il Foglio del Comune di Pinzolo - N. 8 giugno 2009

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PROGETTI E RELAZIONI Noi, pellegrini a Mauthausen… Sono le 4.00 del mattino, è ancora notte quando all’orizzonte compare il pullman della Trentino Trasporti. Siamo tutti lì, stretti nella nostra giacca a vento, ad aspettare puntuali il suo arrivo. Siamo diretti a Mauthausen e Melk. L’uscita, proposta per la prima volta dal Comune di Pinzolo tre anni fa, è l’esempio di una proficua collaborazione fra le amministrazioni dei Comuni dell’intera Valle Rendena: ciascuna Comunità finanzia il viaggio per i ragazzi di terza media residenti sul proprio territorio. Il pellegrinaggio si è svolto la prima volta nel 2007, quando una delegazione di Amministratori del Comune di Pinzolo e di Strembo, ha posto una lapide a memoria dei due concittadini Giacomo Spada e Adamello Collini, internati a Melk, sottocampo di Mauthausen. Quest’anno sono stati 83 i ragazzi delle tre terze medie dell’Istituto Comprensivo Val Rendena, M.di Campiglio Pinzolo e Spiazzo Rendena, che hanno potuto partecipare a questo importantissimo viaggio-testimonianza. Agli 83 studenti si sono poi aggiunti 6 insegnanti accompagnatori, l’Assessore alla Cultura del Comune di Pinzolo, Carola Ferrari, il Sindaco di Carisolo, Diego Tisi, le nostre Mauthausen, 26 gennaio 2009 di Giovanna Binelli interpreti e organizzatrici, Alessandra e Carmen, e i parenti di Giacomo e Adamello, rispettivamente il figlio Anselmo e la nipote Noris Collini con il marito Vincenzo. Quest’anno l’iniziativa è stata allargata ai ragazzi delle terze medie del Comune di Tione che hanno partecipato con gli insegnanti, l’Assessore Veronica Luzzi e il Dirigente Scolastico, Dario Gelmini. Il viaggio-pellegrinaggio a Mauthausen non è una celebrazione come tutte le altre, il recupero di fatti storici tramite ricordi e memorie del tempo passato, si tratta piuttosto di accompagnare ragazzi quattordicenni a vedere e quindi prendere coscienza dei luoghi dello sterminio nazista. Percorrendo in silenzio gli spazi del campo è ancora oggi possibile percepire emozioni e sensazioni non verbalizzabili, proprio perché legate a quella sfera intima del “sentire” che difficilmente può trovare modo di essere esternato a parole. A Mauthausen e a Melk si cammina, quasi con pudore e vergogna, su quelle superfici che trasudano ancora oggi morte. Il pullman corre veloce e, dopo aver raccolto gli Studenti per tutta la Rendena, arriviamo velocemente a Linz. Una guida ci accompagna a vedere il Castello di hartheim. La sensazione prima quando si arriva davanti alla famigerata clinica degli esperimenti è di “bellezza”, ci accoglie un luogo quasi “fatato”, un castello dalle orlature antiche si erge davanti ad un prato verde splendente. È difficile di primo acchito associare il castello all’“Operazione Eutanasia” con la quale il Nazismo eliminò decine di handicappati fisici e psichici, “colpevoli” di non rientrare nei deliranti e perversi standards della 22 IL FOGLIO DEL COMUNE DI PINZOLO

