane, ma Pantalone,<br />
armato <strong>di</strong> un nodoso randello, bastona il servo ladro e lo caccia <strong>di</strong> casa.<br />
F a c c i a m o t e a t r o<br />
1
C<br />
La trasformazione<br />
in testo teatrale<br />
Scena seconda<br />
Sulla strada, Arlecchino malconcio incontra Brighella e si lamenta con lui della sua<br />
sfortuna. Brighella gli propone <strong>di</strong> truffare la marchesa Rasponi, sua padrona, che<br />
deve spe<strong>di</strong>re il proprio ritratto a un capitano, suo lontano spasimante. Brighella<br />
propone ad Arlecchino <strong>di</strong> travestirsi da pittore: lui lo presenterà alla marchesa<br />
dalla quale, dopo aver finto <strong>di</strong> abbozzare il ritratto, Arlecchino si farà dare un<br />
anticipo <strong>di</strong> cinquanta scu<strong>di</strong> d’argento. Uscito dal palazzo, il «pittore» sparirà e i<br />
due si <strong>di</strong>videranno la somma. I due si danno appuntamento presso il palazzo della<br />
marchesa.<br />
Per mettere in atto questa trasformazione occorre:<br />
Poiché recitare un canovaccio improvvisando le battute richiede<br />
una grande abilità, si può trasformare un canovaccio<br />
in un vero e proprio testo teatrale.<br />
definire in modo preciso le situazioni in<strong>di</strong>cate dal canovaccio e arricchirle <strong>di</strong> particolari;<br />
inventare e scrivere i <strong>di</strong>aloghi;<br />
precisare nelle note d’inquadramento i luoghi e gli elementi scenici;<br />
precisare, nelle note per gli attori, le azioni, gli spostamenti e i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> recitare.<br />
Adesso, leggendo il testo teatrale definitivo, potrai verificare i vari passaggi svolti.<br />
Ti accorgerai che i personaggi usano un linguaggio particolare, che mescola alla lingua italiana<br />
alcune espressioni del <strong>di</strong>aletto veneziano.<br />
Ciò accade perché Arlecchino, Pantalone e Brighella sono personaggi veneziani che appartengono<br />
alla tra<strong>di</strong>zione teatrale della Comme<strong>di</strong>a dell’Arte.<br />
1. quinta: lo<br />
spazio, posto ai lati<br />
del palcoscenico<br />
e invisibile agli<br />
spettatori, dove gli<br />
attori attendono <strong>di</strong><br />
entrare in scena.<br />
2. brontolìo: il<br />
brontolìo può<br />
essere prodotto<br />
«a vista» da un<br />
rumorista, posto<br />
<strong>di</strong> lato ai pie<strong>di</strong><br />
della scena,<br />
che percuote un<br />
timpano o aziona<br />
una «macchina del<br />
tuono» teatrale,<br />
composta da un<br />
ARLECCHINO E LO STOMACO BRONTOLONE<br />
Atto primo<br />
Scena prima<br />
Scena: la casa <strong>di</strong> Pantalone. Una cassapanca da un lato e un piccolo arma<strong>di</strong>o sul<br />
fondo. Entra Arlecchino curvo sotto il peso <strong>di</strong> un grosso sacco.<br />
Arlecchino Oh finalmente son arivà. (scarica il sacco e ci si siede sopra, ansimante)<br />
Sior Pantalon! Sior Pantalon, g’ho portà il saco de carbon per la stufa!<br />
(nessuno risponde) Sior Pantalon? (attende risposta, che non arriva)<br />
Ostrega, il sior Pantalon è uscito… Strano però, la porta non era<br />
chiusa a ciave. (alle sue spalle, dalla quinta 1 , fa capolino Pantalone, che<br />
mostra <strong>di</strong> assistere alla scena <strong>di</strong> soppiatto; si sente un brontolìo 2 sordo,<br />
Arlecchino sobbalza) Perbacco, che tuono, forse piove! (fa l’atto <strong>di</strong><br />
I l p I aF ca ec rc e i adm I o l et ge ag te r oe<br />
2
guardare il cielo dalla finestra, verso il pubblico) Ma… Xe tutto sereno!<br />
(si risiede sul sacco, il brontolìo si ripete più forte e Arlecchino sobbalza<br />
portando le mani al ventre) Ahi, ahi, che mal de panza! No xe il tuono:<br />
xe il mio stomego che se lamenta! Ahi che fame terribile! (il brontolìo<br />
si ripete e Arlecchino si contorce) Ahi, ahi, tuta colpa de quel tirchio<br />
del sior Pantalon, che non me da niente da magnar! (è colto da un’idea<br />
improvvisa) Ma… xe l’occasion che aspetavo: il sior Pantalon xe uscito e<br />
io posso servirme a la <strong>di</strong>spensa… e anche cercar qualche ducato per<br />
andar all’osteria! (si guarda attorno furtivo, poi apre la cassapanca, vi<br />
caccia dentro la testa e incomincia a rovistare, si raddrizza) Varda quanta<br />
bona roba! (torna con la testa nella cassapanca)<br />
Pantalone (entra in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong> con un nodoso bastone in mano e si piazza<br />
sogghignando <strong>di</strong>etro Arlecchino, in attesa)<br />
Arlecchino (emerge dalla cassapanca con una fila <strong>di</strong> salsicce) Ostrega che belle<br />
salsicce! Le voleva magnar tute da solo, quel vecio ingordo! Gli<br />
andasse tuto de traverso! (posa a terra le salsicce, mentre si sente il<br />
cupo brontolìo del suo stomaco) Ehilà, calma stomego! (si accarezza il<br />
ventre) Ora arrivano le leccornie! (si rituffa nella cassapanca)<br />
Pantalone (prende le salsicce, le ripone silenziosamente nell’arma<strong>di</strong>o e ritorna in<br />
posizione <strong>di</strong> attesa)<br />
Arlecchino (emerge con alcune forme <strong>di</strong> cacio legate tra loro) Mira che bele<br />
provole! E a mi niente, quel vecio bavoso! Potesse venirgli l’orticaria, la<br />
pellagra e la <strong>di</strong>ssenteria! (posa il cacio; brontolìo dello stomaco) Ancora<br />
un momento, stomego, un po’ <strong>di</strong> pazienza, ciò! (torna a capofitto nella<br />
cassapanca)<br />
Pantalone (ripete, con il cacio, l’azione precedente)<br />
Arlecchino (riemerge) Ecco, ecco: una bela forma de pan e una bottiglia de buon<br />
vin! Ah, che meravegia! (posa pane e vino) Ora me farò una magnada<br />
memorabile, a la barba del vecio spilorcio, che gli prenda lo scorbuto!<br />
(estrae dalla casacca una tovaglietta, un piatto e un paio <strong>di</strong> posate e si<br />
prepara come per un picnic)<br />
Pantalone (nel frattempo fa sparire pane e vino, come in precedenza cacio e<br />
salsicce)<br />
Arlecchino (finisce <strong>di</strong> preparare la «tavola») Ecco qua, e ora… (si volta per<br />
prendere il cibo, che è scomparso) Ma, dove xe finio? (guarda sotto<br />
la tovaglietta, nella cassapanca, si alza in pie<strong>di</strong> e rovista nelle tasche)<br />
Ma che stregoneria xe questa? Li avevo posati proprio qui (si volta e<br />
vede Pantalone che in quel momento si è posizionato al posto del cibo<br />
e bran<strong>di</strong>sce il bastone) dove ora c’è il sior Pantalon. (resta un attimo<br />
perplesso, poi realizza la situazione) Il sior Pantalon! Aaaaaah! Aiuto!<br />
(scappa correndo in tondo sulla scena inseguito da Pantalone)<br />
Pantalone Te g’ho ciapà 3 , ladro! Fiol d’un can! Assassino <strong>di</strong> salsicce! (molla<br />
fendenti all’aria)<br />
Arlecchino No! Aiuto! Mi uccide! Pietà, paron, pietà!<br />
I due compiono due giri della scena urlando.<br />
telaio al quale è<br />
appeso, con due<br />
corde, un foglio <strong>di</strong><br />
lamiera metallica,<br />
che viene scosso<br />
per mezzo <strong>di</strong><br />
maniglie <strong>di</strong> corda<br />
poste nella sua<br />
parte inferiore.<br />
3. Te g’ho ciapà:<br />
Ti ho preso.<br />
I l p I aF ca ec rc e i adm I o l et ge ag te r oe<br />
3
4. putin: bimbetto.<br />
5. sghéi: quattrini.<br />
Pantalone (affaticato, capisce che non riuscirà a raggiungere Arlecchino, allora si<br />
ferma ansimando e ne attende il passaggio con il bastone levato)<br />
Arlecchino (non si è accorto della manovra e continua a correre in cerchio) Perdono!<br />
No xe colpa mia! Xe il mio stomego che mi ha costretto!<br />
Pantalone (cala il bastone al passaggio <strong>di</strong> Arlecchino mancando il bersaglio, allora<br />
si concentra per un secondo colpo)<br />
Arlecchino (continua a girare urlando) Pietà, el mi stomego xe come un putin 4 !<br />
Quando el g’ha fame non intende ragioni!<br />
Pantalone Il tuo stomego non intende ragioni, ma il tuo cranio intende ’sta<br />
sventola! (cala il bastone sulla testa <strong>di</strong> Arlecchino)<br />
Arlecchino (stramazza al suolo tenendosi il capo, mentre Pantalone lo colpisce<br />
ripetutamente) Ahi! Ahia! Pietà! Mercede!<br />
Pantalone (assestando bastonate) Questo per lo scorbuto, questo per l’orticaria<br />
e la pellagra e questo per la <strong>di</strong>ssenteria (con una pedata fa rotolare<br />
Arlecchino giù, o fuori, dalla scena, verso gli spettatori) E non farte più<br />
veder in casa mia, mangiapane a tra<strong>di</strong>mento! (si ricompone sod<strong>di</strong>sfatto<br />
<strong>di</strong> sé) E ora, a tavola! (esce)<br />
Scena seconda<br />
Scena: la strada davanti alla casa <strong>di</strong> Pantalone. Non occorrono cambi <strong>di</strong> scena, basta<br />
recitare sul proscenio.<br />
Arlecchino (si rialza e si siede sul bordo del palcoscenico) Ohi, poareto mi!<br />
Sansa niente da magnar, sansa sghéi 5 , sansa casa e pieno <strong>di</strong> livi<strong>di</strong>!<br />
(piagnucola)<br />
Entra Brighella.<br />
Brighella Ehilà Arlechin, cossa te capita? Hai mal <strong>di</strong> pancia?<br />
Arlecchino Male, malissimo caro Brighela! G’ho la panza vuota e il sior Pantalon mi<br />
ha bastonato e cacciato <strong>di</strong> casa!<br />
Brighella La questione è seria!<br />
Arlecchino Seria? Xe tragica! Se no me viene un’idea per trovar da magnar, ’sta<br />
sera sarò morto per la fame, consumato, evaporato!<br />
Brighella Eh via, non xe mica il caso de fare la trage<strong>di</strong>a… (pensa) Io, però,<br />
un’idea ce l’avrei…<br />
Arlecchino Un’idea, un’idea per magnar?<br />
Brighella Sicuro, ma dovrai aspetar fino a questa sera e sbrigar un lavoreto.<br />
Arlecchino Lavorare? Lo sapevo che c’era la fregatura. Ti xe proprio un bel amico!<br />
Brighella Ma no, no xe proprio un lavoro… La mia parona, la marchesa Rasponi,<br />
xe vecia e bruta come la morte, ma xe vedova, ricca da far paura e<br />
cerca un marito…<br />
Arlecchino (salta in pie<strong>di</strong> in<strong>di</strong>spettito e prende Brighella per il bavero) Lo ve<strong>di</strong> che<br />
sei una bestia! Me voresti far sposar una vecia mummia solo per poder<br />
magnar!<br />
Brighella Ma ascolta…<br />
Arlecchino (con rabbia) E la mia Colombina che xe giovane e bela a chi la doverìa<br />
lassar? A una bestia come ti?<br />
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Brighella Ma no! No ti g’ha capìo niente! Tu devi solo far finta d’esser un pittore!<br />
Arlecchino (sorpreso) Un pittore? Ma mi non so nemmeno colorar de nero una<br />
gondola nera!<br />
Brighella Ma non fa nulla! Ascolta: la Marchesa g’ha un’amica spagnola con un<br />
fratello, capitano nel Messico, scapolo e babbeo. Questa amica g’ha<br />
scritto al capitan e lo g’ha quasi convinto a sposare la Marchesa con un<br />
matrimonio «per procura»…<br />
Arlecchino E che cosa gli procura?<br />
Brighella Ma niente gli procura! «Per procura» vuol <strong>di</strong>r che i due se sposano<br />
a <strong>di</strong>stanza, senza conoscersi prima del matrimonio! Poi la sposa<br />
raggiungerà lo sposo!<br />
Arlecchino Ma allora questo capitan xe proprio un gran babeo!<br />
Brighella E la sorela xe una furba, che vuole metter le mani sui sol<strong>di</strong> della<br />
Marchesa! Ma il capitan, per accettare il matrimonio, vuole prima<br />
vedere un ritratto della Marchesa… xe qui che arrivi tu, per farle il<br />
ritratto!<br />
Arlecchino Sì, la Marchesa xe già orribile, se poi il ritratto lo fasso mi, il capitan<br />
preferirà sposarse con un’orca marina!<br />
Brighella Ma dai, stolto! No xe necessario fare il ritratto: tu vieni dalla Marchesa<br />
vestito a modo e io ti presento come grande pittore; tu <strong>di</strong>ci alla<br />
Marchesa parole <strong>di</strong> miele, le fai gran<strong>di</strong> complimenti e poi la fai sedere<br />
in posa; infine le <strong>di</strong>ci che, per non affaticarla, farai solo uno schizzo,<br />
che terminerai nel tuo stu<strong>di</strong>o. Naturalmente chie<strong>di</strong> cinquanta scu<strong>di</strong><br />
d’argento come anticipo per le spese e poi sparisci. Il gioco xe fatto!<br />
Arlecchino Cinquanta scu<strong>di</strong> d’argento? Ma xe una cifra enorme!<br />
Brighella Per la riccastra no xe nulla! Oh, naturalmente, il giorno dopo se<br />
vedemo e tu me dai la mia parte!<br />
Arlecchino (sognante) Sì, che meravegia! Sai che magnade con cinquanta scu<strong>di</strong>!<br />
Brighella Vai allora, procurati il travestimento; ti aspetto tra due ore al palazzo<br />
della Marchesa! (esce)<br />
Arlecchino (agitatissimo) Vado, vado! Cinquanta scu<strong>di</strong> d’argento! Potrò magnar<br />
fino a morire! (si sente un brontolìo fortissimo, Arlecchino sussulta e<br />
si rivolge al suo stomaco) Ancora poche ore de pasiensa, stomego, e<br />
poi avrai ogni ben de Dio! Cinquanta scu<strong>di</strong> d’argento, ostrega! (esce<br />
accompagnato da un altro brontolìo)<br />
Intermezzo musicale<br />
Alcuni musici posti ai pie<strong>di</strong> e a lato della<br />
scena suonano un brano mentre, in silenzio<br />
e con attenzione, il cambio della scena<br />
viene svolto «a vista» da attrezzisti in<br />
costume.<br />
V. Bastita, Altri orizzonti, E<strong>di</strong>zioni il capitello<br />
I l p I aF ca ec rc e i adm I o l et ge ag te r oe<br />
5
laboratorio teatrale<br />
Antologia 3 9. Linguaggi speciali facciamo teatro<br />
Prime azioni <strong>teatrali</strong>: le improvvisazioni<br />
REAgIRE CON PRONTEzzA<br />
DI RIflESSI AllE<br />
SITUAzIONI INATTESE<br />
Eccoci nuovamente all’appuntamento con<br />
l’improvvisazione teatrale!<br />
Ora il gioco si fa <strong>di</strong>fficile… devi mostrare<br />
tutta la prontezza <strong>di</strong> riflessi <strong>di</strong> cui sei capace!<br />
Con i tuoi compagni, leggi con attenzione le proposte; prendetevi un po’ <strong>di</strong> tempo per concentrarvi sulle situazioni<br />
e immedesimarvi nei personaggi in modo da poter reagire con prontezza <strong>di</strong> riflessi anche a situazioni<br />
inattese.<br />
Il primo gioco presenta un vero e proprio intreccio narrativo abbastanza strutturato e complesso:<br />
1 il protagonista, un giovane studente (il «Lettore»), rimane in scena tutto il tempo con altri cinque o<br />
sei attori. Utilizzate gli sguar<strong>di</strong>, i gesti e anche le parole (potete anche usare cadenze <strong>di</strong>verse); state<br />
sempre rivolti verso il pubblico, parlando con un volume adeguato.<br />
La scena<br />
si svolge<br />
all’interno<br />
<strong>di</strong> una casa,<br />
nel soggiorno<br />
o nella camera<br />
dello studente.<br />
LE TRIBOLAZIONI DI UN GIOVANE LETTORE<br />
Il Lettore rientra a casa dopo una brutta mattinata <strong>di</strong> scuola e, parlando tra sé e sé,<br />
manifesta il desiderio <strong>di</strong> finire la lettura <strong>di</strong> un libro giallo che lo sta appassionando.<br />
Prima si prepara un bel panino con il cioccolato e un bicchiere <strong>di</strong> latte, quin<strong>di</strong> si sdraia<br />
sul <strong>di</strong>vano (con espressione beata) con la merenda e il libro giallo.<br />
Ma… uffa, suona il campanello!<br />
È un amico che gli chiede la bicicletta in prestito, raccontandogli però una lunga<br />
storia su come il giorno prima ha forato la gomma della sua bici. Il Lettore risponde<br />
gentilmente e consegna all’amico le chiavi del lucchetto della sua bicicletta.<br />
Appena iniziata la lettura del giallo, suona nuovamente il campanello: è un’amica <strong>di</strong><br />
sua madre che gli chiede il favore <strong>di</strong> portare a passeggio il suo cagnolino, lei non può<br />
perché ha l’influenza. Il Lettore inventa una scusa e rifiuta.<br />
Il Lettore riprende la lettura, ma suona nuovamente il campanello! È una vicina <strong>di</strong><br />
casa, indaffarata e frettolosa, che gli chiede il favore <strong>di</strong> tenergli il bambino per poco<br />
tempo perché deve fare una commissione. Il Lettore, anche se <strong>di</strong> malavoglia, accetta.<br />
