ESSERE - Maggio - Giugno 2011.pdf - CSA Arezzo
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Il Futuro<br />
non aspetta.<br />
n.3<br />
<strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong>
Bimestrale del Centro di Solidarietà di <strong>Arezzo</strong><br />
ANNO XXIII n. 3 - <strong>Maggio</strong>/<strong>Giugno</strong><br />
www.csaarezzoonlus.it<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
Anna Maria Berni<br />
CONDIRETTORE<br />
Vittorio Gepponi<br />
VICEDIRETTORE<br />
Orazio Scandurra<br />
pag. 4<br />
pag. 5<br />
pag. 8<br />
pag. 14<br />
pag. 17<br />
pag. 21<br />
pag. 22<br />
pag. 25<br />
Segretaria di Redazione<br />
Gabriella Cantarelli<br />
Coordinatore di Redazione<br />
Vivetta De Filippi<br />
Coordinatore Scientifico<br />
Luca Deganutti<br />
Ufficio Stampa<br />
Francesco Baroni<br />
EDITORIALE<br />
Il futuro presente - Anna Maria Berni<br />
CAMBIAMENTI<br />
Parliamo di droga - Orazio Scandurra<br />
DIREZIONE E REDAZIONE<br />
Via Teofilo Torri, 42<br />
52100 <strong>Arezzo</strong><br />
Tel. 0575 302038<br />
Fax 0575 324710<br />
Una copia 2,58<br />
Abbonamento ordinario 15,50<br />
Benemerito 25,82<br />
Redazione<br />
Lilia Losi - Luciano Petrai - Emilia Crestini - Orazio Scandurra<br />
Gemma Mondanelli - Pier Luigi Ricci - Alberto Mancini<br />
Hanno collaborato ha questo numero:<br />
O. Scandurra - A. Mancini - V. Gepponi<br />
L. Petrai - L. Deganutti - I. Mori<br />
G. Mondanelli - F. Baroni - G. Panella<br />
L’INCHIESTA<br />
Il futuro non aspetta - A. Mancini, L. Petrai, L. Deganutti.<br />
RUBRICHE<br />
La rabbia e il furore - Luca Deganutti<br />
SPAZIO APERTO<br />
Estate: tempo prezioso per recuperare il gusto dell’umana avventura - V. Gepponi<br />
NOTIZIE DAL CENTRO<br />
<strong>CSA</strong> ed I CARE propongono un gruppo di ascolto - Francesco Baroni<br />
Progetto agricoltura sociale e formazione - Francesco Baroni<br />
ANGOLO DEL PENSIERO<br />
Cosa tiene accese le stelle - Gemma Mondanelli<br />
Il tempo prende il tempo dà... - Giuseppe Panella<br />
PAGINA DELLO SCRITTORE<br />
Che cosa è successo - Irene Mori<br />
Certificazione ISO 9001:2008<br />
Copertina e impaginazione<br />
MB ArtWork - 347 2610493<br />
mbartwork@libero.it<br />
Stampa<br />
Tipostampa - Lama (Pg)<br />
In copertina: Nel tempo<br />
Registrazione al Tribunale di <strong>Arezzo</strong><br />
al n. 2 del Registro Stampa 1989<br />
c/c postale n. 10834521<br />
Codice IBAN IT 07 B076 0114 1000 0001 0834 521
UNA DOMANDA<br />
AL DIRETTORE<br />
Caro Direttore,<br />
la solitudine è una brutta bestia quando non la si sceglie liberamente e, mi creda,<br />
caro direttore, quella degli anziani è la peggiore. Mi è venuta voglia di scriverle perché oggi,<br />
per me, è una giornata peggiore delle altre. Leggo sempre il suo bel periodico e mi rendo conto che ci<br />
sono tante forme di solitudine che provocano anche quel disagio giovanile che porta alla<br />
dipendenza da droga e da alcool. E, allora forse mi sbaglio: la solitudine degli anziani non è<br />
la peggiore ci sono tante altre solitudini non è vero?<br />
Scusi il mio piccolo sfogo confuso. La saluto cordialmente.<br />
Cara Maria Luisa,<br />
la tua lettera che ho riassunto (come tu mi hai chiesto e tagliato nelle parti<br />
personali) mi ha rattristato perché quella delle persone anziane è una solitudine<br />
veramente amara.<br />
Nella società contemporanea la solitudine è un problema che coinvolge<br />
drammaticamente milioni di persone e, come dici anche tu, ci sono tante<br />
solitudini. Ci sono giovani che si sentono soli perché non si riconoscono nel<br />
mondo degli adulti e non hanno alcuna fiducia nel futuro e a volte ricorrono a<br />
soluzioni approssimative e artificiali.<br />
Ci sono persone anziane che si ritrovano scaricate dalla famiglia e si sentono<br />
un peso ingombrante e mal tollerato.<br />
Ci sono solitudini antiche, come la vedovanza; e solitudini moderne, come le<br />
separazioni. C’è la solitudine di chi pur in compagnia si trova su posizioni così<br />
diverse che le parole sembrano incapaci di colmare i vuoti, quei vuoti che<br />
spesso portano all’incomunicabilità. Ma c’è anche chi si sente solo e scarica la<br />
colpa sugli altri; “nessuno mi capisce”, “nessuno mi vuole”.<br />
Viene il dubbio in questo caso che sia lui o lei ad avere il problema. Per questa<br />
“solitudine” ho avuto in più di un’occasione un consiglio in proposito e lo<br />
ripropongo: non dobbiamo mai interrogarci tanto su cosa gli altri hanno fatto<br />
per noi ma su quanto noi possiamo fare per gli altri. Se sei solo e nessuno ti<br />
vuole, puoi cercare tu gli altri e donare un po’ del calore della tua presenza.<br />
Vale per tutti. Magari anche per te Maria Luisa anche se può sembrarti più<br />
difficile. Scusami cara amica se ho affrontato il problema solitudine da angolature<br />
diverse che si discostano da ciò che mi scrivi, avremo modo di parlarne più<br />
specificatamente perché, come mi hai chiesto, ti scriverò privatamente e lo<br />
farò con piacere. Un abbraccio.<br />
Maria Luisa Cenciai – prov. Perugia<br />
Il Direttore
EDITORIALE<br />
Il futuro presente<br />
di Anna Maria Berni<br />
Passato, presente, futuro. Presente, passato, futuro. Futuro, passato, presente.<br />
Quale l’ordine del tempo, infinitamente finito, dove ieri è già domani? Dunque<br />
il futuro è oggi e ogni nostro agire lo prepara.<br />
Penso che in quest’ottica non sia difficile condividere il titolo di questo numero<br />
di Essere, credo infatti che occorra impegnarsi a sperimentare al massimo una<br />
nuova cultura di vita e non rassegnarsi a…vagare in attesa di un futuro migliore:<br />
il domani è l’oggi che è nella volontà dell’uomo. La vita non si inganna con<br />
l’alibi dello ….scoraggiamento, dell’impotenza. E’ infatti la piccola rivoluzione<br />
culturale quotidiana di ciascuno che può permettere di riappropriarsi dell’ordine<br />
concreto e coerente.<br />
La vita è di per sé esistenziale, concreta, sempre bisognosa di scambi, rispetto<br />
completo secondo il modo e il tempo della sua crescita naturale. E’ sconcertante<br />
però constatare che mai l’uomo è riuscito a tutelare per se e per gli altri una<br />
vera cultura di rispetto delle proprie forze. Che non abbia compreso come la<br />
libertà passi e si sviluppi proprio nello scambio di rispetto di queste.<br />
E’ questa libertà che prepara, anzi, anticipa il futuro.<br />
Allora è tempo di scuotersi, di non farsi più imbrogliare, di credere al valore<br />
della propria persona, di riscoprire e testimoniare la propria dignità se vogliamo<br />
un futuro presente. Ma, attenzione, ci sono molti compromessi da evitare per<br />
non allontanare il futuro che è dentro di noi. Uno fra tutti quello che sposa<br />
la verità di comodo ignorando quella più difficile della propria coscienza che<br />
sola vanifica mille e mille sterili discussioni e lascia spazio privilegiato a quel<br />
Futuro.
CAMBIAMENTI<br />
Parliamo di droga<br />
di Orazio Scandurra<br />
Anche quest’anno, come si legge nella Relazione annuale presentata al<br />
Parlamento dal Ministro Giovanardi, è confermato il calo complessivo dei<br />
consumi di sostanze stupefacenti nel nostro Paese. Infatti, dall’indagine<br />
condotta su un campione di . 89 giovani di età compresa tra - 9 anni,<br />
“le percentuali degli assuntori, in ordine all’uso dichiarato negli ultimi mesi,<br />
hanno registrato i seguenti dati: eroina 0,6% (0,8% nel 0 0), cocaina , %<br />
( ,9% nel 0 0); cannabis 8, % ( 8, % nel 0 0); stimolanti - amfetamine -<br />
ecstasy , % ( ,7% nel 0 0); allucinogeni , % ( ,7% nel 0 0)”. Si tratta di<br />
un trend che conferma quello dell’anno precedente in cui il calo complessivo<br />
di consumo è stato del 0%.<br />
E’ sicuramente una buona notizia. Tuttavia, senza nulla togliere all’impegno di<br />
quanti si occupano di lotta alle tossicodipendenze, sia sul piano preventivo e<br />
soprattutto su quello repressivo, questi dati da soli non possono portarci a<br />
ritenere che il fenomeno nella sua complessità è sotto controllo.<br />
E’ mio convincimento che i dati vadano letti sicuramente per quello che<br />
sono. Soprattutto non va trascurato il contesto più generale della società in<br />
cui viviamo, una società che presenta aspetti e modalità nei costumi e nei<br />
comportamenti in continuo cambiamento.<br />
Una società che vive e soffre il disagio di una crisi economica senza precedenti;<br />
che vive e soffre la perdita di indicatori etici e culturali di riferimento, mentre<br />
sempre più appare condizionata, come è stato più volte detto, dal pervadere e<br />
perdurare del relativismo etico e di forme le più svariate di narcisismo sia che<br />
si tratti di singoli individui sia che si tratti di gruppi.
