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28 la Biblioteca di via Senato Milano – settembre 2012 Ultimo fascicolo della rivista uscito nel gennaio 1952, nove anni dopo la cessazione delle pubblicazioni quella che sarà la sua poetica e il suo atteggiamento di ingegnere prestato alla poesia. Titolo che viene dai Canti di Maldoror di Lautréamont: «O matematiche severe, io non vi ho dimenticato sin da quando le vostre sapienti lezioni, più dolci del miele, filtrarono nel mio cuore e mi rinfrescarono. Fin dalla culla chiesi di bere alla vostra sorgente…». Il poeta di “Civiltà delle Macchine” vede nella forma matematica il segreto stesso della vita e dell’uomo, e scrive: «Euclide derivò da Platone il metodo, il ragionare per via di ipotesi, che fa la compattezza di quel suo edificio, vera somma della logica e della fantasia». Di fatto l’ultimo numero è quello di febbraio, che prende il titolo dal testo di Carlo Bo, Critica della critica, originato da una precisa domanda: «Fino a che punto la nostra critica risponde alla necessità della conoscenza, fino a dove riesce a superare la condanna del giudizio in un’accezione di purezza e nel senso dell’invenzione spirituale?». Nel 1943 Malaparte cessa le pubblicazioni della rivista: la situazione politica e storica nella sua drammaticità non ne rende più possibile l’uscita. Nove anni più tardi, a cavallo tra dicembre ’51 e gennaio ’52, esce, come abbiamo visto parlando dell’epistolario con Daria Guarnati, il numero 40-41, dal titolo Curzio Malaparte. Guerra e sciopero. È l’editrice che ne spinge la pubblicazione, cercando così di salvaguardare la testata, e di impedirne, peraltro invano, l’uscita di un’altra simile dell’editore Görlich di Milano, argomento: architettura d’interni. Malaparte da un lato subisce svogliatamente, dall’altro coglie l’occasione per pubblicare l’elenco dei suoi collaboratori, tutti scrittori, poeti e critici ormai di grande successo, molti di sicura fede antifascista. La teoria dei nomi che si susseguono fa impressione ancora oggi: Jacobbi, Moravia, Palazzeschi, Praz, Pound, Anceschi, Bonsanti, Contini, Ferrata, Bigongiari, Bo, Matacotta, Montale, per citarne solo pochi. In “Prospettive”, Malaparte saprà esporre quei temi che lo animavano sinceramente. La cultura internazionale, la giovane letteratura, la poesia, tutte le arti contemporanee saranno la sua preoccupazione e, ugualmente, saranno al centro della rivista. Che riconsiderata a posteriori si rivela anche molto meno schierata di quanto alcuni dei suoi collaboratori, a guerra conclusa, hanno affermato. Che sia stato o meno un involuto e narcisista uomo d’apparato, uno degli esponenti più eminenti di quel gruppo di persone chiamate da Mussolini i “Canguri giganti” 2 , lo lasciamo agli storici; ciò non toglie che in Italia allora egli fosse un intellettuale come pochi, attento alle innovazioni e alle rivoluzioni, alle spinte (e non tanto alle mode) intellettuali che provenivano da ogni dove a dispetto del tempo: fervente innovatore egli stesso, rivoluzionario e utopista, sempre guardò al futuro, dando ai giovani modo di crescere, formarsi e sperimentare all’ombra della sua fama. NOTE 1 In realtà a metà anno, sulla copertina, diventerà inaspettatamente il sesto. 2 Coloro, soprattutto giornalisti, che pur ricevendo prebende dal Regime ne parlavano e scrivevano male.
