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GEREMIA<br />

Bibliografia<br />

Sulla figura:<br />

G. VON RAD, Teologia dell’AT., vol II, pp.227-255.<br />

O. EISSFELDT, Introduzione all’AT, Vol. III, Paideia, Brescia 1982 (sull’ed. ted. 3 1964, pp.84-115).<br />

C. MESTERS, Il profeta <strong>Ger</strong>emia. Bocca di Dio, bocca del popolo, Cittadella ed., Assisi 1994.<br />

C. WESTERMANN, Profeta a prezzo della vita. <strong>Ger</strong>emia, Marietti, Torino 1971.<br />

G. BOGGIO, <strong>Ger</strong>emia. La testimonianza di un martire (LoB 1.20), Queriniana, Brescia 1982.<br />

M.P. MAIER, <strong>Ger</strong>emia. Vita e annuncio di un profeta in Israele, Marietti 1820, Genova 2010.<br />

R. VIRGILI, <strong>Ger</strong>emia: L’incendio e la speranza. La figura e il messaggio del profeta (Quaderni di<br />

Camaldoli - Meditazioni 7), EDB, Bologna 1998.<br />

Commentari e testi di esegesi:<br />

A. WEISER, <strong>Ger</strong>emia, 2 voll. (1,-25,14; 25,15-42,34), Paideia, Brescia 1987 (sull’ed. ted. 8 1981).<br />

E. VOGT, Lectiones de libro Jeremiae, P.I.B., Roma 1973-74 (brani scelti di esegesi).<br />

Divulgativi:<br />

A. STROBEL, <strong>Ger</strong>emia, Lamentazioni, Baruc. Cordoglio per <strong>Ger</strong>usalemme, Cittadella, Assisi 1989.<br />

J. BRIEND, Il libro di <strong>Ger</strong>emia (Quaderni Biblici 8), Borla, Roma 1993 (ed fr. 1982).<br />

G. FISCHER, Il libro di <strong>Ger</strong>emia, Città Nuova 1995 (commento spirituale con testo).<br />

A. SACCHI, Il profeta delle nazioni. <strong>Ger</strong>emia, Lamentazioni e Baruc, San Paolo (La Bibbia nella nostre<br />

mani 23), Cinisello Balsamo.<br />

Introduzione<br />

1. Vita e opere: 3 periodi = Giosia - Ioiaqîm - Joiakîn (Jeconia)/Sedecia (<strong>Ger</strong> 1,1).<br />

Indicazioni cronologiche nel libro di <strong>Ger</strong>emia 627-<strong>04</strong> 1 : l’attività del profeta, tra la vocazione<br />

(627/26) e la composizione del volume (6<strong>04</strong>), non si percepisce facilmente, perché il<br />

tempo e il luogo sono raramente indicati.<br />

Poche sono le notizie con le date esplicite sul tempo di Giosia.<br />

1,2: <strong>Ger</strong>emia fu chiamato «nell’anno 13° di Giosia».<br />

3,6: La parola del Signore di 3,6-3 venne a lui «nel tempo del re Giosia» e dovette proclamare<br />

l’oracolo «rivolto al settentrione», cioè a Israele (vv.12-3).<br />

Dopo la morte di Giosia e la successione di Joiaqîm (609) troviamo diverse indicazioni. Anzitutto iniziano<br />

in quell’anno le «narrazioni su <strong>Ger</strong>emia», che al tempo di Giosia mancano del tutto:<br />

26,1: «Nell’anno della successione di Joiaqîm» (c. settem. 609-marzo 608) <strong>Ger</strong>emia predice in<br />

<strong>Ger</strong>usalemme la rovina della città e del tempio. La parola di <strong>Ger</strong>emia, brevemente riferita in<br />

26,4-6 è più diffusa in 7,1-15 in forma deuteronomistica (= dtr), cioè riespressa al tempo<br />

dell’esilio.<br />

46,2: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (c. giugno 605) avvenne la battaglia di Karkemis.<br />

25,1: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (prob. c. febb.6<strong>04</strong>) <strong>Ger</strong>emia confermò l’annuncio dell’invasione<br />

dal settentrione (con le stesse parole di 1,14). Così pure sembra la parola del Signore, le cui<br />

aggiunte sono in 19,1-20,6: «Contro questa città farò venire la calamità, che ho predetto»<br />

(19,15). Il profeta in 20,4 nomina espressamente il re di Babilonia, il che suppone che la battaglia<br />

di Karkemis fosse già avvenuta. <strong>Ger</strong>emia è flagellato e, come sembra, gli è interdetto<br />

l’ingresso al tempio (in questa narrazione sembra sia caduta la solita indicazione di tempo<br />

per l’inserzione di un altro testo).<br />

36,1: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (prob. c. marzo 6<strong>04</strong>) <strong>Ger</strong>emia, non potendo entrare nel tempio e<br />

impedito di parlare all’assemblea radunata, diede il volume all’amico Baruc e gli dettò gli<br />

1 Cf. testo: Vogt, pp. 4ss; Eissfeld, Introduzione.


oracoli, che dalla sua vocazione fino al tempo presente (627-6<strong>04</strong>) aveva annunziato e che,<br />

letti nel tempio davanti al popolo, potevano muovere Giuda alla conversione.<br />

36,9: «Nell’anno 5° di Joiaqîm, mese 9°» (dic. 6<strong>04</strong>) Baruch legge le parole del Signore nel tempio,<br />

ma Joiaqîm per disprezzo brucia il volume. <strong>Ger</strong>emia e Baruch dovettero nascondersi.<br />

Di molte altre parole del profeta la datazione si può dedurre da soli indizi, con probabilità<br />

maggiore o minore. La difficoltà di ricostruire la vita di <strong>Ger</strong>emia cresce a causa del carattere<br />

del libro. In qualche testo appare una vaga disposizione cronologica, ma molti certamente<br />

non sono in ordine cronologico. Ciò deriva dal modo in cui il libro di <strong>Ger</strong>emia nello<br />

scorrere del tempo assunse la sua forma attuale.<br />

Alcuni dati schematici sull’attività del profeta.<br />

1) Giosia (626-609): fase durata dalla vocazione al 622/21<br />

a) La vocazione (<strong>Ger</strong> 1)<br />

- un messaggio di giudizio e di speranza (1,10)<br />

- caratteri: centralità della parola (1,2.4.6.11.12; 15,15; 20,8) minore lo sviluppo della visione<br />

(1,11-13); carattere personale della relazione con Dio (vv.5.17; 15,16: legame stretto e dolce, ma<br />

schiacciante, cf. 20,7 e le «confessioni»); effetti universali (vv.5.10: sulla nazione e sulle nazioni).<br />

b) Prima della riforma di Giosia: denuncia l’apostasia e invita alla conversione.<br />

- Elementi tipici. Politico: inizia la minaccia del «nemico del nord»; da punto di vista storicotradizionale<br />

riflette le tradizioni del nord (esodo, patto del Sinai, conquista di Canaan).<br />

- Stilisticamente: conserva le forme classiche e rivela la dipendenza da Osea; ma tende a scomparire la<br />

distinzione netta tra discorso profetico (parola di <strong>Ger</strong>) e oracolo divino (parola di Y).<br />

<strong>Ger</strong> 1-6 – contenuto<br />

a) 2,1-4,4: lamento di Dio “sposo” fine a se stesso (senza giudizio) con allusione al primo amore.<br />

Denuncia l’apostasia (già in un passato lontano, 2,20; è infedeltà di tipo cultuale, in secondo piano<br />

la violazione di ordinamenti giuridici) e invita alla conversione. Stile: discorso processuale<br />

con difesa e accusa; si esaurisce nell’accusa di JHWH e nella riflessione sull’incredibilità<br />

dell’apostasia. Predominano il lamento e la sofferenza: esprime i sentimenti di Dio.<br />

b) 4,5-5,6: dolore del profeta – oracoli di guerra. Il tono è più violento, ma il giudizio non è al centro,<br />

prevale il tono di allarme e si avverte il sentimento di solidarietà con il popolo.<br />

Non è risolto il problema del rapporto tra JHWH e <strong>Ger</strong>usalemme/Giuda. Il profeta ha il compito<br />

di mettere in guardia: frequente è l’esortazione (<strong>Ger</strong> 4,14; cf 4,3s: arare, circoncidere il cuore).<br />

Nutre speranza di conversione per il regno settentrionale.<br />

c) Dopo la riforma di Giosia tace (622/21: «spazio bianco» nel suo ministero) in benevola aspettativa<br />