cambiamenti<br />
6<br />
E’ principalmente questo contesto storico/culturale che mi porta a non<br />
enfatizzare più di tanto il dato statistico e ritenere importante ed attuale l’analisi<br />
di quanti ravvisano che in questa realtà sociale con i suoi modelli di vita viva un<br />
mondo giovanile triste, con scarse prospettive future e infiacchito nello spirito.<br />
Questo per me non è meno significativo né secondario ai dati statistici sul<br />
fenomeno droga. Ciò perché viviamo in un clima in cui è prevalente l’anomia e<br />
l’apatia verso tutto ciò che riguarda il futuro, soprattutto il futuro dei giovani.<br />
Nessuna meraviglia se oggi le condizioni e le manifestazioni di disagio non ci<br />
consentono di individuare in modo netto una possibile causa di ricorso all’uso<br />
della droga. E’ sicuramente vero che oggi ci si droga di meno, ma è altrettanto<br />
vero che si rischia di più vista la fragilità di tanti giovani e l’ istinto di morte<br />
che li induce a cadere in un baratro senza fine, a vivere nella quotidianità la<br />
percezione dell’abisso. Ben diversa cosa avveniva qualche decennio fa, quando<br />
fattore scatenante nel consumo di droga era l’assenza di autostima, il vuoto<br />
derivante dalla perdita di amore in se stessi, la rottura del clima educativo fatto<br />
di relazioni, di accettazione di sé, di riconoscimento della identità propria di<br />
ciascuno, di apprezzamento da parte di coloro cui è dato il compito di assistere,<br />
guidare nei diversi momenti della loro vita una intera generazione perché a loro<br />
spetta il futuro del Paese.<br />
Non possiamo accusare in modo semplicistico e generico questa società<br />
se molti giovani appaiono così freddi e privi di “nucleo caldo”, cioè di quel<br />
“fuoco interiore” che accende non solo gli affetti, ma sostiene ed alimenta la<br />
costruzione di un progetto, l’aspettativa di vita per se stessi e per gli altri.<br />
Certamente, l’incertezza economica,il precariato, i divorzi all’ordine del giorno, non<br />
sembrano certo concorrere a formare un ambiente di vita adatto alla formazione<br />
di bambini capaci di affrontare domani con la dovuta forza le traversie della vita.<br />
Non è tuttavia la società che viene a mancare, bensì è la famiglia tutte le<br />
volte che cura i figli seguendo una propria costruzione fatta di aspettative, di<br />
eccellenza e di efficienza. Infatti, se e quando queste aspettative dovessero<br />
venire deluse il rischio che i figli corrono è di vedersi accettati non per ciò che<br />
sono, ma per ciò che non sono stati capaci di realizzare e, cosa ben più grave,<br />
vivere sulla loro pelle processi relazionali ed affettivi in cui in modo più o meno<br />
palese è presente l’amarezza, la delusione dei genitori per un sogno invano<br />
vagheggiato.<br />
Come sempre, ciò che spinge a far uso di droga è difficile dirlo. Come pure<br />
ha un valore puramente statistico e politico sapere da una indagine che la<br />
percentuale di quanti fanno uso di sostanze stupefacenti possa diminuire,<br />
mentre fuori della statistica rimane l’universo giovanile con i suoi dubbi e le<br />
sue incertezze.<br />
Per quanto oggi sia possibile scorgere anche in Italia una presa di consapevolezza<br />
maggiore rispetto al passato verso i veri problemi di questo nostro tempo,<br />
rimane il fatto tuttavia che ieri come oggi, la società, la scuola, la famiglia<br />
debbano continuare ad interrogarsi sulla sorte degli adolescenti, sul loro diritto<br />
ad essere felici. Così come non debbano trascurare né minimizzare il fatto che<br />
talvolta si giunge alla droga perché non ci si sente normali o perché la normalità<br />
è così stretta che finisce per soffocare.
INCHIESTA: il futuro non aspetta<br />
Il futuro non aspetta<br />
di Alberto Mancini<br />
La realtà che ci circonda e l’uomo stesso, con ciò che fa e che vuole fare, con<br />
ciò che è e che vuole essere, non si fermano mai. E non può che essere così.<br />
Affermare che ‘il futuro non aspetta’, che cioè, comunque vadano le cose,<br />
il futuro verrà - qualunque sia l’impegno di ciascuno a costruire la propria<br />
esistenza o quella dei suoi simili che lo accompagnano in questa strada che<br />
è la vita -, può apparire un luogo comune, un’affermazione scontata e quasi<br />
indolore, forse neppure degna di riflessione.<br />
Ma, se la breve frase è stata posta come titolo per questo numero della rivista,<br />
qualche ragione c’è, e forse nemmeno così scontata.<br />
Qui, anzitutto, si cercherà di vedere se, più o meno recentemente, è cambiato<br />
qualcosa sotto l’aspetto culturale nel modo di pensare il futuro, e se l’eventuale<br />
modo, che attualmente va per la maggiore nel nostro mondo occidentale, di<br />
guardare al futuro può condurci verso un mondo migliore.<br />
La nostra civiltà da qualche tempo sembra interessarsi meno al futuro. Ne<br />
sono un sintomo i numerosi aforismi attribuiti a personaggi illustri a noi vicini<br />
nel tempo o contemporanei, nei quali non si fa che affermare che il passato<br />
non esiste più, il futuro non esiste ancora e che, dunque, l’unica cosa sensata<br />
che può fare un essere intelligente e pragmatico come è l’uomo attuale, è<br />
vivere nel presente e agire solo per il presente. Tra i moltissimi ne cito uno di<br />
Albert Camus, tratto da L’uomo in rivolta, 9 : “La vera generosità verso il<br />
futuro consiste nel donare tutto al presente”.<br />
1 – Il futuro ‘nel passato remoto’<br />
Fino a pochi secoli fa l’idea che l’uomo ne aveva, ai vari livelli sociali, si può<br />
forse riassumere così.<br />
Chi deteneva il potere pensava, in termini di futuro, a ciò che riguardava il suo<br />
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inchiesta<br />
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potere e lo Stato in cui lo esercitava. Di qui la politica interna ed estera dei<br />
singoli Stati, le lotte, anche nascoste, le congiure, ecc. E questo vale anche<br />
per oggi, tranne per il potere personale che negli Stati moderni democratici<br />
occidentali ha una assai minore incidenza, durata e continuità.<br />
L’esistenza della gente comune trascorreva in una situazione in genere stabile,<br />
che poteva essere prevista più o meno identica per decine e decine di anni.<br />
Il lavoro che ciascuno svolgeva, escluso il caso di qualche evento eccezionale,<br />
era pensato stabile per tutta la vita, e spesso di generazione in generazione: i<br />
giovani figli di un falegname o di un contadino vedevano, nel proprio futuro di<br />
adulti, falegnami o contadini. Questa condizione era sicuramente un limite, ma<br />
d’altra parte contribuiva a dare un senso di stabilità e, forse, anche di tranquillità<br />
e sicurezza.<br />
L’economia che contava era governata ad alti livelli sociali, quasi sempre<br />
soltanto da un’élite molto ristretta. Per le persone comuni gli ‘affari’ erano<br />
eventi regolati da leggi e da prassi molto semplici, che molte volte restavano<br />
pressoché identiche per secoli.<br />
Anche la famiglia era stabile. Il matrimonio costituiva una situazione quasi sempre<br />
irreversibile. Ogni componente della famiglia conosceva la sua posizione, che<br />
non sarebbe cambiata negli anni, i suoi diritti e obblighi, spesso più o meno gli<br />
stessi da tempo immemorabile, e poteva prevedere con sufficiente sicurezza<br />
ciò che sarebbe stato all’interno di essa il suo futuro.<br />
La stabilità delle leggi era quasi una norma.<br />
2 – Il futuro nell’età moderna e contemporanea<br />
Con l’età moderna, con l’industrializzazione e la conseguente sempre più<br />
complessa e abbondante circolazione dei capitali, con la necessaria affermazione<br />
dei diritti delle masse dei lavoratori e con l’introduzione, anch’essa necessaria,<br />
nella legislazione di norme relative a nuovi diritti delle persone, si è verificata,<br />
già alla fine del XVIII e soprattutto nel XIX secolo, una prima rivoluzione nei<br />
rapporti sociali ed economici generali e individuali.<br />
Nel corso del Novecento questo processo ha avuto un’accelerazione senza<br />
pari e, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, il movimento è divenuto<br />
‘naturalmente’ accelerato e ha provocato, in ogni aspetto generale e individuale<br />
della vita, una sensazione crescente d’instabilità.<br />
Per ‘instabilità’ qui non si vuole intendere una situazione di per sé negativa,<br />
ma soltanto una condizione familiare, individuale e sociale che - specialmente<br />
per la rapidità dei mutamenti che ha impedito una loro reale assimilazione e il<br />
conseguente adattamento da parte di chi l’ha vissuta e la vive – ha determinato<br />
e determina, anche sotto l’aspetto psicologico e in un numero sempre più<br />
considerevole di persone, un’evidente sensazione di incertezza per ciò che, in<br />
ogni ambito, potrà essere il loro futuro.<br />
Fa impressione – specialmente dopo la seconda guerra mondiale - la<br />
‘produttività’ accelerata di sempre nuove leggi e norme da parte delle Istituzioni<br />
a ciò preposte, di aggiornamenti continui di quelle già esistenti e di vistose<br />
sostituzioni.<br />
Se esaminiamo la legislazione attuale italiana di Diritto Civile, Penale e
Amministrativo relativa alla famiglia, al mondo del lavoro pubblico e privato,<br />
alla conduzione delle imprese, alla condotta e agli strumenti finanziari, ai vari<br />
sistemi di tassazione, alle relazioni interpersonali, ai comportamenti dei singoli<br />
nei luoghi pubblici e privati, ecc., e la confrontiamo, anche escludendo le leggi<br />
ormai notoriamente obsolete, con quella di un secolo fa, salta agli occhi il<br />
numero sproporzionato, rispetto al passato, di leggi e di norme che si sono<br />