PROGETTI E RELAZIONI “pura razza ariana”. La guida ci conduce per le stanze del castello, dove è stato allestito un percorso emblematico a ricordo di tanto abominio, e ci conduce a riflessioni filosofiche profonde su di noi, sulla nostra vita… “Che cosa è la pazzia? Che cosa la normalità?”, ciascuno di noi, ragazzo e adulto, risponde in silenzio a se stesso a questi difficili quesiti. Una breve visita alla città di Linz, al suo Duomo e al centro cittadino conclude la prima “toccante” giornata. Il giorno dopo ci attendono Mauthausen, l’Abbazia di Melk e il suo campo. Percorriamo con grande meditazione e silenzio gli spazi del campo, la guida ci accompagna con compunzione e attenzione nei singoli luoghi. Lei stessa sembra nutrire grande rispetto per la struttura. Commenta con grande sforzo ogni memoria, ci mostra i “resti” del campo, i braccialetti, le scarpe, la casacca dei detenuti del campo, ci racconta aneddoti, si spinge a mostrarci le parti normalmente celate ai visitatori. Un brivido intenso ci prende alla vista della scala della morte, la Todesstiege, di 186 gradini che i deportati usavano per scendere nella cava che sorgeva accanto al campo. Lungo la scala, i detenuti erano costretti a trasportare enormi pietre sotto le bastonate dei Kapò. Sovente – ci racconta la guida – essi collassavano di fronte ad altri prigionieri che formavano la linea, travolgendone decine di altri in un terribile effetto domino. Il freddo pungente che accompagna la nostra visita aumenta e intensifica la sensazione di dolore, comprendiamo ancora di più “cosa sia stato Mauthausen”. Il pomeriggio siamo ospiti dapprima dell’abbazia di Melk e poi del suo campo. La città è sede di un antico monastero benedettino, qui è stato girato il film, tratto dall’omonimo libro di Umberto Eco, Il nome della rosa. L’imponente abbazia con i suoi spazi ci consente di venire a contatto con la vita monastica IL FOGLIO DEL COMUNE DI PINZOLO del Medioevo, assieme a Gugliemo di Baskerville e al novizio Adso da Melk, ci aggiriamo furtivi dentro l’abbazia, ora siamo nel refettorio, ora nella biblioteca, ora nelle stanze dei monaci benedettini. È oramai tardo pomeriggio, quando la signora Bauer, una donna 75enne, con il suo viso dolce raccolto in candidi capelli argentati ci fa strada dentro il sottocampo di Melk. Le ombre della sera stanno per cadere, il campo ci appare nella sua crudezza e struggimento. Vediamo i visi di Anselmo e Noris contrarsi davanti alle stele che ricordano i loro congiunti. La signora Bauer con una serena tranquillità risponde alle nostre domande, ci conduce metaforicamente attraverso quelle immense gallerie sotterranee dove i deportati lavoravano per conto della Steyr- Daimler-Puch AG, la maggiore industria di armamenti del paese. Lasciamo una ghirlanda, un cero a ricordo della nostra visita, Anselmo ci chiede qualche minuto di silenzio prima di uscire… ciascuno di noi si raccoglie in se stesso e medita… fuori dalla finestra si vede la neve e il fumo che esce da un comignolo. Il gelo di un pomeriggio di gennaio contrastano con il caldo buono di un’abitazione. Salisburgo e Mozart salutano un viaggiopellegrinaggio “struggente”. Melk, 27 gennaio 2009 Per tutti. 23

PROGETTI E RELAZIONI<br />

“pura razza ariana”. La guida ci conduce<br />

per le stanze <strong>del</strong> castello, dove è stato<br />

allestito un percorso emblematico a ricordo<br />

<strong>di</strong> tanto abominio, e ci conduce a<br />

riflessioni f<strong>il</strong>osofiche profonde su <strong>di</strong> noi,<br />

sulla nostra vita… “Che cosa è la pazzia?<br />

Che cosa la normalità?”, ciascuno <strong>di</strong> noi,<br />

ragazzo e adulto, risponde in s<strong>il</strong>enzio a se<br />

stesso a questi <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i quesiti. Una breve<br />

visita alla città <strong>di</strong> Linz, al suo Duomo e al<br />

centro citta<strong>di</strong>no conclude la prima “toccante”<br />

giornata.<br />

Il giorno dopo ci attendono Mauthausen,<br />

l’Abbazia <strong>di</strong> Melk e <strong>il</strong> suo campo.<br />

Percorriamo con grande me<strong>di</strong>tazione e<br />

s<strong>il</strong>enzio gli spazi <strong>del</strong> campo, la guida ci<br />

