il Foglio del Comune di Pinzolo - N. 8 giugno 2009

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PERSONE Solo per i monti Arrampicare da solo è sempre stata una cosa che mi ha catturato fin da piccolo. Le mie prime scalate le effettuavo al rifugio. Ero piccolo, poi ero giovane e non avevo nessuno con cui scalare. All’inizio si trattava di salire solo pochi metri, poi sempre di più. Non so dire come mi sentivo, ma era normale farlo. Non sapevo che cos’era una corda, un chiodo, un moschettone e men che meno che ci si poteva assicurare anche da soli. Poi è arrivato il periodo delle scalate difficili ed andavo con i miei compagni ma spesso partivo ed avevo il desiderio di andare solo. Non pensavo al pericolo, questo lo penso solamente ora ad anni di distanza, semplicemente andavo perché mi piaceva farlo. Ricordo che una volta Cesare Maestri mi disse: “Quando arrampichi da solo devi pensare di essere ad un metro da terra!” E questo è vero; quando sei solo, quando sali e sei a più di dieci metri di Ermanno Salvaterra da terra, non ha più importanza se i metri sono cento o mille... sei solo, senza corda, sei appeso alle dita delle tue mani, alle punte dei tuoi piedi, devi avere la tranquillità mentale per muoverti come si muove uno scalatore tranquillo, uno che scala a poco da terra o uno che ha il compagno, la corda, un chiodo di assicurazione... A volte ripenso a certe mie solitarie e mi viene un vuoto allo stomaco. A nessuno consiglierei di arrampicare in solitaria, non ne vale la pena, la vita è tanto bella, tanto da vivere... anche se sicuramente la “solitaria” è la faccia dell’alpinismo più bella, più affascinante, più egoista, più difficile, più indescrivibile, più rischiosa, più emozionante... la più intima. Seguono tre mie storie solitarie. Cavalcata in Brenta Non fa freddo ma quando devo lasciare il calduccio ed il comfort del sacco a pelo un po’ di fatica la faccio sempre. La sveglia suona ma già da un po’ sento “il Bruno” che sta mettendo a posto la legna e sono da poco passate le sei. Mangio il mio cioccolatino per colazione, ripongo lo zaino in un angolo con la roba che non mi servirà, faccio due chiacchiere con il mio Grande Vecchio e Saggio Maestro ed alle 6.30 parto con passo veloce. Prendo il comodo sentiero che porta verso il Crozzon di Brenta. Obiettivo: Pilastro dei Francesi. Giunto all’attacco salgo veloce in scarpe da ginnastica lungo il diedro inclinato che porta alle prime terrazze detritiche e salendo verso destra raggiungo la base del tiro più impegnativo. Mi metto le scarpette d’arrampicata e continuo a salire su questo storico tiro del Pilastro dei Francesi. Mi sento bene ed il sole mi 52 IL FOGLIO DEL COMUNE DI PINZOLO

PERSONE da forza. Ora la roccia da gialla è diventata grigia, un’altra placca, poi un lungo diedro poi ancora placca, una traversata ed ora la salita ridiventa facile. Ricambio le scarpe e salgo veloce fino al Bivacco Castiglioni in cima al Crozzon. Mi siedo mentre firmo il libro di vetta. Guardo l’orologio e sono le ore 8.45. Non ho un programma preciso, niente da rispettare, solo un’idea in testa ed andrò avanti finché il fisico o la mente terranno. Bruno sicuramente m’avrà tenuto d’occhio… La traversata verso la Cima Tosa la conosco come casa mia e non passa molto che già mi trovo a scendere per il camino della normale e poco dopo sono ai piedi del Pilastro della Tosa. Salgo i primi facili metri fino alla cengia all’inizio delle difficoltà. Solito cambio di scarpe, un’altra maledetta sigaretta ed inizio a salire il tiro più impegnativo. Questa lunghezza non mi preoccupa molto in quanto tempo fa, sempre da solo la percorsi in salita ed anche in discesa causa lo scatenarsi improvviso di un temporale. Mentre salgo ripenso al Grande Giorgio Graffer quando percorse questa via nel lontano 1937 con Bruno Detassis. Un altro tratto difficile e poi continuo velocemente. Nessun altro pensiero se non quello di salire. Un appiglio, l’appoggio, l’equilibrio, una danza che mi affascina. Alle ore 10.20 mi trovo già a scendere e ripercorrere di nuovo il camino della normale e poi giù di corsa. Abbrevio l’accesso al Campanile Basso passando attraverso la poco frequentata bocchetta tra la Brenta Bassa e la Cima Margherita. La gamba non mi da nemmeno fastidio e solo raramente ci penso. Sono alla base di questa incredibile scultura naturale. Il Campanile Basso. Attacco lo Spigolo Graffer e veloce mi trovo sul diedro grigio difficile; gli appigli sono piccoli ma netti e le scarpette quasi s’incollano alla roccia ruvida. Anche qui la mia mente ritorna alla prima salita ed alzo il cappello ad onore dell’apritore IL FOGLIO DEL COMUNE DI PINZOLO di questa linea. Al suo termine rimetto le scarpe da ginnastica perché mi fanno male un po’ le dita dei piedi. Supero una cordata poco dopo sul diedro facile e vengo squadrato da cima a fondo. Sarà per i miei capelli lunghi ed arruffati… Mah… Raggiungo lo Stradone Provinciale e proseguo per la via normale. È bello passeggiare sul quarto grado… alle ore 12.40 sono il cima al Basso. C’e’ un po’ di gente e sinceramente evito i loro sguardi perché mi sento quasi imbarazzato. Firmo e comincio a scendere arrampicando. Non ho corde con me, solo un piccolo zainetto con le scarpette, la “spitfire”, la maglietta rossa di cotone sottile per la quale il mio amico Sarchi mi prendeva in giro perché tanto ridicola e per niente da montagna, le sigarette, un pacchettino di tic-tac. Quando arrivo alla base lascio il Sentiero delle Bocchette per scendere sull’altro versante alla base della parete Est della Brenta Alta. Attacco la via Detassis-Battistata- Giordani. La roccia è superba e nonostante sia un po’ stanco riesco ancora a gustarmi i movimenti dell’arrampicata. Disperso su questa incredibile lavagna grigia non pensavo nemmeno alla mia gamba se non fosse che mi fa un po’ male. Solo undici mesi fa, era il 31 agosto, mi ruppi in malo modo la gamba destra. Mi ero rovesciato con il trattore portando i rifornimenti al rifugio XII Apostoli. Era stato un brutto momento… ero pieno di sangue… credevo di avere tutte e due le gambe rotte… una era piegata in un modo esagerato… le ossa erano fuori dalla pelle e ficcate nella terra… fu un brutto momento… mi ripresi bene… altrimenti ora non sarei qui… forse quella di oggi e’ una rivincita… Intanto mi trovo sui camini finali della variante Pisoni e poi, giù veloce per ghiaioni e le facili roccette. Quando raggiungo la Bocca di Brenta la tentazione di proseguire verso il Brentei sarebbe forte ma non sono poi così stanco e quando mi trovo sotto 53