accumulate relativamente ad ogni ambito dell’esistenza.<br />
Naturalmente ci sono realtà oggettive che hanno determinato questo processo<br />
di ‘complicazione’ legislativa: la maggiore complessità della vita sociale e<br />
privata in sé, determinata anche dall’aumento della popolazione, dalla sua<br />
eterogeneità, dalla sempre maggiore attesa consapevole del rispetto dei propri<br />
diritti da parte dei numerosi gruppi sociali e dei singoli.<br />
A questo si aggiunge, e non solo in Italia, che una parte della legislazione<br />
viene ‘cambiata’ secondo l’avvicendamento politico periodico dei governi. Con<br />
il risultato che, ad ogni governo politicamente diverso dal precedente, alcune<br />
leggi vengono sostituite o modificate.<br />
E questo implica che nessuno, oggi, in questo mese di luglio del 0 , è in<br />
grado di prevedere, anche con una notevole tolleranza, quali davvero saranno,<br />
anche soltanto tra venti anni, le leggi che regoleranno, solo per fare qualche<br />
esempio, il matrimonio e la famiglia, o la scuola, in ogni ordine e grado, o il<br />
posto di lavoro, o l’accoglienza negli asili nido, ecc., il mondo finanziario, o le<br />
tasse, le pensioni, e perfino la nascita e la morte.<br />
Periodi di incertezza nella storia sono stati vissuti altre volte, per invasioni di<br />
popoli, per cataclismi e vari accidenti, ma è soltanto da qualche decennio<br />
che da noi l’uomo si trova, almeno a quanto possiamo sapere, di fronte ad<br />
un’incertezza di tale portata su ciò che potrà essere il suo futuro in ogni ambito<br />
della sua vita. E, oltre tutto, non riesce a prevedere quando tale incertezza<br />
potrà finire.<br />
Una delle conseguenze immediate, di questo stato psicologico quotidiano, è<br />
questa ‘corsa’ continua di tutti – verso che cosa? –, questa troppo spesso<br />
perenne insoddisfazione per quello che abbiamo, questa ricerca, quasi<br />
ossessiva, dello stupore artificiale, della forte emozione a tutti i costi. Tutti, chi<br />
più chi meno, risentiamo di questa situazione, soprattutto i giovanissimi e i<br />
giovani – e lo possiamo cogliere dai loro comportamenti -, ma anche gli adulti,<br />
e la cronaca nera ne mostra troppo spesso gli effetti.<br />
Una così febbrile ricerca quasi generale di stordimento nell’evasione poteva<br />
trovare riscontro, fino a pochi decenni fa, forse soltanto nei periodi prebellici,<br />
quando davvero la gente non sa più cosa aspettarsi dal futuro, perché avverte<br />
che il suo mondo può crollare ed essere annientato dall’oggi al domani.<br />
3 – Il presente<br />
Il continuo aggiornamento legislativo, beninteso, fa anche parte della positiva<br />
capacità dell’uomo di ‘costruire’ la propria vita, di adattare la vita materiale e<br />
sociale, in tutti i suoi risvolti, alle proprie esigenze che si evolvono con lui.<br />
Ma troppo spesso, da come si comportano, si ha la sensazione netta, e a<br />
volte il sospetto, che i vari gruppi sociali e i relativi partiti - e gli individui che<br />
inchiesta<br />
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inchiesta<br />
0<br />
ne fanno parte, evidentemente, si trovano in essi del tutto a loro agio e si<br />
sentono da loro pienamente rappresentati - ‘lottino’ soltanto per un tornaconto<br />
immediato, come se fossero totalmente separati dagli altri gruppi, anch’essi<br />
composti di ‘persone’, e non si trovassero, invece, come è nella realtà vera,<br />
tutti insieme sulla stessa barca, nonostante le differenze e i diversi scopi, a<br />
compiere uno stesso tragitto verso una comune meta. E la barca dovrà poter<br />
navigare al meglio anche per le prossime generazioni.<br />
Ridotto all’osso, il ragionamento che sta alla base di tale modo di pensare e di<br />
comportarsi sembra più o meno il seguente: io sono un individuo che, in un<br />
Paese come il mio, ha una vita media di circa 80 anni e oltre, e vivrò la mia vita<br />
più o meno bene a seconda di come riesco ad organizzarla e di ciò che riesco a<br />
procacciarmi. Quindi, dato che ho questa vita e solo questa, devo fare di tutto,<br />
ora e subito, per avere, io e i miei familiari, più prospettive, più diritti, più cose<br />
e comodità, e dunque più ‘felicità’ ad ogni livello possibile; il resto non conta,<br />
o conta molto poco.<br />
4 – Il futuro ‘al presente’<br />
Tenendo, beninteso, conto che a volte i diritti di alcuni sono davvero calpestati e<br />
che dunque, com’è giusto e naturale, occorre un intervento urgente al riguardo,<br />
viene tuttavia da porsi qualche domanda.<br />
È lecito e frutto di lungimiranza, in una società degna di questo nome, e<br />
interessata quindi alla propria sopravvivenza, che in modo sistematico si<br />
facciano riforme e leggi avendo come unico referente i desideri, i punti di vista,<br />
le aspettative delle generazioni di turno?<br />
Quando si distrugge – e i motivi sono di diversa natura - una tradizione sociale<br />
o si sostituiscono leggi ‘vecchie’ con nuove - leggi importanti che coinvolgono<br />
aspetti essenziali di un grande numero di persone – siamo certi di avere<br />
sufficientemente vagliato le conseguenze che il cambiamento produrrà nel<br />
futuro?<br />
Non ci si vuole riferire soltanto alle conseguenze su chi ha voluto il cambiamento,<br />
che evidentemente le vuole, o crede di volerle. Ci si riferisce a chi viene dopo,<br />
a chi è al momento un bambino, oppure non è ancora nato, a chi si troverà a tu<br />
per tu con le ‘novità’ nel pieno della sua esistenza.<br />
Perché, se è positivo che l’uomo adatti, per quanto può, il mondo in cui vive e le<br />
sue leggi per viverlo al meglio, è davvero giusto e dunque lecito - ci chiediamo<br />
–, se si vuole veramente costruire un mondo migliore, che i legislatori adattino<br />
e creino le leggi per chi desidera nel relativo presente che la sua vita sia soltanto<br />
‘come viene’, senza alcun limite al proprio egocentrismo, alla propria ‘smania<br />
di vivere’?<br />
Oppure da parte dei legislatori si agisce così per le ‘ragioni della politica’ - si<br />
badi bene, qui si intende di ‘qualunque partito politico’ – soltanto, cioè, per<br />
avere alla fine più voti alle prossime elezioni?<br />
Forse, la valenza di senso di queste domande può riuscire a qualcuno più<br />
chiara, se al loro posto vengono fatte domande su problemi che soltanto in<br />
apparenza sono diversi e più gravi, ma che hanno di certo un impatto mentale<br />
più marcatamente immediato.
E se, poi, dopo avere ‘tolto i paletti’ all’uso di questa ‘nuova medicina’, non<br />
sufficientemente testata, ci rendessimo conto che le sue controindicazioni<br />
sono così vaste da provocare a quasi tutti i pazienti malattie molto più gravi di<br />
quella che si vuole curare?<br />
E se, poi, ci accorgessimo che alcune di queste nuove ‘sostanze’, introdotte<br />
negli usi più comuni e invasivi tra la popolazione - sostanze che non si è avuto<br />
modo di conoscere a fondo, o non si è voluto, per varie ‘ragioni’, controllare<br />
per tempo nei loro effetti – producono patologie gravissime come il cancro, o<br />
nuove malattie sconosciute di ancora maggiore aggressività?<br />
5 – Ciò che seminiamo<br />
Ciò che oggi seminiamo, con le sue conseguenze, sarà ‘sopra’ di noi e ‘sopra’<br />
le prossime generazioni, e senza dubbio coglieremo nel futuro vicino e lontano<br />
i frutti non soltanto di come avremo organizzato la nostra ‘bella civiltà’, ma<br />
anche di altre ’cose’.<br />
Perché, come se non bastasse ciò che si è detto finora - tutti presi dalla<br />
smania di ‘correre’ ad accrescere il nostro discutibile ‘benessere’, di forgiare<br />
leggi nuove e sempre più adatte a renderci la vita più ‘facile’ e ‘felice’ - non ci<br />
dimentichiamo di cose anche più essenziali?<br />
Quando ci viene detto e ridetto che intere popolazioni muoiono di fame o di<br />
sete, pensiamo davvero che sia sufficiente nascondere la testa sotto la sabbia<br />
per non vedere e sentire?<br />
Pensiamo davvero che basti limitarsi a qualche sporadico aiuto mediante<br />
inadeguati stanziamenti da parte dei Paesi ‘abbienti’, o mediante i tanto lodati<br />
fondi raccolti con qualche colletta televisiva?<br />
Anche questi nodi verranno ai pettini, e prima di quanto vorremmo.<br />
Perché, non dobbiamo farci illusioni: il futuro è qui, all’angolo, a due passi da<br />
noi. E non aspetta.<br />
inchiesta
inchiesta<br />
Ladri di futuro<br />
di Luciano Petrai<br />
Chissà perché abbiamo bisogno di futuro per vivere bene il presente. Senza<br />
vedere un percorso non avrebbero significato molte nostre attività; i sacrifici,<br />
gli sforzi le rinunce non avrebbero un senso se non finalizzate alla costruzione<br />
di un futuro. Eppure spesso facciamo di tutto per rovinarci il domani. Da tempo<br />
l’ecologia ci dice che le risorse sono esauribili e che rischiamo di lasciare<br />
un pianeta in condizioni pessime se non impossibili alle future generazioni.<br />
Il territorio continua ad essere deturpato da costruzioni inutili e dannose; i<br />
comportamenti umani scriteriati producono già effetti deleteri sulla salute e sulla<br />
qualità della vita. Stiamo perdendo i ritmi della natura che era l’unica nostra guida<br />
e ci avventuriamo in un presente di cui non governiamo più niente. Avviene<br />
così che l’uomo si senta sempre più estraneo al mondo stesso, quasi fuori dal<br />
mondo, che diventa per lui una dimora precaria sempre meno rassicurante. Ma<br />
l’uomo si è sempre caratterizzato come soggetto che si interroga sul perché<br />
del proprio esistere che lo obbliga a rapportarsi a sé, gli toglie la spontaneità<br />
immediata dell’animale e lo spinge a costruire la propria vita e a cercare il<br />
