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32 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – settembre 2012<br />

ET AB HIC ET AB HOC<br />

La patente del cane sciolto. Dallo sgarbo<br />

a Balbo alla scala <strong>di</strong> Lipari: Curzio al confino<br />

<strong>di</strong> laura mariani conti e matteo noja<br />

È appena uscito, per le E<strong>di</strong>zioni<br />

del Centro Stu<strong>di</strong> Eoliano, “Curzio<br />

Malaparte alle Isole Eolie. Vita al<br />

confino, amori e opere”, <strong>di</strong> Giuseppe<br />

La Greca, prefazione <strong>di</strong> Gian Antonio<br />

Stella; e subito è venuto<br />

ad arricchire il nostro Archivio.<br />

Ne presentiamo alcuni stralci.<br />

<br />

La condanna. Il 7 ottobre 1933,<br />

Curzio Malaparte viene arrestato e<br />

tradotto in carcere, a Regina Coeli, con<br />

l’accusa <strong>di</strong> “attività antifascista<br />

all’estero”. Lo scrittore, fascista della<br />

prima ora, non è in realtà più iscritto al<br />

partito dal gennaio 1931. La condanna è<br />

frutto <strong>di</strong> una querelle tra lui e il ministro<br />

dell’Aeronautica Italo Balbo, questione <strong>di</strong><br />

lettere, scaramucce e reciproche invi<strong>di</strong>e<br />

per apparire agli occhi del Duce. Il 13<br />

novembre l’accusa viene mutata in<br />

“calunnia e <strong>di</strong>ffamazione <strong>di</strong> un ministro<br />

in carica”.<br />

<br />

Cane sciolto. L’accusa non doveva<br />

<strong>di</strong>spiacere troppo, a Malaparte: in fondo<br />

era come se il regime gli avesse<br />

confermato la patente del cane sciolto.<br />

Patente alla quale teneva più che a<br />

qualunque altra cosa.<br />

<br />

Tra i due litiganti… Per il Duce è<br />

l’occasione per <strong>di</strong>sfarsi <strong>di</strong> due<br />

personaggi scomo<strong>di</strong>: sotto le pressioni,<br />

le bizze e i puntigli <strong>di</strong> Balbo, fa<br />

condannare il fasti<strong>di</strong>oso e inquieto<br />

giornalista a cinque anni <strong>di</strong> confino a<br />

Lipari; subito dopo, “promuove” il<br />

ministro trasvolatore oceanico a<br />

governatore della Cirenaica. Dalla Libia,<br />

Balbo non tornerà più: il 28 giugno<br />

1940 morirà, colpito dal fuoco amico,<br />

nei cieli <strong>di</strong> Tobruk.<br />

L’arrivo a Lipari. «Quando vi<br />

giungemmo in barca, dopo una lunga<br />

traversata su un mare liscio come una<br />

lastra <strong>di</strong> marmo, era già sera. Il borgo,<br />

con le sue casette basse <strong>di</strong> pietra pomice,<br />

a terrazze, bianchissime <strong>di</strong> calce, mi<br />

apparve deserto, abbandonato dagli<br />

abitanti. Le strade erano vuote e tristi, le<br />

case chiuse e silenziose. Passammo la<br />

notte in una locanda davanti al piccolo<br />

porto: e la mattina presto si levò un<br />

vento <strong>di</strong> scirocco pesante e sudaticcio,<br />

che metteva in bocca uno strano gusto <strong>di</strong><br />

sale, uno scricchiolio <strong>di</strong> sabbia fra i denti.<br />

Era una giornata <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre umida e<br />

calda, il cielo era livido, nuvole gonfie <strong>di</strong><br />

inchiostro <strong>di</strong> seppia pendevano sul mare.»<br />

<br />

La malattia. «Tradotto nell’Isola <strong>di</strong><br />

Lipari, le mie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute (io<br />

sono invalido <strong>di</strong> guerra per adenite<br />

tracheo-bronchiale cronica da gas iprite,<br />

contratta in Francia sul fronte <strong>di</strong> Bligny,<br />

nel luglio 1918) dopo molti mesi<br />

peggiorarono,finché, sottoposto per<br />

or<strong>di</strong>ne del Ministero della Guerra alla<br />

biennale visita <strong>di</strong> controllo, fui trovato<br />

aggravato, con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> T.B.C.<br />

(tubercolosi del sistema glandolare).»<br />

<br />

Flaminia e le altre. A Lipari,<br />

Malaparte riceveva le visite della donna<br />

che in quegli anni gli era vicina, Flaminia<br />

(il vero nome era Bona, <strong>di</strong> nobile<br />

famiglia torinese). Un giorno, uno dei<br />

carabinieri che lo sorvegliavano, le<br />

chiese: «Ma è possibile, signora, che<br />

questo signor Malaparte sia un in<strong>di</strong>viduo<br />

pericoloso? A me pare tanto una brava<br />

persona. Gli altri che vengono qui sono<br />

tutti molto <strong>di</strong>versi». Ridendo Flaminia<br />

<strong>di</strong>sse <strong>di</strong> sì, che era pericoloso, ma non<br />

nel senso che pensava lui. In seguito, a<br />

Franco Vegliani, in un’intervista,<br />

aggiunse: «E allora non sapevo ancora<br />

quanto!». In effetti, l’amore tra Flaminia<br />

e Malaparte, che sembrava essersi<br />

rinforzato nella <strong>di</strong>savventura del<br />

confino, finì nell’estate del 1935, quando<br />

lo scrittore cominciò quello con Virginia<br />

Bourbon del Monte, vedova Agnelli:<br />

«Non glielo potevo perdonare», confidò<br />

Flaminia a Vegliani, «tante altre sì, ma lei<br />

no. Con lei non potevo <strong>di</strong>videre, ci<br />

trovavamo troppo sullo stesso piano.<br />

Perciò appena lo seppi con certezza, gli<br />

scrissi che non lo volevo più rivedere. E<br />

così è stato.»<br />

<br />

La scalinata. La famosa casa <strong>di</strong><br />

Capri, che costruirà alla fine degli anni<br />

Trenta, si presenta con un esterno<br />

monolitico che si àncora a terra<br />

me<strong>di</strong>ante una grande scala a cuneo,<br />

ricordo imperituro della scalinata della<br />

Chiesa dell’Annunziata <strong>di</strong> Lipari.<br />

<br />

Can<strong>di</strong>do. Da confinato politico,<br />

Malaparte non può pubblicare nulla, non<br />

può far sentire la sua voce. Aldo Borelli,<br />

<strong>di</strong>rettore del Corriere della Sera, amico <strong>di</strong><br />

sempre, sollecita la benevolenza <strong>di</strong><br />

Galeazzo Ciano, capo dell’Ufficio Stampa<br />

e genero <strong>di</strong> Mussolini. È così che<br />

Malaparte può rimettersi a scrivere,<br />

collaborando al Corriere ma con lo<br />

pseudonimo <strong>di</strong> “Can<strong>di</strong>do”.

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