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6 la Biblioteca di via Senato Milano – settembre 2012 republica imaginaria, non meno praticabile che contemplativa». 2 Il sogno di Agostini era forse veder realizzata la sua Repubblica immaginaria, uno Stato ideale che avrebbe attuato «con rigorosa coerenza le istanze etiche e sociali della Controriforma». 3 Francesco Maria II, attraverso il suo segretario Giacomo Sorbolongo, gli ordina di «conservare il tutto come suo, in deposito». E’ grazie a questa decisone che l’intero corpus dell’Agostini è giunto a noi, intatto e integro. Ed è sempre grazie a questa decisione se il corpus si trova ancora a Pesaro, presso la Biblioteca Oliveriana, in parte oramai studiato e pubblicato, nel corso degli ultimi 130 anni, soprattutto a opera di Carlo Curcio e di Luigi Firpo (che ad Agostini dedica anche una vasta monografia: Lo stato ideale della Controriforma, Bari, Laterza, 1957). La figura di Ludovico Agostini si presenta già interessante a partire dalle vicende biografiche della famiglia. La dinastia degli Agostini ricalca quella dei Federico Barocci (1535-1612), Francesco Maria II della Rovere (Firenze, Galleria degli Uffizi) Buddenbrook di Thomas Mann: dalla ricchezza estrema alla dignitosa povertà, dall’intraprendente attività dei suoi primi membri alla introspettiva sensibilità del suo ultimo esponente. Giunti a Pesaro nei primi anni del Quattrocento gli Agostini si arricchiscono velocemente grazie all’esercizio della pratica molitoria. Un’intensa attività economica, vaste possessioni nonché un occhio di riguardo da parte di Costanzo e Giovanni Sforza portano gli Agostini ai vertici della società cittadina. Sono nobilitati e viene concesso a Ludovico (nonno del nostro Ludovico) un seggio, trasmissibile ai discendenti, nel Consiglio cittadino. Il figlio Gian Giacomo sposa nel 1526 la nobile Pantasilea degli Alessandri e il piccolo Ludovico, nato dieci anni più tardi, cresce fra agi e grandi ricchezze. La generale prosperità del ducato e la vita guadente della corte di Guidobaldo II della Rovere, ormai indirizzata verso modi e stilemi manieristici ed “europei”, influenzano Ludovico. La sua formazione è duplice: da una parte viene avviato con sincera convinzione alle pratiche del culto ma, allo stesso tempo, rimane affascinato dal clima brillante e cavalleresco che si respira nel ducato. Cresce compiendo buoni studi classici e umanistici, apprendendo l’arte del poetare, del canto e le buone maniere cortigiane. Decide quindi di intraprendere la carriera di giurista, iscrivendosi all’Università di Padova. Qui, nel 1554, uccide in duello un suo compagno di studi, probabilmente per futili motivi. Punito col bando dalla città si arruola nelle truppe asburgiche, partecipando a una battaglia sul Reno nel 1555. Rientra in Italia e termina i suoi studi all’Università di Bologna. Il 29 settembre 1557 consegue il dottorato in utroque iure e fa ritorno a Pesaro. Nel 1559 ottiene l’iscrizione all’ordine dei legisti pesaresi ma decide di non intraprendere alcuna carriera forse pensando di condurre una vita da nobiluomo contando sulle ricchezze e sul prestigio della propria famiglia. Ma la tempesta si va addensando. Nel 1562 si consuma la caduta della famiglia Agostini. Guidobaldo II, per rimpinguare le sempre più esauste casse del ducato, intraprende una politica di larvata confisca di beni privati. A farne le spese sono anche gli Agostini, che devono cedere al duca la loro fiorente attività molitoria. Gian Giacomo Agostini, eletto gonfaloniere della città nel 1563, è costretto a ridurre drasticamente il tenore di vita della propria famiglia che da grande prosperità passa a una più modesta agiatezza. Il giovane Ludovico preferisce adattarsi alla nuova situazione fa-

settembre 2012 – la Biblioteca di via Senato Milano 7 Da sinistra: La Repubblica immaginaria di Ludovico Agostini contenuta nella “Collana degli Utopisti” del 1944; copertina degli Utopisti e riformatori sociali del Cinquecento, edizione sempre a cura di Carlo Curcio (Bologna, Zanichelli, 1941) migliare piuttosto che affrontare una seria carriera di lavoro. Il suo carattere si incupisce, legge questa spoliazione come punizione per i suoi peccati, e comincia a dedicarsi con sempre più fervore alle pratiche devozionali. E nel suo Canzoniere (a tutt’oggi inedito), a fianco a petrarchismi d’occasione, iniziano ad apparire composizioni di carattere religioso e politico ove auspica la concordia fra i principi della Cristianità e la sconfitta degli infedeli e degli eretici. Nel 1565 si trasferisce presso la corte roveresca il musicista toscano Pietro Vagnoli con la figlia ventenne Virgina, ottima e bellissima cantante. Agostini si innamora perdutamente. Ne chiede la mano al padre ma dopo pochi mesi il fidanzamento viene rotto probabilmente a causa dello scarso patrimonio di Ludovico. I Vagnoli lasciano Pesaro. Rotto dal dolore Agostini si dedica alla stesura de Le giornate soriane, «estremo tentativo della fantasia di ricreare un mondo scomparso (quello dei raffinati ozi signorili, che la povertà gli invidiava) e di perpetuare un’effimera stagione amorosa dileguata per sempre». 4 L’opera, che si ispira chiaramente al Cortegiano, descrive undici giornate agostane di villeggiatura sul colle San Bartolo, a nord della città, trascorse fra le ville del duca e dei suoi cortigiani. Con Agostini, gli altri principali protagonisti sono lo Stupido, lo Sventato, l’Opposito, il Volubile, il Confuso e il Vano ciascuno dei quali riflette una parte del carattere dell’Agostini stesso. Oltre a loro ovviamente compaiono i personaggi più in vista della corte roveresca fra cui il giovane Francesco Maria II, Luigi degli Angeli, Guidobaldo del Monte, i Vagnoli, Girolamo Muzio. Fra svaghi, convivi, giochi, versi poetici, battute di caccia e pesca, riflessioni e ser-