proprio percorso: nell’apertura della coscienza l’uomo si presenta come un<br />
progetto e di conseguenza il futuro è la necessaria prospettiva del vivere.<br />
E allora, considerando il diffuso “ male di vivere” qualcuno sta rubando il futuro.<br />
Lo stanno rubando ai giovani che non trovano lavoro in una società orientata<br />
solo alla produzione e se lo trovano è così precario da rendere impossibile<br />
ogni progetto economico e sociale a lunga scadenza; lo stanno rubando agli<br />
anziani, perché o sono già tra i privilegiati ai vertici del potere o altrimenti sono<br />
considerati inutili ed obsoleti, anzi un costo per la società. E’ difficile pensare<br />
ad una società solidale dove il valore principale sia la felicità delle persone e<br />
non l’accumulo di beni tanto inutili quanto dannosi. E’ per questo che esistono<br />
poi i ladri di sentimenti, cioè quell’accumulo di media e spettacoli che stanno<br />
surrogando i valori veri dell’amore e del pianto, della vita e della morte. Stanno<br />
sostituendo le nostre sensazioni reali con false rappresentazioni della gioia e del<br />
dolore, rubando alle nuove generazioni l’affettività vera e vissuta. E se questo è<br />
l’oggi, quale sarà il domani?<br />
Ma che cos’è dunque il tempo? “ Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio<br />
spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più. E tuttavia io affermo tranquillamente<br />
di sapere che se nulla passasse non ci sarebbe un passato, e se nulla avvenisse<br />
non ci sarebbe un avvenire, e se nulla esistesse non ci sarebbe un presente”<br />
(Sant’Agostino Confessioni, XI, ). Il tempo è difficile pensarlo, è inafferrabile<br />
perché “ora” è già trascorso e non è più “ora” bensì un momento fa e il futuro,<br />
quindi, è qui e non attende. Dar valore al tempo vuol dire dare valore alla vita<br />
troppo spesso sacrificata a mera sopravvivenza senza prospettive ed appunto<br />
senza futuro. Fatichiamo a reperire un senso, confusi da quel frenetico darsi<br />
da fare, di cui però non riusciamo a vederne non solo lo scopo ma anche<br />
il perché. Ed allora che futuro possiamo immaginare nella società dell’usa e
getta, del qui e subito, e che dimentica facilmente il passato. Senza memoria<br />
non c’è futuro. Eppure la gente ha voglia di futuro ma non sa dove trovarlo,<br />
spesso scoraggiata da chi il futuro dovrebbe tracciarlo come i governanti, gli<br />
economisti e gli scienziati.<br />
Ma il futuro non richiede grandi progetti, spesso sono piccoli gesti, piccole<br />
emozioni che ne indicano la strada: un dolce sorriso, una carezza, un gesto<br />
gentile, un aiuto ad una persona in difficoltà, aprono il cuore alla speranza<br />
ed alla fiducia nel domani. E forse i ladri di futuro ci stanno togliendo proprio<br />
questo, la serenità del vivere in nome di una esasperante forma di egoismo.<br />
Dice lo scrittore “ Vivetela bene la vostra piccola vita perché è la sola e quindi<br />
immensa ricchezza di cui disponete. Non dilapidatela, non difendetela con<br />
avarizia, non gettatela via oltre l’ostacolo. Vivetela con intensa passione, con<br />
speranza e allegria”.<br />
Il futuro impassibile (non)<br />
aspetta<br />
di Luca Deganutti<br />
La ruota gira, ci porta in un mondo ignoto, avanza lungo la strada d’acqua del<br />
tempo.<br />
La strada non si possiede, l’acqua ci possiede, noi vorremmo possederli,<br />
tutto. Vorremmo tasche profonde per non avere sorprese. Scordiamo che<br />
l’angoscia, come la morte, non ha tasche. Noi vorremmo tasche a senso unico<br />
come gabbie che ci inghiottano. Alla fine sono posseduto dalla mia smania<br />
di possesso. Triste tempo senza libertà, estro né doni. Triste tempo cupo<br />
da agguati. Lottatori di sumo immobili, avvinghiati all’adipe del tempo che<br />
ingrassiamo divorando vuoto.<br />
Non sappiamo sporgerci con fede alla meraviglia, non sappiamo abbandonarci<br />
alla volontà della grazia, non sappiamo servire. Ci chiudiamo alla sventura<br />
come Lazzari senza amici, come morti catafratti in vecchie vele dimenticate ad<br />
ammuffire nelle stive dei relitti.<br />
Vieni futuro che già mi manchi, invecchiami d’amore e di saggezza, vieni lotterò<br />
con te una genesi di meraviglie, un parto che mi è mancato. Vieni grigia, muta<br />
geologia del domani. Ti abbraccio pietra che l’amore fonde e l’odio sbreccia.<br />
Sogno forme materne, sogno curve toscane, sogno paesaggi di persone.<br />
Sogno come i miei sognarono me, sogno a braccia aperte. Io so di futuro, voi<br />
sapete di futuro… ascoltate senza paura.<br />
Io lo sento dire…<br />
Si: il futuro mi dice che la libertà è liberazione, che possiedo solo ciò che dono<br />
e che lui c’è per accogliermi.<br />
inchiesta
RUBRICHE:<br />
parliamone con lo psicologo<br />
La rabbia e il furore<br />
di Luca Deganutti<br />
Voglio rischiare di affrontare il tema del furore, della rabbia attorno al quale<br />
la confusione è grande fra di noi ed attorno a noi e dentro di noi. Espongo<br />
queste mie tesi dopo tanto lavoro e pasticci. Sapete già che ad un certo punto<br />
l’urgenza della chiarezza trascinerà il mio filo in terre note ma inconoscibili nelle<br />
quali dobbiamo imparare a perderci. Comunque proviamo ad iniziare:<br />
Un vincolo inscindibile unisce la rabbia, l’amore i bisogni, facendo sì, però,<br />
che, mentre cercano disperatamente di incontrarsi, accada che si respingano<br />
inesorabilmente, consumandosi in una nevrosi.<br />
Ecco come:<br />
- L’aspetto socialmente accettato, della rabbia è l’aggressività. Anche esso, in<br />
realtà, non è diverso dagli altri, soggiace alle regole seguenti (la realtà emotiva<br />
non soggiace che minimamente a mode e vizi posturali o come quello del<br />
cattivismo).<br />
- Non è necessario né utile aggredire, tanto meno opprimere, infuriarsi,<br />
violentare, l’aggressione non aiuta in nulla che non sia sopruso,<br />
- Il senso della rabbia è nella filogenesi, nell’evoluzione (dove essa può<br />
assumere un senso razionale) ma non nella vita dell’uomo.<br />
- L’unico aspetto sempre evolutivo della rabbia è rappresentato dall’indignazione.<br />
Essa si può esprimere in forma di critica ma anche in azione.<br />
- L’uomo, diversamente dagli altri animali, ha un comportamento irrazionale,<br />
ciò che rappresenta la sua ricchezza ma anche la sua miseria.<br />
6 - La rabbia è in relazione diretta con la paura e con la morte. La rabbia reagisce<br />
alla paura al dolore ed alla depressione, rende energetici ma distruttivi, la rabbia<br />
porta problemi più che soluzioni perché essa non si riconosce come problema<br />
che invece identifica negli altri. Essa è in rapporto inverso con la malinconia.<br />
7 - La depressione sta nel dolore e toglie energia, porta ansia, è lenta, stanca,
iflessiva: porta soluzioni più che problemi perché è riconosciuta da chiunque<br />
come un problema (anche dal neonato),<br />
8 - Dalla depressione non deriva rabbia ma faticate decisioni, determinazione,<br />
assertività che possono contenere elementi di rabbia nella misura in cui<br />
contengono ancora paura non risolta, amore impaurito, inespresso, nascosto,<br />
9 - Un dolore che non conosce la fiducia, la speranza, la fede avvitandosi<br />
su sé stesso, si trasforma in una depressione sorda, cupa, maligna che può<br />
generare furore e follia,<br />
0 - La rabbia è esternazione di persone paurose (fragili, pervertite nei bisogni)<br />
che abusano di potere, si concedono alla violenza, mancano di rispetto. È<br />
loro estranea la pietrificante consapevolezza di essere loro stessi una Gorgone<br />
(Simbolo di perversione, nemiche di Atena: dea della sapienza, della saggezza<br />
e dell’arte). Rifuggono la consapevolezza, gli specchi e la relazione.<br />
Le Erinni si incaricano, incattivendosi persecutorie di tutto il resto, insieme<br />
a vergogna, sensi di colpa, risentimento… infilateci voi a vostro gusto ed a<br />
vostra scienza tutte le voci che con tanta confusione l’umanità e la ψcomania<br />
imperante cercano di richiudere in una sua nomenklatura della deprivazione<br />
Noi (io) viceversa, parliamo di paura, furore, morte, cecità da una parte e di<br />
speranza, coscienza, vita dall’altra.<br />
Cosa ci spinge, però, in una direzione o nell’altra? Ci spinge la quota di amore<br />
o di diffidenza che, attorno a noi, in fase evolutiva ci ha predisposti ad un<br />
atteggiamento di fondo di apertura o di chiusura. Isolamento (solitudine)<br />
diffidenza e attacco contro relazione speranza, curiosità.<br />
Uso tanti apparenti sinonimi per sottolineare le infinite possibili variazioni,<br />
sfaccettature, diversità. Una infinità di variabili che si organizzano su una<br />
gaussiana fra benessere o sofferenza cioè fra soluzioni progressive o regressive<br />
cioè dettate dalla speranza o dalla paura cioè apertura o isolamento cioè amore<br />
o odio cioè guerra o pace, cioè vita o morte…. E ognuno le sente con il proprio<br />
spettro affettivo.<br />
Ma che farne allora di questa rabbia che ancora ci possiede? Ecco il bello:<br />
rubriche<br />
ascoltarla senza arrendervicisi sentirne le ragioni andarci al fondo scendere fra<br />
le viscere ed il cuore dei bisogni dove animali d’angoscia risalgono dagli abissi<br />
degli incubi primordiali. Borrellie e treponemi a colonizzare parassiti e cercare<br />
ospiti dove riprodurre pupe e larve ed ancora spirochete, DNA replicanti appesi<br />
alla loro esistenza di attesa eterna: infettare, riprodursi, infestare e uccidere<br />
e noi… desti a trasferire morte e paura con i mezzi della nostra civiltà. Una<br />
irrazionalità pensosa, una devastante presunzione, da incubo, fatta di acciaio<br />
e tritolo e sangue, uno spazio di morte a mordere l’universo… senza più<br />
