Fenomenologia dell'esperienza di Paolo Quattrini - Istituto Gestalt ...
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La <strong>di</strong>fficoltà che s’incontra è la tendenza a vedere il problema invece che la persona e qui<br />
l’esperienza finisce. Guardare la persona richiede uno sforzo notevole e implica l’essere in<br />
relazione, accorgersi dell’effetto che fa ciò che si percepisce, non lasciarsi sviare dalla mente che<br />
vorrebbe fermarsi su ogni oggetto interessante: parole e sintomi.<br />
Lo Spirito va coltivato; bisogna rendersi conto <strong>di</strong> come si amministra la propria vita,<br />
verificare se ne siamo sod<strong>di</strong>sfatti e assumersene la responsabilità: se la nostra vita spirituale fosse<br />
un giar<strong>di</strong>no bisognerebbe annaffiarlo, potarlo, concimarlo, imparare tante cose pratiche e darsi da<br />
fare per ottenere cose buone. Le cose buone non sono come gioielli preziosi che stanno dentro<br />
uno scrigno ma attività che finiscono nel momento in cui uno smette <strong>di</strong> farle. Questa visione<br />
ridefinisce la vita come un continuo operare; un fare che abbia un senso e un valore. Non ci sono<br />
tempi morti: in ogni momento ognuno sta coltivando il proprio giar<strong>di</strong>no; un lavoro non facile,<br />
esposto a tutte le intemperie preve<strong>di</strong>bili e impreve<strong>di</strong>bili del mondo.<br />
La via dello spirito è un cammino <strong>di</strong>fficile, in cui si cede facilmente alla tentazione<br />
dell’illusione come quella l’orgoglio, credere <strong>di</strong> essere speciali, <strong>di</strong> essere arrivati in alto…. Questa è<br />
una delle tentazioni più classiche sia nella tra<strong>di</strong>zione cristiana, dove Lucifero che era l’angelo della<br />
luce si è piaciuto tanto da cadere in fondo al baratro, sia nella cultura letteraria con il mito <strong>di</strong><br />
Narciso. Stando nella metafora del giar<strong>di</strong>no la via dello spirito sarebbe de<strong>di</strong>care i propri sforzi non<br />
per fare concorsi <strong>di</strong> roseti ma per creare un luogo dove vivere la propria vita: se il giar<strong>di</strong>no sarà<br />
brutto la persona vivrà in un posto brutto; se sarà stupendo passerà la vita in un posto stupendo.<br />
Freud teorizzò l’esistenza <strong>di</strong> un’energia alla base della vita psichica e la chiamò Libido: se<br />
questa energia l’uomo la <strong>di</strong>rige verso il mondo esterno, è un investimento energetico vitale: l’Eros;<br />
mentre se la <strong>di</strong>rige su se stesso, sull’importanza personale, produce patologia o Narcisismo.<br />
Prestigio e potere hanno più a che fare con il narcisismo che con il vivere bene. Se una persona<br />
non investe eroticamente nel mondo, la vita <strong>di</strong>venta piatta e insapore e allora comincia a investire<br />
la propria energia in senso narcisistico: una guerra, la scalata al potere, il successo sociale che pur<br />
non presentando granché <strong>di</strong> erotico sono avvincenti perché creano tensione.<br />
La tensione si può rappresentare come una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> potenziale: in genere le tensioni<br />
sono considerate sgradevoli e le persone <strong>di</strong> tutto per liberarsene ma così facendo si liberano anche<br />
dell’Eros e la vita e i rapporti <strong>di</strong>ventano piatti e monotoni. La tensione è energia, qualcosa <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fficilmente misurabile ma che in<strong>di</strong>ca uno stato <strong>di</strong> cui tutti fanno esperienza: quella <strong>di</strong> avere molta<br />
o poca energia. Senza tensione è <strong>di</strong>fficile tenere vivo il rapporto con un’altra persona e il rapporto<br />
è vivo se ci s’interessa a quello che l’altro fa o <strong>di</strong>ce. Quando si è innamorati <strong>di</strong> qualcuno quello che<br />
l’altro <strong>di</strong>ce incanta: si ascoltano con aria rapita parole che sarebbero considerate banali in altre<br />
situazioni. E’ un miracolo riuscire a essere così interessati e questo miracolo è appunto l’Eros.<br />
Freud pur essendo un materialista convinto riconosceva l’esistenza dello spirito nell’arte,<br />
nella scienza e in vari altri fenomeni <strong>di</strong>versi dal modo materiale. Vedeva il risveglio <strong>di</strong> ognuno alla<br />
creatività come un segno <strong>di</strong> guarigione. In questa <strong>di</strong>rezione vanno gli approcci terapeutici a<br />
orientamento umanista, per i quali è fondamentale aiutare le persone a fare una vita spirituale nel<br />
senso <strong>di</strong> fare della propria vita un luogo interessante. Anche la <strong>Gestalt</strong> fa parte <strong>di</strong> questo filone<br />
umanista – fenomenologico -‐ esistenziale dove l’esperienza è centrale e la meta non è <strong>di</strong>ventare<br />
sani ma trovare il modo <strong>di</strong> fare della propria vita qualcosa <strong>di</strong> interessante: l’attenzione è spostata<br />
verso la qualità dell’esperienza, il suo valore che è una categoria spirituale, non materiale.<br />
La <strong>di</strong>fferenza profonda fra l’ottica Freu<strong>di</strong>ana interpretativa e l’ottica della <strong>Gestalt</strong> è che<br />
l’approccio freu<strong>di</strong>ano si fonda sull’idea che ciò che noi viviamo cela realtà più profonde e<br />
interpretare quelle realtà cambia il nostro rapporto col mondo, lo rende più vivo, più umano, più<br />
stimolante. Nella <strong>Gestalt</strong> invece l’ottica è esperienziale e l’interpretazione non trova appigli: se<br />
sento dolore il problema è trovare il modo <strong>di</strong> gestire quel dolore più che riconoscere il perché lo<br />
sento. La realtà può rimanere parzialmente sconosciuta e misteriosa ma ciò da cui non posso<br />
prescindere è il governo della mia vita.<br />
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