Il piccolo ha un anno: comincia a gattonare per tutta la stanza, afferrando oggetti<br />
e facendo gridolini <strong>di</strong> gioia. Il Lettore tenta <strong>di</strong> leggere, ma deve continuamente<br />
interrompersi per occuparsi del piccolo che a un certo punto si mette a piangere a<br />
<strong>di</strong>rotto perché vuole la mamma.<br />
A questo punto suona il telefono. Il Lettore, tra le urla del bambino, risponde: è la<br />
signorina <strong>di</strong> un call-center che gli propone <strong>di</strong> abbonarsi a una pay-tv che offre<br />
programmi <strong>di</strong> sport, musica e intrattenimenti vari per ragazzi. Il Lettore, esasperato,<br />
risponde in malo modo!<br />
Finalmente ritorna la madre a riprendersi il bimbo. S’intrattiene a lungo parlando<br />
<strong>di</strong>ffusamente della commissione fatta e ringraziando esageratamente il ragazzo.<br />
Quando infine si avvia verso la porta, vede il libro giallo buttato sul <strong>di</strong>vano: anche lei<br />
lo ha letto, ma, gli <strong>di</strong>ce, non avrebbe mai pensato che l’assassino fosse il cuoco…<br />
A questo punto il Lettore ha una crisi <strong>di</strong> nervi, caccia la vicina (con il bimbo che<br />
ricomincia a urlare) e le <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non chiedergli mai più alcun favore!<br />
F a c c i a m o t e a t r o<br />
6
2 I partecipanti a questo gioco ricevono un libro e hanno l’incarico <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are con molta attenzione<br />
il risvolto o il retro della copertina, dove in poche frasi vengono riassunti gli argomenti o gli<br />
avvenimenti narrati.<br />
Viene dato un tempo <strong>di</strong> preparazione<br />
<strong>di</strong> circa 15 minuti, trascorso il quale<br />
ciascuno, a turno, entra nello spazio<br />
scenico, preferibilmente senza il libro,<br />
e, con il tono <strong>di</strong> voce <strong>di</strong> un appassionato<br />
lettore, tenta <strong>di</strong> invogliare<br />
il pubblico alla lettura del suo volume<br />
(tempo: non più <strong>di</strong> 2 minuti). Osserva<br />
l’esempio qui a lato.<br />
3 I partecipanti a questo<br />
gioco sono <strong>di</strong>sposti in<br />
cerchio, molto vicini uno<br />
all’altro.<br />
C A turno, seguendo l’or<strong>di</strong>ne<br />
del cerchio in senso orario<br />
o antiorario, ciascuno dovrà<br />
improvvisare una frase con<br />
il seguente inizio: «Questo<br />
libro mi piace perché…».<br />
UN LIBRO IN UN MINUTO<br />
Siamo nel 1138, tra le mura <strong>di</strong> un’abbazia benedettina<br />
inglese. Fratello Cadfael riceve l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> dare<br />
sepoltura ai prigionieri uccisi per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> re Stefano.<br />
I conti, però, non tornano: i giustiziati sono stati 94,<br />
mentre i cadaveri da seppellire 95. Chi sarà il<br />
«cadavere <strong>di</strong> troppo» ? E chi lo avrà ucciso?<br />
Sul fitto mistero indaga Fratello Cadfael, in un giallo<br />
avvincente, ricco <strong>di</strong> imprevisti e colpi <strong>di</strong> scena. Non<br />
perdetevi Un cadavere <strong>di</strong> troppo, <strong>di</strong> Ellis Peters,<br />
E<strong>di</strong>zioni il capitello!<br />
A La prima parte del gioco consiste<br />
nel far passare i libri da<br />
un partecipante all’altro. L’insegnante<br />
scan<strong>di</strong>rà un ritmo<br />
battendo lentamente le mani<br />
e, a un tratto, interromperà<br />
l’azione<br />
gridando<br />
«stop».<br />
D La frase improvvisata dovrà<br />
essere suggerita da uno degli<br />
aspetti del libro (copertina,<br />
peso, titolo, argomento,<br />
nome dell’autore, ecc.).<br />
B A questo punto ogni partecipante<br />
si troverà in possesso<br />
<strong>di</strong> un libro e avrà inizio la seconda<br />
fase dell’esercizio.<br />
E Quando tutti avranno pronunciato<br />
la loro frase, si riprenderà<br />
il passaggio dei libri. Al<br />
nuovo «stop» dell’animatore,<br />
si ricomincerà con le frasi,<br />
ma questa volta la frase inizierà<br />
così: «Questo libro non<br />
mi piace perché…».<br />
I l p I aF ca ec rc e i adm I o l et ge ag te r oe<br />
7
SCRIVERE bREVI<br />
TESTI PER l A<br />
MESSA IN SCENA<br />
Trasforma gli spunti che ti proponiamo prima in un<br />
canovaccio, poi, aggiungendovi le battute, le note <strong>di</strong><br />
Noi ti <strong>di</strong>amo qualche idea, tu devi arrivare<br />
a mettere in scena almeno uno spunto,<br />
passando per le varie tappe.<br />
inquadramento e le note per gli attori, in un copione<br />
pronto per la messa in scena.<br />
4 I commessi e i loro clienti<br />
Gli attori lavorano a coppie (commesso/cliente) in una delle seguenti scene.<br />
Il commesso <strong>di</strong> un negozio <strong>di</strong> scarpe è un tifoso <strong>di</strong> calcio che in<br />
negozio sta seguendo la partita della sua squadra alla tv. Entra<br />
un cliente incontentabile che sta cercando un paio <strong>di</strong> stivali.<br />
Si assiste a un <strong>di</strong>vertente scontro: da una parte un personaggio<br />
indeciso, pignolo, che calza dozzine <strong>di</strong> stivali senza<br />
riuscire a decidersi, dall’altra il commesso impaziente<br />
che per liberarsi dello scomodo cliente alla fine gli fa uno<br />
sconto enorme.<br />
La commessa <strong>di</strong> una libreria è una<br />
fanatica del suo lavoro. È appassionata <strong>di</strong> libri, li spolvera e li allinea in<br />
modo maniacale, li ha letti praticamente tutti. Travolge il cliente ingenuo,<br />
che le ha solo chiesto qualche consiglio, con un fiume <strong>di</strong> parole,<br />
raccontando la trama <strong>di</strong> ogni libro per filo e per segno (compresi i finali<br />
dei gialli), immedesimandosi nelle vicende al punto da scoppiare<br />
a piangere o a ridere a seconda del genere.<br />
Il cliente, spazientito, esce dalla libreria senza comprare nulla e la<br />
commessa sconsolata si chiede il perché.<br />
adatt. da S. Michieli - S. Papi, Libri in scena. Giochi e attività <strong>teatrali</strong> con i libri, Erickson<br />
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8
iblioteca <strong>di</strong> <strong>testi</strong> <strong>teatrali</strong><br />
Antologia 3<br />
9. Linguaggi speciali<br />
La pace Aristofane<br />
Prologo<br />
leggiamo il teatro<br />
Trigeo, un conta<strong>di</strong>no ateniese arruffone e geniale, stanco della guerra che si<br />
trascina da <strong>di</strong>eci anni e manda in rovina i suoi affari, decide <strong>di</strong> risolvere lui<br />
la contesa salendo in cielo, fino all’Olimpo, per cercare lassù la dea Pace e<br />
ricondurla finalmente sulla terra. Per un simile viaggio, alleva uno scarabeo<br />
stercorario che fa ingrassare dai suoi servi con abbondanti porzioni <strong>di</strong> sterco;<br />
quando l’insetto è <strong>di</strong>venuto forte abbastanza per sostenerlo, sale al cielo e libera<br />
la Pace che riporta a terra in mezzo alla gioia generale. In premio avrà una<br />
sposa celeste, Opora, simbolo della stagione estiva in cui maturano i frutti e<br />
dell’abbondanza ritornata sulla terra.<br />
Due servi <strong>di</strong> Trigeo stanno lavorando intorno a un mastello <strong>di</strong><br />
letame.<br />
Primo servo Svelto, passami una focaccia per lo scarabeo 1 .<br />
Secondo servo (porgendogliela) Pronto, dalla a quella maledetta<br />
bestia! E che non possa mai mangiar <strong>di</strong> meglio!<br />
Primo servo (la prende, la porta nella stalla e ritorna quasi<br />
subito) Dammene un’altra, <strong>di</strong> merda d’asino.<br />
Il famoso<br />
comme<strong>di</strong>ografo<br />
Aristofane visse in<br />
Grecia tra il V e il IV<br />
secolo a.C. Temi<br />
ricorrenti nelle sue<br />
opere – <strong>di</strong> cui ci sono<br />
pervenute un<strong>di</strong>ci<br />
comme<strong>di</strong>e complete<br />
oltre a un migliaio <strong>di</strong><br />
frammenti – sono la<br />
rovina della città <strong>di</strong><br />
Atene e il sarcasmo<br />
nei confronti <strong>di</strong> coloro<br />
che ne sono la causa.<br />
La comme<strong>di</strong>a La pace,<br />
<strong>di</strong> cui ti presentiamo il<br />
Prologo, si svolge<br />
durante la prima<br />
guerra del<br />
Peloponneso contro<br />
Sparta.<br />
1. scarabeo: questo insetto<br />
è detto «stercorario» perché<br />
si nutre <strong>di</strong> escrementi che<br />
appallottola. La sua grandezza<br />
supera raramente i due o tre<br />
centimetri, ma questo non fa<br />
ostacolo ad Aristofane e alla<br />
sua fantasia.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
9
Secondo servo (che continua a impastare) Eccotene un’altra. Ma<br />
dov’è andata a finire quella che gli hai portata<br />
adesso? Non l’ha voluta?<br />
Primo servo Per Giove, se l’è ghermita e inghiottita tutta intera,<br />
dopo essersela appallottata fra le gambe. Presto,<br />
preparane altre che siano ben sode.<br />
(ritorna alla stalla)<br />
Secondo servo (rivolgendosi al pubblico) In nome degli dèi, o<br />
svuotabottini 2 , datemi voi una mano, se non volete<br />
vedermi asfissiato.<br />
Primo servo (ritornando <strong>di</strong> corsa) Un’altra dammene, un’altra<br />
ancora; <strong>di</strong>ce che la vuole ben trita.<br />
Secondo servo Eccola! (agli spettatori) Di un’accusa, gente mia,<br />
credo <strong>di</strong> poter andar assolto: nessuno avrà il coraggio<br />
<strong>di</strong> affermare che mangio mentre impasto<br />
3 .<br />
Primo servo Accidenti! Dammene un’altra, un’altra, e poi<br />
un’altra, e preparane ancora.<br />
Secondo servo Ah, no, per Apollo, proprio no! Non ce la faccio<br />
più a sopportare questa porcheria!<br />
Primo servo Allora gliela porto tutta in una volta! (afferra il<br />
mastello ed entra con quello nella stalla)<br />
Secondo servo Portagliela, alla malora, per Giove, e mettitici<br />
dentro pure te! (agli spettatori) Qualcuno <strong>di</strong><br />
voi mi <strong>di</strong>ca, se lo sa, dove potrei comprare un<br />
naso senza narici. Non c’è niente <strong>di</strong> più <strong>di</strong>sgustoso<br />
che mescolare pietanze ad uno scarabeo. Il<br />
porco o il cane, quando tu gliel’hai preparata, ci<br />
si buttano sopra senza tante cerimonie; lui invece<br />
fa lo schizzinoso e non si degna <strong>di</strong> mangiare<br />
se non gliela presento dopo avergliela impastata<br />
4 una giornata intera, neppure si trattasse<br />
<strong>di</strong> una signora! Ma voglio dare un’occhiata dalla<br />
fessura dell’uscio, per vedere se ha finito <strong>di</strong> mangiare.<br />
(guarda dentro) E dàgli! Mangia, mangia<br />
pure. Chissà che tu non scoppi, senza neanche<br />
accorgertene. Come mangia quel maledetto, a testa<br />
bassa, come un lottatore, arrotando i molari<br />
e muovendo in giro la testa e le zampe. Che animale<br />
schifoso, puzzolente e vorace! Da quale <strong>di</strong>o<br />
ci viene questo malanno, non lo so. Da Afro<strong>di</strong>te<br />
non mi pare e tanto meno dalle Grazie 5 !<br />
Primo servo (ritornando) Da chi, allora?<br />
Secondo servo Non c’è dubbio: è un pro<strong>di</strong>gio <strong>di</strong> Giove Fulminasterco<br />
6 .<br />
2. o svuota bot tini:<br />
rivolgendosi al pubblico<br />
(espe<strong>di</strong>ente usato in tutti i<br />
tempi e da tutti i comici per<br />
coinvolgerne maggior mente<br />
l’interesse e farselo complice) il<br />
servo cerca tra gli spettatori un<br />
addetto alle latrine, uno <strong>di</strong> quei<br />
raccoglitori <strong>di</strong> sterco incaricati<br />
dai magistrati citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />
trasportare gli escrementi fuori<br />
delle mura, perché gli <strong>di</strong>a una<br />
mano. «Bottino» qui significa<br />
«pozzo nero».<br />
3. … mentre impasto:<br />
una delle preoc cupazioni dei<br />
padroni era che i loro servi,<br />
mentre impastavano la farina,<br />
non ne mangiassero qualche<br />
boccone. Avevano inventato<br />
persino un collare apposito,<br />
che impe<strong>di</strong>va allo schiavo <strong>di</strong><br />
portare le mani alla bocca.<br />
4. impastata: come s’è<br />
detto, lo scarabeo è solito<br />
impastare con cura lo sterco<br />
per ridurlo in pallottole e farlo<br />
rotolare nella cavità del terreno<br />
che gli fa da nido.<br />
5. Afro<strong>di</strong>te… Grazie: la<br />
dea dell’amore e le dee della<br />
bellezza, simboli <strong>di</strong> leg gia drìa<br />
che hanno poco a che vedere<br />
con uno scarabeo, stercorario<br />
per giunta.<br />
6. Fulmina sterco: uno<br />
degli epiteti <strong>di</strong> Giove era quello<br />
<strong>di</strong> Diòs Kataibàtu, il «<strong>di</strong>o che<br />
fulmina dall’alto». Premettendo<br />
una «S» (Skataibàtu), l’epiteto<br />
cambia <strong>di</strong> significato e <strong>di</strong>venta<br />
il «<strong>di</strong>o che manda sterco<br />
dall’alto».<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
10
Primo servo Ecco che qualcuno degli spettatori, magari un<br />
giovane saputello, già comincia a <strong>di</strong>re: «Ma che<br />
affare è questo? Che c’entra lo scarabeo?» E uno<br />
della Ionia 7 , che gli sta seduto vicino, attacca anche<br />
lui: «Direi che si allude a Cleone 8 : mangia<br />
sterco senza ritegno». Ma sarà meglio che vada a<br />
dargli da bere 9 . (entra nella stalla)<br />
Secondo servo (al pubblico) Intanto io voglio spiegare la cosa ai<br />
ragazzini, ai giovincelli, agli uomini e ai superuomini,<br />
anzi, soprattutto ai superuomini. Il mio<br />
padrone è preso da una strana mania, una mania<br />
assolutamente nuova. Se ne sta tutto il giorno<br />
a guardare il cielo, così, a bocca aperta; e si<br />
lamenta con Giove e <strong>di</strong>ce: «O Giove, ma che ti salta<br />
in mente? Metti giù quella scopa: non vorrai<br />
ramazzare tutta l’Ellade!». Ma un momento; fate<br />
silenzio. Mi sembra <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re una voce.<br />
Trigeo (dal <strong>di</strong> dentro) O Giove, che farai del nostro popolo?<br />
Non t’accorgi che ci stai svuotando le città 10 ?<br />
Primo servo Questo è il malanno <strong>di</strong> cui parlavo; adesso avete<br />
gustato solo un saggio delle sue manìe. Ora saprete<br />
quel che <strong>di</strong>ceva quando lo colse il primo accesso<br />
<strong>di</strong> bile. Diceva fra sé e sé: «Come potrei arrivare<br />
<strong>di</strong>rettamente da Giove?». E così, costruitesi<br />
certe scalette sottili, s’ingegnava <strong>di</strong> arrampicarsi<br />
per dar la scalata al cielo, finché è capitombolato<br />
giù e si è spaccato la testa. Ieri poi, dopo tutto<br />
questo, andatosene alla malora non so dove, s’è<br />
portato a casa un enorme scarabeo, e mi ha or<strong>di</strong>nato<br />
<strong>di</strong> strigliarlo, mentre lui se lo accarezza<br />
quasi fosse un puledro. «O nobile alato della stirpe<br />
<strong>di</strong> Pegaso, pren<strong>di</strong>mi su <strong>di</strong> te e portami dritto<br />
a Giove! 11 ». Ma ora voglio sbirciare, per vedere<br />
che cosa fa. (si china a guardare e subito si ritira<br />
in<strong>di</strong>etro, urlando esterrefatto) Povero me! Accorrete,<br />
vicini, accorrete! Il padrone si alza a volo<br />
nell’aria, per salire in cielo, a cavallo dello scarabeo!<br />
(appare sul tetto Trigeo, a cavalcioni <strong>di</strong> un<br />
enorme scarabeo alato)<br />
Trigeo Calma, calma, frenati, o mio somarello 12 . Non mi<br />
correre troppo impetuoso, fin da principio, fidando<br />
nella tua baldanza, prima <strong>di</strong> aver fatto sudare<br />
e sciogliere, col battito veloce delle ali, i muscoli<br />
delle membra. E non soffiarmi sulla faccia questo<br />
fetore, accidenti! Se hai intenzione <strong>di</strong> far così,<br />
7. uno… Ionia: gli Ioni, che<br />
abitavano le coste dell’Asia<br />
Minore, erano stati ostili alla<br />
politica guerraf ondaia <strong>di</strong><br />
Cleone, nominato subito dopo.<br />