nemmeno le ragioni del vibrione noi che una ragione spodestata rende le bestie<br />
peggiori. Allora aprire gli occhi e da lì piano piano risalire alla veglia, adattarsi<br />
alla luce e, finalmente, guardare negli specchi. Allora io incontrerò me stesso<br />
con il mio fardello e con il mio compito: non il mio nemico e, finalmente, la<br />
conoscenza. Finalmente potrò scegliere il bene, non agire il male, finalmente<br />
conoscerò il bello ed il buono. Etica ed estetica ci troveranno in piedi sereni<br />
padroni della verità con lo sguardo saggio e forte della consapevolezza e della
ubriche<br />
6<br />
determinazione.<br />
Signori non c’è potere che vi risarcisca: stuprate, uccidete, torturate, esigete<br />
pure tributi di sangue: sarete comunque voi le vostre vittime.<br />
Ecco, questa è la verità: dentro e fuori di me io e gli altri. Amica rabbia rotta<br />
breve nel mio mare oceano leggi questo racconto d’amore che porti tatuato nei<br />
denti, nutri il mio coraggio, dai energia al mio dolore e strada e cammino alla mia<br />
dolorosa conoscenza, siediti al desco del tuo amorevole nemico incontralo con<br />
parole di verità quella verità colta dentro, nel suo riflesso, o meglio nel riflesso<br />
dei suoi incubi dentro di me. Risorgeremo insieme dalla rabbia, dalla morte<br />
dopo quella discesa agli inferi della conoscenza, alle viscere della confusione<br />
dove potersi guardare negli occhi io, lui e me.<br />
Ecco la rabbia non si trasforma, la rabbia ci trasforma o nelle peggiori bestie<br />
abbrutite da una ragione pervertita, o in esseri umani che possiedono la<br />
conoscenza, se sapremo interrogarla. Uniamo ragione e coscienza, diamoci<br />
senso ed emozione, saturiamoci della nostra amorevole reciproca umanità.<br />
Tornando nello psicologo qui posso dire: che l’ego attiene all’individuo,<br />
all’egotismo ed alle barricate e al possesso, là dove il sé ambiguo, rutilante,<br />
inafferrabile: attiene all’attesa, all’angoscia al dolore al furore ed alla fiduciosa<br />
reciprocità della cura, del bene in comune, alla fede. Sappiate poi che il sé<br />
dolente quando si solleva ed agisce e persegue le sue soluzione è alla fine<br />
festoso, amorevole, felice. Parafrasando Gandhi: al limite, partiti da dove la<br />
rabbia uccide, dopo la traversata del dolore, arriveremo con l’occhio sereno e la<br />
forza della verità là dove la tenerezza darà anche senso al morire. Ricorderemo<br />
che libertà è liberazione.<br />
Tutto ciò è molto presuntuoso da parte mia, ma spero che, a suo modo, sia<br />
chiaro: anche per il guerriero più feroce e disumano, quello spaventato solo<br />
dalla paura, c’è un’ora, almeno una volta, mentre stanco torna a casa verso<br />
sera, che lo accoglie il perdono di un sole basso, di una luce calda e cheta<br />
che illumina l’anima di tutto, di tutti e allora gli scivola morbida dentro una<br />
pace eterna, una meraviglia da bambini, una coscienza di tenerezza e di amore,<br />
sfuggitagli fino a quel momento e, finalmente, il sonno.<br />
Questo forse allora noi possiamo dire soluzione.
SPAZIO APERTO<br />
Estate: tempo prezioso per<br />
recuperare il gusto<br />
dell’umana avventura<br />
di Vittorio Gepponi<br />
Il numero di “Essere” che state leggendo è quello che esce in concomitanza<br />
con il periodo che, per la maggior parte degli italiani, significa tempo di ferie e<br />
quindi di riposo. Tutto in questo tempo, per molti, sembra essere più leggero,<br />
tenue, evanescente. I problemi che si sono dovuti affrontare nel corso dell’anno<br />
sembrano presentarsi al momento un po’ meno preoccupanti. Fino al punto che,<br />
in un contesto così fragile economicamente, c’è chi, in maniera spregiudicata<br />
e insensata, va a chiedere un prestito in banca per andare in vacanza per poi,<br />
al ritorno, inserirsi tra coloro che vivono realmente la drammaticità della crisi e<br />
che non arrivano alla fine del mese.<br />
Le ferie rischiano di diventare così sinonimo di insulsaggine generalizzata;<br />
settimane durante le quali tutto si fa meno che vivere con passione e intelligenza<br />
la vita. In pratica ci si accontenta del nulla, si spende pure per il nulla e si cerca<br />
la felicità in qualche momentanea, capricciosa e passeggera emozione. Quindi,<br />
senza neanche rendersene più conto, si è svenduta la grandiosità e la bellezza<br />
dell’umana avventura per un misero piatto di lenticchie.<br />
Quello che dunque ci preme, amici lettori, è consegnarvi qualche pensiero e<br />
qualche breve riflessione nella speranza che in quest’estate non si mandi in<br />
ferie anche la prospettiva e il gusto di giorni a venire carichi di significato e<br />
di senso. In altre parole il nostro desiderio è quello di poter offrire un piccolo<br />
contributo perché non prevalga mai la noia e trovarsi inseriti nella azzeccata<br />
definizione di “uomo del nostro tempo” che dà il poeta Milosz: “Mortalmente<br />
annoiato, nel sonno o nella narcosi mormora: Dio, Dio”.<br />
Tornano alla mente, al riguardo, le parole di un grande creatore di teatro del<br />
secolo scorso, Eugène Ionesco (morto a Parigi nel 99 ), che con il suo teatro<br />
7
spazio aperto<br />
8<br />
dell’assurdo ha segnato una pagina nuova nella storia della drammaturgia<br />
mondiale. In una delle ultime interviste si esprimeva così: “La gioia di essere è<br />
soffocata dal male. E’ questo il grande enigma della vita e per questo il più delle<br />
volte vivo nell’angoscia. Fare teatro per me è fare compagnia all’uomo, aiutarlo<br />
a combattere questa solitudine, ad affrontarla. Scrivo per ricordare alla gente<br />
questi problemi, perché vegli, perché non dimentichi”. Ciò che Ionesco ha<br />
esposto al pubblico nel suo teatro é proprio la vita banale di chi non accetta la<br />
sfida dell’esistenza, di chi si riduce entro i confini dei luoghi comuni, di chi non<br />
sa più vivere la meraviglia di fronte alla Presenza che le cose, le parole velano e<br />
svelano. “Uno dei motivi principali per cui scrivo - continuava Ionesco - é per<br />
ritrovare il meraviglioso della mia infanzia al di là del quotidiano, la gioia al di là<br />
del dramma, la freschezza al di là della durezza dei giorni. Tutte le mie opere<br />
sono un appello, l’espressione di una nostalgia. Io cerco un tesoro caduto<br />
nell’oceano, perduto nella tragedia della storia. O, se volete, cerco la luce”.<br />
Come sarebbe bello se ciascuno di noi prendesse sul serio l’anelito alla verità,<br />
alla bellezza e alla felicità che sono indiscutibilmente dentro queste parole di<br />
Ionesco. Magari contemplando un tramonto in riva al mare. Già, proprio il<br />
mare, che ha la rara capacità di aiutare l’uomo a scoprire se stesso. E’ infinito,<br />
come il desiderio che c’è nel cuore dell’uomo, è difficile da conquistare, come<br />
ogni cosa vera nella vita, si rivela lentamente e affascina.<br />
Certo, qualcuno che obbietta ci sarà senz’altro e, come spesso capita di sentire,<br />
dirà: queste sono belle parole, ma la vita di tutti i giorni è un’altra cosa e ci vuol<br />
ben altro per affrontarla. Pur rispettando la sensibilità e il vissuto di ciascuno,<br />
va detto che le cose non stanno proprio così. Infatti ciò che è decisivo in ogni<br />
giorno della nostra vita, sono i pensieri con i quali si inizia un nuovo giorno e<br />
quelli con cui si finisce. Se iniziamo una nuova giornata già appesantiti dalle<br />
preoccupazioni del giorno prima, se ci portiamo dentro le ire, l’invidia, la<br />
gelosia che hanno lacerato le nostre ore passate, come faremo ad affrontare<br />
in modo creativo e perciò sereno ciò che ci attende? Capisco però che se<br />
la vita è informata e dominata, ad esempio, da pensieri tipo quello espresso<br />
dal biologo statunitense e premio Nobel per la medicina nel 00 , Robert<br />
Horvitz, secondo il quale “Nella natura niente è stato programmato: tutto si è<br />
semplicemente evoluto, senza alcuno scopo”, diventa estremamente difficile<br />
capire che noi siamo più di quello che mangiamo o di quello che produciamo<br />
e che ogni volta che sorge il sole sopra la nostra testa c’è un senso e c’è un<br />
perché. Forse vale la pena considerare seriamente che per non essere come<br />
foglie in balia del vento, la nostra giornata non può iniziare senza riprendere<br />
coscienza piena della presenza di Dio davanti al quale si svolgono le nostre<br />
ore. Per questo iniziare la giornata con la preghiera, prima ancora di essere<br />
una atto cultuale e religioso, si rivela essere un gesto umano e pienamente<br />
ragionevole. Infatti nella preghiera c’è sempre un nuovo inizio, una novità, una<br />
rigenerazione alla freschezza dell’origine. Ma altrettanto decisivi sono i pensieri<br />
con cui si conclude la giornata: questi determineranno il nostro riposo nella<br />
notte e il nostro risveglio il mattino dopo. Le ore della sera sono preziose e<br />
purtroppo sembrano ormai condannate alla televisione. Ma diventa importante<br />
riappropriarsi della possibilità di scegliere. In questa libertà che sa spendere
ene il proprio tempo sta, anche per ciascuno di noi, la differenza fra il lasciarsi<br />
vivere e il gusto di costruire ora per ora una umanità che rimane.<br />
Cari lettori, ovunque voi siate, al mare o in montagna, al lago o in campagna<br />
o a casa vostra, vi auguro di cuore un meritato riposo che senz’altro è stato<br />
tanto atteso e sospirato. Chissà, forse è stato anche programmato più volte<br />
fin nei dettagli. Finalmente giunge il momento di fare le valigie, i biglietti, le<br />
prenotazioni, i passaporti... Tutto ordinato, tutto a posto, come previsto,<br />
controllato e ricontrollato. Ma a questo punto dopo tante verifiche di piani,<br />