(cf. 22,15s, fa un elogio positivo del sovrano). Nutre un atteggiamento critico più che di opposizione<br />

verso la codificazione deuteronomistica (<strong>Ger</strong> 31: speranza e temi degli autori esilici,<br />

nuovo esodo).<br />

2) Joiaqîm (609-597)<br />

• Il re attua una politica filoegiziana, che il profeta giudica fallimentare, e un sincretismo religioso<br />

senza scrupoli: il profeta pronuncia un giudizio negativo sulla dinastia e sul tempio (cc.7 e 26).<br />

• Il popolo: la prospettiva è di condanna e rifiuto del popolo. È parola di giudizio (15,1-3) concretizzata<br />

in eventi (saccheggi: 17,3; strage di giovani: 11,22; esilio: 10,18; 13,8-10; 17,14; 7,29; 8,3)<br />

e in gesti profetici (la cintura marcita e i boccali di vino fracassati, 13,1-14; soprattutto la giara,<br />

19,10). Al profeta è negata persino l’intercessione, anche se talora rimane una speranza legata alla<br />

conversione (capp.18-20).<br />

Sorgono contrasti, diffamazione, accuse (bestemmia e disfattismo politico). Il risultato è rappresentato<br />

nelle «confessioni» (cf. sotto), segno di solitudine (silenzio di Dio e contrasto con il<br />

popolo) e di tensione tra la natura e tendenza intima del profeta (c.16). È il comportamento imposto<br />

dalla missione (= rovina, solitudine, sterilità).<br />

Effetto nel profeta: una fede essenziale (convinzione di una presenza, persistenza di una speranza<br />

di salvezza), religione interiore personale. L’interesse si porta dal messaggio al messaggero,<br />

la persona del profeta, la sua vita, le vicende; vita e predicazione sono intimamente connesse.<br />

2


• I popoli. «<strong>Ger</strong>emia scruta i movimenti sulla scena della politica mondiale» (Von Rad). Precisa il<br />

«nemico del nord» e consiglia la sottomissione. Ma contiene anche condanne contro i popoli con<br />

immagini di catastrofi belliche. Avviene una mutazione nell’oracolo della guerra santa di Israele: è<br />

una guerra di dimensioni universali.<br />

• Risultato: il rotolo letto da Baruc e la fuga; ne segue un secondo con aggiunte (<strong>Ger</strong> 36: 6<strong>04</strong>).<br />

3) Sedeqia (reggente 598)<br />

• Assedio e deportazione del re Jeconia (Jôjakîn) con la madre e la sua corte (598/97); Mattania-<br />

Sedeqia diviene reggente come vassallo di Babilonia. Problema di legittimità: chi è il re?<br />

• 597-587:<br />

- Situazione politica dilacerata: partito filoegiziano con i profeti e i sacerdoti di <strong>Ger</strong>usalemme.<br />

- Attività di <strong>Ger</strong>emia su due fronti:<br />

a) a <strong>Ger</strong>usalemme: contro i filoegiziani e i falsi profeti (27-28); rapporto del profeta coi «recabiti»<br />

(35; databile al 598);<br />

b) verso gli esiliati: le lettere (26.29). Il centro di gravità non è più <strong>Ger</strong>usalemme.<br />

• 2° assedio: <strong>Ger</strong>emia è accusato di disfattismo e gettato come traditore in una cisterna; è salvato dal<br />

re (37-39).<br />

- Due oracoli al re in cui prevede<br />

• La caduta della città perché Dio è contro: restano due vie, vita o morte, cioè resa o resistenza<br />

(21,1-10);<br />

• La cattura del re e la sua fine in Babilonia (34,1-7)<br />

- Intervento sulla liberazione (derôr) degli schiavi e il tentativo di ridurli ancora in schiavitù (34,8-<br />

22). Il profeta risponde che nessuno doveva essere schiavo.<br />

- Annunci di salvezza:<br />

• Compera il campo (32,43ss): il futuro riserva ancora vita, scambi, ecc.<br />

• Libro della consolazione, con la restaurazione (30-33): <strong>Ger</strong>usalemme al centro, il nuovo re<br />

davidico futuro, la nuova alleanza.<br />

- In esilio (42-44). Il profeta termina profugo in quell’Egitto che aveva sempre condannato.<br />

2. Il Testo<br />

- Per la formazione: cap.36 (tutto il problema in Eissfeldt, cf. NDTB e PEB, Lacy)<br />

- le confessioni: genere letterario ed espressione del dramma personale divenuto simbolico<br />

= carattere liturgico e nota autobiografica riletta in chiave simbolica, tipica<br />

- classificazione dei testi: oracoli autentici - biografia - rimaneggiamenti dtr.<br />

- attuale divisione – testo dei LXX e TM sono diversi per ordine e lunghezza.<br />

3. Teologia o messaggio di <strong>Ger</strong>emia<br />

A) LA SITUAZIONE SPIRITUALE DEL PROFETA: LE «CONFESSIONI»<br />

Il titolo. Riflette altre opere più recenti come le «Confessioni» di S. Agostino. Pone in primo<br />

piano l’«io» del profeta: l’attenzione si sposta dal messaggio al messaggero. Vita e predicazione<br />

sono intimamente connesse. Le «lamentazioni» sono «dialogo» con JHWH. Non<br />

discorso di Dio agli uomini, ma piuttosto la registrazione del colloquio del cuore con se<br />

stesso e con Dio 2 .<br />

Le interpretazioni dei testi sono state diverse. Quella psicologica di S. Skinner viene equilibrata<br />

dal fatto che le confessioni richiamano il genere letterario della «lamentazione»<br />

presente nei salmi. Von Rad unisce l’uno e l’altro aspetto: si riferiscono a un avvenimento<br />

capitale successo tra JHWH e il profeta, ma il suo dolore diventa esemplare, tipico, per tutto<br />

Israele, la sua esperienza divenne un «simbolo» per tutto il popolo. Nell’attuale forma le<br />

2 Cf G. VON RAD, o.c., p. 238.<br />

3


confessioni riflettono sia la crescita interiore del profeta sia la rilettura posteriore del<br />

dramma dell’esilio e della comunità fedele del postesilio nel suo sconforto al ritorno e, più<br />

tardi, nel conflitto con gli empi.<br />

I testi. Si tratta di sei pericopi inserite tra il c.11 e il c.20:<br />

1 - 11,18-23 = lamento (come agnello) e richiesta di protezione contro gli uomini di Anatot.<br />

2 - 12,1-5 = dialogo e domanda sulla retribuzione. Il Signore risponde e alla fine annulla<br />

la domanda con una controdomanda (v.5): <strong>Ger</strong> è solo all’inizio della tribolazione e non<br />

deve lamentarsi degli enigmi.<br />

3 - 15,10-21 = schema liturgico con lamento e risposta con oracolo di salvezza, rinnovo<br />

della vocazione; la novità è nella interiorità: 10-18 = dolore senza fine, piaga incurabile;<br />

19-21 = anche il profeta deve ritornare a Dio per distinguere ciò che è prezioso.<br />

4-5 - 17,14-18 e 18,16-23 o 5-18 = lamentazioni con imprecazione.<br />

6 - 20,7-18 = oscurità totale, varchi verso la speranza.<br />

Significato<br />

• Le confessioni rivelano un aspetto della fede meno considerato: il rischio della disperazione<br />

a causa di elementi oscuri che il profeta non è in grado di dominare. Il fatto ci<br />

scandalizza, ma rivela che la fede non è solo consolazione, è anche dramma che non toglie<br />

l’incertezza e il sentire umano.<br />

• Attestano il carattere complesso della comunicazione profetica in tempo di crisi. Paradossalmente,<br />

colui che aveva ricevuto nella sua bocca la parola di Dio e si era impegnato<br />

totalmente nella sua missione, prende le distanze dalla propria vocazione e pone a<br />

Dio le domande più radicali facendosi interprete delle obiezioni del popolo (cf. 12,1ss).<br />

La situazione<br />

<strong>Ger</strong>emia cerca i segni nascosti di Dio nel conflitto tra un carattere mite e sensibile che<br />

ama la vita e la missione di annunciare l’ira di Dio, tra un sentire profondo di Dio (il fuoco<br />

gli arde dentro, «mi hai sedotto») e la quasi impossibilità di cogliere i segni nuovi in un trapasso<br />

culturale senza precedenti, che divide profondamente i contendenti, politici e religiosi.<br />

La successione dei testi rivela come l’oscurità aumenti e, di volta in volta, penetri<br />

sempre più profondamente nel profeta. Egli rimane solo: nel silenzio di Dio, senza moglie<br />

e bambini, segno di un futuro senza memoria, senza un gruppo di persone amiche tra<br />

le quali potersi riposare (16,1-13). È un dolore senza fine (15,18), fino a maledire il giorno<br />

della nascita e a considerare disgrazia l’essere profeta e l’avere sulle labbra la parola<br />

di Dio. I suoi giorni finiscono nella vergogna (20,7-18). Come abbia fatto a continuare è<br />

il mistero di <strong>Ger</strong>emia, come Dio l’abbia condotto in tale «notte atroce» è il mistero di Dio<br />