8. Cleone: era stato tra i<br />
più accaniti sostenitori della<br />
guerra contro Sparta, nella<br />
quale morì (422 a.C.).<br />
Aristofane nelle sue com me<strong>di</strong>e<br />
lo tratta sempre con molta<br />
durezza, come fa anche qui<br />
accusandolo <strong>di</strong> «mangiare<br />
sterco», al lu dendo ai suoi<br />
affari sporchi.<br />
9. a dargli da bere:<br />
sappiamo come lo scarabeo<br />
mangia e possiamo<br />
immaginare come beve. È<br />
probabile che l’attore mimasse<br />
la battuta con qualche gesto a<br />
proposito.<br />
10. svuotando le città: per<br />
i numerosi morti in guerra.<br />
11. O nobile alato…<br />
a Giove!: verso solenne<br />
ripreso dal tragico Euripide<br />
che Aristofane prende spesso<br />
in giro nelle sue comme<strong>di</strong>e.<br />
Pegaso è il famoso cavallo<br />
alato del mito.<br />
12. somarello: in greco<br />
somaro si <strong>di</strong>ce kànthon e<br />
scarabeo kàntharos; da cui il<br />
gioco <strong>di</strong> parole.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
11
preferisco che te ne rimanga a casa.<br />
Secondo servo O padrone, o signore, tu deliri!<br />
Trigeo Taci tu, stai zitto!<br />
Secondo servo Perché sbatter l’aria in questo modo? Non serve<br />
a niente!<br />
Trigeo È per il bene <strong>di</strong> tutti gli Elleni che mi alzo in<br />
volo! Sto macchinando un’impresa mai vista.<br />
Secondo servo Volando? Ma è una pazzia inutile!<br />
Trigeo Zitto! Non blaterare! Dovresti innalzare un gioioso<br />
augurio! E <strong>di</strong>’ a tutti <strong>di</strong> tacere, <strong>di</strong> turare latrine<br />
e cloache con nuovi mattoni, <strong>di</strong> tapparsi il<br />
sedere!<br />
Secondo servo Come faccio a star zitto, se tu non mi <strong>di</strong>ci dove<br />
vuoi volare?<br />
Trigeo E dove pensi si possa volare se non in cielo, da<br />
Giove?<br />
Secondo servo Che intenzioni hai?<br />
Trigeo Di chiedergli che vuol fare <strong>di</strong> tutti gli Elleni.<br />
Secondo servo E se non ti dà sod<strong>di</strong>sfazione?<br />
Trigeo L’accuserò <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re gli Elleni per i Persiani 13 .<br />
Secondo servo Questo no, per Dioniso, finché sarò vivo!<br />
Trigeo Già; ma non si può far altro.<br />
Secondo servo (volgendosi verso l’interno della casa) Ehi, ehi,<br />
ehi, ragazze! Vostro padre se ne va in cielo <strong>di</strong> nascosto,<br />
vi lascia sole! Poverette voi, supplicatelo!<br />
(escono le due figlie <strong>di</strong> Trigeo)<br />
Figlia O padre, o padre, era dunque vera la voce, giunta<br />
in questa casa 14 , che tu, a cavallo <strong>di</strong> chissà<br />
quali uccelli, mi avresti abbandonata e te ne saresti<br />
andato coi corvi alla malora sulle ali del<br />
vento? Che c’è <strong>di</strong> vero? Rispon<strong>di</strong>, o padre, se mi<br />
vuoi bene.<br />
Trigeo (con solennità) La verità, o figlie, potete immaginarla.<br />
È da molto tempo che ce l’ho con voi: da<br />
quando mi chiedete pane chiamandomi paparuccio,<br />
e in casa non c’è il becco d’un quattrino. Ma<br />
se questa va bene e riesco a riportare in<strong>di</strong>etro la<br />
pelle, avrete a suo tempo una bella focaccia e un<br />
po’ <strong>di</strong> botte per companatico 15 .<br />
Figlia Con quale mezzo affronterai il tuo viaggio? Certo<br />
non sarà una nave quella che ti porterà per<br />
un tale cammino!<br />
Trigeo Non una nave, ma un destriero alato!<br />
Figlia Ma che idea ti è venuta, o paparino, <strong>di</strong> aggiogare<br />
uno scarabeo per salire dagli dèi?<br />
13. per i Persiani: era<br />
un’accusa <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento molto<br />
frequente in Atene durante<br />
la guerra e usata spesso per<br />
scopi politici, sicché il pubblico<br />
doveva riderne.<br />
14. O padre… casa: è<br />
un altro verso <strong>di</strong> Euripide,<br />
come le altre battute che<br />
seguono poste tra virgolette;<br />
il pubblico doveva cogliere al<br />
volo questi versi solenni nelle<br />
scene comiche, e <strong>di</strong>vertirsi del<br />
contrasto.<br />
15. botte per<br />
companatico: anche qui c’è<br />
un gioco <strong>di</strong> parole tra kòndylos,<br />
pugno, e kàndylos, un piatto<br />
ateniese.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
12
Trigeo È nelle favole <strong>di</strong> Esopo 16 , che questo è l’unico volatile<br />
giunto fino ai numi.<br />
Figlia Ma è incre<strong>di</strong>bile quello che tu <strong>di</strong>ci, o padre, che<br />
un animale tanto puzzolente sia potuto arrivare<br />
agli dèi.<br />
Trigeo Ci è arrivato una volta, in o<strong>di</strong>o all’aquila, e, per<br />
vendetta, fece rotolar giù, a precipizio, le sue<br />
uova.<br />
Figlia Dovevi aggiogare un qualche Pegaso alato, per<br />
apparire più tragico al cospetto dei numi!<br />
Trigeo Ma, mio tesoro, mi ci sarebbe voluto il doppio <strong>di</strong><br />
vettovaglie: ora, invece, con quel che mangio io,<br />
ci nutro anche la bestia.<br />
Figlia Guardati almeno <strong>di</strong> non scivolare e cadere a precipizio<br />
<strong>di</strong> lassù, perché poi, azzoppato, non debba<br />
fornire argomento ad Euripide 17 e ne esca una<br />
trage<strong>di</strong>a!<br />
Trigeo Sarà affar mio. Statemi bene. (le figlie se ne vanno;<br />
rivolgendosi agli spettatori) E voi, per cui affronto<br />
quest’impresa, mi raccomando, per tre<br />
giorni almeno, niente bisogni, altrimenti questo,<br />
se sente l’odore, piomba giù a gozzovigliare<br />
e io mi rompo la testa. (cantando, allo scarabeo)<br />
Coraggio, Pegaso, avanza lieto, scuotendo,<br />
con le tue splendenti orecchie, gli aurei freni.<br />
Che fai? Che fai? Perché punti il naso alle latrine?<br />
Su, coraggio, alzati a volo, <strong>di</strong>sten<strong>di</strong> le tue ali<br />
veloci, punta <strong>di</strong>ritto alla <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Giove! E torci<br />
quel tuo naso dallo sterco e dai cibi mortali!<br />
(lo scarabeo si <strong>di</strong>rige al basso) Ehi, tu, laggiù, al<br />
Pireo 18 , che ti svuoti, vicino ai lupanari! Mi vuoi<br />
far morire? Macchinista, stacci attento! 19 Sento<br />
soffiare un vento <strong>di</strong> colica sotto all’ombelico. Se<br />
non ci stai attento, scodello la cena allo scarabeo!<br />
Eppure mi sembra <strong>di</strong> essere vicino agli dèi.<br />
Ecco, ecco la <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Giove.<br />
Aristofane, La pace, traduzione <strong>di</strong> S. Bellati, Rizzoli<br />
16. nelle favole <strong>di</strong> Esopo:<br />
quella precisamente dell’aquila<br />
e dello scarabeo che vola fin<br />
nel grembo <strong>di</strong> Giove per farne<br />
rotolare le uova che l’aquila vi<br />
aveva deposte.<br />
17. Euripide: la solita presa<br />
in giro del grande tragico che<br />
aveva osato portare sulla<br />
scena anche uomini veri e<br />
infelici, e magari zoppi, come<br />
Tèlefo, il guerriero <strong>di</strong> Troia<br />
ferito da Achille.<br />
18. Pireo: il porto <strong>di</strong> Atene.<br />
19. Mac chini sta, stacci<br />
attento!: l’appello è rivolto al<br />
macchinista <strong>di</strong> scena, perché<br />
non lo faccia cadere. L’illusione<br />
scenica è così spezzata, con<br />
comica <strong>di</strong>sinvoltura, come<br />
accade spesso in Aristofane e<br />
nei comici in genere.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
13
iblioteca <strong>di</strong> <strong>testi</strong> <strong>teatrali</strong><br />
Antologia 3 9. Linguaggi speciali<br />
Anfitrione Tito Maccio Plauto<br />
atto primo<br />
leggiamo il teatro<br />
Tito Maccio Plauto<br />
Tito Maccio Plauto, forse il più popolare tra i comme<strong>di</strong>ografi latini, nacque in<br />
Umbria verso la metà del III secolo e vi morì nel 184 a.C. Nelle sue numerosissime<br />
opere una folla <strong>di</strong> personaggi minori ruota spesso intorno alla figura centrale <strong>di</strong><br />
un servo scaltro e truffal<strong>di</strong>no. Questo accade anche nell’Anfitrione, la comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />
cui ti presentiamo, dopo un breve riassunto, un brano tratto dal Primo atto.<br />
Sosia Non avrei mai immaginato, e così nessuno dei citta<strong>di</strong>ni<br />
<strong>di</strong> Tebe: invece, eccoci <strong>di</strong> ritorno sani e salvi a<br />
casa nostra. Le legioni rientrano in patria vittoriose<br />
dopo la vittoria sui nemici, la conclusione <strong>di</strong> un duello<br />
immane e lo sterminio dell’avversario. Han finito<br />
d’infliggere lutti acerbi al popolo tebano: la cittadella<br />
nemica giace vinta ed espugnata dal vigore e dal valore<br />
dei nostri soldati, ma soprattutto dalla strategia<br />
e dalla fortuna del mio padrone Anfitrione. Ha procurato<br />
ai suoi concitta<strong>di</strong>ni bottino, territori, fama, e<br />
al re <strong>di</strong> Tebe, Creonte, ha consolidato il trono. Me, mi<br />
ha mandato avanti dal porto in casa sua per riferire<br />
alla moglie come ha retto le sorti dello stato sotto la<br />
propria guida, il proprio comando, la propria fortuna.<br />
Ora un momento <strong>di</strong> riflessione: come le parlerò,<br />
al mio arrivo? Mentire è una mia abitu<strong>di</strong>ne, è nel mio<br />
carattere. Mentre gli altri erano nel vivo della battaglia,<br />
io ero nel vivo della fuga; tuttavia fingerò <strong>di</strong> esservi<br />
stato presente e riferirò ciò che ho sentito <strong>di</strong>re.<br />
Avanti ora: raggiungiamo la casa ed eseguiamo l’or<strong>di</strong>ne<br />
del padrone.<br />
Mercurio (c. s.) 1 Ah ah, quest’uomo vuol venire qui: gli vado<br />
incontro io. Mai, oggi, costui si avvicinerà a questa<br />
casa, non lo permetterò. Ho assunto il suo aspetto e<br />
sono ben deciso a giocarlo. E invero, se ne ho preso<br />
su <strong>di</strong> me la forma e la statura, conviene che ne abbia<br />
pure le maniere e un carattere uguale. Ossia devo es<br />
Giove, innamoratosi <strong>di</strong><br />
Alcmena, ha assunto<br />
l’aspetto <strong>di</strong> suo marito<br />
Anfitrione, generale dei<br />
Tebani, mentre questi<br />
sta combattendo<br />
contro i Teleboi nemici<br />
del suo paese; lo<br />
assiste Mercurio nelle<br />
vesti del servo Sosia,<br />
che ha seguito il suo<br />
padrone in guerra.<br />
Entrambi i<br />
travestimenti<br />
ingannano Alcmena e<br />
le persone <strong>di</strong> casa.<br />
Nel Primo atto,<br />
riportato qui <strong>di</strong> seguito,<br />
il servo <strong>di</strong> Anfitrione,<br />
che sta tornando a<br />
casa dopo la vittoria<br />
sui Teleboi e che ha<br />
mandato avanti Sosia<br />
per dare l’annuncio alla<br />
moglie Alcmena, trova<br />
la porta sbarrata da un<br />
uomo identico a lui che<br />
altri non è se non<br />
Mercurio, posto lì <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a da Giove,<br />
1. (c. s.): «come sopra», cioè<br />
parlando tra sé e sé.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
14
sere malvagio, furbo, astuto quanto lui, per respingerlo<br />
dal portone con la sua stessa arma, la malizia.<br />
Ma che gli prende adesso? Guarda fisso al cielo. Osserviamo<br />
cosa fa.<br />
Sosia Lo giuro: io non credo e non so nient’altro così certo<br />
come credo che questa notte il <strong>di</strong>o Notturno si è coricato<br />
sbronzo. Le sette stelle dell’Orsa non si spostano<br />
<strong>di</strong> un <strong>di</strong>to in cielo, non procede <strong>di</strong> un <strong>di</strong>to la luna<br />
dal punto ov’è sorta, e Orione, Vespero, le Pleia<strong>di</strong> non<br />
tramontano. Fisse dove stanno le stelle, la notte che<br />
non cede <strong>di</strong> un <strong>di</strong>to al giorno.<br />
Mercurio (c. s.) Continua, o Notte, come hai cominciato, asseconda<br />
mio padre. Meglio non puoi prestare un miglior<br />
servizio al migliore, è un prestito ben prestato il<br />
tuo.<br />
Sosia Notte più lunga <strong>di</strong> questa io credo <strong>di</strong> non averla mai<br />
vista: forse solo quando mi frustarono e rimasi appeso<br />
dalla sera alla mattina. Ma questa qui, accidenti,<br />
batte anche quella, e <strong>di</strong> molto, tanto è lunga. Credo<br />
proprio che il Sole abbia fatto una bella bevuta per<br />
dormire così; non c’è altra spiegazione: ha fatto un<br />
po’ <strong>di</strong> baldoria a cena.<br />
Mercurio (c. s.) Cosa <strong>di</strong>ci, canaglia? Cre<strong>di</strong> che gli dèi ti somiglino?<br />
Furfante, malfattore, ti ripagherò io <strong>di</strong> queste<br />
tue insolenze. Fa’ tanto <strong>di</strong> arrivare qui, e ti trovi un<br />
accidente.<br />
Sosia Su, an<strong>di</strong>amo a riferire ad Alcmena l’ambasciata del<br />
padrone. (scorgendo ora Mercurio) Ma chi è l’uomo<br />
che vedo davanti al palazzo, a quest’ora <strong>di</strong> notte? Non<br />
mi va la faccenda.<br />
Mercurio (ancora a parte) Mai visto un fifone simile.<br />
Sosia Mi par <strong>di</strong> capire: costui oggi mi vuol ritessere il mantello<br />
2 .<br />
Mercurio (c. s.) Ha paura l’amico. Voglio <strong>di</strong>vertirmi alle sue<br />
spalle.<br />
Sosia Una <strong>di</strong>sgrazia: i denti mi prudono 3 . Costui mi prepara<br />
certamente, come arrivo, un’accoglienza pugnesca.<br />
Dev’essere un cuore pietoso: il mio signore mi ha<br />
costretto a star sveglio, e lui oggi mi addormenterà<br />
coi suoi pugni. È finita, è finita per me. Mio <strong>di</strong>o, che<br />
grande, e che robusto!<br />
Mercurio (c. s.) Adesso gli parlo chiaro, da vicino, che senta<br />
cosa <strong>di</strong>co. Così gli crescerà la paura in corpo. (ad alta<br />
voce, volto verso Sosia) Forza, miei pugni: è un pezzo<br />
che non procurate vitto al ventre. Sembra sia passato<br />
mentre il sommo <strong>di</strong>o si<br />
trova con l’innamorata.<br />
Quando giunge<br />
Anfitrione, incredulo e<br />
frastornato dal<br />
racconto <strong>di</strong> Sosia,<br />
Alcmena, anch’essa<br />
vittima dell’equivoco, lo<br />
accoglie freddamente.<br />
Seguono battibecchi e<br />
risse fra moglie e<br />
marito; i due rivali si<br />
accusano l’un l’altro;<br />
Blefarone, preso come<br />
arbitro, non sa<br />
<strong>di</strong>stinguere il vero<br />
Anfitrione.<br />
Alla fine tutta la<br />
faccenda si chiarisce<br />
quando Giove placa le<br />
ire <strong>di</strong> Anfitrione<br />
rivelandogli la verità e<br />
annunciandogli la<br />
nascita <strong>di</strong> un figlio<br />
glorioso: Ercole.<br />
2. ritessere il mantello:<br />
una delle tante metafore per<br />
in<strong>di</strong>care «mi vuol dare un bel<br />
po’ <strong>di</strong> botte».<br />
3. i denti mi prudono:<br />
Sosia ha il presen timento <strong>di</strong><br />
pugni imminenti.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
15
un secolo da quando, ieri, avete spogliato e messo<br />
a nanna quei quattro.<br />
Sosia (a parte) Temo forte che qui cambierò <strong>di</strong> nome:<br />
da Sosia <strong>di</strong>vento Quinto. Pretende <strong>di</strong> aver messo<br />
a dormire quattro galantuomini: temo <strong>di</strong> doverne<br />
aumentare il numero.<br />
Mercurio È ben ora, <strong>di</strong>co io. (si mette in guar<strong>di</strong>a)<br />
Sosia ( c. s.) Rimbocca la tunica: si sta preparando <strong>di</strong><br />
certo.<br />
Mercurio Ne busca tante, che non resisterà.<br />
Sosia (c. s.) Chissà chi.<br />
Mercurio Chiunque vien qui, certo ne ingoierà <strong>di</strong> pugni.<br />
Sosia (c. s.) Ah no, non mi garba mangiare a quest’ora<br />
<strong>di</strong> notte: ho appena cenato. Va’ a offrire questa<br />
cena a un affamato, che è meglio.<br />
Mercurio Pesa mica male questo pugno.<br />
Sosia (c. s.) Sono finito: sta pesando i pugni.<br />
Mercurio Perché non dargli una carezza che l’addormenti?<br />
Sosia (c. s.) Mi salveresti la vita: sono tre notti filate, con<br />
questa, che non chiudo occhio.<br />
Mercurio Va malissimo, è uno schifo: la mia destra non sa far<br />