progetti, costi, qualcuno comincia ad avvertire una sorta di disagio. Tutto<br />
troppo calcolato, preciso, così meccanicamente scandito, dal sapore così<br />
insoddisfacente da far invocare l’imprevisto.<br />
E’ andata proprio così a Eugenio Montale che nella poesia da titolo “Prima del<br />
viaggio” scrive:<br />
“Prima del viaggio si scrutano gli orari,<br />
le coincidenze, le soste, le pernottazioni<br />
e le prenotazioni (di camere con bagno<br />
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);<br />
E poi si parte e tutto è O:K. E tutto<br />
è per il meglio e inutile.<br />
E ora che ne sarà<br />
del mio viaggio?<br />
Troppo accuratamente l’ho studiato<br />
senza saperne nulla.<br />
Un imprevisto<br />
è la sola speranza.<br />
Ma mi dicono<br />
ch’è una stoltezza dirselo”.<br />
Amici di “Essere”, molte volte l’imprevisto accade nella nostra vita di uomini<br />
attenti e sensibili, che squarcia il cielo come un fulmine, è una benedizione, un<br />
miracolo tanto atteso. Pensate, duemila anni fa la storia ha conosciuto la novità<br />
più stupefacente. Nulla è mai accaduto di così assolutamente improgrammabile,<br />
e nello stesso tempo così radicato nel cuore dell’uomo che l’attendeva, della<br />
decisione di Dio di farsi uomo e di rendersi incontrabile agli uomini. Che cosa<br />
ci si può augurare più di questa, di incontrare Dio? Eppure “dicono ch’è una<br />
stoltezza dirselo”, che è meglio accontentarsi, meglio stare tranquilli. Accogliere<br />
la novità può portare lo scompiglio nella vita, ma potrebbe anche condurci sul<br />
sentiero che arriva a scoprire ciò che attendevamo! E allora auguro davvero a<br />
tutti di incontrare sulla propria strada questa novità!<br />
Magari in una splendida serata d’estate. E chissà non si torni a guardar le stelle<br />
e, forse, anche a commuoverci del miracolo che è la nostra vita.<br />
spazio aperto<br />
9
0<br />
NOTIZIE DAL CENTRO<br />
<strong>CSA</strong> ed I CARE propongono<br />
un gruppo d’incontro<br />
di Francesco Baroni<br />
Il Centro di solidarietà di <strong>Arezzo</strong> e l’associazione I Care promuovono un gruppo<br />
di incontro sulla formazione della persona.<br />
Questo è il programma: una volta al mese, presso la sede di via Torri ad <strong>Arezzo</strong>,<br />
è possibile incontrarsi, mettersi seduti e comunicare, raccontarsi, riflettere,<br />
scrivere (o anche non scrivere), su un dato argomento scelto dal gruppo stesso.<br />
Ci aiuta ad imparare questo esercizio di incontro e di comunicazione, questa che<br />
di fatto è una forma di partecipazione attiva alla propria vita e a quella degli altri,<br />
Luca Deganutti, supervisore terapeutico del Centro di Solidarietà di <strong>Arezzo</strong> ed<br />
esperto di scrittura clinica. L’unica certezza di ogni incontro sono la sede e le sedie.<br />
Volontari, educatori, genitori, figli, lo spettro degli invitati è ampio e stringi stringi<br />
ci si accorge che non occorrono accrediti particolari per accedere al gruppo di<br />
incontro, solo quello di essere una persona. Nell’affrontare le ultime due rampe<br />
di scale che conducono al piano dell’edificio dove si tengono gli incontri, alcuni<br />
potranno trovare che sia di aiuto l’essere una persona curiosa, altri che quel che<br />
agevola la salita è l’essere una persona felice oppure l’essere una persona in<br />
crisi, o il non sapere chi si è ed essere, appunto, semplicemente una persona.<br />
Il gruppo è aperto. La partecipazione gratuita.<br />
Per informazioni: Francesco Baroni<br />
tel. 0575 356798 - 302038
Progetto agricoltura sociale<br />
e formazione<br />
di Francesco Baroni<br />
Giovedì aprile 0 presso la Comunità Terapeutica “La Rondine”, il<br />
Presidente del Centro di Solidarietà di <strong>Arezzo</strong>, Franco Balò, ha consegnato i<br />
diplomi del ° corso di “Manutenzione del Verde”. Il percorso formativo di 0<br />
ore, riconosciuto dalla Regione Toscana e promosso dal Centro di Solidarietà<br />
in collaborazione con un’agenzia formativa aretina, è stato frequentato con<br />
profitto da dieci giovani in programma.<br />
La manutenzione del verde si inserisce in un progetto più ampio di agricoltura<br />
sociale che il <strong>CSA</strong> porta avanti sin dal 007. Presso le sedi aretine di Baciano<br />
e Petrognano, infatti, sono presenti le seguenti attività: settimanale formazione<br />
sul terreno in affiancamento con un agronomo professionale; produzione di<br />
ortaggi destinati all’autoconsumo delle sedi; iniziative di scambio di prodotti<br />
agricoli presso mercatali aretini; custodia e diffusione di alcune varietà<br />
antiche di melo e di pero; accoglienza di scolaresche in visita alla Comunità;<br />
partecipazione ad eventi culturali come la Fierucola dello scambio dei semi<br />
che si tiene ogni anno a Firenze, ecc…<br />
Ma la finalità più importante del corso è quella di fornire ad ospiti della Comunità<br />
competenze spendibili e riconosciute: non solo competenze agricole in senso<br />
stretto, ma anche tecniche di progettazione e di manutenzione giardini, di<br />
potatura di alberi da frutto, nozioni di sicurezza e di antinfortunistica, ecc…<br />
Competenze utili ai fini del reinserimento socio-lavorativo al termine del<br />
programma terapeutico.<br />
notizie dal centro
ANGOLO DEL PENSIERO<br />
Brevi pause di riflessione su avvenimenti,<br />
fatti di costume per chi ha voglia<br />
d’interrogarsi.<br />
Cosa tiene accese le stelle<br />
di Gemma Mondanelli<br />
Anche perché è già futuro. Per molti giovani è già arrivato e c’è voglia di<br />
concretizzare, di dare finalmente credito ai sogni e alle speranze.<br />
Quando dagli istituti superiori si vedono uscire gruppi numerosi di ragazze e<br />
ragazzi ci viene spontaneo chiederci: quali sbocchi professionali troveranno?<br />
Alcuni di loro studiano senza reali e personali motivazioni, ma molti altri si<br />
sentono responsabili verso loro stessi, la famiglia e la società e sono fieri<br />
di compiere un ciclo di studi formativo per diventare… qualcuno. Così si<br />
troveranno smarriti quando alla fine degli studi o dei corsi universitari in cui<br />
sono entrati dopo aver superato un esame, perché di solito c’è il numero<br />
chiuso, dovranno affrontare ancora specializzazioni o esami per ottenere borse<br />
di studio per fare ricerca, laboratorio, pratica professionale. Per non parlare di<br />
quelli che conquistano le cosiddette lauree brevi che danno la possibilità di<br />
farsi chiamare dottore o dottoressa, ma dei dottori di lontana memoria non<br />
conservano né le soddisfazioni professionali né tanto meno i guadagni. La<br />
società sta cambiando anche e soprattutto per motivi lavorativi, i giovani non<br />
riescono a guadagnare a sufficienza per ottenere un mutuo, per acquistare<br />
una casa, per farsi una famiglia propria, per mantenere i figli.<br />
Nonostante o malgrado i sopraddetti discorsi comuni che sono sulla bocca di<br />
tutti non siamo sull’orlo della catastrofe riassume invece Mario Calabresi nel<br />
bel libro-saggio adatto a tutti: Cosa tiene accese le stelle. Storie di Italiani che<br />
non hanno mai smesso di credere nel futuro Ed. Mondadori Strade Blu. Il<br />
libro si compone di una serie di storie-interviste-inchieste ( per l’esattezza)<br />
nessuna di esse noiosa o di difficile e specialistica comprensione.<br />
Il direttore della “Stampa”, Calabresi appunto, conosce il suo lavoro ed è
abituato non solo ad avere curiosità per il mondo, ma anche a porsi molte<br />
domande alle quali cerca di rispondere in maniera esauriente (chi dove come<br />
quando ) per i lettori. In molte cose, scrittura compresa, è necessaria la buona<br />
volontà. Quella stessa buona volontà che serve ai giovani per realizzare i loro<br />
sogni e uscire anche dall’impasse quotidiano che sembra irrisolvibile.<br />
Il libro ricorda, introducendo la figura della nonna materna dell’autore, gli<br />
anni cinquanta del secolo scorso quando l’acquisto dei primi elettrodomestici<br />
o delle prime utilitarie riempiva di soddisfazione chi, col proprio duro lavoro,<br />
arrivava a comprarle. Come la nonna di Calabresi che volle barattare il dono di<br />
una utilitaria con quello di una lavatrice che cambiò la sua vita. L’acquisto fu la<br />
linea di demarcazione fra il prima e il dopo.<br />
I racconti proseguono con interviste a vari e noti personaggi del mondo<br />
dello spettacolo, della medicina, della ricerca ( che sono a volte riproposte<br />
nella trasmisione “Hotel Patria” condotta dallo stesso Calabresi su Rai ).<br />
Si crea così un affresco del vivere italiano nel tempo, che non sempre è<br />
stato contrassegnato dal benessere, anzi ad esso siamo arrivati dopo una<br />
lunga terribile guerra grazie alla forte volontà, al duro lavoro, all’entusiasmo<br />
di poter realizzare i propri sogni. Oggi manca lo spazio dei sogni e stiamo<br />
tornando indietro. Ma a volte: “non si può fare” è il comodo alibi di chi non si<br />
vuole rimboccare le maniche, non ha inventiva, non ha coraggio di cambiare<br />
ambiente.<br />
Non sempre si può trovare il lavoro sottocasa, non è mai stato così e forse non<br />
è neanche giusto che sia così: cambiare ambiente, avere coraggio di mettersi<br />
in gioco, rischiare, serve spesso a realizzare alcuni dei mondi possibili.<br />
E’ vero che la politica seria è mancante, come sono mancanti programmazioni<br />
serie per il futuro dei giovani.<br />
Il nostro “Non è un paese per giovani” ripetono i ragazzi delle scuole e la<br />
demografia e gli indici di occupazione danno loro ragione”. “Ma siamo<br />
davvero sicuri che ci sia una mitica età dell’oro da rimpiangere? Guardo al<br />
secolo scorso e vedo guerre, macerie, stermini, odio ideologico, giovani che<br />