(Von Rad). «Sei divenuto per me un torrente dalle acque infide» (cf. 15,10-21): egli<br />

chiama in causa Dio, lo accusa e si lamenta. Tutta la vita diviene dialogo e discussione<br />

con lui sul proprio compito e sulle difficoltà incontrate.<br />

La risposta, articolata, è indicazione di una strada da percorrere.<br />

La prima risposta è paradossale. Il compito è difficile; al profeta che non comprende più<br />

il senso degli avvenimenti resta solo una possibilità, la perseveranza e resistenza, oppure<br />

Dio lo rigetterà come il resto del popolo. Si prepari ad affrontare prove più forti (cf. 12,1-5).<br />

Avrà compiti particolari di discernimento (15,19): come «racimolatore» deve cercare i<br />

grappoli sfuggiti ai vendemmiatori (6,9), cioè fare attenzione ai frutti nascosti del bene<br />

presenti nel popolo «vigna» (cf. Is 5), anche se la sua risposta, impaziente, fu che era inu-<br />

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tile cercare; come il «saggiatore» deve tentare, se possibile, di staccare le scorie dal metallo,<br />

anche se egli stima la cosa impossibile (6,27-30; 15,19-20). La situazione lo obbliga<br />

a dirigersi verso l’aspetto oscuro, incontrollato e inattuabile. In questo senso il profeta<br />

stesso deve ritornare a Dio, convertirsi per divenire «muro di bronzo», essere salvato o<br />

liberato da Dio; invocare (oltre a credere) notte e giorno, oltre ogni speranza.<br />

Il desiderio di morte e la maledizione del giorno della nascita (cf Gb 3) comportano<br />

l’interrogativo sul senso della vita. La risposta esauriente non può venire da colui che si pone<br />

la domanda, egli può riceverla solo da un altro che viene interpellato (cf. i diversi dialoghi,<br />

interrogazioni, risposte): viene sempre da Dio, al quale il profeta, saggiamente, rivolge<br />

il lamento. Anzi continuerà a intercedere per il popolo, benché comprenda che è un compito<br />

ormai inutile (14,11-12. 17ss).<br />

Il dolore del profeta ha valore redentivo (14,17-22) ed è misura del dolore di Dio nel<br />

«demolire ciò che ha edificato e nello sradicare ciò che ha piantato» (31, 28 e 45, 4).<br />

La risposta finale è una sola, e sarà un’esperienza. Nell’oscurità il profeta avverte una<br />

presenza: «Il Signore è al mio fianco come un eroe valoroso» (20,11); «Io sono con te per<br />

salvarti e liberarti» (15,20s). Questo è sufficiente. Dio è sceso con lui nella sua miseria. Ha<br />

trasformato lui, profeta non ideale, in un muro di bronzo indistruttibile (1,18; 15,20), in attesa<br />

che la Parola si compia (1,12s).<br />

B) IL MINISTERO <strong>PROFETI</strong>CO 3<br />

Il profeta appare esenzialmente portatore della Parola: «Pongo le mie parole sulla tua bocca»<br />

(1,9). La Parola è centrale nel suo ministero, meno la visione; e non vi è traccia di estatismo.<br />

Essa lo raggiunge e ne invade la vita; egli diviene mediatore della potenza di Dio che<br />

lo investe (efficacia della Parola). Il fatto comporta nuovi elementi nel suo ministero profetico,<br />

la sua figura assume alcuni connotati specifici.<br />

1) <strong>Ger</strong>emia è il vero profeta «simile a Mosè»<br />

Mosè ne è il modello: ha le parole di Dio sulla sua bocca (Dt 18,18 con <strong>Ger</strong> 1,7.9, cf. Es<br />

4,12). Il contesto, deuteronomistico, della vocazione mette in rilievo la funzione mediatrice<br />

del profeta che ha la sorgente nella mediazione di Mosè (Dt 18,16-18, cf. 5,22-31).<br />

Come Mosè polemizza con i falsi profeti, contro le false sicurezze di pace e la idolatrica<br />

fiducia nel tempio (<strong>Ger</strong> 7,1-15): il vero profeta è inviato da JHWH, che gli parla (23,21) e<br />

l’ha innalzato a partecipare al suo consiglio (23,18-22); parla quindi in nome di JHWH con<br />

una parola efficace (23,28; 28, 8-9: non sogni fatui, ma «martello»). Sono criteri labili per i<br />

contemporanei, ma che hanno fondato la sua credibilità nella storia.<br />

È costituito nabî’: con lui il titolo esce dall’ambiguità (cf Am 7,14 che non si identifica<br />

con gli altri nabî’), perché la sua autorità è fondata sulla mediazione mosaica.<br />

2) Il profeta «procuratore» universale (<strong>Ger</strong> 1,5.10)<br />

Il verbo con cui il profeta è «costituito (hipqadtîka, hifil di דַקָפּ) sui popoli e sopra i regni»<br />

è usato per Godolia, il governatore (40,5.7.11; 41,2.8). Sostituito in un certo senso alle<br />

autorità che vengono meno al loro compito, il profeta assume il compito di rappresentare il<br />

Signore e di concretizzare la sua azione: eseguire e realizzare ciò che emerge dalla parola di<br />

Dio (18,7-9).<br />

La sua missione ha dimensioni universali: laggôyyîm, ‘al haggôyyîm. La formula annuncia<br />

sia i grandi interventi di <strong>Ger</strong>emia in Giuda caratterizzati dalla evoluzione della politica<br />

internazionale, sia gli oracoli destinati alle nazioni straniere (‘al haggôyyîm afferma un<br />

vero potere sulle nazioni e i loro regni per l’efficacia della Parola). Anche la parola profeti-<br />

3 Le presenti note sono riassunte da J. AUNEAU, I profeti e i libri profetici (PEB 4), pp. 190ss.<br />

5


ca «scritta» conferisce dimensione universale al suo ministero, lo strappa dai limiti di Israele<br />

e dal breve istante della vita di questo popolo; prolunga la sua voce, ne rivela e diffonde<br />

il carattere di perennità e universalità.<br />

3) La mediazione profetica e i suoi aspetti contradditori<br />

Le confessioni hanno posto in rilievo la sofferenza del profeta, ma anche l’esperienza<br />

nuova di Dio che lo salva e libera (20,11; 15,10) e che «veglia» sulla sua Parola per compierla<br />

(1,11-13). La sua mediazione passa dalla gioia e dolcezza della Parola «divorata» con<br />

avidità (15,16) alla frustrazione che lo rende, sempre a causa della Parola, oggetto di scherno<br />

e di obbrobrio (20,8). Allora Dio appare «infido» e «incostante» (15,18), assente dalle<br />

vicende umane.<br />

Risalta il paradosso dell’esistenza profetica: uomo della crisi rappresenta in sé le due<br />

forze opposte, Dio e il popolo. Da una parte, impersona il dolore e lo sdegno di Dio, che lo<br />

spinge ad annunciare distruzione, violenza, oppressione (20,8), dall’altra l’elezione di Israele:<br />

diviene oggetto di consacrazione (1,5). Tutta la vita è segno della situazione del popolo<br />

(16,1-13, cf. <strong>Ez</strong> 12). Rifiutarlo significa rovina.<br />

Anche la comunicazione del messaggio divino è dialettica: il testo sottolinea le difficoltà<br />

storiche nella trasmissione della Parola (cf. <strong>Ger</strong> 36); da parte sua il profeta, reagendo al<br />

messaggio ricevuto, rivolge a Dio le sue domande e i suoi dubbi (12,1-4): sono le stesse obiezioni<br />

del popolo che egli integra nel suo discorso.<br />

4) Il profeta e la Parola - Parola di Dio e parole del profeta<br />

In <strong>Ger</strong>emia appare dominante il compito di ricevere, annunciare (comunicare) e realizzare<br />

la parola di JHWH. L’attenzione alle formule guida alla comprensione del problema.<br />