settembre 2012 – la Biblioteca di via Senato Milano 29 inSEDICESIMO PICASSO – SPIGOLATURE – CATALOGHI ANTICHI E MODERNI RECENSIONI – MOSTRE – ASTE E FIERE «IL VERO CAPOLAVORO DI PICASSO ERA PICASSO STESSO» Il pittore nelle memorie di un italiano a Parigi di luca pietro nicoletti In occasione della grande mostra che si terrà a Milano, a Palazzo Reale, dal 20 settembre 2012 al 6 gennaio 2013, dedicata a Picasso, abbiamo voluto ricordare il geniale pittore attraverso una serie di aneddoti poco conosciuti, tratti dalle memorie di Gualtieri di San Lazzaro. In pochi casi, come in quello di Picasso, esiste una sconfinata letteratura di aneddoti, di ritratti umani più o meno fedeli, ma tutti spiccatamente caratteriali: sono rare le persone che hanno resistito alla tentazione di lasciare traccia del proprio incontro o della propria frequentazione con un personaggio d’eccezione come lui, a partire dai libri scritti dalle mogli (quello di Fernand Olivier e quello, impietoso, di Françoise Gilot) alle conversazioni riportate dal fotografo Brassaï, senza trascurare il memorabile scritto di Gertrude Stein. Ma la fortuna letteraria del pittore catalano, o delle sue opere, è più articolata e sotterranea, perché se ne trovano frammenti nelle sedi più impensate. È stata raccontata di recente da Marisa Dalai Emiliani, ad esempio, la vicenda che vede Attilio Rossi mediare con il maestro per convincerlo ad esporre Guernica a Milano nella grande mostra del 1953, curata da Franco Russoli con la collaborazione di Mario De Micheli. Picasso non vuole esporre l’opera, che si trovava in America, per protesta contro la politica franchista, e non ne autorizza il prestito per la mostra che gli dedica la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, sempre nel 1953, sotto gli auspici di Lionello Venturi e la benedizione del Partito Comunista. Ma a Roma un intervento democristiano epurerà la mostra del Picasso più politico: non a caso Renato Guttuso accuserà pubblicamente l’onorevole Giulio Andreotti, sulla stampa periodica, di aver impedito che venisse esposto il Massacro in Corea, che pure era giunto a Roma per la mostra. La sala delle Cariatidi, disse Attilio Rossi al maestro per persuaderlo, era il simbolo della città di Milano bombardata: quale luogo migliore di quello per mostrare quel grande urlo contro il liberticidio che era la monumentale tela del 1935? A Picasso l’idea piacque, e Rossi tornò di corsa a Milano per fermare gli operai del comune prima che imbiancassero la sala per togliere il nerofumo. Guernica, qui, sarà un vero e proprio detonatore per gli artisti italiani, che nel picassismo, dopo anni di regime, cercheranno una via di riaggiornamento dello stile coerente con l’impegno sociale. Ma se in Italia, dalla fine della guerra, guardare al pittore catalano significava spingersi verso un nuovo linguaggio espressivo, a Parigi la pittura aveva preso un nuovo corso: si guardava a Picasso con venerazione, ma la sua lezione non era più decisiva come prima. Lo nota proprio un italiano di Parigi, l’editore e scrittore d’arte Gualtieri di San Lazzaro, in una nota del 1951: «Contrariamente a quanto accade da noi, Matisse, Picasso, Braque non esercitano più alcun influsso sulla gioventù» (“Spazio”, II, 5, luglio-agosto 1951). Delle piccole aggiunte al mito di Picasso, però, si possono fare piluccando da Parigi era viva, le memorie autobiografiche composte fra il 1945 e il 1947, poi riedite nel 1966 (ora ripubblicate da Mauro Pagliai editore, Firenze, 2011). Malcelato nella parte di tale Silvio, San Lazzaro racconta la vita artistica di Parigi come un testimone interno che visita gli studi, pubblica libri sui maestri più importanti delle avanguardie, e con questi intrattiene rapporti di amicizia. Con la pubblicazione della rivista “XX e Siècle”, in particolare, aveva trovato un compromesso fra divulgazione artistica e collezionismo: inserendo in ogni numero alcune
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inSEDICESIMO<br />
PICASSO – SPIGOLATURE – CATALOGHI ANTICHI E MODERNI<br />
RECENSIONI – MOSTRE – ASTE E FIERE<br />
«IL VERO CAPOLAVORO DI<br />
PICASSO ERA PICASSO STESSO»<br />
Il pittore nelle memorie <strong>di</strong> un italiano a Parigi<br />
<strong>di</strong> luca pietro nicoletti<br />
In occasione della grande mostra<br />
che si terrà a Milano, a Palazzo Reale,<br />
dal 20 settembre 2012 al 6 gennaio<br />
2013, de<strong>di</strong>cata a Picasso, abbiamo<br />
voluto ricordare il geniale pittore<br />
attraverso una serie <strong>di</strong> aneddoti<br />
poco conosciuti, tratti dalle memorie<br />