si sprangano, terrorismo, stragi, iniquità, disoccupazione, inflazione alle stelle<br />
e ingiustizie assortite. Sento rimpiangere i tempi dell’etica, della bella politica,<br />
di una classe dirigente virtuosa e mi viene sempre in mente la stessa scena:<br />
il funerale di Giorgio Ambrosoli, a cui non partecipò nessun rappresentante<br />
delle istituzioni…” “E’ quello il mondo da rimpiangere? Quello della P , del<br />
terrorismo rosso e nero, che sparava a chi usciva di casa, delle bombe nelle<br />
banche, sui treni e nelle stazioni…Oggi viviamo tempi cupi sarebbe ridicolo<br />
negarlo…Viviamo tempi volgari, in cui mal si sopportano le regole, si insulta chi<br />
le dovrebbe far rispettare…Ma se tutto questo provoca uno sconforto diffuso<br />
e comprensibile non deve impedirci di vedere cosa abbiamo conquistato nel<br />
tempo, cosa siamo e cosa potremmo diventare”.( M. Calabresi “Cosa tiene<br />
accese le stelle”pgg. 8 - 9 - 0)<br />
“Certo che avevamo una percezione più positiva della realtà… I genitori avevano<br />
la certezza che i figli (che studiavano) sarebbero stati meglio e così il domani<br />
sembrava una cosa solida..” ( ibidem pag. ) Oggi invece c’è la sensazione che<br />
i figli staranno peggio e che nel paese non ci sia più spazio. angolo<br />
del pensiero
angolo del pensiero<br />
Nell’ultima intervista, quella che dà il titolo al libro, l’astrofisico Giovanni Bignami<br />
sostiene che abbiamo bisogno di grandi progetti, di grandi visioni e di stimolare<br />
la fantasia della gente. Dobbiamo tornare ad avere fame di avventura e di<br />
scoperte. Dobbiamo ricominciare a guardare in direzione delle stelle, perché<br />
significa alzare la testa, avere la vista lunga e immaginare altri mondi.<br />
Con questo sguardo verso le stelle Calabresi ci lascia con tanti spunti di<br />
riflessione, con alcune risposte, ma anche con tanti interrogativi, con una<br />
nota di speranza, ma con la mente ancora delusa per la visione di ciò che ci<br />
circonda. Penso comunque che, al di là della validità del libro che è piacevole<br />
leggere, l’autore con il suo impegno e i traguardi raggiunti nella sua stessa vita,<br />
iniziata con la drammatica morte del padre, ci imponga la speranza e la tenacia<br />
di riuscire. La nostra volontà non ce la può togliere nessuno.<br />
Il Tempo prende, il Tempo dà<br />
di Giuseppe Panella - Ivano Mugnaini, Il Tempo salvato, prefazione di Luigi Fontanella,<br />
Piacenza, Blu di Prussia, Editrice, 0 0<br />
Posto sotto il segno salvifico di una citazione beckettiana (da En attendant Godot<br />
– p. 9), Il Tempo salvato di Ivano Mugnaini, scrittore pisano e già autore di<br />
molti testi in verso e in prosa, si confronta con la necessità di utilizzare il tempo<br />
che rimane della vita nella prospettiva di un suo riscatto mediante la poesia.<br />
Considerare il Tempo come il nemico da sconfiggere durante la propria<br />
esistenza non è certo possibile ma non ci si può neppure affidare ad esso in<br />
modo totale, rinunciando a cercare una via di scampo o provare a gestirne<br />
l’angoscia e la sua prorompente volontà di azzerare ciò che è già accaduto<br />
confinandolo nell’oblio.<br />
«Da luoghi di sangue senza più calore, / anime morte si affollano ai margini /<br />
di centri commerciali aperti a miraggi / di saldi all’ottanta per cento, davanti /<br />
a un Caronte senegalese parcheggiatore / precario nella pupilla ferita di ferocia,<br />
/ incerto tra il riso e la nostalgia / di una terra di bellezza / assolata. Ti chiedi,<br />
da solo, se sussiste, / se respira ancora, il tempo salvato, strappato / con la vita<br />
alla vita» si legge a p. 6 del libro. La vita riservata alla poesia riscatta così la vita<br />
trascorsa nel tempo. In questi versi risuona l’esigenza – ricevuta e ripresa<br />
anche dal prefatore Fontanella – di porsi sotto il segno del comando che il<br />
Tempo esercita sulla Vita e che trasforma quest’ultima in un procedimento di<br />
continuità temporale esterna e non compresa nello scorrere dell’esistenza di<br />
ognuno. Se il Tempo può essere salvato dalla poesia questo accade non tanto<br />
perché esso è compreso nel suo dispositivo mentale ma proprio perché si<br />
dispone e si dispiega al di fuori di quest’ultima e se ne lascia avvolgere. E’ forse<br />
questo il “tempo dell’attesa” (titolo di un’altra lirica di Mugnaini a p. 76) che<br />
bisogna attraversare e conquistare per riuscire a dare senso alle parole usate<br />
per circoscrivere la vita.
PAGINA DELLO SCRITTORE<br />
Che cosa è successo?<br />
di Irene Mori<br />
Oh, che guaio. La signora Letizia Manfredi ha di nuovo finito lo zucchero.<br />
Stasera ospiterà lei il “club” del libro, e tutte le sue amiche bevono caffè con<br />
zucchero, chi più chi meno. Dovrà come al solito farselo prestare dalla sua<br />
inquilina del piano di sotto, la signora Sacchetti. Detto fatto scende le scale<br />
e bussa alla porta. Aspetta un paio di minuti. Bussa di nuovo. Ma che strano,<br />
sente dei movimenti in casa, eppure nessuno viene ad aprire. Alla fine, dopo<br />
aver suonato con il campanello, apre la porta la figlia sedicenne della signora<br />
Sacchetti, Nina, piccola, riccia, con quel nasetto così grazioso che fa sempre<br />
sentire Letizia in urgente bisogno della chirurgia plastica.<br />
-Ciao cara- la saluta- I tuoi non ci sono?<br />
-No, avevano una cena a casa di amici.<br />
-Scusa se disturbo, potrei avere un po’ di zucchero? Sai, stasera faccio la<br />
riunione del club del libro a casa mia. Se dopo ti senti sola e hai voglia di<br />
passare…<br />
Letizia lascia morire la frase a metà perché la ragazzina ha l’aria di una che<br />
preferirebbe andare a scuola la domenica.<br />
-Certo, glielo porto subito.<br />
Nina si affretta in cucina con la tazza di Letizia, e la riempie solerte.<br />
-Grazie tesoro. Salutami i tuoi genitori.<br />
-Certo. Si diverta stasera.<br />
-Lo farò. Ciao.<br />
-Arrivederci. - E la porta si chiude.<br />
Letizia sale in fretta le scale, imbattendosi nell’inquilino del terzo piano, Giorgio<br />
Sandrelli. -Buonasera, Giorgio- lo saluta lei cordialmente.<br />
-‘sera- bofonchia lui, come sempre un po’ scontroso.<br />
Giorgio è un po’ il mistero del palazzo. Nessuno parla mai con lui, lui non parla<br />
con nessuno, non si sa niente della sua vita privata, solo che ha divorziato dalla<br />
moglie quattro anni fa, e che non l’ha per niente digerito.<br />
Poco male, pensa Letizia, almeno ho il mio zucchero.<br />
Nina, è tutto a posto?
pagina dello scrittore<br />
6<br />
Ancora stenta a credere che lui verrà a vedere un film da lei. Non sono mai<br />
usciti insieme, ma a scuola chiacchierano spesso e ogni tanto chattano su<br />
Facebook. Lui, Enrico Ponti, ha scritto commenti molto carini sulle sue foto del<br />
profilo.<br />
Tutte le sue amiche dicono malignamente che lei non farà neanche in tempo a<br />
chiudere la porta quando lui sarà entrato in casa, a lei non importa, anzi Nina<br />
ora è sicura che tutto andrà per il meglio. Invece appena trilla il campanello<br />
è scompigliata per l’emozione. Fa respiri profondi, cammina verso la porta<br />
poi fa due passi indietro. Alla fine si decide ad aprire, pronta ad offrire il suo<br />
sorriso più bello, che di colpo scema in attonito quand’ecco pararsi davanti<br />
quell’impicciona della signora Manfredi.<br />
Zucchero?<br />
Una volta liberatasi dell’inopportuna vicina, Nina riprende a fare sospiri profondi.<br />
Stacca il telefono di casa, sapendo che i suoi la chiamerebbero comunque al<br />
cellulare. E quando suona il campanello è pronta.<br />
E stavolta è veramente Enrico, con quel sorriso gentile, la fossetta carina sotto<br />
il mento, con in mano una confezione di gelato.<br />
Ed entra molto tranquillamente, con fare calmo e rilassato.<br />
Frigo pieno zeppo solo di verdure. Addio vita, sospira Giorgio. Stasera niente<br />
bisteccone al sangue o panino con la porchetta, o pollo arrosto. Maledetto<br />
colesterolo. Nella fruttiera ci sono, invece, i suoi due incubi peggiori. Kiwi e<br />
prugne. Oltre alla stitichezza, che lo perseguita da quando è nato, ora anche il<br />
colesterolo alto.<br />
E, come se non bastasse, si sente un casino fuori! Qualche teppistello sta<br />
facendo un baccano infernale. E non è neanche sabato, ma martedì. Si siede<br />
davanti alla tv e l’accende. Reality show, film d’amore, fiction…niente di niente.<br />
A parte che ora non è neanche più sicuro di cosa gli piace vedere alla tv. Forse<br />
l’unica cosa che gradisce sono i cartoni animati di suo nipote Jacopo, che tutti<br />
i mercoledì pomeriggio li passa a casa sua, facendo i compiti, mangiando la<br />
merenda e guardando cartoni animati. Il tutto con zio Giorgio.<br />
In quei giorni Giorgio prova il desiderio straziante di tornare bambino.<br />
Non tanto per i problemi (perché ci rifiutiamo di crederci ma anche i<br />
bambini hanno molti problemi) ma per gli errori: da bambino niente sembra<br />
irreparabile.<br />
Tutto è al proprio posto: stuzzichini per le sue amiche, una bottiglia di prosecco,<br />
e le sedie intorno al tavolino del salotto.<br />
La prima ad arrivare è Sara. Trentasette anni, avvocato. Poi Marcella.<br />
Quarantadue anni, segretaria.<br />
E infine Elisabetta. Trentanove anni, maestra. Però non è sola. Inaspettatamente<br />
è con la figlia di dodici anni, Laura.<br />
-Scusa, Letizia, ma è successo un casino. Il cinema con le sue amiche è saltato,<br />
mio marito è a quella conferenza che sarebbe finita molto tardi e…<br />
-Ma figurati. Però, tesoro, non ho neanche un po’ di Coca cola stavolta.<br />
-Fa niente. Posso andare a guardare la tv?<br />
-Certo. Vai pure in camera mia.