4.1. Il profeta uomo della parola (18,18)<br />

<strong>Ger</strong>emia lotta a favore della rivelazione profetica contro le pratiche pagane e i modelli<br />

di rivelazione ereditati da antiche tradizioni: divinazione, magia, incantesimi, sortilegi, evocazioni<br />

di spettri o necromanzia (Dt 18,10-11, cf. <strong>Ger</strong> 27,9; <strong>Ez</strong> 21,26-27). A lui è riservato<br />

il compito di ricevere e comunicare la Parola. Non fu un profeta invasato da uno spirito estatico,<br />

egli ha la parola di Dio sulla bocca (1,9), con il compito di comunicarla in ogni occasione:<br />

cf. le formule: «dare e ascoltare la parola» (1,9; 5,14); «parlare, annunciare, proclamare,<br />

profetizzare, ordinare, venire, fare, prestare attenzione, scrivere, bruciare, vedere,<br />

domandare e nascondere, rispondere».<br />

4.2. relazione del profeta con la parola di Jhwh<br />

La formula «Parola di JHWH», rara nei profeti del sec. VIII (solo in passi redazionali),<br />

emerge alla fine del sec. VII sotto l’influsso del movimento deuteronomistico. La relazione<br />

del profeta con la Parola è espressa in alcune formule.<br />

a. È afferrato dalla parola – la parola-evento. Le Formule: «ciò che è accaduto come parola<br />

di JHWH a <strong>Ger</strong>emia» (1,2; 14,1); «la parola che è accaduta a <strong>Ger</strong>emia da parte di JHWH<br />

in questi termini» (7,1; 11,1); «e mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini»<br />

(1,4.11.13; 2,1). Rivelano un aspetto della coscienza profetica: l’irruzione della parola divina<br />

nell’esistenza del profeta, che si impadronisce di lui come un fuoco divoratore (5,14;<br />

23,29) provocandone la reazione.<br />

b. È latore di un messaggio – parola come messaggio di JHWH. Formula: «così parla<br />

JHWH»; ’amar (cf. Ug ’mr I «essere visibile, vedere»). Sottolinea il carattere di comunicazione<br />

divina, orienta verso il contenuto della dichiarazione (cf. «per dire», inf. cs). «Il verbo<br />

utilizzato non insiste sull’atto del dire. Piuttosto attira l’attenzione su ciò che è detto e introduce<br />

un enunciato che può essere compreso dal destinatario» (p.193).<br />

6


c. È messaggio garantito da Dio = la garanzia e autorità oracolare: Formula: «Oracolo<br />

di JHWH». Appare in Nm 24,3-4.15-16 (Balaam) e con Amos. In <strong>Ger</strong>emia l’uso è frequente<br />

e diversificato: - a conclusione di un enunciato = significato ordinario; - a introduzione =<br />

può sottolineare l’importanza di un giuramento, di una provocazione, di una parola escatologica;<br />

- nel mezzo di un discorso o legata a delle aggiunte o secondaria in un testo.<br />

d. Con mediazione umana = la parola di JHWH e le parole di <strong>Ger</strong>emia. Vi è infatti una<br />

dualità di interpretazione (cf <strong>Ger</strong> 36): quanto è letto viene definito sia «parola di JHWH»<br />

(v.8), sia «parole di <strong>Ger</strong>emia» (v.10). Sono le parole dettate da <strong>Ger</strong>emia a Baruc.<br />

L’accostamento evidenzia un fatto decisivo: la «parola creatrice della storia» diventa effettiva<br />

attraverso una mediazione umana. «Il libro di <strong>Ger</strong>emia esprime con vigore il legame<br />

privilegiato della parola profetica alla Parola di JHWH, e i suoi editori hanno toccato un<br />

punto essenziale invitando a leggerla nelle parole di <strong>Ger</strong>emia» (Auneau, p.194).<br />

4.3. La parola è efficace<br />

Agisce nella storia, perché Dio veglia sulla sua parola per compierla (23,20). In <strong>Ger</strong> 36,<br />

l’episodio riflette il trionfo della parola di Dio sugli oppositori. Non trae efficacia dal fatto<br />

che il profeta la pronuncia, ma da Dio che la invia. È «fuoco» e «martello» che produce gli<br />

effetti che annuncia, diversamente dai sogni fatui, o dalle fantasie del cuore proclamate dai<br />

falsi profeti (23,9-40). Solo alla fine si comprenderà tutto! (23,20).<br />

Tre immagini esprimono l’efficacia: il mandorlo fiorito (1,11-12): evoca la continuità<br />

della storia che sembrava arrestarsi, sebbene possa contenere anche un’allusione negativa (è<br />

solo un ramo, cf. il «resto»); la pantera (5,6) che vigila sulla città per sbranare chiunque ne<br />

esca: non è rassicurante; destina alla sventura gli idolatri rifugiatisi in Egitto (44,27); il vasaio<br />

(18,1-12): Dio agisce con la parola capace di distruggere come di costruire (cf. 1,10);<br />

l’immagine pone in risalto la libertà divina e la disponibilità umana.<br />

4.4. La parola nella storia: distrugge ed edifica<br />

Acquista la forza di minaccia e benedizione, disgregazione e speranza (1,10; 18,7-10;<br />

24,5-7; 31,27-28; 42,9-10; 45,4). Più che due tappe il fatto testimonia il dinamismo della<br />

Parola, i cui effetti sono di Dio, oltre la forza dell’uomo.<br />

A. È parola distruttrice, critica: «sradicare e abbattere, distruggere e demolire» (1,10). La<br />

speranza è diventata umanamente impossibile. Il libro di <strong>Ger</strong>emia sottolinea frequentemente<br />

l’aspetto negativo: tutti sono colpevoli «dal più piccolo al più grande» (6,13 = 8,10).<br />

Contiene le denunce più diversificate, numerose e generalizzate di ogni altro libro profetico.<br />

1 - L’ignoranza di Dio. L’esperienza religiosa essenziale è «conoscere Dio» (formula sapienziale):<br />

<strong>Ger</strong> 9,23, avere l’intelligenza e conoscere JHWH, lui che mette in opera sulla terra<br />

la misericordia, il diritto e la giustizia (cf. Os 6,6; Is 11,9). Ma il popolo è stolto, senza<br />

intelligenza, non conosce Dio (4,22), che equivale ad abbandono e dimenticanza, sia nel<br />

culto (= gli dei stranieri: 1,16; 2,18.36-37, ecc.) che nella vita sociale (avidità e interesse<br />

personale, menzogna e calunnia, diritto calpestato).<br />

L’attenzione alle conseguenze sociali è parte integrante del ministero profetico, che le<br />

collega all’alleanza (sulle relazioni personali, cf. <strong>Ger</strong> 9,1-8; sui gruppi sociali minacciati<br />

<strong>Ger</strong> 5,20-29; sull’esercizio del potere <strong>Ger</strong> 22,13-19).<br />

2 - Il fallimento delle istituzioni. Il fallimento dell’alleanza è generale, ma è rimproverato<br />

soprattutto alle guide del popolo. Perciò il ritorno a Dio è molto improbabile.<br />

• Il re, al quale spetta la giustizia e diritto (22,15), con le sue mancanze pregiudica l’istituzione<br />

stessa. Le diverse riletture hanno preparato la comunità ebraica a vivere senza la<br />

monarchia: forse si è in presenza di due concezioni ancorate a tradizioni diverse, l’alleanza<br />

mosaica e l’alleanza davidica e regale che sta vacillando (W.A. Brueggemann).<br />

7


• I sacerdoti, ai quali spetta il compito di trasmettere la tôrāh, per la loro negligenza fanno<br />

perdere al popolo i punti di riferimento (2,8; 8,8-9), mentre il culto nel tempio diventa<br />

inefficace per l’assenza di condizioni morali (7,5-6).<br />

• I profeti consegnano parole menzognere.<br />

3 - Il «pessimismo antropologico». Il profeta coglie la profondità radicale del peccato<br />

nell’uomo. Tre immagini lo esprimono: a) la potassa incapace di togliere la macchia dell’iniquità<br />

(2,21s); b) l’etiope e la pantera incapaci di cambiare pelle = di compiere il bene<br />

(13,23); c) il cuore ostinato (9,13; 13,10; 23,17), cattivo (3,17; 7,24; 11,8; 16,12; 18,12): «Il<br />

peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro, con una punta di diamante è inciso sulla tavola<br />

del loro cuore e sugli angoli dei loro altari» (17,1). Il cuore dell’uomo è perfido e incurabile,<br />

molto difficile da conoscere (17,9).<br />

Dal peccato deriva il caos. L’alleanza è infranta (31,32), solo Dio può ricordarsi<br />

dell’amore antico (2,2-3; 30,1ss). <strong>Ger</strong>emia prolunga Osea. L’abbandono di Dio, sorgente<br />

della vita, compromette l’equilibrio della creazione (5,25): la pioggia è trattenuta (3,3), il<br />

paese è inaridito e gli animali periscono (12,14; 23,10). È giunto il momento della sentenza,<br />

assimilato a un ritorno al caos (cf. 4,23-26). Solo Dio può fare una «nuova creazione».<br />