male a una mascella. (parlando alla mano) Deve cambiare<br />
d’aspetto chi ti prende in faccia.<br />
Sosia (c. s.) Costui è un falsario: vuol cambiarmi i connotati.<br />
Mercurio (c. s.) Devi <strong>di</strong>sfargli la faccia, se colpisci qualcuno al<br />
posto giusto.<br />
Sosia (c. s.) Sarebbe strano se non si preparasse a liberarmi<br />
delle ossa come una murena 4 . Tienti lontano da questo<br />
<strong>di</strong>sossatore <strong>di</strong> uomini: sei finito, se ti vede.<br />
Mercurio C’è puzza d’uomo: mal per lui.<br />
Sosia (c. s.) Che, avrei fatto un peto?<br />
Mercurio Non dev’essere nemmeno lontano, anche se viene da<br />
lontano.<br />
Sosia (c. s.) È un negromante!<br />
Mercurio (agitandosi e tirando pugni all’aria sempre <strong>di</strong><br />
più) Prudono i miei pugni.<br />
Sosia (c. s.) Se vuoi esercitarli su <strong>di</strong> me, ti prego <strong>di</strong> calmarli<br />
prima contro un muro.<br />
Mercurio Una voce è volata fino alle mie orecchie.<br />
Sosia (c. s.) Ve<strong>di</strong> se non sono stato un <strong>di</strong>sgraziato a non<br />
spennarmi le ascelle: adesso ho la voce pennuta.<br />
Mercurio Quest’uomo vuol portar via da me del malanno, con<br />
la soma a sue spese.<br />
Sosia (c. s.) Ma io non ho nessun somaro.<br />
4. liberarmi… murena:<br />
la murena era uno dei cibi<br />
preferiti dai Romani, che<br />
l’allevavano in piscine. Animale<br />
molto vorace, ripuliva fino<br />
all’osso le prede.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
16
Mercurio Bisogna caricarlo ben bene <strong>di</strong> pugni.<br />
Sosia (c. s.) Sono sfinito dalla traversata per mare! Sento<br />
ancora il capogiro, avanzo a stento senza pesi: come<br />
potrei camminare con un carico?<br />
Mercurio Certo qui c’è qualcuno che parla.<br />
Sosia (c. s.) Sono salvo, non mi vede. Dice che parla Qualcuno<br />
mentre il mio nome senza dubbio è Sosia 5 .<br />
Mercurio Ecco, da destra, una voce sembra percuotere le mie<br />
orecchie.<br />
Sosia (c. s.) Temo <strong>di</strong> prenderle io, oggi, per la voce che percuote<br />
lui.<br />
Mercurio (a parte) Benissimo, arriva.<br />
Sosia (c. s.) (a parte) Che paura! Sono rigido da capo a pie<strong>di</strong>.<br />
Se qualcuno mi chiedesse in che parte del mondo mi<br />
trovo adesso, non saprei proprio rispondere. Povero<br />
me, non riesco a muovere un solo passo dallo spavento.<br />
È fatta, gli or<strong>di</strong>ni del padrone son persi, e Sosia<br />
con loro. Ma no, bisogna parlargli francamente, faccia<br />
a faccia: forse, a mostrarmi forte, non oserà toccarmi.<br />
Mercurio Dove stai andando, tu, che porti Vulcano racchiuso<br />
in un corno 6 ?<br />
Sosia Perché me lo chie<strong>di</strong>, tu, che <strong>di</strong>sfi la faccia della gente<br />
coi pugni?<br />
Mercurio Sei uno schiavo o un citta<strong>di</strong>no libero?<br />
Sosia Sono quale vuole il mio ingegno.<br />
Mercurio Dici davvero?<br />
Sosia Dico davvero sì.<br />
Mercurio Flagello 7 !<br />
Sosia Tu menti, per ora.<br />
Mercurio Ma presto ti farò <strong>di</strong>re che <strong>di</strong>co davvero.<br />
Sosia È proprio necessario?<br />
Mercurio Si può sapere dove sei <strong>di</strong>retto, <strong>di</strong> chi sei schiavo e perché<br />
sei venuto?<br />
Sosia Qui vengo e sono schiavo del mio padrone. Adesso<br />
cosa ne sai <strong>di</strong> più?<br />
Mercurio Cosa fai intorno a questo palazzo?<br />
Sosia Cosa fai tu piuttosto.<br />
Mercurio Il re Creonte 8 ci mette una sentinella tutte le notti.<br />
Sosia Ben fatto: con noi lontani, si doveva proteggere la<br />
casa. Ma adesso va’ pure, <strong>di</strong>gli che i suoi familiari<br />
sono arrivati.<br />
Mercurio Non so tu fino a che punto sei dei loro, ma se non<br />
te ne vai via subito, mio caro familiare, ti farò avere<br />
un’accoglienza poco familiare, parola mia.<br />
5. parla Qualcuno…<br />
Sosia: viene in mente Ulisse,<br />
che nell’O<strong>di</strong>ssea inganna<br />
Polifemo <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> chiamarsi<br />
«Nessuno».<br />
6. Vulcano racchiuso<br />
in un corno: una fiamma<br />
(Vulcano è il <strong>di</strong>o del fuoco)<br />
accesa dentro una lanterna<br />
dalle pareti trasparenti <strong>di</strong><br />
corno. Metafora elegante<br />
e derisoria da parte del <strong>di</strong>o<br />
Mercurio.<br />
7. Flagello: <strong>di</strong>sastro; qui<br />
anche canaglia.<br />
8. Creonte: re <strong>di</strong> Tebe, figlio<br />
<strong>di</strong> Menezio e padre <strong>di</strong> Giocasta<br />
moglie <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
17
Sosia Ma se io abito qui! Sono il servitore <strong>di</strong> questi signori.<br />
Mercurio Ma sai? Se non te ne vai via, oggi t’innalzo a una posizione<br />
elevata.<br />
Sosia Come?<br />
Mercurio Portato fuori a spalla, non coi tuoi pie<strong>di</strong>, se pongo<br />
mano al bastone.<br />
Sosia Eppure sono <strong>di</strong> famiglia in questa famiglia: io protesto.<br />
Mercurio Ve<strong>di</strong> piuttosto <strong>di</strong> non buscarle, stando qui ancora un<br />
po’.<br />
Sosia Torno a casa da una guerra, e tu preten<strong>di</strong> <strong>di</strong> non farmi<br />
entrare in casa.<br />
Mercurio È questa la tua casa?<br />
Sosia Sì ti <strong>di</strong>co.<br />
Mercurio Chi è dunque il tuo padrone?<br />
Sosia Anfitrione, attualmente a capo delle legioni tebane,<br />
marito <strong>di</strong> Alcmena.<br />
Mercurio Dici davvero? E il tuo nome qual è?<br />
Sosia Sosia mi chiamano i Tebani, <strong>di</strong>scendente da mio padre<br />
Davo 9 .<br />
Mercurio Sfrontatissimo uomo, tu oggi sei venuto qui per tua<br />
<strong>di</strong>sgrazia con questo ricamo <strong>di</strong> menzogne cucite insieme<br />
da inganni.<br />
Sosia Macché! Vengo qui con cucita la camicia, e non gl’inganni!<br />
Mercurio Tu continui a mentire: vieni coi pie<strong>di</strong>, e non con la<br />
camicia.<br />
Sosia Questo sì.<br />
Mercurio Adesso sì le buschi per le tue menzogne.<br />
Sosia Ma io no che non le voglio.<br />
Mercurio Invece sì le buscherai, anche controvoglia. (comincia<br />
a picchiarlo) Ecco un «sì» ben sicuro, in<strong>di</strong>scutibile.<br />
Sosia Pietà, ti supplico!<br />
Mercurio Tu osi <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere Sosia, mentre Sosia sono io?<br />
Sosia Per me è finita.<br />
Mercurio Troppo poco, per ciò che ha da venire. Di chi sei<br />
schiavo adesso?<br />
Sosia Tuo, ne hai preso possesso coi pugni. Aiuto, citta<strong>di</strong>ni<br />
<strong>di</strong> Tebe!<br />
Mercurio Gri<strong>di</strong> ancora, boia? Di’ piuttosto: perché sei venuto?<br />
Sosia Per offrirti qualcuno da tempestare <strong>di</strong> pugni.<br />
Mercurio A chi appartieni?<br />
Sosia Ad Anfitrione ti <strong>di</strong>co: sono Sosia.<br />
Mercurio Racconta queste frottole e ne buscherai <strong>di</strong> più. Io<br />
sono Sosia, non tu.<br />
9. Sosia… Davo: giro<br />
<strong>di</strong> parole che suona come<br />
presa in giro degli eroi epici<br />
e tragici. Sosia è nome greco<br />
(che significa «soccor ri tore»,<br />
«aiutante») <strong>di</strong> uno schiavo<br />
in un’opera del comme<strong>di</strong>ografo<br />
greco Aristofane.<br />
Davo è invece un tipico nome<br />
<strong>di</strong> schiavo nella comme<strong>di</strong>a<br />
romana. Si noti che agli<br />
schiavi non era riconosciuto<br />
legalmente un padre.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
18
Sosia (a parte) Volesse il cielo che fossi tu, e fossi io a dartele!<br />
Mercurio Brontoli ancora?<br />
Sosia Ora taccio.<br />
Mercurio Chi è il tuo padrone?<br />
Sosia Chi vuoi tu.<br />
Mercurio Ebbene, ora come ti chiami?<br />
Sosia Proprio come coman<strong>di</strong> tu.<br />
Mercurio Dicevi <strong>di</strong> essere schiavo <strong>di</strong> Anfitrione, e Sosia.<br />
Sosia Mi sono sbagliato: volevo <strong>di</strong>re «socio» <strong>di</strong> Anfitrione.<br />
Mercurio Lo sapevo bene che tra noi lo schiavo Sosia sono solo<br />
io. Eri fuori strada.<br />
Sosia Ci fossero andati anche i tuoi pugni!<br />
Mercurio Sono io il Sosia che poco fa tu pretendevi <strong>di</strong> essere.<br />
Sosia Ti prego, lasciami parlare in pace, senza ricevere<br />
percosse.<br />
Mercurio No: ci sia un breve armistizio, se vuoi <strong>di</strong>re qualcosa.<br />
Sosia Non <strong>di</strong>rò niente se non fatta la pace: a pugni sei più<br />
forte tu.<br />
Mercurio Parla liberamente, non ti farò del male.<br />
Sosia Ho la tua parola?<br />
Mercurio Sì certo.<br />
Sosia E se m’inganni?<br />
Mercurio Allora si scateni su Sosia l’ira <strong>di</strong> Mercurio.<br />
Sosia Attento! Ora posso <strong>di</strong>re francamente ciò che voglio.<br />
Io sono il servitore <strong>di</strong> Anfitrione, Sosia.<br />
Mercurio Insisti?<br />
Sosia C’è una pace, c’è un patto che ho firmato. Dico la verità.<br />
Mercurio Pren<strong>di</strong> su questo. (gli sferra un pugno)<br />
Sosia Fa’ come vuoi ciò che vuoi, a pugni sei più forte. Però,<br />
qualunque cosa fai, io no, questo non lo tacerò <strong>di</strong><br />
certo.<br />
Mercurio Oggi tu da vivo non riuscirai mai a fare <strong>di</strong> me che<br />
non sia Sosia.<br />
Sosia Ma neppure tu <strong>di</strong> sicuro non mi farai essere <strong>di</strong> un<br />
altro; e noi oltre me non abbiamo nessun altro servo<br />
Sosia. Io partii <strong>di</strong> qui con Anfitrione per andare in<br />
guerra.<br />
Mercurio Quest’uomo è pazzo.<br />
Sosia Lo <strong>di</strong>ci a me, ma il pazzo sei tu. Male<strong>di</strong>zione, come<br />
non sarei il servitore <strong>di</strong> Anfitrione, Sosia? La nostra<br />
nave non è giunta qui dal porto Persico 10 questa notte,<br />
e io non ero a bordo? Non mi ha mandato qui il<br />
mio padrone? Io adesso non mi trovo davanti al no<br />
10. Persico: nome probabilmente<br />
inventato da Plauto.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
19
stro palazzo, non reggo una lanterna in mano? Non<br />
parlo, non sono sveglio? Quest’uomo non mi ha ammaccato<br />
or ora <strong>di</strong> pugni? Se l’ha fatto! Mi duole ancora<br />
la mascella, povero me. Perché dunque ho dei dubbi<br />
e non entro in casa nostra?<br />
Mercurio Che casa vostra?<br />
Sosia Proprio così.<br />
Mercurio Ma se quanto hai detto finora sono tutte fandonie!<br />
Sosia, il servitore <strong>di</strong> Anfitrione, sono io. Questa notte<br />
la nostra nave salpò dal porto Persico, il regno del<br />
re Pterela è ora una città espugnata da noi, abbiamo<br />
catturato in battaglia le legioni dei Teleboi, e Anfitrione<br />
ha accoppato <strong>di</strong> propria mano il re Pterela in<br />
duello.<br />
Sosia (a parte) Non credo a me stesso quando gli sento raccontare<br />
queste cose. Senza dubbio ricorda a memoria<br />
le nostre imprese laggiù. (a Mercurio) Ma <strong>di</strong>’: che<br />
dono han fatto ad Anfitrione i Teleboi?<br />
Mercurio La coppa d’oro che il re Pterela usava abitualmente<br />
per bere.<br />
Sosia (a parte) L’ha detto! (a Mercurio) Dov’è ora la coppa?<br />
Mercurio In un cestello sigillato col sigillo <strong>di</strong> Anfitrione.<br />
Sosia Il sigillo com’è, <strong>di</strong>mmi.<br />
Mercurio Il Sole nascente, con la quadriga 11 . Perché cerchi <strong>di</strong><br />
cogliermi in fallo, boia?<br />
Sosia (a parte) Le prove convincono, debbo cercarmi un altro<br />
nome. Chissà da dove ha visto tutto questo. Ma<br />
ora lo prendo io in trappola. Una cosa che ho fatto<br />
solo soletto, senza <strong>testi</strong>moni, nella tenda, questa almeno<br />
non potrà ri<strong>di</strong>rla, adesso. (a Mercurio) Se tu sei<br />
Sosia, al sommo dello scontro fra le legioni cosa facevi<br />
nella tenda? Mi arrendo, se lo <strong>di</strong>ci.<br />
Mercurio C’era un barilotto <strong>di</strong> vino: ne ho riempito una bottiglia.<br />
Sosia (a parte) Incomincia bene.<br />
Mercurio E com’era uscito da sua madre mi sono scolato quel<br />
vino, puro puro.<br />
Sosia (a parte) Proprio così è capitato: ho scolato una bottiglia<br />
<strong>di</strong> vino puro. Non ci sarebbe da meravigliarsi<br />
che fosse dentro alla bottiglia.<br />
Mercurio Ebbene, le mie prove ti hanno convinto che non sei<br />
Sosia?<br />
Sosia Tu <strong>di</strong>ci che non lo sono?<br />
Mercurio Come potrei non <strong>di</strong>rlo, se sono io?<br />
Sosia Giuro per Giove <strong>di</strong> esserlo io e <strong>di</strong> non mentire.<br />
11. quadriga: carro su cui<br />
il <strong>di</strong>o Sole (Giove) compiva il<br />
suo giro nel l’immagi nazione<br />
dei poeti.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
20
Mercurio Ma io ti giuro per Mercurio che Giove non ti crede.<br />
So per certo che crede più a me senza giuramenti,<br />
che a tutti i tuoi.<br />
Sosia Chi sono allora io, se non sono Sosia? A te lo chiedo.<br />
Mercurio Quando io non vorrò essere più Sosia, potrai esserlo<br />
tu. Adesso che sono io, guai a te se non te ne vai,<br />
uomo innominato!<br />
Sosia (a parte) Accidenti, quando l’osservo e rammento la<br />
mia figura, come sono fatto io – tante volte mi sono<br />
visto nello specchio –, certo mi assomiglia fin troppo.<br />
Ha lo stesso cappello, lo stesso vestito; mi assomiglia<br />
come mi assomiglio io. Le gambe, i pie<strong>di</strong>, la statura,<br />
il taglio dei capelli, e occhi, naso, labbra, mascella,<br />
mento, barba, collo: tutto <strong>di</strong>co, e che altro? Se ha anche<br />
la schiena coperta <strong>di</strong> cicatrici, non esiste somiglianza<br />
più simile. Ma, a pensarci, è anche certo che<br />
io sono sempre lo stesso <strong>di</strong> prima. Conosco il mio padrone,<br />
conosco il nostro palazzo, ho sano il senno e<br />
sono in sentimento. Non <strong>di</strong>amo retta a ciò che <strong>di</strong>ce,<br />
bussiamo alla porta. (si avvicina)<br />
Mercurio Dove ti rechi?<br />
Sosia In casa.<br />
Mercurio Neppure montando sulla quadriga <strong>di</strong> Giove per fuggire<br />
<strong>di</strong> qui eviteresti facilmente un infortunio.<br />
Sosia Non mi è lecito riferire alla mia signora l’ambasciata<br />
del mio signore?<br />
Mercurio Alla tua signora puoi riferire tutto ciò che vuoi; alla<br />
nostra qui non ti lascio avvicinare. Non farmi arrabbiare,<br />
altrimenti oggi ti porti a casa le reni fracassate.<br />
Sosia Preferisco andarmene. O dèi immortali, mi appello<br />
alla vostra lealtà: dove mi sono perduto? Dove mi<br />
sono mutato? Dove ho perso la mia figura? Mi sarei<br />
lasciato laggiù, senza ricordarmene? Perché costui<br />
possiede davvero tutte le fattezze che prima erano<br />
mie. Mi tocca da vivo ciò che non mi toccherà <strong>di</strong><br />
certo dopo morto 12 . Andrò al porto, a raccontare per<br />
filo e per segno tutto l’accaduto al mio padrone. A<br />
meno che anche lui non mi riconosca. Se oggi Giove<br />
lassù mi fa questa grazia, io mi rado la testa e da calvo<br />
mi metto il berretto 13 . (esce da destra)<br />
Plauto, Anfitrione, traduzione <strong>di</strong> C. Carena, Einau<strong>di</strong><br />
12. Mi tocca da vivo…<br />
morto: nei funerali dei nobili<br />
sfilavano figure <strong>di</strong> cera del<br />
defunto e dei suoi antenati.<br />
Sosia si vede davanti già da<br />
vivo la propria immagine.<br />
13. Io mi rado… berretto:<br />
gli schiavi liberati, dopo aver<br />
rasato i capelli, li sostituivano<br />
con un berretto a cono <strong>di</strong><br />
colore naturale.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
21
iblioteca <strong>di</strong> <strong>testi</strong> <strong>teatrali</strong><br />
Antologia 3<br />
9. Linguaggi speciali<br />
leggiamo il teatro<br />
Romeo e Giulietta William<br />
William Shakespeare<br />
Di William Shakespeare (Stratford-upon-Avon, Gran Bretagna 1564-1616), il più<br />
illustre drammaturgo inglese, sono scarse le notizie biografiche. Fu anche poeta<br />
