Senza titolo-1.indd - Biblioteca di via Senato
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Milena Milani seduta sul sipario <strong>di</strong> “Parade”, nel cortile della galleria del Naviglio<br />
<strong>di</strong> Milano, nel 1955<br />
litografie originali, egli procedeva sulla<br />
strada della “democratizzazione” dell’arte<br />
contemporanea portata dalla grafica<br />
d’autore. Se i capolavori avevano<br />
raggiunto cifre da capogiro, lui li<br />
restituiva alla gente in una forma più<br />
abbordabile anche dal mercato.<br />
La stima accordatagli dal maestro<br />
catalano, tutta<strong>via</strong>, non lo tiene al riparo<br />
dai suoi comportamenti lunatici e<br />
stravaganti, dagli improvvisi slanci <strong>di</strong><br />
entusiasmo agli altrettanto improvvisi<br />
rabbuiamenti. È in uno <strong>di</strong> questi momenti<br />
<strong>di</strong> euforia, ad esempio, che gli accorda <strong>di</strong><br />
poter pubblicare sulla copertina del primo<br />
numero della rivista, a piena pagina su<br />
fondo giallo, un <strong>di</strong>segno che Vollard, negli<br />
anni Trenta, aveva pubblicato nella sua<br />
e<strong>di</strong>zione del Capolavoro sconosciuto <strong>di</strong><br />
Balzac: il mercante, <strong>di</strong>ceva l’artista, aveva<br />
preso <strong>di</strong>segni suoi <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
facendo un accrochage che non gli era<br />
piaciuto, e lui, quasi per vendetta, aveva<br />
ceduto il <strong>di</strong>segno a San Lazzaro per la sua<br />
rivista. Con l’intervento tipografico, poi,<br />
quella copertina era <strong>di</strong>ventata, in sé, un<br />
capolavoro da aggiungere alla storia del<br />
maestro. Dalle pagine del romanzo,<br />
Picasso emerge come un vero e proprio re<br />
sole, attorniato da una cerchia <strong>di</strong> devoti e<br />
<strong>di</strong> servitori. Ma soprattutto, scrive San<br />
Lazzaro, Picasso era il più fotogenico degli<br />
artisti viventi, tanto che «il vero<br />
capolavoro <strong>di</strong> Picasso era Picasso stesso».<br />
Quando si conobbero, nella<br />
seconda metà degli anni venti,<br />
l’invenzione del cubismo era ormai un<br />
fatto del passato che il pittore aveva<br />
accantonato per nuove esperienze nel<br />
vivo della pittura. E non era più,<br />
soprattutto, un mau<strong>di</strong>t che soffriva la<br />
fame al bateau-lavoir e che <strong>di</strong>pingeva le<br />
Demoiselles d’Avignon. Negli anni in cui i<br />
due si conoscono, infatti, il pittore è già<br />
affermato, ha un mercante che lo seguirà<br />
fedelmente per tuta la vita, Kahnweiler, e<br />
un e<strong>di</strong>tore, Christian Zervos, che gli<br />
consacra quasi interamente la propria<br />
rivista, i “Cahiers d’art”.<br />
Eppure, sebbene sia <strong>di</strong>ventato un<br />
la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – settembre 2012<br />
artista ricco, Picasso continua a<br />
comportarsi come un povero, che gira per<br />
Parigi senza avere un solo in tasca, e,<br />
scrive San Lazzaro, « e se non gli offriva<br />
da fumare, non permetteva, tutta<strong>via</strong>,<br />
ch’egli sciupasse un fiammifero per<br />
accendere la sigaretta, e faceva scattare il<br />
suo accen<strong>di</strong>sigari inglese».<br />
Tutta<strong>via</strong>, Picasso aveva raggiunto<br />
una posizione che gli permetteva <strong>di</strong> fare il<br />
bello e il cattivo tempo, <strong>di</strong> invitare il<br />
pittore futurista Gino Severini a cena per<br />
poi non farsi trovare in casa, e lo stesso<br />
con Silvio (San Lazzaro, che ricorda le<br />
rocambolesche avventure per riuscire ad<br />
avere dal pittore la firma <strong>di</strong> una tiratura<br />
<strong>di</strong> litografie con un anno <strong>di</strong> ritardo).<br />
Ma soprattutto, come affermava<br />
Kahnweiler, «Picasso se ne frega». Fra le<br />
pagine <strong>di</strong> Parigi era viva, a questo<br />
proposito, San Lazzaro incastona due<br />
storie quasi ine<strong>di</strong>te, o almeno poco<br />
conosciute, intorno alle opere <strong>di</strong> Picasso<br />
nel secondo dopoguerra che si possono<br />
leggere nella seconda e<strong>di</strong>zione del<br />
romanzo, riveduta e ampliata, data alle<br />
stampe nel 1966.<br />
La prima riguarda le avventurose<br />
vicende, intorno al 1956, subite dal<br />
sipario <strong>di</strong> Parade:<br />
Cardazzo, <strong>di</strong>eci anni prima, aveva<br />
ritrovato, a Milano, il sipario <strong>di</strong> Parade,<br />
do<strong>di</strong>ci metri <strong>di</strong> altezza per sei o sette <strong>di</strong><br />
larghezza, <strong>di</strong> cui il proprietario, un<br />
argentino, si proponeva <strong>di</strong> ritagliare e <strong>di</strong><br />
conservare solo il pannello centrale, non<br />
avendo nessuna intenzione <strong>di</strong> costruire un<br />
palazzo per poterlo esporre intero. Silvio<br />
s’era affrettato ad avvertire Kahnweiler.<br />
Pensava che Picasso sarebbe stato<br />
contento <strong>di</strong> riaverlo, in cambio <strong>di</strong> una tela<br />
<strong>di</strong> modeste proporzioni, che l’argentino<br />
non avrebbe certo rifiutata. Ma il<br />
Kahnweiler, ancora una volta, fu <strong>di</strong> parer<br />
contrario: «Picasso se ne frega» <strong>di</strong>sse «voi<br />
lo conoscete».<br />
Se Silvio l’avesse conosciuto come lo<br />
conosceva il suo mercante, quell’idea,