B. È parola restauratrice: «costruire e piantare» (1,10). La distruzione non è l’ultima parola.<br />

Solo Dio può restaurare l’alleanza infranta, ponendo la relazione duratura su altre basi.<br />

L’annuncio è introdotto da alcune formule: «Ecco venire giorni» + «Oracolo di JHWH» con<br />

l’oggetto di restaurazione in un futuro lontano: «in quei giorni», «in quel tempo», «alla fine<br />

dei giorni», «dopo quei giorni» (unico caso, 31,33). L’oggetto della restaurazione è triplice:<br />

1 – Ritorno e riunificazione dei dispersi. Sono atti di misericordia di JHWH che ha deciso di<br />

«costruire e piantare»; il gesto supera l’esodo dall’Egitto (16,14-15=23,7-8).<br />

Ritorno: rivolto all’Israele del nord, è applicato ai deportati di Babilonia negli stadi più<br />

tardivi della redazione (31,8-9).<br />

Riunificazione: nell’immagine di «Dio pastore» (23,3); oltre Babilonia si ricordano anche<br />

tutti i luoghi di dispersione (29,14).<br />

2 – La nuova alleanza (31,31-34, unica volta in cui appare l’espressione). Prende atto della<br />

rottura dell’antica alleanza e registra il fallimento della riforma deuteronomica. Il popolo è<br />

«ricreato» su nuove basi: la legge scritta nel cuore (v.33, cf. 24,7; 32,39-40); la formula di<br />

alleanza realizzata (v.33) in reciprocità totale tra JHWH e Israele; la conoscenza di Dio,<br />

chiave dell’esistenza religiosa, estesa a tutti, senza passare attraverso la mediazione di un<br />

insegnamento (v.34); il perdono universale dei peccati (v.34): cancella l’iscrizione dei peccati<br />

sulla tavola del cuore (17,1).<br />

3 – Il rinnovamento della vita religiosa (32,36-41) nei seguenti tratti: a) trasformazione delle<br />

istituzioni di mediazione che hanno fallito; rimangono in penombra a favore di tutto il<br />

popolo; il culto non fa parte delle preoccupazioni (arca 3,16-17 e sacrifici 21-23 sono reinterpretati);<br />

la figura davidica rimane, ma diminuita (3,16-17; 23,5-6), b) nuova creazione =<br />

approfondimento dell’alleanza con la fede nel Dio creatore che garantisce all’alleanza la<br />

continuità dell’ordine del mondo (31,35-37; 33,20-21; 32,40: «alleanza eterna»); c) nuovo<br />

volto di Dio: per amore ricrea il suo popolo e perdona i peccati; è Signore della storia e della<br />

terra, ma si rivela nel paradosso di una parola distruttrice e creatrice; e l’uomo avverte la<br />

dura sensazione di un’alternanza tra presenza e assenza di Dio: «sarei io un Dio solo da vicino<br />

- oracolo di JHWH - da lontano non sarei un Dio?» (23,23).<br />

8


ESEGESI<br />

I – Vocazione e missione di <strong>Ger</strong>emia: <strong>Ger</strong> 1,1-19<br />

TITOLO: 1,1-3 – I primi tre versetti del libro presentano la figura e la attività del profeta.<br />

<strong>Ger</strong>emia è sacerdote di Anatot-Benianimo (cf. 1Re 2,26-27; Ebiatar?). Il tempo della sua attività<br />

sotto tre re: dal 626 al 587 a.C. = 626 vocazione (13° anno di Giosia: 640-609, con la<br />

riforma dal 622), Joiaqim (609-597), 587 (11° anno di Sedecia, sua deportazione). Sin<br />

dall’inizio prevalgono le «parole» sulle «visioni».<br />

VOCAZIONE E MISSIONE: 1,4-19 (nuova vocazione in 15,10-21). Introduce a tutto il libro<br />

sottolineando gli aspetti fondamentali della missione del profeta.<br />

STRUTTURA<br />

Due parti con due oracoli paralleli e complementari, pronunciati forse in più tempi, e una<br />

inserzione con due visioni. Quattro volte il testo ripete: «Il Signore mi disse»; al centro sono<br />

la Parola e l’ascolto. vv.4-10 vocazione (627, Dio lo costringe soavemente); vv.11-16 inserzione,<br />

centrale, con due visioni (mandorlo e caldaia) e relativa spiegazione (vv. 11-12. 13-<br />

16); vv.17-19 la seconda visione si allaccia per immagini alla missione (con Joiaqîm)<br />

ESEGESI<br />

VOCAZIONE: 1,4-10<br />

Per il genere letterario, cf. Es 3-4; 1Sam 3; Is 6; <strong>Ez</strong> 1-3. Al v.4 manca la teofania, subito è la<br />

«Parola del Signore».<br />

ELEZIONE, CONSACRAZIONE, COSTITUZIONE (cf i tre verbi): v.5<br />

a. Elezione: «ti ho conosciuto». Stabilisce una relazione personale. Precede l’esistenza e<br />

l’afferra tutta (cf. convergenza e differenza con Is 49,5; Gal 1,15ss; Rm 8,29; Gdc 13,5.7<br />

Sansone e Lc 1,15 Giovanni il Battista) come se la fondasse (Rm 4,17): si va all’inizio assoluto.<br />

Il profeta prima di essere concepito è eletto/conosciuto da Dio, nel seno della madre è<br />

consacrato, predestinato a una missione specifica nella storia. Se la vocazione fonda<br />

l’esistenza, un giorno la missione potrà divorarla e consumarla come un fuoco. Lo comprenderemo<br />

nel corso del libro.<br />

b. Consacrazione: «ti ho consacrato». È separare per avvicinare a sé (At 13,2; Rm 1,1; Gal<br />

1,15). Il profeta è riservato per una missione. Due azioni divine: conoscere e consacrare,<br />

cioè predestinare e avvicinare per una missione.<br />

c. Costituzione: «ti ho posto», «stabilito». Emerge la dimensione universale (cf. v.10): nabi’<br />

laggoyyîm. Oltre a Israele, di fatto, <strong>Ger</strong>emia pronuncerà oracoli sugli altri popoli; storicamente<br />

il popolo è inserito nella storia di altre nazioni (come Mosè, modello profetico, inviato<br />

al Faraone).<br />

OBIEZIONE E RISPOSTA: vv.6-8<br />

Obiezione di fronte alla difficoltà dell’impresa: «Ah!, Signore mio, JHWH, ecco non so<br />

parlare perché sono giovane». «Sono giovane» va inteso, probabilmente, con «non ho<br />

l’autorità» o «non ho l’esperienza». Oggetto dell’obiezione è la parola, perché il profeta è<br />

uomo della parola, ma l’obiezione nasconde qualcos’altro di più serio che emerge dalla risposta<br />

(vv.7-8), data in due tempi e introdotta da «non dire sono giovane», per dire che<br />

«chiunque può essere profeta», perché Dio sospinge. A) «Va’ e annunzia» è imperativo categorico,<br />

che pone <strong>Ger</strong>emia come inviato di Dio, parla a nome di un altro (pro-feta), dovrà<br />

9


farlo con obbedienza e coraggio. È missione con destinatari (‘al) e oggetto (’et = la Parola):<br />

«a chiunque ti invio, va’, e parla, qualunque cosa ti ordinerò di dire». B) «Non temere»<br />

(v.8) allude agli ostacoli, ma offre la promessa di liberazione («Sono con te – come Mosè,<br />

Es 3,7s – per liberarti», cf. v.19b e 20,11).<br />

RITO CONSACRATORIO: vv.9-10<br />

Comprende gesto e parola (cf. Is 6; <strong>Ez</strong> 2): a) Il Signore tende la mano e tocca il profeta sulla<br />

bocca (v.9a). È purificazione (cf. Is e i carboni ardenti accesi sulle labbra) e abilitazione. b)<br />

Parola (vv.9b-10): Dio pone le sue parole sulla bocca di <strong>Ger</strong>emia (cf. Es 4,1ss; non è un<br />

profeta estatico). Designa il contenuto del messaggio (cf. 2 Sam 14,3; 23,2; Is 59,21): il<br />

profeta offrirà la parola di Dio con la mediazione della sua bocca umana.<br />

* hipqadtîkā… ‘al haggôyyîm/םׅיּוֹגַּה.לַע... . ךָיתְדַקְפ ׅ ׅה.<br />

‘al (cf v.7) indica la destinazione e lo spazio, anche il potere in cui si sviluppa l’incarico: è missione<br />

universale (i popoli).<br />

Il verbo paqad/דַקָפּ richiama l’incarico di «governatore» dato a Godolia (תא דיקְפ ׅ ׅה, 2Re 25,23). Nella<br />