<strong>di</strong> Gualtieri <strong>di</strong> San Lazzaro.<br />
In pochi casi, come in quello <strong>di</strong> Picasso,<br />
esiste una sconfinata letteratura <strong>di</strong><br />
aneddoti, <strong>di</strong> ritratti umani più o meno<br />
fedeli, ma tutti spiccatamente caratteriali:<br />
sono rare le persone che hanno resistito<br />
alla tentazione <strong>di</strong> lasciare traccia del<br />
proprio incontro o della propria<br />
frequentazione con un personaggio<br />
d’eccezione come lui, a partire dai libri<br />
scritti dalle mogli (quello <strong>di</strong> Fernand<br />
Olivier e quello, impietoso, <strong>di</strong> Françoise<br />
Gilot) alle conversazioni riportate dal<br />
fotografo Brassaï, senza trascurare il<br />
memorabile scritto <strong>di</strong> Gertrude Stein.<br />
Ma la fortuna letteraria del pittore<br />
catalano, o delle sue opere, è più<br />
articolata e sotterranea, perché se ne<br />
trovano frammenti nelle se<strong>di</strong> più<br />
impensate.<br />
È stata raccontata <strong>di</strong> recente da<br />
Marisa Dalai Emiliani, ad esempio, la<br />
vicenda che vede Attilio Rossi me<strong>di</strong>are<br />
con il maestro per convincerlo ad esporre<br />
Guernica a Milano nella grande mostra<br />
del 1953, curata da Franco Russoli con la<br />
collaborazione <strong>di</strong> Mario De Micheli.<br />
Picasso non vuole esporre l’opera, che si<br />
trovava in America, per protesta contro la<br />
politica franchista, e non ne autorizza il<br />
prestito per la mostra che gli de<strong>di</strong>ca la<br />
Galleria Nazionale d’Arte Moderna <strong>di</strong><br />
Roma, sempre nel 1953, sotto gli auspici<br />
<strong>di</strong> Lionello Venturi e la bene<strong>di</strong>zione del<br />
Partito Comunista. Ma a Roma un<br />
intervento democristiano epurerà la<br />
mostra del Picasso più politico: non a<br />
caso Renato Guttuso accuserà<br />
pubblicamente l’onorevole Giulio<br />
Andreotti, sulla stampa perio<strong>di</strong>ca, <strong>di</strong> aver<br />
impe<strong>di</strong>to che venisse esposto il Massacro<br />
in Corea, che pure era giunto a Roma per<br />
la mostra. La sala delle Cariati<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sse<br />
Attilio Rossi al maestro per persuaderlo,<br />
era il simbolo della città <strong>di</strong> Milano<br />
bombardata: quale luogo migliore <strong>di</strong><br />
quello per mostrare quel grande urlo<br />
contro il libertici<strong>di</strong>o che era la<br />
monumentale tela del 1935?<br />
A Picasso l’idea piacque, e Rossi<br />
tornò <strong>di</strong> corsa a Milano per fermare gli<br />
operai del comune prima che<br />
imbiancassero la sala per togliere il<br />
nerofumo. Guernica, qui, sarà un vero e<br />
proprio detonatore per gli artisti italiani,<br />
che nel picassismo, dopo anni <strong>di</strong> regime,<br />
cercheranno una <strong>via</strong> <strong>di</strong> riaggiornamento<br />
dello stile coerente con l’impegno sociale.<br />
Ma se in Italia, dalla fine della<br />
guerra, guardare al pittore catalano<br />
significava spingersi verso un nuovo<br />
linguaggio espressivo, a Parigi la pittura<br />
aveva preso un nuovo corso: si guardava<br />
a Picasso con venerazione, ma la sua<br />
lezione non era più decisiva come prima.<br />
Lo nota proprio un italiano <strong>di</strong> Parigi,<br />
l’e<strong>di</strong>tore e scrittore d’arte Gualtieri <strong>di</strong> San<br />
Lazzaro, in una nota del 1951:<br />
«Contrariamente a quanto accade da noi,<br />
Matisse, Picasso, Braque non esercitano<br />
più alcun influsso sulla gioventù»<br />
(“Spazio”, II, 5, luglio-agosto 1951). Delle<br />
piccole aggiunte al mito <strong>di</strong> Picasso, però,<br />
si possono fare piluccando da Parigi era<br />
viva, le memorie autobiografiche<br />
composte fra il 1945 e il 1947, poi rie<strong>di</strong>te<br />
nel 1966 (ora ripubblicate da Mauro<br />
Pagliai e<strong>di</strong>tore, Firenze, 2011). Malcelato<br />
nella parte <strong>di</strong> tale Silvio, San Lazzaro<br />
racconta la vita artistica <strong>di</strong> Parigi come<br />
un testimone interno che visita gli stu<strong>di</strong>,<br />
pubblica libri sui maestri più importanti<br />
delle avanguar<strong>di</strong>e, e con questi intrattiene<br />
rapporti <strong>di</strong> amicizia. Con la pubblicazione<br />
della rivista “XX e Siècle”, in particolare,<br />
aveva trovato un compromesso fra<br />
<strong>di</strong>vulgazione artistica e collezionismo:<br />
inserendo in ogni numero alcune