accompagna con compunzione e attenzione<br />

nei singoli luoghi. Lei stessa sembra<br />

nutrire grande rispetto per la struttura.<br />

Commenta con grande sforzo ogni<br />

memoria, ci mostra i “resti” <strong>del</strong> campo, i<br />

braccialetti, le scarpe, la casacca dei detenuti<br />

<strong>del</strong> campo, ci racconta aneddoti,<br />

si spinge a mostrarci le parti normalmente<br />

celate ai visitatori. Un brivido intenso<br />

ci prende alla vista <strong>del</strong>la scala <strong>del</strong>la<br />

morte, la Todesstiege, <strong>di</strong> 186 gra<strong>di</strong>ni che<br />

i deportati usavano per scendere nella<br />

cava che sorgeva accanto al campo.<br />

Lungo la scala, i detenuti erano costretti<br />

a trasportare enormi pietre sotto le bastonate<br />

dei Kapò. Sovente – ci racconta<br />

la guida – essi collassavano <strong>di</strong> fronte ad<br />

altri prigionieri che formavano la linea,<br />

travolgendone decine <strong>di</strong> altri in un terrib<strong>il</strong>e<br />

effetto domino. Il freddo pungente<br />

che accompagna la nostra visita aumenta<br />

e intensifica la sensazione <strong>di</strong> dolore,<br />

compren<strong>di</strong>amo ancora <strong>di</strong> più “cosa sia<br />

stato Mauthausen”.<br />

Il pomeriggio siamo ospiti dapprima<br />

<strong>del</strong>l’abbazia <strong>di</strong> Melk e poi <strong>del</strong> suo campo.<br />

La città è sede <strong>di</strong> un antico monastero<br />

benedettino, qui è stato girato <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>m, tratto dall’omonimo libro <strong>di</strong> Umberto<br />

Eco, Il nome <strong>del</strong>la rosa. L’imponente<br />

abbazia con i suoi spazi ci consente <strong>di</strong><br />

venire a contatto con la vita monastica<br />

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<strong>del</strong> Me<strong>di</strong>oevo, assieme a Gugliemo <strong>di</strong> Baskerv<strong>il</strong>le<br />

e al novizio Adso da Melk, ci aggiriamo<br />

furtivi dentro l’abbazia, ora siamo<br />

nel refettorio, ora nella biblioteca,<br />

ora nelle stanze dei monaci benedettini.<br />

È oramai tardo pomeriggio, quando la<br />

signora Bauer, una donna 75enne, con <strong>il</strong><br />

suo viso dolce raccolto in can<strong>di</strong><strong>di</strong> capelli<br />

argentati ci fa strada dentro <strong>il</strong> sottocampo<br />

<strong>di</strong> Melk. Le ombre <strong>del</strong>la sera stanno<br />

per cadere, <strong>il</strong> campo ci appare nella sua<br />

crudezza e struggimento. Ve<strong>di</strong>amo i visi<br />

<strong>di</strong> Anselmo e Noris contrarsi davanti alle<br />

stele che ricordano i loro congiunti. La<br />

signora Bauer con una serena tranqu<strong>il</strong>lità<br />

risponde alle nostre domande, ci conduce<br />

metaforicamente attraverso quelle<br />

immense gallerie sotterranee dove i deportati<br />

lavoravano per conto <strong>del</strong>la Steyr-<br />

Daimler-Puch AG, la maggiore industria<br />

<strong>di</strong> armamenti <strong>del</strong> paese. Lasciamo una<br />

ghirlanda, un cero a ricordo <strong>del</strong>la nostra<br />

visita, Anselmo ci chiede qualche minuto<br />

<strong>di</strong> s<strong>il</strong>enzio prima <strong>di</strong> uscire… ciascuno<br />

<strong>di</strong> noi si raccoglie in se stesso e me<strong>di</strong>ta…<br />

fuori dalla finestra si vede la neve e <strong>il</strong><br />

fumo che esce da un comignolo. Il gelo<br />

<strong>di</strong> un pomeriggio<br />

<strong>di</strong> gennaio<br />

contrastano con<br />

<strong>il</strong> caldo buono<br />

<strong>di</strong> un’abitazione.<br />

Salisburgo e<br />

Mozart salutano<br />

un viaggiopellegrinaggio<br />

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Melk, 27 gennaio <strong>2009</strong><br />

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