Bibbia ha il significato di «visitare» per controllo, ispezione, osservazione attenta; implica la preoccupazione<br />

che «tutto proceda bene», perciò «passare in rassegna, censire e registrare». Dunque responsabilità<br />

di vigilare, controllare, anche castigare le irregolarità. L’incarico ha un valore pubblico,<br />

riconosciuto, pronunciato solennemente (1 a . persona) dalla legittima autorità in situazione adeguata 4 .<br />

Il profeta appare «procuratore» universale, «luogotenente di Dio sui popoli», governatore<br />

in suo nome: sicuro e forte con l’autorità di Dio, debole come la parola di un uomo che<br />

non può nulla se non proclamare. Le sue armi e la sua potenza sono nella parola.<br />

È incarico subordinato all’inviante; a lui deve rendere conto, da lui spera l’aiuto indispensabile.<br />

Il testo non detta le parole alla lettera, ma designa il compito. Il messaggero<br />

stesso dovrà elaborare il messaggio, dopo aver ricevuto l’ispirazione. <strong>Ez</strong>echiele assimila la<br />

Parola prima di pronunciarla (<strong>Ez</strong> 2-3). <strong>Ger</strong>emia la sente dentro come fuoco nelle ossa (<strong>Ger</strong><br />

20,9). In Isaia il discepolo fedele è attento: Dio lo desta ogni mattina ed egli si lascia destare<br />

per annunciare la parola convincente che ridesti la comunità (Is 50,4s).<br />

La parola è potente con effetto dialettico, negativo (4 verbi) e positivo (2 verbi).<br />

L’attività profetica è espressa in termini agricoli e urbani. In <strong>Ger</strong> 36 si cercherà di distruggerla<br />

(bruciarla) per renderla inoffensiva.<br />

VISIONE 1,11-12 (+ 13-16: questa visione si accorda con l’oracolo seguente)<br />

Comprende due oracoli nella forma detta «visione con spiegazione» (cf. Am 7-8); è rivelazione<br />

in due tempi: simbolo e interpretazione. La spiegazione originale potrebbe essere<br />

stretta rispetto al simbolo, che rimane aperto e capace di ulteriori suggestioni di senso.<br />

Prima visione: un ramo di mandorlo (vv.11-12). Il testo ebraico offre un gioco di parole<br />

(paronomasia): šāqēd/דֵקָשׁ (mandorlo), kî šōqēd ’ānî/יִנֲא דֵק ֺשׁ יִכ (vigilo). Dio vigila sulla sua<br />

parola «per compierla». Il profeta ne diviene il portatore; essa si imporrà al popolo con la<br />

sua mediazione, perché Dio ne garantisce l’efficacia.<br />

L’immagine di Dio, che fa fiorire e fruttificare la parola nella stagione (Is 18,5; 55,10s),<br />

evoca la continuità della storia che sembrava arrestarsi; forse anche un’allusione tragica: un<br />

ramo (maqqēl/לֵקַּמ) non l’albero. Il segno può suonare come oscura minaccia (cf. 1Sam<br />

17,40-43; in alcuni testi redazionali la Parola annuncia la sventura: contro i fautori dell’idolatria<br />

rifugiatisi in Egitto, 44,27; immagine della pantera, 5,6). La parola contiene annientamento<br />

e salvezza.<br />

4 דקפּ + acc. pers. + לע / ב / ל, cf Gen 39,4.5; Num 1,50; 1Re 11,28; 2Re 7,18; <strong>Ger</strong> 1,10; 40,5-7.11; 41,2.18; 1Cr<br />

26,32. Per queste osservazioni, cf S. BRETON, Vocación y missión: formulario profetico (Analecta Biblica 111),<br />

pp. 102ss (“formule de nombramiento”).<br />

10


MISSIONE E OSTACOLI: 1,13-16.17-19<br />

Seconda visione: la caldaia (vv. 13-16) e immagine della città (cf v.18)<br />

- vv.13-14: La posizione della caldaia è da nord verso sud, verso Giuda (letteralmente: «la<br />

sua faccia dal nord»). Il liquido che esce dall’imboccatura inclinata prelude a un’invasione<br />

che «si rovescia dal nord» (v.14). Inizia a delineare il «nemico del Nord» come timore<br />

oscuro non precisato che molti snobberanno come fantomatico e fantasioso. Più tardi apparirà<br />

che si tratta dell’invasione di Babilonia.<br />

- v.15 specifica la visione (è aggiunta). Città, porte e mura assediate preparano l’immagine<br />

del profeta che saprà resistere come una città inespugnabile (vv.18s).<br />

- v.16 è ulteriore spiegazione: è l’esecuzione di una sentenza divina a causa dell’idolatria.<br />

Il tema degli «dei stranieri» è un Leitmotiv di Dt.<br />

Lo stile e il contenuto del testo richiama le «confessioni» (cf. 1,18-19 con 15,19-21). Dopo<br />

aver annunciato la calamità del settentrione, il profeta deve affrontare gli ostacoli.<br />

Nuovo inizio - nuova missione (v.17): «E tu». «Cingiti i fianchi/alzati». Il profeta deve prepararsi<br />

per il viaggio spedito (cf. Elia in 2Re 18) o per il combattimento (Gb 40,7) che lo attende.<br />

Egli deve superare il timore, fidando nell’alleanza, altrimenti sarà invaso dal terrore.<br />

Unica via d’uscita è il coraggio, la fedeltà, la resistenza («timor di Dio»).<br />

Nuova investitura: il profeta fortezza. (vv.18-19, cf. v.5). La battaglia contro di lui sarà inutile<br />

(cf. v.8), perché il profeta sarà una fortezza inespugnabile, una colonna inamovibile, un<br />

muro insuperabile:<br />

- lĕ‘îr mibṣār/רָצְב ׅמ ר ׅעְל, «come città fortificata» o fortezza;<br />

- ûlĕ‘ammûd barzel/לֶז ְרַבּ דוּמַּעְלוּ, «e come colonna di ferro» (LXX om.);<br />

- ûlĕhômot nĕḥôšet/תֶשֺׂחְנ תוֹמֹ חְלוּ, «e come muro di bronzo».<br />

Sarà invincibile, diversamente da <strong>Ger</strong>usalemme, a cui l’immagine appella (cf v.15). Cadrà<br />

la città capitale, apriranno brecce nelle sue mura, abbatteranno le sue colonne, ma il<br />

profeta, con l’aiuto di Dio, resisterà: attaccheranno, ma non vinceranno (v.18b, cf. 15,20 +<br />

20,16: nemico come città demolita). Così il Servo del Signore (Is 50,7 profeta come pietra)<br />

ed <strong>Ez</strong>echiele (<strong>Ez</strong> 2-3 faccia tosta, di pietra; cf Gb 6,12 pietra e bronzo).<br />

I nemici saranno le persone influenti del popolo: re, principi, sacerdoti e «il popolo del<br />

paese» (‘am hā’āreṣ/ץ ֶראָָה םַע). Questi ultimi sembrano appartenere alla classe dominante, i<br />

proprietari terrieri (v.18c) opposti ai poveri (dallat ‘am hā’āreṣ/ץ ֶראָָה םַע תַלַּד): l’epressione<br />

designa coloro che pongono sul trono Giosia e suo figlio (2Re 21,19-26; 23,30); 60 persone<br />

appartenenti a questa classe sono giustiziate (25,18-21, cf. 24,14 e 52,15).<br />

CONCLUSIONE<br />

Il primo capitolo narra la vocazione di <strong>Ger</strong>emia descrivendone – l’elezione e la costituzione<br />

come profeta: sarà la sua gloria e frustrazione; – la recezione del messaggio: visione e interpretazione,<br />

ispirazione e decodificazione; – l’invio o missione: lo prepara alla lotta contro<br />

gli ostacoli più duri, i capi e i potenti del popolo.<br />

Sono già delineati i caratteri fondamentali della vocazione: centralità della parola<br />

(vv.1.2.4.6.11.12, cf. 15,15; 20,8; meno importante è la visione (vv.11-13); carattere personale<br />

della relazione con Dio (vv.5.17, cf. 15,16): legame stretto e dolce, ma anche schiacciante<br />

seduzione (20,7 e le «confessioni»); effetti universali (inviato alle nazioni e alla nazione,<br />

vv.5.10) e contradditori: è chiamato per il giudizio e la speranza (i sei verbi, v.10).<br />

11


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U. NERI, Il libro di <strong>Ez</strong>echiele. Indicazioni letterarie e spirituali, EDB, Bologna 1999.<br />

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W. ZIMMERLI, <strong>Ez</strong>echiel (BKAT 13, 2 Bde.), Neukirchen-Vluyn 2 1979.<br />