– ci restano Sonetti e due poemetti – ma la sua fama è legata alle molte opere<br />
<strong>teatrali</strong>, <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria ricchezza e complessità <strong>di</strong> temi, che vanno dai drammi<br />
storici alle trage<strong>di</strong>e, alle comme<strong>di</strong>e. Per farti conoscere questo autore, abbiamo<br />
scelto una delle trage<strong>di</strong>e più note, Romeo e Giulietta.<br />
Giulietta O Romeo, Romeo! Perché sei Romeo? Rinnega tuo padre<br />
e rifiuta il tuo nome; o, se non vuoi far questo,<br />
giura solo <strong>di</strong> essere il mio amore, ed io non sarò più<br />
una Capuleti.<br />
Romeo (tra sé) Debbo ascoltare ancora o debbo rispondere a<br />
questo?<br />
Giulietta È solo il tuo nome che è mio nemico. Tu saresti te stesso<br />
anche se non fossi un Montecchi. Oh, pren<strong>di</strong> qualche<br />
altro nome! Che cos’è Montecchi? Non è la mano,<br />
né il piede, il braccio, il viso, né alcuna altra parte<br />
<strong>di</strong> un uomo. Che cosa c’è in un nome? Quel fiore che<br />
chiamiamo rosa, con un altro nome avrebbe un profumo<br />
altrettanto dolce. E così Romeo, anche non fosse<br />
chiamato Romeo, conserverebbe quella preziosa perfezione<br />
che egli possiede, senza tal nome. Romeo, da’ via<br />
il tuo nome e in cambio del tuo nome, che non è parte<br />
<strong>di</strong> te, pren<strong>di</strong> me, intera.<br />
Shakespeare<br />
Nella Verona dei Della<br />
Scala (XIII secolo) un<br />
antico o<strong>di</strong>o regna tra le<br />
due nobili famiglie dei<br />
Montecchi e dei<br />
Capuleti che si<br />
logorano in scontri e<br />
vendette personali.<br />
Romeo Montecchi<br />
partecipa mascherato<br />
a una festa data dai<br />
Capuleti; conosce<br />
Giulietta, figlia del<br />
padrone <strong>di</strong> casa, e si<br />
innamora<br />
perdutamente <strong>di</strong> lei. Di<br />
notte entra nel suo<br />
giar<strong>di</strong>no e scopre che<br />
la fanciulla corrisponde<br />
al suo amore.<br />
Nella scena che qui<br />
per prima proponiamo,<br />
Giulietta si affaccia al<br />
balcone della sua casa<br />
e confida alla notte il<br />
suo innamoramento<br />
mentre Romeo, che<br />
non riesce ad<br />
allontanarsi da<br />
Giulietta, è nascosto in<br />
giar<strong>di</strong>no.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
22
Romeo Ti prendo sulla parola. Chiamami soltanto amore, e<br />
io accetterò il nuovo battesimo. D’ora in avanti io non<br />
sarò più Romeo.<br />
Giulietta Chi sei tu che, così nascosto dalla notte, sorpren<strong>di</strong> il<br />
mio segreto?<br />
Romeo Non so con quale nome <strong>di</strong>rti chi sono. Il mio nome,<br />
santa cara, è o<strong>di</strong>oso a me stesso perché è nemico tuo.<br />
Se lo portassi scritto, lo strapperei.<br />
Giulietta I miei orecchi non hanno bevuto cento parole pronunciate<br />
dalla tua bocca, eppure io ne conosco il suono.<br />
Non sei tu Romeo e un Montecchi?<br />
Romeo Né l’uno né l’altro, bella fanciulla, se l’uno o l’altro ti<br />
<strong>di</strong>spiace.<br />
Giulietta Come sei entrato, <strong>di</strong>mmi, e perché? Il muro dell’orto è<br />
alto e <strong>di</strong>fficile a scalare, e il luogo significa morte per<br />
te, considerato chi sei, se alcuno dei miei parenti ti<br />
scopre qui.<br />
Romeo Con le ali leggere dell’amore ho superato il muro; perché<br />
i limiti <strong>di</strong> pietra non possono tener lontano l’amore,<br />
e ciò che l’amore può, l’amore osa: perciò i tuoi parenti<br />
non sono un ostacolo per me.<br />
Giulietta Se ti vedono, ti uccidono.<br />
Romeo Ahimè, c’è più pericolo nei tuoi occhi che in venti delle<br />
loro spade. Un solo tuo dolce sguardo mi rende invulnerabile<br />
alla loro inimicizia.<br />
Giulietta Non vorrei per tutto il mondo che ti vedessero qui.<br />
Romeo Ho il mantello della notte per nascondermi ai loro occhi,<br />
e se solo tu mi ami, mi trovino pure: meglio la<br />
vita finita dal loro o<strong>di</strong>o che la morte rinviata se mi<br />
manca il tuo amore.<br />
Giulietta Chi ti ha guidato a scoprire questo posto?<br />
Romeo L’amore, che per primo mi suggerì <strong>di</strong> cercare. Egli mi<br />
<strong>di</strong>ede i suoi consigli ed io gli prestai i miei occhi. Non<br />
sono un pilota; pure, se anche tu fossi lontana come il<br />
lido bagnato dal più lontano mare, laggiù mi avventurerei<br />
per conquistare un tale bene.<br />
Giulietta Tu sai che la maschera della notte è sul mio viso, altrimenti<br />
un rossore <strong>di</strong> fanciulla <strong>di</strong>pingerebbe la mia<br />
guancia per ciò che tu mi hai u<strong>di</strong>to <strong>di</strong>re questa notte.<br />
Volentieri salverei la forma; ancor più volentieri<br />
rinnegherei ciò che ho detto; ma ad<strong>di</strong>o cerimonie! Mi<br />
ami tu? So che <strong>di</strong>rai <strong>di</strong> sì, ed io ti crederò sulla parola.<br />
Pure, anche giurando, potresti essere falso. Degli<br />
spergiuri degli amanti <strong>di</strong>cono che Giove rida. O gentile<br />
Romeo, se tu ami, <strong>di</strong>llo sinceramente. O, se tu pen<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
23
si che io mi sia lasciata conquistare troppo facilmente,<br />
mi acciglierò e sarò perversa e ti <strong>di</strong>rò <strong>di</strong> no perché<br />
tu mi corteggi; altrimenti non <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> no per tutto il<br />
mondo. In verità, bel Montecchi, sono troppo innamorata,<br />
perciò tu puoi giu<strong>di</strong>care leggera la mia condotta;<br />
ma fidati <strong>di</strong> me, mio signore, io sarò più fedele <strong>di</strong><br />
quelle che hanno più astuzia e sanno fare le preziose.<br />
Sarei dovuta essere più schiva, debbo confessarlo, ma<br />
tu hai colto <strong>di</strong> sorpresa, prima che io mi fossi accorta<br />
<strong>di</strong> te, il mio sincero amore. Perciò perdonami, e non<br />
imputare questa arrendevolezza ad amor troppo leggero,<br />
che l’oscura notte ti ha così rivelato.<br />
Romeo Signora mia, giuro per quella benedetta luna che picchietta<br />
d’argento tutte le cime <strong>di</strong> questi alberi…<br />
Giulietta Oh, non giurare per la luna, l’incostante luna che<br />
ogni mese muta nel cerchio della sua orbita, perché il<br />
tuo amore non si riveli altrettanto incostante.<br />
Romeo Per che cosa vuoi che giuri?<br />
Giulietta Non giurare affatto; oppure, se vuoi, giura per la tua<br />
bella persona, che è il <strong>di</strong>o della mia idolatria, ed io ti<br />
crederò.<br />
Romeo Se il puro amore del mio cuore…<br />
Giulietta Ebbene, non giurare. Sebbene tu sia la mia gioia, non<br />
ne traggo alcuna da questo nostro patto, questa notte:<br />
è troppo sconsiderato, troppo inatteso, troppo improvviso,<br />
troppo simile al lampo che cessa <strong>di</strong> esistere prima<br />
che si sia finito <strong>di</strong> <strong>di</strong>re «lampeggia». Amore, buona<br />
notte; e questo bocciolo d’amore, maturando al soffio<br />
dell’estate, potrà <strong>di</strong>venire un magnifico fiore per<br />
l’ora del nostro prossimo incontro. Buona notte! Scendano<br />
nel tuo cuore lo stesso dolce riposo e la stessa<br />
pace che sono nel mio petto. Odo un rumore in casa.<br />
Amore caro, ad<strong>di</strong>o.<br />
La nutrice chiama dall’interno.<br />
Giulietta Ancora tre parole, Romeo caro, e poi buona notte davvero.<br />
Se il tuo intento d’amore è onorevole, se il tuo<br />
proposito è il matrimonio, mandami a <strong>di</strong>re domani<br />
per mezzo <strong>di</strong> qualcuno che procurerò <strong>di</strong> farti giungere,<br />
dove e quando vorrai celebrare il rito nuziale; ed<br />
io porrò tutte le mie fortune ai tuoi pie<strong>di</strong> e ti seguirò,<br />
mio signore, dovunque.<br />
Nutrice (dall’interno) Madonna!<br />
Giulietta Vengo subito. – Ma se tu non hai buone intenzioni, ti<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
24
supplico…<br />
Nutrice (dall’interno) Madonna!<br />
Giulietta Vengo subito. – … <strong>di</strong> non corteggiarmi più e <strong>di</strong> lasciarmi<br />
al mio dolore. Manderò domani.<br />
Romeo Così sia salva l’anima mia!<br />
Giulietta Mille volte buona notte! (ella si ritira)<br />
Poiché l’amore che unisce i due giovani è sincero, frate Lorenzo decide <strong>di</strong> aiutarli e<br />
li sposa in segreto. Ma la faida tra le due famiglie continua e Romeo, per ven<strong>di</strong>care<br />
un amico ucciso dai Capuleti, uccide a sua volta Tebaldo, cugino <strong>di</strong> Giulietta; egli<br />
viene perciò ban<strong>di</strong>to da Verona.<br />
Per evitare che Giulietta vada sposa a un nobile veronese che il padre ha scelto per<br />
lei, frate Lorenzo le fa bere una pozione che la farà sembrare morta per 48 ore.<br />
Il frate ha ideato uno stratagemma per aiutare i due innamorati: Giulietta, creduta<br />
da tutti morta, verrà portata nella tomba <strong>di</strong> famiglia dove la raggiungerà <strong>di</strong> nascosto<br />
Romeo per condurla via con sé lontano da Verona. Ma il messaggero, inviato da<br />
frate Lorenzo per informare Romeo del piano, non giunge in tempo e il giovane,<br />
saputo della morte <strong>di</strong> Giulietta, parte imme<strong>di</strong>atamente per Verona. Quando giunge<br />
alla tomba, crede che Giulietta sia ormai perduta per sempre.<br />
Romeo Amore mio, sposa mia! La morte che ha aspirato il<br />
tuo dolce fiato, nessun potere ha avuto sulla tua bellezza:<br />
non ti ha conquistata. La morte non ha ancora<br />
issata su te la sua pallida ban<strong>di</strong>era e l’insegna della<br />
tua bellezza è ancora vermiglia sulle tue labbra e<br />
sulle tue guance. Tebaldo, giaci costì nel tuo lenzuolo<br />
insanguinato? Che cosa posso farti <strong>di</strong> più gra<strong>di</strong>to<br />
che uccidere, con la mano che spezzò la tua gioventù,<br />
quello che fu il tuo nemico? Perdonami, cugino! Giulietta<br />
mia, perché sei ancora tanto bella? Devo credere<br />
che la spettrale morte possa essere innamorata <strong>di</strong> te e<br />
che ti custo<strong>di</strong>sca qui, al buio, per farti la sua amante.<br />
Per tema <strong>di</strong> questo, rimango qui con te. Non lascerò<br />
mai più la buia notte <strong>di</strong> questo palazzo: rimarrò<br />
qui dove i vermi sono le tue ancelle; qui troverò riposo<br />
e potrò scrollare da questo stanco corpo il giogo<br />
delle avverse stelle. Occhi, guardatela per l’ultima volta!<br />
Braccia, godetevi il vostro ultimo amplesso! E voi,<br />
labbra, custo<strong>di</strong> del respiro, suggellate con un bacio il<br />
vostro contratto senza fine con la padrona morte. Vieni,<br />
amaro tutore; vieni, <strong>di</strong>sgustosa guida. Tu, pilota<br />
<strong>di</strong>sperato, scàgliati subito contro le rocce che manderanno<br />
in frantumi la tua stanca e afflitta barca. Offro<br />
questo al mio amore! (beve) O fidato speziale! Le<br />
tue droghe van leste. Ecco, in un bacio, muoio. (muore.<br />
Entra, dall’altro lato del camposanto, frate Lorenzo<br />
con una lanterna, una leva e un ba<strong>di</strong>le)<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
25
Frate Lorenzo San Francesco, proteggimi! Quante volte,<br />
stanotte, i miei vecchi pie<strong>di</strong> hanno inciampato<br />
nelle tombe! Chi sei?<br />
Baldassarre Un amico, che ti conosce bene.<br />
Frate Lorenzo Salute a voi! Ditemi, che è quella torcia che<br />
invano fa lume ai vermi e ai ciechi teschi? Se<br />
vedo bene, arde nel monumento dei Capuleti.<br />
Baldassarre Sì, buon padre. E c’è il mio padrone, che vi è<br />
caro.<br />
Frate Lorenzo Chi è?<br />
Baldassarre Romeo.<br />
Frate Lorenzo Da quanto tempo è arrivato?<br />
Baldassarre Da più <strong>di</strong> mezz’ora.<br />
Frate Lorenzo Accompagnami.<br />
Baldassarre Non oso, messere. Il mio padrone crede che io<br />
me ne sia andato e ha minacciato <strong>di</strong> uccidermi<br />
se fossi rimasto a guardare.<br />
Frate Lorenzo Aspettami, allora. Ci vado da solo. Temo una<br />
grande sciagura.<br />
Baldassarre Mentre dormivo sotto questo tasso ho sognato<br />
che il mio padrone si era battuto e che aveva<br />
ammazzato l’avversario.<br />
Frate Lorenzo (andando avanti) Romeo! Ahimè, <strong>di</strong> chi è il<br />
sangue che macchia questa soglia <strong>di</strong> pietra?<br />
Perché queste spade insanguinate, abbandonate<br />
in luogo <strong>di</strong> pace? (entra nella tomba) Romeo!<br />
Com’è pallido! E chi altro? Come, anche<br />
Paride 1 intriso <strong>di</strong> sangue? Atroce momento!<br />
Atrocissimo caso! Madonna si muove.<br />
Giulietta (svegliandosi) O padre, conforto mio! Dov’è il<br />
mio signore? Ricordo bene dove dovevo essere,<br />
e ci sono. Ma dov’è il mio Romeo? (si ode<br />
un rumore, da dentro)<br />
Frate Lorenzo Che rumore è questo? Giulietta, esci da questo<br />
nido <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> contagio. Un ostacolo<br />
più forte <strong>di</strong> noi ha spezzato il nostro progetto.<br />
Vieni, vieni via: tuo marito giace costì,<br />
morto, sul tuo petto; e anche Paride. Vieni, ti<br />
affiderò a pie sorelle; non stare a <strong>di</strong>scutere<br />
perché viene la guar<strong>di</strong>a; vieni, an<strong>di</strong>amo; Giulietta<br />
mia, non oso restare più a lungo.<br />
Giulietta Vai, vai via, io non vengo. (esce Frate Lorenzo)<br />
Che c’è, una fiala, nella mano del mio fedele<br />
amore? Il veleno è stato la sua fine. Avaro!<br />
L’hai bevuto tutto e non ne hai lasciata una<br />
1. Paride: sfidato da Romeo,<br />
è stato ucciso .<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
26
sola goccia che mi aiutasse! Bacerò le tue labbra;<br />
forse v’è ancora tanto veleno che mi ristori<br />
e mi faccia morire. (lo bacia) Le tue labbra<br />
son calde.<br />
Prima guar<strong>di</strong>a (da dentro) Guidaci, ragazzo: da che parte si<br />
va?<br />
Giulietta Una voce? Ho da far presto. O pugnale benedetto!<br />
(afferra il pugnale <strong>di</strong> Romeo) Ecco il<br />
tuo fodero. (si ferisce) Questa sia la tua ruggine<br />
e la mia morte. (cade sul corpo <strong>di</strong> Romeo<br />
e muore. Entrano le guar<strong>di</strong>e col paggio <strong>di</strong> Paride)<br />
Paggio Ecco, guardate là, dove arde la torcia.<br />
Prima guar<strong>di</strong>a V’è sangue in terra; cercate nel camposanto;<br />
andate e arrestate chi trovate. (escono alcune<br />
guar<strong>di</strong>e) Pietoso spettacolo! Qui c’è il conte,<br />
assassinato, e Giulietta, sepolta qui da due<br />
giorni, è insanguinata, calda e appena morta.<br />
Andate, <strong>di</strong>telo al principe, correte dai Capuleti,<br />
destate i Montecchi, cercate altra gente.<br />
(escono altre guar<strong>di</strong>e) Ve<strong>di</strong>amo il luogo<br />
dove giacciono questi sventurati, ma non potremo<br />
scoprire la vera ragione <strong>di</strong> queste sventure<br />
se non conosceremo le circostanze. (entra<br />
una guar<strong>di</strong>a, con Baldassarre)<br />
Seconda guar<strong>di</strong>a Ecco il servo <strong>di</strong> Romeo. Lo abbiamo trovato<br />
all’ingresso del camposanto.<br />
Prima guar<strong>di</strong>a Tenetelo al sicuro, finché non viene il principe.<br />
(entra frate Lorenzo, con un’altra guar<strong>di</strong>a)<br />
Terza guar<strong>di</strong>a Ecco un frate che trema, sospira e piange.<br />
Usciva dal camposanto con questo piccone e<br />
questa vanga.<br />
Prima guar<strong>di</strong>a Trattenete anche il frate. È molto sospetto.<br />
(entra il principe col seguito)<br />
Principe Per quale sventura dobbiamo abbandonare<br />
tanto presto il nostro riposo? (entrano Capuleto<br />
e madonna Capuleti)<br />
Capuleto Che cos’è che fa urlare tutti così?<br />
Madonna Capuleti Per la strada la gente grida; chi urla «Romeo!»,<br />
chi «Giulietta!», chi «Paride!» e tutti<br />
corrono urlando verso questa cripta.<br />