6 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – settembre 2012<br />

republica imaginaria, non meno praticabile che contemplativa».<br />

2 Il sogno <strong>di</strong> Agostini era forse veder realizzata<br />

la sua Repubblica immaginaria, uno Stato ideale<br />

che avrebbe attuato «con rigorosa coerenza le istanze<br />

etiche e sociali della Controriforma». 3 Francesco Maria<br />

II, attraverso il suo segretario Giacomo Sorbolongo,<br />

gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> «conservare il tutto come suo, in deposito».<br />

E’ grazie a questa decisone che l’intero corpus dell’Agostini<br />

è giunto a noi, intatto e integro. Ed è sempre<br />

grazie a questa decisione se il corpus si trova ancora a Pesaro,<br />

presso la <strong>Biblioteca</strong> Oliveriana, in parte oramai<br />

stu<strong>di</strong>ato e pubblicato, nel corso degli ultimi 130 anni,<br />

soprattutto a opera <strong>di</strong> Carlo Curcio e <strong>di</strong> Luigi Firpo<br />

(che ad Agostini de<strong>di</strong>ca anche una vasta monografia: Lo<br />

stato ideale della Controriforma, Bari, Laterza, 1957).<br />

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La figura <strong>di</strong> Ludovico Agostini si presenta già interessante<br />

a partire dalle vicende biografiche della famiglia.<br />

La <strong>di</strong>nastia degli Agostini ricalca quella dei<br />

Federico Barocci (1535-1612), Francesco Maria II della<br />

Rovere (Firenze, Galleria degli Uffizi)<br />

Buddenbrook <strong>di</strong> Thomas Mann: dalla ricchezza estrema<br />

alla <strong>di</strong>gnitosa povertà, dall’intraprendente attività<br />

dei suoi primi membri alla introspettiva sensibilità del<br />

suo ultimo esponente. Giunti a Pesaro nei primi anni<br />

del Quattrocento gli Agostini si arricchiscono velocemente<br />

grazie all’esercizio della pratica molitoria.<br />

Un’intensa attività economica, vaste possessioni nonché<br />

un occhio <strong>di</strong> riguardo da parte <strong>di</strong> Costanzo e Giovanni<br />

Sforza portano gli Agostini ai vertici della società<br />

citta<strong>di</strong>na. Sono nobilitati e viene concesso a Ludovico<br />

(nonno del nostro Ludovico) un seggio, trasmissibile ai<br />

<strong>di</strong>scendenti, nel Consiglio citta<strong>di</strong>no. Il figlio Gian Giacomo<br />

sposa nel 1526 la nobile Pantasilea degli Alessandri<br />

e il piccolo Ludovico, nato <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong>, cresce<br />

fra agi e gran<strong>di</strong> ricchezze. La generale prosperità<br />

del ducato e la vita guadente della corte <strong>di</strong> Guidobaldo<br />

II della Rovere, ormai in<strong>di</strong>rizzata verso mo<strong>di</strong> e stilemi<br />

manieristici ed “europei”, influenzano Ludovico. La<br />

sua formazione è duplice: da una parte viene av<strong>via</strong>to<br />

con sincera convinzione alle pratiche del culto ma, allo<br />

stesso tempo, rimane affascinato dal clima brillante e<br />

cavalleresco che si respira nel ducato. Cresce compiendo<br />

buoni stu<strong>di</strong> classici e umanistici, apprendendo l’arte<br />

del poetare, del canto e le buone maniere cortigiane.<br />

Decide quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> intraprendere la carriera <strong>di</strong> giurista,<br />

iscrivendosi all’Università <strong>di</strong> Padova. Qui, nel 1554,<br />

uccide in duello un suo compagno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, probabilmente<br />

per futili motivi. Punito col bando dalla città si<br />

arruola nelle truppe asburgiche, partecipando a una<br />

battaglia sul Reno nel 1555. Rientra in Italia e termina i<br />

suoi stu<strong>di</strong> all’Università <strong>di</strong> Bologna. Il 29 settembre<br />

1557 consegue il dottorato in utroque iure e fa ritorno a<br />

Pesaro. Nel 1559 ottiene l’iscrizione all’or<strong>di</strong>ne dei legisti<br />

pesaresi ma decide <strong>di</strong> non intraprendere alcuna<br />

carriera forse pensando <strong>di</strong> condurre una vita da nobiluomo<br />

contando sulle ricchezze e sul prestigio della<br />

propria famiglia. Ma la tempesta si va addensando. Nel<br />

1562 si consuma la caduta della famiglia Agostini. Guidobaldo<br />

II, per rimpinguare le sempre più esauste casse<br />

del ducato, intraprende una politica <strong>di</strong> larvata confisca<br />

<strong>di</strong> beni privati. A farne le spese sono anche gli Agostini,<br />

che devono cedere al duca la loro fiorente attività molitoria.<br />

Gian Giacomo Agostini, eletto gonfaloniere della<br />

città nel 1563, è costretto a ridurre drasticamente il<br />

tenore <strong>di</strong> vita della propria famiglia che da grande prosperità<br />

passa a una più modesta agiatezza. Il giovane<br />

Ludovico preferisce adattarsi alla nuova situazione fa-

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