Introduzione<br />

1. Nome e persona, opera 5<br />

- לאֵקְזֶחְי - «Dio fortifichi». Tre caratteri lo contraddistinguono: per origine e cultura è sacerdote<br />

(cf. 1,3); per condizione, deportato (Tel Aviv, 3,15; fiume Kebar, 1,1; casa e sposa,<br />

24,16ss); per vocazione, profeta (593 a.C., <strong>Ez</strong> 1-3, cf. esegesi).<br />

- Opera in due epoche e atteggiamenti: a) fino al 587: cc. 1-24 + 25-32 giudizio e castigo ;<br />

b) dopo il 587: cc. 33-48 speranza per la misericordia divina e salvezza. La svolta avviene<br />

quando “la città è caduta” (<strong>Ez</strong> 33,21).<br />

Vi è stata discussione tra gli autori su una duplice attività del profeta: a <strong>Ger</strong>usalemme e in<br />

Babilonia, oggi si è orientati per un unico luogo, Babilonia.<br />

- Dati biografici: poche sono le date esplicite, dal 593 al 573 6 .<br />

<strong>Ez</strong> 1,2: giugno/luglio 593 vocazione e visione del trono;<br />

<strong>Ez</strong> 8,1: agosto/settembre;<br />

<strong>Ez</strong> 20,1: luglio/agosto 591 storia religiosa di Israele;<br />

<strong>Ez</strong> 24,1: gennaio 588 inizio dell’assedio;<br />

<strong>Ez</strong> 26,1: gennaio/febbraio 586 oracolo contro Tiro;<br />

<strong>Ez</strong> 29,1: gennaio 587 oracolo contro l’Egitto;<br />

<strong>Ez</strong> 29,17: marzo/aprile 571 predizione della conquista dell’Egitto;<br />

<strong>Ez</strong> 30,20: marzo/aprile 587 frattura del braccio del faraone;<br />

<strong>Ez</strong> 31,1: maggio/giugno 587 oracolo contro il faraone;<br />

<strong>Ez</strong> 32,1: febbraio/marzo 585 lamento sul faraone;<br />

<strong>Ez</strong> 32,17: febbraio/marzo 585 il faraone nelle profondità della terra;<br />

<strong>Ez</strong> 33,21: gennaio 585 “la città è caduta”;<br />

<strong>Ez</strong> 40,1: marzo /aprile 573 visione del nuovo tempio.<br />

2. Il libro<br />

2.1. divisione<br />

5 Cf anche NDTB e G. CAPPELLETTO-M MILANI, o.c., pp.88-97.<br />

6 Cf J. BLENKINSOPP, <strong>Ez</strong>echiele, Claudiana, Torino 2006, p. 12<br />

12


Introduzione: vocazione e missione (1,1-3,21)<br />

1) giudizio: a) su <strong>Ger</strong>usalemme (3,22-24,27); b) sulle nazioni (25-32)<br />

2) salvezza e restaurazione: a) preparazione (33-39: prmessa di nuovi pastori, nuova alleanza,<br />

risurrezione, combattimento finale); b) realizzazione (40-48: nuovo tempio, città e culto)<br />

2.2. redazione – ipotesi<br />

a) Ricerca anteriore (19° sec.): dalla tesi del «diario» del profeta, alla pura pseudografia:<br />

scritto spirituale puramente fantastico<br />

b) Oggi, tre tesi si confrontano: La posizione più comune (Herrmann, Fohrer): 1) Non è un<br />

racconto continuato, ma una raccolta di singoli pezzi un tempo a sé stanti; 2) Lo stesso profeta<br />

iniziò la composizione; 3) Alcune aggiunte sono del R postesilico; si trovano anche alcuni<br />

testi non ezechielici (un criterio per classificare il materiale è costituito dalla datazione<br />

precisa o dalla datazione generica nel testo). La posizione radicale (Hölscher, Becker): quasi<br />

tutto il materiale del libro è da ritenere non autentico. È opera artificiosa, scritta a tavolino,<br />

con ordine e cronologia fittizie: 1) a <strong>Ez</strong> sono attribuiti solo alcuni poemi ritmici; 2) è<br />

opera redazionale a molti strati; 3) l’ambiente di origine è sacerdotale: «scritti polemici del<br />

sacerdozio sadocita, che rivendica i suoi privilegi contro le altre generazioni». La posizione<br />

mediana (Zimmerli, Lang): 1) il libro iniziò con <strong>Ez</strong>echiele, profeta e maestro; il nucleo di<br />

qualche unità risale al profeta stesso; 2) più tardi il materiale fu ulteriormente elaborato –<br />

in parte dal profeta, in parte dai discepoli – in diverse fasi; la più parte durante i 30 anni<br />

dell’attività del profeta, poi, fino al tempo della traduzione in Greco.<br />

2.3. Testo: il testo dei LXX è più corto (= altra redazione)<br />

3. Caratteristiche letterarie 7<br />

3.1. Le allegorie: sono quadri descrittivi o narrazioni in cui ogni elemento ha normalmente<br />

un proprio significato. Esempi: c. 15: la «vigna» è più paragone e parabola; il legno serve<br />

solo a essere bruciato come <strong>Ger</strong>usalemme (v.6); cc. 16 e 23: le due sorelle (storia simbolica<br />

di Israele); cc. 17 e 19: allegorie tipo, partono dal mondo animale e vegetale (aquila, leone).<br />

3.2. Le azioni simboliche, soprattutto nel primo ministero - Il profeta è coinvolto anima e<br />

corpo nel gesto, a iniziare dal suo essere muto.<br />

• Forma: atto, mimo. Sono pubbliche. Funzionano per analogia. Nella loro struttura completa<br />

comprendono tre elementi: 1° ordine, 2° esecuzione, 3° parola che esplicita il senso.<br />

• Vogliono provocare lo spettatore. Sottolineano la parola profetica garantendone la realizzazione:<br />

«Io l’ho detto e lo farò» (37,14).<br />

• Esempi: 3,22-27 (sentinella); 4,1-3 (tavoletta d’argilla con <strong>Ger</strong>usalemme assediata);<br />

4,4-8 (la teglia e lo sguardo fisso); 4,9-17 (giace su un fianco, sguardo fisso e braccio<br />

teso); 5,1-17 (il rasoio da barbiere); 12,1-16.17-20 (il bagaglio del deportato); 21,11-<br />

22.23-29 (la spada); 24,1-14 (la pentola, la morte della moglie).<br />

3.3. Le visioni: «visioni divine», mar’ôt (plurale, cf 1,1; 8,3; 40,2), per indicare una «grandiosa<br />

visione» (sg, Vogt). L’elemento visionario è importante in <strong>Ez</strong>echiele e per gli sviluppi<br />

della simbologia apocalittica 8 .<br />

11 Cf. J. ASURMENDI, in AAVV. I Profeti e i libri profetici (PEB 4), pp. 236ss.<br />

12 <strong>Ez</strong>echiele padre dell’apocalittica? Anche se egli appare ispiratore di immagini e tecniche (ad es. la necessità<br />

dell’intermediario esplicatore), rimane profeta. Cf la distinzione tra profeta e apocalittico in G. CAPPELLETTO-M.<br />

MILANI, In ascolto dei profeti e dei sapienti, Ed Messaggero, Padova 4 2010, pp. 157.<br />

13


- Sono quattro: 1,1-3,15 (vocazione: legittima la sua missione); 8-11 (svelamento dei peccati,<br />

partenza della gloria di JHWH e castigo di <strong>Ger</strong>usalemme); 40-48 (ritorno della gloria<br />

nella <strong>Ger</strong>usalemme nuova e purificata); 37,1-14 (le ossa aride: promessa e speranza).<br />

- Caratteri: 1) C’è un legame tra visione e parola. In <strong>Ez</strong>echiele le visioni sono ordinate alla<br />

parola; sono teofanie, anche se il titolo di «visionario» perde col tempo il suo prestigio.<br />

2) Danno le coordinate del suo ministero, cioè traducono in immagini l’esperienza personale<br />

della presenza di Dio e della sua parola (non pretendono di descrivere ciò che è successo).<br />

3) Sono accompagnate dal carattere estatico: la «mano del Signore fu/si abbatté su<br />

di me» indica il fenomeno estatico a cui il profeta è soggetto (cf 1,3; 8,1; 40,1); lo spirito<br />