Principe Che cos’è lo spavento che mi fa trasalire?<br />
Prima guar<strong>di</strong>a Principe, qui giace, assassinato, il conte Paride;<br />
e Romeo è morto; e Giulietta, che già era<br />
morta, è appena uccisa.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
27
Principe Cercate, scovate e scoprite com’è avvenuto<br />
questo orrendo massacro.<br />
Prima guar<strong>di</strong>a Qui c’è un frate e il servo dell’ucciso Romeo.<br />
Hanno gli strumenti necessari ad aprire queste<br />
tombe.<br />
Capuleto O cielo! O moglie, guarda come sanguina la<br />
nostra figliola! Questo pugnale ha colpito<br />
male perché il suo fodero è vuoto, là, addosso<br />
al Montecchi, ed esso s’è ficcato nel seno <strong>di</strong><br />
mia figlia.<br />
Madonna Capuleti Ahimè! Questo spettacolo <strong>di</strong> morte è come<br />
una campana che convoca la mia vecchiaia al<br />
suo sepolcro. (entra Montecchio)<br />
Principe Vieni, Montecchio; se tu sei stato sollecito nel<br />
levarti, il tuo figliolo ed erede lo è stato anche<br />
più nel cadere.<br />
Montecchio Ahimè, la mia compagna, mia moglie è spirata<br />
stanotte; il dolore per l’esilio del nostro<br />
figliolo le ha fermato il cuore. Quale nuova<br />
sciagura attenta alla mia tarda età?<br />
Principe Vieni e guarda.<br />
Montecchio O figliol mio senza creanza! Che maniera è<br />
questa <strong>di</strong> passare avanti a tuo padre per raggiungere<br />
la tomba?<br />
Principe Fermate per un istante la violenza delle parole,<br />
e aspettate che si chiarisca ogni dubbio,<br />
che se ne conosca il movente, il capo e la provenienza;<br />
allora io stesso comanderò al vostro<br />
dolore e vi condurrò magari alla morte. Ma<br />
adesso fermatevi e lasciate che la sventura<br />
sia schiava della pazienza. Fate venire avanti<br />
i capi sospetti.<br />
Frate Lorenzo Io ne sono il maggiore, sebbene il più inabile,<br />
perché il luogo e l’ora mi fanno essere sospetto<br />
<strong>di</strong> questo crudele delitto; eccomi qua, condannato<br />
e assolto, ad accusare e ad assolvere<br />
me stesso.<br />
Principe Allora <strong>di</strong>cci subito quello che sai.<br />
Frate Lorenzo Sarò breve perché il mio povero fiato non è<br />
lungo quanto un racconto te<strong>di</strong>oso. Romeo,<br />
che giace qui morto, era marito a Giulietta;<br />
e lei, che vedete lì, morta, era la fedele moglie<br />
<strong>di</strong> Romeo: li ho sposati io; e il giorno del<br />
loro matrimonio clandestino è stato il funesto<br />
giorno <strong>di</strong> Tebaldo, la cui immatura mor<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
28
te ha esiliato il novello sposo da Verona. Giulietta<br />
piangeva Romeo, non Tebaldo. Voi, per<br />
toglierle quella pena, l’avete fidanzata e volevate<br />
sposarla, per forza, al conte Paride. Allora<br />
è venuta da me e, tutta sconvolta, mi ha<br />
or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> trovare il mezzo <strong>di</strong> liberarla da<br />
questo secondo matrimonio se non volevo<br />
che si uccidesse, lì, nella mia stessa cella. Col<br />
soccorso della scienza le ho dato un sonnifero<br />
che ha avuto l’effetto desiderato, dandole,<br />
cioè, l’apparenza della morte. Intanto ho<br />
scritto a Romeo che, in questa orrenda notte,<br />
venisse a toglierla dalla sua provvisoria tomba<br />
appena fosse cessato l’effetto della pozione.<br />
Ma il mio messo, frate Giovanni, è stato fermato<br />
da un incidente e stanotte mi ha riportato<br />
la lettera. E così, da solo, all’ora prefissa<br />
pel risveglio <strong>di</strong> Giulietta sono venuto a prenderla<br />
sotto la volta del suo monumento, per<br />
custo<strong>di</strong>rla segretamente nella mia cella finché<br />
non fossi riuscito a far tornare Romeo.<br />
Ma quando sono arrivato, pochi minuti prima<br />
del risveglio <strong>di</strong> Giulietta, ho trovato stesi<br />
per terra, morti avanti tempo, il nobile Paride<br />
e il fedele Romeo. Quando lei s’è svegliata<br />
l’ho pregata <strong>di</strong> seguirmi e <strong>di</strong> sopportare con<br />
pazienza la volontà del cielo; ma un rumore<br />
mi ha spaventato e mi ha fatto uscire dalla<br />
tomba che essa, troppo <strong>di</strong>sperata, non voleva<br />
abbandonare. Adesso, come vedo, ha fatto<br />
violenza contro se stessa. Ecco quanto io<br />
so; anche la Nutrice sa del matrimonio: ma<br />
se v’è qualcosa <strong>di</strong> cui io sia colpevole, lasciate<br />
che la mia vecchia vita sia sacrificata qualche<br />
ora prima del suo tempo dal rigore della<br />
legge più severa.<br />
Principe Noi ti abbiamo sempre considerato un sant’uomo.<br />
Dov’è il servo <strong>di</strong> Romeo? Che cosa <strong>di</strong>ce?<br />
Baldassarre Ho portato al mio padrone la notizia della<br />
morte <strong>di</strong> Giulietta ed egli, <strong>di</strong> volo, è corso da<br />
Mantova a qui. Mi ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> dare questa<br />
lettera a suo padre e, entrando nella tomba,<br />
m’ha minacciato <strong>di</strong> morte se non me ne fossi<br />
andato e non lo avessi lasciato qui solo.<br />
Principe Dammi la lettera. Voglio vederla. Dov’è il pag<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
29
gio del conte, quello che ha avvertito la guar<strong>di</strong>a?<br />
Ragazzo, che cosa faceva il tuo padrone?<br />
Paggio Era venuto a cospargere <strong>di</strong> fiori la tomba <strong>di</strong><br />
madonna Giulietta e m’aveva or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> stare<br />
<strong>di</strong>scosto. Così ho fatto. Poco dopo è venuto un<br />
uomo con un lume ed ha aperto il sepolcro. Il<br />
mio padrone gli si è fatto vicino e lo ha sfidato;<br />
allora sono scappato a chiamare la guar<strong>di</strong>a.<br />
Principe Questa lettera conferma le parole del frate, il<br />
corso del loro amore e le notizie della morte<br />
<strong>di</strong> lei. Romeo scrive che ha comprato il veleno<br />
da un povero speziale e che se l’è portato<br />
in questa tomba per berlo qui e per morire vicino<br />
a Giulietta. Dove sono questi nemici? Capuleto!<br />
Montecchio! Guardate quale punizione<br />
colpisce il vostro o<strong>di</strong>o. Il cielo trova il mezzo<br />
<strong>di</strong> uccidere la vostra gioia con l’amore e io,<br />
per troppa indulgenza verso la vostra <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a,<br />
ho perso due parenti. Siamo puniti tutti.<br />
Capuleto Fratello Montecchio, stringi questa mano. In<br />
questa stretta è la dote <strong>di</strong> mia figlia, ché io<br />
non ho più niente da chiedere.<br />
Montecchio Ma io posso darti <strong>di</strong> più: le erigerò una statua<br />
d’oro puro perché, fino a quando durerà Verona,<br />
nessun’altra memoria sia tenuta in tanto<br />
pregio quanto la leale e fedele Giulietta.<br />
Capuleto In veste altrettanto ricca Romeo giacerà vicino<br />
alla sua sposa; povere vittime dell’o<strong>di</strong>o nostro.<br />
Principe Questa mattina ci reca una buia pace, e il<br />
sole, in segno <strong>di</strong> lutto, non si affaccerà. Alcuni<br />
saranno perdonati, altri puniti. Mai una<br />
storia è stata <strong>di</strong> tanto dolore quanto questa <strong>di</strong><br />
Giulietta e del suo Romeo. (escono)<br />
W. Shakespeare, Romeo e Giulietta, traduzione <strong>di</strong> A. Meo, Garzanti<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
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iblioteca <strong>di</strong> <strong>testi</strong> <strong>teatrali</strong><br />
Antologia 3 9. Linguaggi speciali<br />
Una domanda <strong>di</strong> matrimonio<br />
leggiamo il teatro<br />
Anton Čechov<br />
Anton Pavlovič Čechov (Taganrog, Russia 1860 - Badenweiler, Germania 1904),<br />
narratore russo, fu anche insigne drammaturgo e seppe anticipare motivi<br />
fondamentali del teatro moderno.<br />
Prima scena<br />
Čubukov e Lomov che entra in frac e guanti bianchi.<br />
Čubukov (andandogli incontro) Ma guarda chi si vede! Ivan<br />
Vasil’evič, carissimo! Che piacere! (gli stringe la mano)<br />
Già, che bella sorpresa!… Come sta, tesoro?<br />
Lomov Molto gentile. E lei piuttosto come sta?<br />
Čubukov Tiriamo avanti, angelo mio, grazie al cielo, eccetera.<br />
Si accomo<strong>di</strong>, per cortesia… Già, non sta bene <strong>di</strong>menticare<br />
i vicini, tesoro mio. Carissimo, ma perché tutte<br />
queste formalità? Il frac, i guanti, eccetera. Va in visita<br />
da qualcuno, amico mio?<br />
Lomov No, sono venuto soltanto da lei, egregio Stepan<br />
Stepanovič.<br />
Čubukov Ma allora perché in frac, anima mia? Mica siamo agli<br />
auguri <strong>di</strong> capodanno!<br />
Lomov Adesso le spiego. (lo prende sotto braccio) Sono qui a<br />
<strong>di</strong>sturbarla, egregio Stepan Stepanovič, perché avrei<br />
un favore da chiederle. Non è la prima volta che ho<br />
l’onore <strong>di</strong> rivolgermi a lei per aiuto e sempre lei, per<br />
così <strong>di</strong>re… ma, scusi, sono nervoso. Berrei un po’<br />
d’acqua, egregio Stepan Stepanovič. (beve)<br />
Čubukov (a parte) È venuto a chiedere dei sol<strong>di</strong>. Niente da fare!<br />
(a lui) Di che si tratta, bello mio?<br />
Lomov Dunque, Egregio Stepanovič… scusi, Stepan Egregiovič…<br />
sono terribilmente nervoso, come non mancherà<br />
<strong>di</strong> vedere… Insomma, lei è l’unica persona che<br />
può aiutarmi, anche se, naturalmente, non sono degno<br />
e… non ho il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> contare sul suo aiuto…<br />
Čubukov Ma quanti complimenti, tesoro! Dica, <strong>di</strong>ca! Coraggio.<br />
Lomov Adesso… Subito. Il fatto è che sono venuto a chiedere<br />
Anton Čechov<br />
Nelle pagine che ti<br />
presentiamo, tratte dal<br />
suo atto unico Una<br />
domanda <strong>di</strong><br />
matrimonio, potrai<br />
notare l’acuta<br />
descrizione dei dettagli<br />
psicologici, che<br />
contribuisce a creare<br />
un’atmosfera <strong>di</strong><br />
crescente tensione e<br />
irritazione. Per Lomov,<br />
<strong>di</strong> 35 anni, è giunta<br />
l’ora <strong>di</strong> sposarsi:<br />
«l’importante è<br />
decidersi». Per questo<br />
chiede la mano <strong>di</strong><br />
Natal’ja Stepanovna al<br />
padre <strong>di</strong> lei, signor<br />
Čubukov.<br />
Ma una serie <strong>di</strong><br />
equivoci e un <strong>di</strong>scorso<br />
sulla proprietà <strong>di</strong> alcuni<br />
terreni fa sorgere un<br />
litigio tra Lomov e la<br />
futura sposa, ignara <strong>di</strong><br />
essere stata chiesta in<br />
moglie…<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
31
la mano <strong>di</strong> sua figlia Natal’ja Stepanovna.<br />
Čubukov (con gioia) Ivan Vasil’evič! Tesoro caro! Ripeta ancora<br />
una volta, non ho sentito bene!<br />
Lomov Ho l’onore <strong>di</strong> chiedere…<br />
Čubukov (interrompendolo) Carissimo… Come sono contento,<br />
eccetera… già, proprio così. (lo abbraccia e lo bacia)<br />
Non desidero altro. L’ho sempre desiderato. (fa cadere<br />
qualche lacrima) A lei, angelo mio, ho sempre voluto<br />
bene come a un figlio. Che Dio vi bene<strong>di</strong>ca, eccetera,<br />
io non desidero altro… Ma perché me ne sto qui impalato?<br />
Ho proprio perso la testa dalla gioia! Oh, con<br />
tutto il cuore… Vado a chiamare Nataša, eccetera.<br />
Lomov (commosso) Egregio Stepan Stepanovič, cosa pensa?<br />
Posso contare sul consenso <strong>di</strong> sua figlia?<br />
Čubukov Ma via, un bell’uomo come lei e… Nataša non dovrebbe<br />
acconsentire? Sarà innamorata come una gatta,<br />
eccetera… Torno subito! (esce)<br />
seconda scena<br />
Lomov solo.<br />
Lomov Che freddo. Tremo tutto, come prima <strong>di</strong> un esame.<br />
L’importante è decidersi. Se si pensa troppo, se si è<br />
indecisi, se si perde il tempo in chiacchiere e se si<br />
aspetta l’ideale o il vero amore, non ci si sposa mai…<br />
Brrr!… Che freddo! Natal’ja Stepanovna è bravissima<br />
ad amministrare la casa, non è brutta e ha una cultura…<br />
Che cosa posso desiderare <strong>di</strong> più? Ma per il<br />
nervoso mi cominciano a ronzare le orecchie. (beve<br />
dell’acqua) D’altra parte, non posso non sposarmi…<br />
Prima <strong>di</strong> tutto, ho già trentacinque anni, età, per così<br />
<strong>di</strong>re, critica. In secondo luogo, ho bisogno <strong>di</strong> una vita<br />
or<strong>di</strong>nata e regolare… Ho un vizio al cuore e continue<br />
palpitazioni, perdo facilmente la pazienza e mi innervosisco<br />
sempre terribilmente… Adesso, ad esempio,<br />
mi tremano le labbra e ho un tic alla palpebra destra…<br />
Ma il mio punto più debole è il sonno. Appena<br />
sono a letto e comincio ad addormentarmi, nel fianco<br />
sinistro ho un sussulto e poi un contraccolpo nella<br />
spalla e nella testa… Salto in pie<strong>di</strong>, come impazzito,<br />
faccio qualche passo e mi corico <strong>di</strong> nuovo, ma appena<br />
comincio ad addormentarmi, al fianco ho un altro<br />
sussulto! E così una ventina <strong>di</strong> volte…<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
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terza scena<br />
Natal’ja Stepanovna e Lomov.<br />
Natal’ja (entrando) Oh bella! È lei! Papà mi ha detto che era<br />
venuto uno per far un contratto. Buongiorno, Ivan<br />
Vasil’evič!<br />
Lomov Buongiorno, egregia Natal’ja Stepanovna!<br />
Natal’ja Scusi se sono in grembiule e négligé… Stiamo sgranando<br />
i piselli per metterli a seccare. Come mai non<br />
si è fatto vivo per tanto tempo? Si accomo<strong>di</strong>… (si siedono)<br />
Vuol fare colazione?<br />
Lomov No grazie, ho già mangiato.<br />
Natal’ja Fumi pure… Ecco i fiammiferi… Oggi è una giornata<br />
splen<strong>di</strong>da, ieri invece è piovuto tanto che i braccianti<br />
sono stati tutto il giorno senza far niente. Da<br />
lei quanti mucchi <strong>di</strong> fieno hanno già fatto? Io, caro<br />
lei, ho voluto strafare e ho fatto falciare tutto il prato,<br />
ma adesso me ne pento e ho paura che il mio fieno<br />
marcisca. Sarebbe stato meglio aspettare. Ma come?<br />
Lei è in frac? Bella questa! Va a una festa da ballo? A<br />
proposito, lo sa che lei oggi è proprio bello?… Sul serio,<br />
a che cosa si deve tanta eleganza?<br />
Lomov (nervoso) Dunque, egregia Natal’ja Stepanovna… Il<br />
fatto è che mi sono deciso a chiederle <strong>di</strong> ascoltarmi…<br />
Naturalmente, lei si meraviglierà e ad<strong>di</strong>rittura si arrabbierà,<br />
ma io… (a parte) Che freddo terribile!<br />
Natal’ja Di che si tratta? (pausa) Dica!<br />
Lomov Cercherò <strong>di</strong> essere breve. Lei sa, egregia Natal’ja Stepanovna,<br />
che da molto tempo ormai, fin dall’infanzia,<br />
ho l’onore <strong>di</strong> conoscere la sua famiglia. La mia povera<br />
zia e suo marito, dai quali, come certamente saprà,<br />
ho ere<strong>di</strong>tato le mie terre, hanno sempre avuto una<br />
profonda stima per suo papà e la sua povera mamma.<br />
Tra la famiglia dei Lomov e quella dei Čubukov<br />
ci sono sempre stati rapporti <strong>di</strong> amicizia e <strong>di</strong>rei persino<br />
<strong>di</strong> parentela. Inoltre, come certamente saprà, le<br />
mie terre confinano con le vostre. Come certamente<br />
ricorderà, il mio Prato del bove confina col vostro bosco<br />
<strong>di</strong> betulle.<br />
Natal’ja Scusi se la interrompo. Ha detto «il mio Prato del<br />
bove»… Ma è sicuro che è suo?<br />
Lomov Sissignore che è mio…<br />
Natal’ja Questa poi! Il Prato del bove è nostro, non suo!<br />
Lomov Nossignore, è mio, egregia Natal’ja Stepanovna.<br />
Natal’ja Ma senti che novità! Come fa ad essere suo?<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
33
Lomov Come fa? Io sto parlando del Prato del bove che entra<br />
a cuneo tra il vostro bosco <strong>di</strong> betulle e la Palude bruciata.<br />
Natal’ja Sì, sì, proprio quello… È nostro…<br />