-Ma prima di guardare la tv, ripassa geografia, che domani la professoressa ti<br />
interroga. -Uffi.<br />
-Una mezz’oretta sola e poi guarda tutta la tv che vuoi.<br />
-Va bene.<br />
Le amiche si siedono tutte intorno al tavolo, e dopo aver bevuto, riso e<br />
raccontato dei fatti frivoli e buffi dell’ultima settimana, tirano fuori la copia del<br />
libro che dovevano leggere nell’ultimo mese.<br />
-A me è piaciuto tanto Il cacciatore di aquiloni- esordisce Sara.<br />
-Anche a me ma la scrittura era forse un po’…semplice. Quasi una sceneggiatura-<br />
ribatte Letizia.<br />
-Ma ci sono sceneggiature e sceneggiature- osserva Marcella- E di sicuro<br />
questa era una buona…<br />
-Mamma, mamma- arriva d’improvviso Laura. Non sembra spaventata, più che<br />
altro scocciata- Si sente un gran casino. C’è uno che urla. O forse di più. Non<br />
posso studiare così.<br />
Le quattro signore, così prese dalle loro opinioni e dai loro scherzi e il prosecco,<br />
ora zitte, effettivamente si accorgono che qualcosa non va. C’è casino.<br />
Il film è iniziato da quasi un’ora, ma per Nina potrebbe essere Il gladiatore<br />
come un documentario sulla salvaguardia delle balene.<br />
Ora sente solo i baci di Enrico sul collo e sulla bocca. A volte teme di essere una<br />
persona banale. Innamorarsi così è da tutte. Ma in realtà quello che le succede<br />
non le sembra reale. O forse perché è troppo reale le sembra assurdo.<br />
Quando le loro labbra si staccano, sullo schermo si vede un paesaggio di mare<br />
con in sottofondo la musica di un quartetto d’archi. Ma che film è? Nina si<br />
affretta a spengere la tv. Sorride a Enrico. Lui pare molto contento, ma di una<br />
contentezza tranquilla, rilassata. Quasi impalpabile. Forse è uno che si lascia<br />
raramente andare. Lo osserva e le scappa da ridere, così si morde il labbro. Ma<br />
che le salta in mente?<br />
Fortunatamente lui lo prende come segno di fame.<br />
-Allora, ti va un po’ di gelato? -Sì.<br />
Nina toglie il gelato dal freezer e prende dalla credenza due scodelle. I gusti<br />
sono cioccolato, yogurt e fragola.<br />
-Alle macchinette prendi sempre barrette al cioccolato della Milka, quindi ho<br />
dedotto…che anche il gelato ti piacesse al cioccolato.<br />
-Io adoro qualsiasi tipo di cioccolato- lo rassicura lei- Ma è ancora troppo duro.<br />
Bisogna aspettare un po’.<br />
-Okay. Senti…non per essere scortese, ma è un po’ di minuti che sento casino<br />
dalla strada. Mi sa che c’è in corso un litigio…è una zona un po’ casinara?<br />
-Non un po’, molto direi. Comunque in genere non durano tanto…fammi dare<br />
un’occhiata.<br />
Nina si affaccia alla finestra. Fuori è abbastanza buio ma le sembra di vedere<br />
una sorta di lotta. Tra alcuni uomini vestiti di scuro…poliziotti?<br />
Accidenti. Giorgio stringe i denti e riprova. Niente. Ma è possibile che ogni<br />
volta che devo cagare c’è tutta ‘sta confusione? pagina<br />
dello scrittore<br />
7
pagina dello scrittore<br />
8<br />
Giorgio è quel tipo di persona che pensa che ci sia un rapporto intimo tra una<br />
persona e le sue scorie intestinali, e che quindi vadano evacuate con immenso<br />
silenzio. Ha sempre avuto una mezza idea di insonorizzare il bagno ma non ha<br />
mai avuto tempo.<br />
Niente.<br />
Si rialza dal water e torna mestamente in salotto. Si accende una sigaretta<br />
alla finestra e butta un’occhiata distratta sulla strada. E quello che vede…una<br />
lotta? In realtà è normale vedere scene che sembrano uscite dal film Fight club<br />
ma nessuno dei lottatori portava uniformi da poliziotto. E non stanno proprio<br />
lottando tra loro.<br />
E gli sembra di udire una voce, di donna, che dice:<br />
-Fate piano, così attirerete l’attenzione.<br />
-Dici che gli stanno facendo male, mamma?<br />
-No, Laurina, no.<br />
-Ma lo picchiano.<br />
-Sono poliziotti, tesoro, sanno quello che fanno.<br />
-Ma sono in tanti contro uno. Non mi hai sempre detto che è bullismo se sono<br />
in tanti contro uno?<br />
-Quello a scuola tesoro. I poliziotti devono far rispettare la legge.<br />
Letizia scuote lentamente il capo.<br />
-Ma sta andando avanti da un bel po’. Non potrebbero semplicemente<br />
arrestarlo?<br />
-Forse non ci riescono…<br />
-Marcella, ma che dici? Suvvia, sono in quattro. Come, non ce la fanno?<br />
-E se andassi giù a dare un’occhiata?<br />
-No, stai tranquilla. Non sarà niente.<br />
-Mmmh, non sono molto tranquillo, sai?- le dice Enrico.<br />
-Io ci sono abituata, al casino.<br />
-I tuoi quando tornano?<br />
-In genere sempre a mezzanotte.<br />
-Allora aspetterò finché non arrivano.<br />
-Cerchi una scusa per restare più a lungo?- lo stuzzica Nina.<br />
-Perché, tu mi diresti di no? -No.<br />
E si baciano di nuovo.<br />
Giorgio sta per scendere giù quando suona il telefono. E si maledice per non<br />
saper riconoscere i numeri sul display. O, almeno, quello di sua sorella. Le<br />
sue telefonate durano come un processo. Ma, stranamente, dopo circa dieci<br />
minuti, il casino si affievolisce fino a sparire.<br />
Il giorno dopo Nina, più felice che mai, con la borsa a tracolla, sale le scale.<br />
Ieri sera Enrico è dovuto andare via prima delle undici e mezzo ma oggi sono<br />
stati insieme tutto l’intervallo e poi le ha mandato un sacco di sms durante<br />
l’ora della Tallucci. Tanta è la sua allegria che, per le scale, saluta la signora<br />
Manfredi neanche fosse la sua migliore amica. Le chiede com’è andato il club<br />
del libro. Lei risponde bene, e poi le chiede se non è stata disturbata da tutto<br />
quel baccano ieri sera.
-In effetti sì- osserva Nina- Ma si sa che è successo?<br />
-Io ho solo visto alcuni poliziotti, probabilmente sedavano una lite.<br />
-Forse. Tanto il casino qui intorno ci sarà sempre.<br />
-Avete sentito cosa è successo ieri sera?<br />
Per la prima volta Nina e Letizia sentono il signor Sandrelli pronunciare una<br />
frase, o meglio una domanda più lunga di tre sillabe.<br />
-C’è stata una lite, a quanto ne so- ribatte Letizia.<br />
-No, io mi riferivo al ragazzo che è morto.<br />
-Come, è morto un ragazzo?<br />
-Non lo sapevate?<br />
-E come?<br />
-Dicono arresto cardiaco.<br />
-Arresto cardiaco? E perché non l’hanno portato all’ospedale?<br />
-La domanda è perché sono stati in quattro conto uno, e perché sono stati<br />
quasi un’ora in strada?<br />
-Un’ora non direi.<br />
-Per me qualcosa non torna.<br />
-In che senso?<br />
-So solo che è normale che a qualcuno prenda un attacco di cuore dopo<br />
essere stato usato come sacco da boxe, e da quattro persone poi.<br />
-Credevo fossero poliziotti.<br />
-Infatti. Vi rendete conto?<br />
-Vi rendete conto cosa? Magari è stata autodifesa.<br />
-Autodifesa in quattro contro uno?<br />
-Magari era armato.<br />
Nina saluta cortesemente i due vicini che continuano il dibattito e sale al suo<br />
piano.<br />
Tempo di entrare in casa, che la signora Sacchetti salta addosso a sua figlia<br />
come un canguro e le chiede:<br />
-Ieri sera<br />
-Cosa?- ribatte con voce fioca, impallidendo. Che abbia scoperto tutto di<br />
Enrico?<br />
-Come cosa? Ne parla tutto il palazzo.<br />
-Che ieri c’era quella lite…e che è morto un ragazzo?<br />
-Esatto. Tu non hai visto niente?<br />
-Ho sentito un po’ di casino.<br />
-E non ti sei affacciata?<br />
-Era…buio. Ma ho visto dei poliziotti. Sembrava che fermassero una lite.<br />
-E poi?<br />
-E poi cosa?<br />
-Che cosa è successo?<br />
“Che cosa è successo?” si chiede Letizia.<br />
“Che cosa è successo?” si chiede Giorgio.<br />
Che cosa è successo me lo chiedo anch’io. Ma io forse so già la risposta.<br />
pagina dello scrittore<br />
9
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