PERSONE<br />

Solo per i monti<br />

Arrampicare da solo è sempre stata una<br />

cosa che mi ha catturato fin da piccolo.<br />

Le mie prime scalate le effettuavo al rifugio.<br />

Ero piccolo, poi ero giovane e non<br />

avevo nessuno con cui scalare. All’inizio<br />

si trattava <strong>di</strong> salire solo pochi metri,<br />

poi sempre <strong>di</strong> più. Non so <strong>di</strong>re come mi<br />

sentivo, ma era normale farlo. Non sapevo<br />

che cos’era una corda, un chiodo,<br />

un moschettone e men che meno che ci<br />

si poteva assicurare anche da soli. Poi è<br />

arrivato <strong>il</strong> periodo <strong>del</strong>le scalate <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i<br />

ed andavo con i miei compagni ma spesso<br />

partivo ed avevo <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> andare<br />

solo. Non pensavo al pericolo, questo lo<br />

penso solamente ora ad anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

semplicemente andavo perché mi piaceva<br />

farlo. Ricordo che una volta Cesare<br />

Maestri mi <strong>di</strong>sse: “Quando arrampichi da<br />

solo devi pensare <strong>di</strong> essere ad un metro<br />

da terra!” E questo è vero; quando sei<br />

solo, quando sali e sei a più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci metri<br />

<strong>di</strong> Ermanno Salvaterra<br />

da terra, non ha più importanza se i metri<br />

sono cento o m<strong>il</strong>le... sei solo, senza corda,<br />

sei appeso alle <strong>di</strong>ta <strong>del</strong>le tue mani,<br />

alle punte dei tuoi pie<strong>di</strong>, devi avere la<br />

tranqu<strong>il</strong>lità mentale per muoverti come<br />

si muove uno scalatore tranqu<strong>il</strong>lo, uno<br />

che scala a poco da terra o uno che ha<br />

<strong>il</strong> compagno, la corda, un chiodo <strong>di</strong> assicurazione...<br />

A volte ripenso a certe mie<br />

solitarie e mi viene un vuoto allo stomaco.<br />

A nessuno consiglierei <strong>di</strong> arrampicare<br />

in solitaria, non ne vale la pena, la vita<br />

è tanto bella, tanto da vivere... anche<br />

se sicuramente la “solitaria” è la faccia<br />

<strong>del</strong>l’alpinismo più bella, più affascinante,<br />

più egoista, più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e, più indescrivib<strong>il</strong>e,<br />

più rischiosa, più emozionante...<br />

la più intima.<br />

Seguono tre mie storie solitarie.<br />

Cavalcata in Brenta<br />

Non fa freddo ma quando devo lasciare<br />

<strong>il</strong> calduccio ed <strong>il</strong> comfort <strong>del</strong> sacco a<br />

pelo un po’ <strong>di</strong> fatica la faccio sempre. La<br />

sveglia suona ma già da un po’ sento “<strong>il</strong><br />

Bruno” che sta mettendo a posto la legna<br />

e sono da poco passate le sei. Mangio <strong>il</strong><br />

mio cioccolatino per colazione, ripongo<br />

lo zaino in un angolo con la roba che non<br />

mi servirà, faccio due chiacchiere con <strong>il</strong><br />

mio Grande Vecchio e Saggio Maestro ed<br />

alle 6.30 parto con passo veloce. Prendo<br />

<strong>il</strong> comodo sentiero che porta verso <strong>il</strong><br />

Crozzon <strong>di</strong> Brenta. Obiettivo: P<strong>il</strong>astro dei<br />

Francesi.<br />

Giunto all’attacco salgo veloce in<br />

scarpe da ginnastica lungo <strong>il</strong> <strong>di</strong>edro inclinato<br />

che porta alle prime terrazze detritiche<br />

e salendo verso destra raggiungo la<br />

base <strong>del</strong> tiro più impegnativo. Mi metto<br />

le scarpette d’arrampicata e continuo a<br />

salire su questo storico tiro <strong>del</strong> P<strong>il</strong>astro<br />

dei Francesi. Mi sento bene ed <strong>il</strong> sole mi<br />

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