Lomov No, si sbaglia, egregia Natal’ja Stepanovna, è mio.<br />
Natal’ja Siamo seri, Ivan Vasil’evič! Da quando è <strong>di</strong>ventato<br />
suo?<br />
Lomov Come da quando? Fin da quando mi ricordo, è sempre<br />
stato nostro.<br />
Natal’ja Questa è proprio grossa!<br />
Lomov I documenti parlano chiaro, egregia Natal’ja Stepanovna.<br />
È vero, un tempo il Prato del bove è stato in contestazione;<br />
ma adesso tutti sanno che è mio. È fuori<br />
<strong>di</strong>scussione. Mi spiego: la nonna <strong>di</strong> mia zia <strong>di</strong>ede questo<br />
Prato in usufrutto gratuito per una durata illimitata<br />
ai conta<strong>di</strong>ni del nonno <strong>di</strong> suo papà perché essi facevano<br />
i mattoni per lei. I conta<strong>di</strong>ni del nonno <strong>di</strong> suo<br />
papà hanno usufruito gratuitamente del Prato del<br />
bove per circa quarant’anni e si sono abituati a considerarlo<br />
loro proprietà, ma poi quando c’è stata la legge<br />
<strong>di</strong> riforma 1 …<br />
Natal’ja Le cose non stanno affatto così! Mio nonno e il mio<br />
bisnonno consideravano le terre fino alla Palude bruciata<br />
loro proprietà, quin<strong>di</strong> il Prato del bove era nostro.<br />
Non capisco che cosa ci sia qui da <strong>di</strong>scutere. È<br />
persino seccante!<br />
Lomov Le mostrerò i documenti, Natal’ja Stepanovna!<br />
Natal’ja No, lei sta scherzando oppure vuole prendermi in<br />
giro… Fantastico! Posse<strong>di</strong>amo questa terra da quasi<br />
trecento anni, e un bel giorno ci vengono a <strong>di</strong>re che<br />
non è nostra! Ivan Vasil’evič, scusi tanto, ma mi rifiuto<br />
<strong>di</strong> credere alle mie orecchie… Non che mi importi<br />
<strong>di</strong> quel Prato. Sono cinque ettari in tutto e valgono sì<br />
e no trecento rubli, ma quel che mi in<strong>di</strong>gna è l’ingiustizia.<br />
Dica quello che vuole, ma l’ingiustizia io non la<br />
posso soffrire.<br />
Lomov Mi ascolti, la scongiuro! I conta<strong>di</strong>ni del nonno <strong>di</strong> suo<br />
papà, come ho già avuto l’onore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle, facevano i<br />
mattoni per la nonna <strong>di</strong> mia zia. La nonna <strong>di</strong> mia zia,<br />
per fare loro cosa gra<strong>di</strong>ta…<br />
Natal’ja Nonno, nonna, zia… Non ci capisco un accidente! Il<br />
Prato è nostro, punto e basta.<br />
Lomov Nossignore, è mio!<br />
Natal’ja È nostro! Può parlare per due giorni <strong>di</strong> seguito, può<br />
mettersi anche quin<strong>di</strong>ci frac, ma il Prato è nostro, no<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
34
stro, nostro!… Quel che è suo non lo voglio, e quel<br />
che è mio me lo voglio tenere… Si arrangi!<br />
Lomov Il Prato, Natal’ja Stepanovna, non mi interessa, ma è<br />
una questione <strong>di</strong> principio. Potrei benissimo regalarglielo.<br />
Natal’ja Sono io che posso regalarlo a lei, perché è mio!… Tutto<br />
ciò è per lo meno strano, Ivan Vasil’evič! L’abbiamo<br />
sempre creduto un buon vicino, un amico, l’anno<br />
scorso le abbiamo prestato la nostra trebbiatrice, per<br />
cui noi altri abbiamo dovuto finire la trebbiatura a<br />
novembre, e lei adesso ci tratta da zingari. Mi regala<br />
la mia terra. Scusi tanto, ma tra vicini non ci si comporta<br />
così! Direi che questo è ad<strong>di</strong>rittura un affronto,<br />
se permette…<br />
Lomov Dunque, secondo lei, io sarei un usurpatore? Signorina,<br />
io non mi sono mai appropriato delle terre altrui,<br />
e non permetto a nessuno <strong>di</strong> farmi simili accuse… (va<br />
in fretta verso la caraffa e beve dell’acqua) Il Prato del<br />
bove è mio!<br />
Natal’ja Non è vero, è nostro.<br />
Lomov È mio!<br />
Natal’ja Non è vero. Glielo <strong>di</strong>mostrerò. Oggi stesso manderò i<br />
miei uomini a falciarlo!<br />
Lomov Cosa?<br />
Natal’ja Oggi stesso là ci saranno i miei uomini!<br />
Lomov E io li caccerò a pedate!<br />
Natal’ja Come osa?<br />
Lomov (si porta una mano al cuore) Il Prato del bove è mio!<br />
Chiaro? Mio!<br />
Natal’ja Non gri<strong>di</strong>, per favore! Può gridare <strong>di</strong> rabbia fin quanto<br />
le basta la voce a casa sua, ma qui la prego <strong>di</strong> comportarsi<br />
in modo corretto.<br />
Lomov Signorina, se non fosse per questa tremenda, atroce<br />
palpitazione <strong>di</strong> cuore, se il sangue non mi battesse<br />
alle tempie, parlerei con lei in ben altro modo! (grida)<br />
Il Prato del bove è mio!<br />
Natal’ja È nostro!<br />
Lomov È mio!<br />
Natal’ja È nostro!<br />
Lomov È mio!<br />
Lomov viene cacciato in malo modo. Ma quando la ragazza<br />
viene a sapere <strong>di</strong> essere stata chiesta in moglie,<br />
cambia completamente atteggiamento e desidera che<br />
il fidanzato torni al più presto!<br />
Čubukov Canaglia! Buffone!<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
35
Natal’ja Brutta bestia! Si è appropriato della terra altrui e osa<br />
anche fare scenate.<br />
Čubukov E questo aborto <strong>di</strong> natura, dunque, questo cervello <strong>di</strong><br />
gallina ha il coraggio anche <strong>di</strong> venire a fare una domanda<br />
eccetera! Bella cosa! Una domanda!<br />
Natal’ja Quale domanda?<br />
Čubukov Ma sicuro! Era venuto per farti la domanda <strong>di</strong> matrimonio.<br />
Natal’ja La domanda <strong>di</strong> matrimonio? A me? E perché non me<br />
l’ha detto prima?<br />
Čubukov Per questo era in frac, quel pollastro! Che citrullo!<br />
Natal’ja A me? La domanda <strong>di</strong> matrimonio? (cade su una poltrona<br />
e geme) Fatelo tornare! Ah! Fatelo tornare!<br />
Čubukov Far tornar chi?<br />
Natal’ja Presto, presto! Sto male! Fatelo tornare! (è in preda<br />
ad un attacco isterico)<br />
Čubukov Che vuole <strong>di</strong>re? Che cos’hai? (si prende la testa fra le<br />
mani) Sono proprio <strong>di</strong>graziato! Mi sparo! Mi impicco!<br />
Non ne posso più!<br />
Natal’ja Muoio! Fatelo tornare!<br />
Čubukov Accidenti! Un momento! Smettila <strong>di</strong> piangere! (esce <strong>di</strong><br />
corsa)<br />
Natal’ja (sola, gemendo) Che abbiamo fatto! Fatelo tornare. Fatelo<br />
tornare!<br />
Ritornato Lomov, i tre riprendono però a litigare furiosamente,<br />
questa volta su quale dei loro rispettivi<br />
cani (Azzecca e Acchiappa) sia migliore. Nella foga<br />
della <strong>di</strong>scussione vengono via via colpiti da malesseri<br />
sempre più gravi. Il litigio si placa con la promessa<br />
del matrimonio: è l’inizio della «felicità domestica»…<br />
Čubukov Sto male!… Mi manca il respiro!… Aria!<br />
Natal’ja È morto! (scuote Lomov per una manica) Ivan Va sil’evič!<br />
Cosa abbiamo fatto! È morto! (cade su una poltrona)<br />
Un dottore, un dottore! (ha un attacco isterico)<br />
Čubukov Oh!… Cosa c’è? Cos’hai?<br />
Natal’ja (gemendo) È morto!… È morto!<br />
Čubukov Chi è morto? (guarda Lomov) È morto davvero! Santo<br />
cielo! Dell’acqua! Un dottore! (porta alla bocca <strong>di</strong><br />
Lomov un bicchiere) Beva!… No, non beve… Allora è<br />
morto eccetera… Come sono <strong>di</strong>sgraziato! Perché non<br />
mi tiro un colpo? Perché non mi sono ancora accoppato?<br />
Che cosa aspetto? Datemi un coltello! Datemi<br />
una pistola! (Lomov accenna un movimento) Ritorna<br />
in vita, sembra… Beva un po’ d’acqua!… Ecco, così!…<br />
Lomov La mia vista… è tutto nebbia… dove sono?<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
36
Čubukov Sposatevi al più presto e andate al <strong>di</strong>avolo! Lei è d’accordo!<br />
(congiunge le mani <strong>di</strong> Lomov e della figlia) Lei<br />
è d’accordo eccetera. Vi bene<strong>di</strong>co, eccetera. Ma lasciatemi<br />
in pace!<br />
Lomov Eh? Cosa? (alzandosi) Chi?<br />
Čubukov Lei è d’accordo. Ebbene? Baciatevi e… e facciamola finita!<br />
Natal’ja (gemendo) È vivo… Sì, sì, sono d’accordo…<br />
Čubukov Baciatevi!<br />
Lomov Eh? Chi? (bacia Natal’ja Stepanovna) Molto lieto…<br />
Scusi, <strong>di</strong> che si tratta? Ah, sì, capisco… Il cuore… La<br />
vista… Sono felice, Natal’ja Stepanovna… (le bacia la<br />
mano) non sento più la gamba…<br />
Natal’ja Anch’io… sono felice…<br />
Čubukov Che peso mi son tolto <strong>di</strong> dosso… Uffa!<br />
Natal’ja Ma… lo ammetta almeno adesso: Azzecca è peggio <strong>di</strong><br />
Acchiappa.<br />
Lomov È meglio!<br />
Natal’ja È peggio!<br />
Čubukov Ecco, comincia la felicità domestica! Champagne!<br />
Lomov È meglio!<br />
Natal’ja È peggio! Peggio! Peggio!<br />
Čubukov (cercando <strong>di</strong> gridare più forte) Champagne! Champagne!<br />
(Sipario)<br />
A. Čechov, Atti unici, Einau<strong>di</strong><br />
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37
iblioteca <strong>di</strong> <strong>testi</strong> <strong>teatrali</strong><br />
Antologia 3<br />
La patente<br />
9. Linguaggi speciali<br />
Luigi Pirandello<br />
leggiamo il teatro<br />
Luigi Pirandello (Agrigento 1867 - Ro ma 1936), premio Nobel per la letteratura<br />
nel 1934, è una delle figure più significative della drammaturgia europea del<br />
Novecento. Le sue opere <strong>teatrali</strong>, piuttosto <strong>di</strong>fficili per ragazzi della tua età,<br />
portano sulla scena gli aspetti più complessi della personalità umana, racchiusa<br />
in una società dominata dalle apparenze, da false regole, dal pregiu<strong>di</strong>zio, dalla<br />
superstizione. In questo mondo, a loro così ostile, i personaggi <strong>di</strong> Pirandello sono<br />
alla vana ricerca <strong>di</strong> un più autentico modo <strong>di</strong> comunicare con i propri simili. Ne<br />
escono sconfitti, quin<strong>di</strong> sempre più soli.<br />
atto unico<br />
La scena rappresenta la squallida<br />
stanza <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce istruttore: uno<br />
scaffale ingombro <strong>di</strong> incartamenti,<br />
una scrivania piena <strong>di</strong> fascicoli, un<br />
seggiolone <strong>di</strong> cuoio per il magistrato.<br />
Una porta sulla destra e poltrone antiche<br />
addossate alla parete <strong>di</strong> fondo.<br />
A un lato un trespolo con una gabbia<br />
grande appesa.<br />
Voce fuori campo Quella che vi proponiamo è davvero una vicenda<br />
assurda e allucinante: l’impiegato<br />
Chiàrchiaro, a cui la voce popolare ha attribuito<br />
fama <strong>di</strong> potente iettatore, perde il posto,<br />
ed è ridotto con la famiglia a vivere un’esistenza<br />
insopportabile.<br />
Che fare? A situazione incre<strong>di</strong>bile rime<strong>di</strong>o incre<strong>di</strong>bile:<br />
poiché tutti sono convinti della influenza<br />
malefica da lui emanata, egli è per<br />
questo costretto a cambiare con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita<br />
e a chiedere alla giustizia l’attestato ufficiale<br />
<strong>di</strong> iettatore patentato dal tribunale.<br />
Così i concitta<strong>di</strong>ni, per evitare i danni del suo<br />
Luigi Pirandello<br />
Il testo che segue è la<br />
versione teatrale fatta<br />
da due scrittori, De<br />
Maestri e Tartara, <strong>di</strong><br />
una celebre novella <strong>di</strong><br />
Pirandello. La vicenda<br />
è presentata in chiave<br />
comica, ma dal suo<br />
svolgersi emerge tutta<br />
la tragicità della<br />
situazione, nella quale<br />
i personaggi si<br />
<strong>di</strong>battono, prigionieri in<br />
una gabbia <strong>di</strong> falsità le<br />
cui sbarre sono il<br />
pregiu<strong>di</strong>zio, la<br />
superstizione, la<br />
credulità nelle<br />
apparenze.<br />
Dentro questa gabbia<br />
l’uomo non ha scampo,<br />
muore, come il povero<br />
cardellino del giu<strong>di</strong>ce<br />
D’Andrea. La<br />
comme<strong>di</strong>a si compone<br />
<strong>di</strong> un unico breve atto.<br />
Nella riduzione <strong>di</strong> De<br />
Maestri e Tartara<br />
compare, all’inizio, un<br />
elemento particolare:<br />
la voce fuori campo. È<br />
un elemento teatrale<br />
interessante, che viene<br />
a volte utilizzato per far<br />
conoscere allo<br />
spettatore l’antefatto,<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
38
malaugurio e del malocchio, saranno costretti<br />
a pagarlo per <strong>di</strong>fendere la loro salute e perché<br />
egli <strong>di</strong>stolga da loro il suo malefico influsso.<br />
Purtroppo, spesso le convinzioni grottesche<br />
e paradossali della pubblica opinione creano<br />
drammi umani amaramente umoristici!<br />
Il giu<strong>di</strong>ce D’Andrea entra per la comune 1 col cappello in capo e<br />
il soprabito. Reca in mano una gabbiola poco più grossa d’un<br />
pugno. Va davanti alla gabbia grande sul quadricello, ne apre<br />
lo sportello, poi apre lo sportellino della gabbiola e fa passare da<br />
questa nella gabbia grande un cardellino.<br />
D’Andrea Via, dentro! E su, pigrone. Oh! finalmente…<br />
Zitto adesso, al solito, e lasciami amministrare<br />
la giustizia a questi poveri piccoli uomini<br />
feroci.<br />
Si leva il soprabito e lo appende insieme col cappello all’attaccapanni.<br />
Siede sulla scrivania: prende il fascicolo del processo che<br />
deve istruire, lo scuote in aria con impazienza, sbuffa.<br />
D’Andrea Benedett’uomo!<br />
Resta un po’ assorto a pensare, poi suona il campanello<br />
e dalla comune si presenta l’usciere Marranca.<br />
Marranca Coman<strong>di</strong>, signor cavaliere!<br />
D’Andrea Ecco, Marranca: andate al vicolo del Forno,<br />
qua vicino; a casa del Chiàrchiaro.<br />
Marranca (con un balzo in<strong>di</strong>etro, facendo le corna) Per<br />
amor <strong>di</strong> Dio, non lo nomini, signor cavaliere!<br />
D’Andrea (irritatissimo, dando un pugno sulla scrivania)<br />
Basta, per<strong>di</strong>o! Vi proibisco <strong>di</strong> manifestare<br />
così, davanti a me, la vostra bestialità, a<br />
danno d’un pover’uomo. E sia detto una volta<br />
per sempre.<br />
Marranca Mi scusi, signor cavaliere. L’ho detto anche<br />
per il suo bene!<br />
D’Andrea Ah, seguitate?<br />
Marranca Non parlo più. Che vuole che vada a fare in<br />
casa <strong>di</strong>… <strong>di</strong> questo… <strong>di</strong> questo galantuomo?<br />
D’Andrea Gli <strong>di</strong>rete che il giu<strong>di</strong>ce istruttore ha da parlargli,<br />
e lo introdurrete subito da me.<br />
Marranca Subito, va bene, signor cavaliere. Ha altri co<br />
cioè i fatti che si sono<br />
svolti prima della<br />
vicenda rappresentata<br />
in scena.<br />
1. comune: porta che<br />
rappresenta l’ingresso<br />
dall’esterno verso la stanza in<br />
cui si svolge la scena.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
39
man<strong>di</strong>?<br />
D’Andrea Nient’altro. Andate.<br />
Marranca esce, tenendo la porta per dar passo ai tre Giu<strong>di</strong>ci colleghi,<br />
che entrano con le toghe e i tocchi 2 in capo e si scambiano<br />
i saluti col D’Andrea; poi vanno tutti e tre a guardare il cardellino<br />
nella gabbia.<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Ma sai che sei davvero curioso con codesto<br />
cardellino che ti porti appresso?<br />
III Giu<strong>di</strong>ce Tutto il paese ti chiama: il Giu<strong>di</strong>ce Cardello.<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Dov’è, dov’è la gabbiolina con cui te lo porti?<br />
II Giu<strong>di</strong>ce (prendendola dalla scrivania a cui s’è accostato)<br />
Eccola qua! Signori miei, guardate; cose<br />
da bambini! Un uomo serio…<br />
D’Andrea Ah, io, cose da bambini, per codesta gabbiola?<br />
E voi, allora, parati così?<br />
III Giu<strong>di</strong>ce Ohè, ohè, rispettiamo la toga!<br />
D’Andrea Ma andate là, non scherziamo! Siamo in camera<br />
caritatis 3 . Ragazzo, giocavo coi miei<br />
compagni «al tribunale». Uno faceva da imputato;<br />
uno da presidente; poi, altri da giu<strong>di</strong>ci,<br />
da avvocati… Ci avrete giocato anche voi. Vi<br />
