La Terapia Gestaltica parola per parola - Istituto Gestalt Bologna

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09.06.2013 Views

L'alienazione e la proiezione nei verbi sostantivati Durante la seduta l'uso del sostantivo al posto di un verbo ha come effetto quello di raffreddare un processo vitale e di renderlo una proiezione inanimata. Qualcosa di noi viene ucciso e gettato fuori dal nostro organismo. Se alieniamo qualcosa che ci appartiene finisce che ci impoveriamo, perdiamo vitalità, diventiamo dei robot. L'esso, il sostantivo, va a finire nella proiezione. Una volta che questo "potenziale", questo frammento di vita diviene una proiezione, esso si rivolge contro di noi, così, invece di giudicare gli altri ci sentiamo giudicati, invece di ascoltare proiettiamo la capacità di ascoltare all'esterno, invece di mobilitare la nostra eccitazione ci aspettiamo che gli altri siano eccitanti, ecc.. Per riappropriarci di ciò che abbiamo alienato dobbiamo iniziare a cambiare linguaggio e dire: "non è quella cosa lì, ma sono io". Oppure.. "non è quella persona che ha quella qualità, ma sono io". Ogni volta che si trasforma un esso, un sostantivo in un io, in un verbo si torna in possesso del proprio potenziale vitale. L'imbarazzo del vuoto Certe persone provano un imbarazzo esistenziale a stare senza risposte. Come mai c'è l'essere e non il non essere? In genere si vuole rispondere dando una spiegazione o fornire certi ideali di vita. Noi non sappiamo nulla del perchè le cose sono, del perchè sono proprio così come sono e di com sia iniziato il mondo. Questo fatto comporta una sensazione di vuoto e di mistero. Gertrude Stein dice: "Una rosa è una rosa è una rosa". Il vuoto, quando vissuto senza volerlo riempire a tutti i costi, diventa "vuoto fertile". Stare nel vuoto genera nuova vita. Quando invece cerchiamo di colmare il vuoto con progetti, aspettative, risposte, ecc.. non facciamo altro che perdurare nella condizione di un "vuoto sterile." Il cambiamento Nella Gestalt la base di ogni lavoro è il presente. Alle persone viene chiesto di parlare a partire da quello che sentono nel presente e non da quello che vorrebbero essere o fare o sentire. Tutti quanti vorremmo cambiare ed essere diversi. Il problema è che per farlo ci facciamo dei programmi. Il fatto è che un cambiamento intenzionale non funziona mai. Non appena diciamo "voglio cambiare", cioè ci facciamo un programma, si crea una forza uguale e contraria che ci impedisce di cambiare. Il cambiamento è una cosa che succede da sola. Se entriamo più a fondo in quello che siamo accettandolo con responsabilità allora il cambiamento sopravviene da solo. Finchè ci ostiniamo a combattere col sintomo il sintomo peggiora.

L'alienazione e la proiezione nei verbi sostantivati<br />

Durante la seduta l'uso del sostantivo al posto di un verbo ha come effetto quello di raffreddare<br />

un processo vitale e di renderlo una proiezione inanimata. Qualcosa di noi viene ucciso e gettato<br />

fuori dal nostro organismo. Se alieniamo qualcosa che ci appartiene finisce che ci impoveriamo,<br />

<strong>per</strong>diamo vitalità, diventiamo dei robot. L'esso, il sostantivo, va a finire nella proiezione. Una volta<br />

che questo "potenziale", questo frammento di vita diviene una proiezione, esso si rivolge contro di<br />

noi, così, invece di giudicare gli altri ci sentiamo giudicati, invece di ascoltare proiettiamo la<br />

capacità di ascoltare all'esterno, invece di mobilitare la nostra eccitazione ci aspettiamo che gli<br />

altri siano eccitanti, ecc.. Per riappropriarci di ciò che abbiamo alienato dobbiamo iniziare a<br />

cambiare linguaggio e dire: "non è quella cosa lì, ma sono io". Oppure.. "non è quella <strong>per</strong>sona che<br />

ha quella qualità, ma sono io". Ogni volta che si trasforma un esso, un sostantivo in un io, in un<br />

verbo si torna in possesso del proprio potenziale vitale.<br />

L'imbarazzo del vuoto<br />

Certe <strong>per</strong>sone provano un imbarazzo esistenziale a stare senza risposte. Come mai c'è l'essere e<br />

non il non essere? In genere si vuole rispondere dando una spiegazione o fornire certi ideali di vita.<br />

Noi non sappiamo nulla del <strong>per</strong>chè le cose sono, del <strong>per</strong>chè sono proprio così come sono e di com<br />

sia iniziato il mondo. Questo fatto comporta una sensazione di vuoto e di mistero. Gertrude Stein<br />

dice: "Una rosa è una rosa è una rosa". Il vuoto, quando vissuto senza volerlo riempire a tutti i<br />

costi, diventa "vuoto fertile". Stare nel vuoto genera nuova vita. Quando invece cerchiamo di<br />

colmare il vuoto con progetti, aspettative, risposte, ecc.. non facciamo altro che <strong>per</strong>durare nella<br />

condizione di un "vuoto sterile."<br />

Il cambiamento<br />

Nella <strong>Gestalt</strong> la base di ogni lavoro è il presente. Alle <strong>per</strong>sone viene chiesto di parlare a partire da<br />

quello che sentono nel presente e non da quello che vorrebbero essere o fare o sentire. Tutti<br />

quanti vorremmo cambiare ed essere diversi. Il problema è che <strong>per</strong> farlo ci facciamo dei<br />

programmi. Il fatto è che un cambiamento intenzionale non funziona mai. Non appena diciamo<br />

"voglio cambiare", cioè ci facciamo un programma, si crea una forza uguale e contraria che ci<br />

impedisce di cambiare. Il cambiamento è una cosa che succede da sola. Se entriamo più a fondo in<br />

quello che siamo accettandolo con responsabilità allora il cambiamento sopravviene da solo.<br />

Finchè ci ostiniamo a combattere col sintomo il sintomo peggiora.

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