assicuro che eravamo più serii allora!<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Eh, altri tempi!<br />
II Giu<strong>di</strong>ce Finiva sempre a legnate!<br />
III Giu<strong>di</strong>ce (mostrando una vecchia cicatrice alla fronte)<br />
Ecco qua: cicatrice d’una pietrata che mi tirò<br />
un avvocato <strong>di</strong>fensore mentre fungevo da regio<br />
procuratore!<br />
D’Andrea Tutto il bello era nella toga con cui ci paravamo.<br />
Nella toga era la grandezza, e dentro <strong>di</strong><br />
essa noi eravamo bambini. Ora è al contrario:<br />
noi, gran<strong>di</strong>, e la toga, il giuoco <strong>di</strong> quand’eravamo<br />
bambini. Ci vuole un gran coraggio a<br />
prenderla sul serio! Ecco qua, signori miei<br />
(prende dalla scrivania il fascicolo del processo<br />
Chiàrchiaro), io debbo istruire questo<br />
processo. Niente <strong>di</strong> più iniquo <strong>di</strong> questo processo.<br />
Iniquo, perché include la più spietata<br />
ingiustizia contro alla quale un pover’uomo<br />
tenta <strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong> ribellarsi, senza<br />
nessuna probabilità <strong>di</strong> scampo. C’è una vittima<br />
qua, che non può prendersela con nessuno!<br />
Ha voluto, in questo processo, prenderse<br />
2. tocchi: cappelli roton<strong>di</strong><br />
senza falde, indossati assieme<br />
alla toga da giu<strong>di</strong>ci, avvocati e<br />
professori universitari.<br />
3. in camera caritatis: in<br />
ambiente intimo e familiare,<br />
dove sono consentite le<br />
confidenze.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
40
la con due, coi primi due che gli sono capitati<br />
sotto mano, e – sissignori – la giustizia deve<br />
dargli torto, torto, torto, senza remissione, ribadendo<br />
così, ferocemente, la iniquità <strong>di</strong> cui<br />
questo pover’uomo è vittima.<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Ma che processo è?<br />
D’Andrea Quello intentato da Rosario Chiàrchiaro.<br />
Subito, al nome, i tre Giu<strong>di</strong>ci, come già Marranca,<br />
danno un balzo in<strong>di</strong>etro,<br />
facendo scongiuri, atti <strong>di</strong> spavento, e gridando.<br />
Tutti e tre Per la Madonna Santissima! – Tocca ferro! –<br />
Ti vuoi star zitto?<br />
D’Andrea Ecco, vedete? E dovreste proprio voi rendere<br />
giustizia a questo pover’uomo!<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Ma che giustizia! È un pazzo!<br />
D’Andrea Un <strong>di</strong>sgraziato!<br />
II Giu<strong>di</strong>ce Sarà magari un <strong>di</strong>sgraziato! Ma scusa, è<br />
pure un pazzo! Ha sporto querela per <strong>di</strong>ffamazione<br />
contro il figlio del sindaco, nientemeno,<br />
e anche…<br />
D’Andrea … contro l’assessore Fazio.<br />
III Giu<strong>di</strong>ce Per <strong>di</strong>ffamazione?<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Già, capisci? Perché, <strong>di</strong>ce, li sorprese nell’atto<br />
che facevano gli scongiuri al suo passaggio.<br />
II Giu<strong>di</strong>ce Ma che <strong>di</strong>ffamazione se in tutto il paese, da<br />
almeno due anni, è <strong>di</strong>ffusissima la sua fama<br />
<strong>di</strong> jettatore?<br />
D’Andrea E innumerevoli <strong>testi</strong>monii possono venire in<br />
tribunale a giurare che in tante e tante occasioni<br />
ha dato segno <strong>di</strong> conoscere questa sua<br />
fama, ribellandosi con proteste violente!<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Ah, ve<strong>di</strong>? Lo <strong>di</strong>ci tu stesso!<br />
II Giu<strong>di</strong>ce Come condannare, in coscienza, il figliuolo<br />
del sindaco e l’assessore Fazio quali <strong>di</strong>ffamatori<br />
per aver fatto, vedendolo passare, il gesto<br />
che da tempo sogliono fare apertamente tutti?<br />
D’Andrea E primi fra tutti vojaltri?<br />
Tutti e tre Ma certo! – È terribile, sai? – Dio ne liberi e<br />
scampi!<br />
D’Andrea E poi voi fate meraviglia, amici miei, che io<br />
mi porti qua il cardellino… Eppure, me lo<br />
porto – voi lo sapete – perché sono rimasto<br />
solo da un anno. Era <strong>di</strong> mia madre quel car<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
41
dellino; e per me è il ricordo vivo <strong>di</strong> lei: non<br />
me ne so staccare. Gli parlo, imitando, così,<br />
col fischio, il suo verso, e lui mi risponde. Io<br />
non so che gli <strong>di</strong>co; ma lui, se mi risponde, è<br />
segno che coglie qualche senso nei suoni che<br />
gli faccio. Tale e quale come noi, amici miei,<br />
quando cre<strong>di</strong>amo che la natura ci parli con<br />
la poesia dei suoi fiori, o con le stelle del cielo,<br />
mentre la natura forse non sa neppure che<br />
noi esistiamo.<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Seguita, seguita, mio caro, con codesta filosofia,<br />
e vedrai come finirai contento!<br />
Si sente picchiare alla comune e, poco dopo,<br />
Marranca sporge il capo.<br />
Marranca Permesso?<br />
D’Andrea Avanti, Marranca.<br />
Marranca Lui in casa non c’era, signor cavaliere. Ho lasciato<br />
detto a una delle figliuole che, appena<br />
arriva, lo man<strong>di</strong>no qua…<br />
I Giu<strong>di</strong>ce Noi ce n’an<strong>di</strong>amo. A rivederci, D’Andrea!<br />
Scambio <strong>di</strong> saluti: e i tre Giu<strong>di</strong>ci vanno via.<br />
Si sente <strong>di</strong> nuovo picchiare alla comune.<br />
D’Andrea Chi è? Avanti.<br />
Marranca (tutto tremante) Eccolo, signor cavaliere!<br />
Che… che debbo fare?…<br />
D’Andrea Introducetelo.<br />
Marranca (tenendo aperta quanto più può la comune<br />
per tenersi <strong>di</strong>scosto) Avanti, avanti… introducetevi…<br />
E come Chiàrchiaro entra, va via <strong>di</strong> furia. Rosario Chiàrchiaro<br />
s’è combinata una faccia da jettatore che è una meraviglia a vedere.<br />
S’è lasciato crescere su le cave gote gialle una barbaccia<br />
ispida e cespugliuta, s’è insellato sul naso un paio <strong>di</strong> grossi occhiali<br />
cerchiati d’osso che gli danno l’aspetto d’un barbagianni;<br />
ha poi indossato un abito lustro, sorcigno 4 , che gli sgonfia 5 da<br />
tutte le parti, e tiene una canna d’In<strong>di</strong>a in mano con manico <strong>di</strong><br />
corno. Entra a passo <strong>di</strong> marcia funebre, battendo a terra la canna<br />
a ogni passo, e si para davanti al giu<strong>di</strong>ce.<br />
4. sorcigno: color grigio<br />
sorcio, topo.<br />
5. gli sgonfia: gli cade<br />
addosso da tutte le parti<br />
perché troppo grande.<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
42
D’Andrea (con uno scatto violento d’irritazione, buttando<br />
via le carte del processo) Ma fatemi il piacere!<br />
Che storie son queste! Vergognatevi!<br />
Chiàrchiaro (senza scomporsi minimamente allo scatto<br />
del giu<strong>di</strong>ce, <strong>di</strong>grigna i denti gialli e <strong>di</strong>ce sottovoce)<br />
Lei dunque non ci crede?<br />
D’Andrea V’ho detto <strong>di</strong> farmi il piacere! Non facciamo<br />
scherzi, via, caro Chiàrchiaro! Sedete, sedete<br />
qua! (gli s’accosta e fa per posargli una mano<br />
sulla spalla)<br />
Chiàrchiaro (subito, tirandosi in<strong>di</strong>etro e fremendo) Non mi<br />
s’accosti! Se ne guar<strong>di</strong> bene! Vuol perdere la<br />
vista degli occhi?<br />
D’Andrea (lo guarda freddamente, poi <strong>di</strong>ce) Seguitate…<br />
Quando sarete comodo… Vi ho mandato a<br />
chiamare per il vostro bene. Là c’è una se<strong>di</strong>a:<br />
sedete.<br />
Chiàrchiaro (prende la seggiola, siede, guarda il giu<strong>di</strong>ce,<br />
poi si mette a far rotolare con le mani su le<br />
gambe la canna d’In<strong>di</strong>a come un matterello<br />
e tentenna a lungo il capo. Alla fine mastica)<br />
Per il mio bene… Per il mio bene, lei <strong>di</strong>ce…<br />
Ha il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re per il mio bene! E lei si<br />
figura <strong>di</strong> fare il mio bene, signor giu<strong>di</strong>ce, <strong>di</strong>cendo<br />
che non crede alla jettatura?<br />
D’Andrea (sedendo anche lui) Volete che vi <strong>di</strong>ca che ci<br />
credo? Vi <strong>di</strong>rò che ci credo! Va bene?<br />
Chiàrchiaro (recisamente, col tono <strong>di</strong> chi non ammette<br />
scherzi) Nossignore! Lei ci ha da credere<br />
sul serio, sul serio! Non solo, ma deve <strong>di</strong>mostrarlo<br />
istruendo il processo.<br />
D’Andrea Ah, vedete: questo sarà un po’ <strong>di</strong>fficile.<br />
Chiàrchiaro (alzandosi e facendo per avviarsi) E allora me<br />
ne vado.<br />
D’Andrea Eh, via! Sedete! V’ho detto <strong>di</strong> non fare storie!<br />
Chiàrchiaro Io, storie? Non mi cimenti, o ne farà una tale<br />
esperienza… Si tocchi, si tocchi!<br />
D’Andrea Ma io non mi tocco niente.<br />
Chiàrchiaro Si tocchi, le <strong>di</strong>co! Sono terribile, sa?<br />
D’Andrea (severo) Basta, Chiàrchiaro! Non mi seccate.<br />
Sedete e ve<strong>di</strong>amo d’intenderci. Vi ho fatto<br />
chiamare per <strong>di</strong>mostrarvi che la via che avete<br />
preso non è propriamente quella che possa<br />
condurvi a buon porto.<br />
[…]<br />
I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />
43
Chiàrchiaro Io mi sono querelato perché voglio il riconoscimento<br />
ufficiale della mia potenza. Non capisce<br />
ancora? Voglio che sia ufficialmente riconosciuta<br />
questa mia potenza terribile, che è<br />
ormai l’unico mio capitale, signor giu<strong>di</strong>ce!<br />
D’Andrea (facendo per abbracciarlo, commosso) Ah, povero<br />
Chiàrchiaro, povero Chiàrchiaro mio,<br />
ora capisco! Bel capitale, povero Chiàrchiaro!<br />
E che te ne fai?<br />
Chiàrchiaro Che me ne faccio? Come, che me ne faccio?<br />
Lei, caro signore, per esercitare codesta professione<br />
<strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce – anche così male come la<br />
esercita – mi <strong>di</strong>ca un po’, non ha dovuto prendere<br />
la laurea?<br />
D’Andrea Eh sì, la laurea…<br />
Chiàrchiaro E dunque! Voglio anch’io la mia patente. La<br />
patente <strong>di</strong> jettatore. Con tanto <strong>di</strong> bollo. Bollo<br />
legale. Jettatore patentato dal regio tribunale.<br />
D’Andrea E poi? Che te ne farai?<br />
Chiàrchiaro Che me ne farò? Ma dunque è proprio deficiente<br />
lei? Me lo metterò come titolo nei biglietti<br />
da visita! Ah, le par poco? La patente!<br />
Sarà la mia professione! Io sono stato assassinato,<br />
signor giu<strong>di</strong>ce! Sono un povero padre<br />
<strong>di</strong> famiglia. Lavoravo onestamente. Mi hanno<br />
cacciato via e buttato in mezzo a una strada,<br />
perché jettatore! In mezzo a una strada,<br />
con la moglie paralitica, da tre anni in un<br />
fondo <strong>di</strong> letto! E con due ragazze, che se lei<br />
le vede, signor giu<strong>di</strong>ce, le strappano il cuore<br />
dalla pena che le fanno: belline tutte e due;<br />
ma nessuno vorrà più saperne, perché figlie<br />
mie, capisce? E lo sa <strong>di</strong> che campiamo adesso<br />
tutt’e quattro? Del pane che si leva <strong>di</strong> bocca<br />
il mio figliuolo, che ha pure la sua famiglia,<br />
tre bambini! E le pare che possa far ancora a<br />
lungo, povero figlio mio, questo sacrificio per<br />
me? Signor giu<strong>di</strong>ce, non mi resta altro che <strong>di</strong><br />
mettermi a fare la professione <strong>di</strong> jettatore!<br />
D’Andrea Ma che ci guadagnerete?<br />
Chiàrchiaro Che ci guadagnerò? Ora glielo spiego. Intanto,<br />
mi vede: mi sono combinato con questo vestito.<br />
Faccio spavento! Questa barba… questi<br />
occhiali… Appena lei mi fa ottenere la patente,<br />
entro in campo! Lei <strong>di</strong>ce, come? Me lo do<br />
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manda – ripeto – perché è mio nemico!<br />
D’Andrea Io? Ma vi pare?<br />
Chiàrchiaro Sissignore, lei! Perché s’ostina a non credere<br />
alla mia potenza! Ma per fortuna ci credono<br />
gli altri, sa? Tutti, ci credono! Questa è la mia<br />
fortuna! Ci sono tante case da giuoco nel nostro<br />
paese! Basterà che io mi presenti. Non ci<br />
sarà bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>r niente. Il tenutario della<br />
casa, i giocatori, mi pagheranno sottomano,<br />
per non avermi accanto e per farmene andar<br />
via! Mi metterò a ronzare come un moscone<br />
attorno a tutte le fabbriche; andrò a impostarmi<br />
ora davanti a una bottega, ora davanti a<br />
un’altra. Là c’è un giojelliere? Davanti alla<br />
vetrina <strong>di</strong> quel giojelliere: mi pianto lì (eseguisce),<br />
mi metto a squadrare la gente così,<br />
(eseguisce) e chi vuole che entri più a comprare<br />
in quella bottega una gioja, o a guardare<br />
a quella vetrina? Verrà fuori il padrone,<br />
e mi metterà in mano tre, cinque lire per farmi<br />
scostare e impostare da sentinella davanti<br />
alla bottega del suo rivale. Capisce? Sarà una<br />
specie <strong>di</strong> tassa che io d’ora in poi mi metterò<br />
a esigere!<br />
D’Andrea La tassa dell’ignoranza!<br />
Chiàrchiaro Dell’ignoranza? Ma no, caro lei! La tassa della<br />
salute! Perché ho accumulato tanta bile e<br />
tanto o<strong>di</strong>o, io, contro tutta questa schifosa<br />
umanità, che veramente credo, signor giu<strong>di</strong>ce,<br />
d’avere qua, in questi occhi, la potenza <strong>di</strong><br />
far crollare dalle fondamenta un’intera città!<br />
Si tocchi! Si tocchi, per<strong>di</strong>o! Non vede? Lei è rimasto<br />
come una statua <strong>di</strong> sale!<br />
D’Andrea, compreso <strong>di</strong> profonda pietà,<br />
è rimasto veramente come un balordo a mirarlo.<br />
Chiàrchiaro Si alzi, via! E si metta a istruire questo processo<br />
che farà epoca, in modo che i due imputati<br />
siano assolti per inesistenza <strong>di</strong> reato;<br />
questo vorrà <strong>di</strong>re per me il riconoscimento<br />
ufficiale della mia professione <strong>di</strong> jettatore!<br />
D’Andrea (alzandosi) La patente?<br />
Chiàrchiaro (impostandosi grottescamente e battendo la<br />
canna) La patente, sissignore!<br />
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Non ha finito <strong>di</strong> <strong>di</strong>r così, che la vetrata della finestra si apre<br />
pian piano, come mossa dal vento, urta contro il quadricello e la<br />
gabbia, e li fa cadere con fracasso.<br />
D’Andrea (con un grido, accorrendo) Ah, Dio! Il cardellino!<br />
Il cardellino! Ah, Dio! È morto… è morto…<br />
L’unico ricordo <strong>di</strong> mia madre… Morto…<br />
morto…<br />
Alle grida, si spalanca la comune e accorrono<br />
i tre Giu<strong>di</strong>ci e Marranca, che subito si trattengono allibiti<br />
alla vista <strong>di</strong> Chiàrchiaro.<br />
Tutti Che è stato? Che è stato?<br />
D’Andrea Il vento… la vetrata… il cardellino…<br />
Chiàrchiaro (con un grido <strong>di</strong> trionfo) Ma che vento! Che<br />
vetrata! Sono stato io! Non voleva crederci e<br />
gliene ho dato la prova! Io! Io! E come è morto<br />
quel cardellino… (subito, gli atti <strong>di</strong> terrore degli<br />
astanti, che si scostano da lui) così, a uno<br />
a uno, morirete tutti!<br />
Tutti (protestando, imprecando, supplicando in<br />
coro) Per l’anima vostra! Ti caschi la lingua!<br />
Dio, ajutaci! Sono un padre <strong>di</strong> famiglia!<br />
Chiàrchiaro (imperioso, protendendo una mano) E allora<br />
qua, subito, pagate la tassa! Tutti!<br />
I tre Giu<strong>di</strong>ci (facendo atto <strong>di</strong> cavar danari dalla tasca) Sì,<br />
subito! Ecco qua! Purché ve n’an<strong>di</strong>ate! Per carità<br />
<strong>di</strong> Dio!<br />
Chiàrchiaro (esultante, rivolgendosi al giu<strong>di</strong>ce D’Andrea,<br />
sempre con la mano protesa) Ha visto? E non<br />
ho ancora la patente! Istruisca il processo!<br />
Sono ricco! Sono ricco!<br />
(Tela)<br />
L. Pirandello, Maschere nude, Mondadori<br />
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