«trasporta» il profeta (3,12.14; 8,13), significa anche che lo eleva e abilita a intendere la<br />

voce del Signore.<br />

Le reazioni fisiche del profeta, talora strane, sono state diversamente interpretate. Più che<br />

di malattia psicofisica si tratta della presenza di Dio che afferra e modifica tutta la persona<br />

del profeta: fu uno «schock che lo colpì e ne modificò tutto l’essere» (Lang); egli riflette<br />

nella sua persona, fisicamente e psichicamente, il dramma del popolo.<br />

3.4. Formule tipiche: sono due, più una dei discepoli<br />

a) «figlio dell’uomo» (93 x): In bocca a Dio, che parla al profeta; origine sacerdotale del<br />

termine (cf. Sal 8); designa l’uomo in generale, l’individuo; funzione: manifesta il contrasto<br />

tra lo splendore della maestà divina e il poco peso della creatura umana.<br />

b) «e tu/voi saprai/saprete che io sono il Signore» (54 x): per lo più a conclusione di un<br />

oracolo o di un’azione simbolica; funzione: svela il senso del segno, Dio si manifesta e lo si<br />

riconosce nella sua azione.<br />

c) «ci fu una parola del Signore per me» (41 x): è formula di introduzione alle diverse unità<br />

letterarie o legata a un’indicazione temporale; origine: appartiene al linguaggio profetico<br />

(cf. 1-2Sam; 1Re; Is 38,4; <strong>Ger</strong>), opera forse di editori o delle scuole profetiche; significato:<br />

manifesta l’irruzione divina nella storia (cf. il legame con le formule temporali). I rapporti<br />

tra Dio e il popolo si giocano dentro una precisa realtà storica.<br />

3.5. Il linguaggio giuridico: istruisce sul puro e l’impuro<br />

- Segnaliamo tre testi: <strong>Ez</strong>14,4-6; 18,5-9; 33,1-20, rivelano il sacerdote;<br />

- Tuttavia sono inseriti nei messaggi profetici, mentre mancano alcuni termini tipici del<br />

linguaggio giuridico (dîn, rîb; non parla di Ba‘al, né di Ashera, né di massebôt).<br />

3.6. Le controversie<br />

- Sono segnalate da sentenze citate o contestate; da citazioni esplicite o implicite;<br />

- Esempi: 12,21.28 (è negata l’efficacia delle parole divine trasmesse: visioni che svaniscono,<br />

predizioni al futuro); 26,2; 28,2; 29,13; 18,2 (cf. <strong>Ger</strong> 31,29: i padri mangiano uva<br />

acerba, ma gli effetti ricadono sui denti dei figli) e 16,44 (quale la madre, tale la figlia:<br />

proverbi applicati dal profeta al popolo).<br />

4 Personalità di <strong>Ez</strong>echiele sacerdote e profeta 9 .<br />

È un temperamento razionale, con minor afflato poetico e slancio nel cuore; ragionamento<br />

e logica prevalgono sull’intuizione. «Mentre nei profeti che lo precedettero le grandi<br />

affermazioni della coscienza e della fede hanno forma di slanci poetici, in <strong>Ez</strong>echiele appaiono<br />

articoli legali». 10<br />

13 Cf. L. MONLOUBOU, Un prêtre devient prophète: Ézéchiel, Du Cerf, Paris 1972, pp.48-50.<br />

10 L. MORALDI, <strong>Ez</strong>echiele, in NDTB, p. 531.<br />

14


Il suo influsso fu decisivo sui deportati e determinante sui rimpatriati dall'esilio: «Ai<br />

primi ha dato coraggio e speranza; per i secondi egli comprese, con straordinaria chiaroveggenza,<br />

che l’unica cosa possibile non era la costruzione di uno stato, ma di una specie di<br />

chiesa». 11 Un esempio è l'incontro-scontro con gli Anziani di <strong>Ger</strong>usalemme tra le due deportazioni<br />

(<strong>Ez</strong> 8-11; 14,1-11 e 20), che rivela due teologie opposte. Gli anziani si aggrappano<br />

ancora alla terra. Ma là Giuda è idolatra come gli altri popoli (cfr <strong>Ez</strong> 20); allora saranno<br />

come i popoli in esilio. Il profeta si collega al tema della terra per smantellarla;<br />

perciò il codice di Santità nel Pentateuco è posto nell’esodo, fuori della terra.<br />

<strong>Ez</strong>echiele è alla confluenza di due culture che spesso restano giustapposte, quella sacerdotale<br />

e quella profetica.<br />

4.1. Del sacerdote rivela l’interesse per il culto e il tempio, la casistica e le questioni di purezza<br />

rituale; del sacerdote mostra l’erudizione e l'informazione, il linguaggio e l'astrazione.<br />

a – Con lui il sacerdote comincia a diventare scriba. Conosce rubriche e precisioni liturgiche<br />

(43,13-16), i formulari di confessione dei peccati (18,22), ma anche i miti religiosi del<br />

medio oriente: l’uomo primordiale e il giardino dell’Eden (28), l’albero cosmico (31), il<br />

mondo infernale (32); e inoltre, l’origine etnica di <strong>Ger</strong>usalemme (16,3), la vita politica e<br />

l’attività commerciale contemporanee (27,9-23: Tiro-nave).<br />

b – Riporta i temi e lo stile del sacerdote: <strong>Ger</strong>usalemme (8), la santità e la gloria di JHWH, il<br />

tempio, il peccato di idolatria, la liturgia (40-48), la escatologia (per mezzo del tempio il<br />

paese è trasformato e guarito). Dal suo stile sacerdotale derivano il modo di impostare i<br />

precetti morali e religiosi e la naturalezza con cui imposta la casistica, la sua preoccupazione<br />

per il tempio e il culto e per i doveri cultuali.<br />

4.2. Del profeta possedeva le predisposizioni che saranno sviluppate, se non esacerbate,<br />

dalla missione che gli sarà affidata. Del resto, anche le sue qualità giuridico-sacerdotali sono<br />

inserite in contesti di oracoli profetici. Alla tradizione profetica appartengono l’impegno<br />

morale, la proclamazione della giustizia di Dio, del suo potere universale, della sua santità.<br />

4.3. giustapposizione delle due culture: a) Distacco collettivo del suo popolo: tutti sono<br />

peccatori e idolatri, ma anche il principio della responsabilità individuale (18,20; 21,9: è il<br />

sacerdote applicato a discernere il giusto che entra nel santuario); b) <strong>Ez</strong> 9: sei personaggi<br />

vengono per castigare <strong>Ger</strong>usalemme con una missione simile a quella profetica; sorge<br />

l’uomo vestito di bianco (come i sacerdoti o gli scribi?) per distinguere e marcare; c) <strong>Ez</strong> 36:<br />

nuova alleanza. La trasformazione del popolo avviene nel duplice segno dello Spirito<br />

(36,27; 39,29: incontro immediato con Dio) e della relazione cultuale (incontro per mezzo<br />

di un intermediario delimitato da regole severe e nei segni liturgici).<br />

5. Teologia<br />

5.1. Le fonti del suo insegnamento<br />

1) L’insegnamento tradizionale: Egitto, dinastia, Sion e il santuario, dati dei profeti primitivi.<br />

2) I profeti classici e i loro temi: Amos (la fine, il giorno), Osea (simboli sponsali), Isaia<br />

(santità di Dio, visione iniziale), <strong>Ger</strong>emia (la parola, il libro, profeta tormentato, pastore,<br />

responsabilità individuale).<br />

3) Deuteronomio: santuario unico, concezione della storia, norme per i leviti.<br />

4) Letteratura sacerdotale: gli ambienti di Lev ed <strong>Ez</strong> erano vicini (la «legge di santità»).<br />

11 L. MORALDI, ivi, p.532.<br />

15


5.1. Messaggio 12<br />

1. Dio è santo (nome santo, gloria) e misericordioso, potente e sovrano.<br />

In quanto potente e sovrano, agisce sul profeta, lo schiaccia con la potenza della sua<br />

mano («Io sono JHWH»/«figlio dell’uomo») e lo ricostruisce con la forza dello spirito.<br />

In quanto santo, giudica il peccato annunciando il castigo e il giudizio, ma in quanto misericordioso<br />

ricostruisce il popolo. Corrisponde alla missione di <strong>Ez</strong>echiele: ha una parola<br />

distruttiva che radicalizza i peccati (2,5-10), e una parola di salvezza che annuncia la consolazione<br />

(il «resto»).<br />

Tematiche conseguenti<br />

1 - Il peccato. <strong>Ez</strong>echiele ne rivela le molteplici manifestazioni (cf. 18-2) e ne approfondisce<br />

il senso. È soprattutto idolatria, peccato contro il culto, descritto nelle immagini di infedeltà,<br />

adulterio e prostituzione (16-23, cf. Os e <strong>Ger</strong>), «non conoscenza» di JHWH cioè abbandono<br />

di Dio e orgoglio (16,15.56), da cui provengono ingiustizia e violenza (7,10ss). Il risultato<br />

più evidente del «nuovo» intervento di Dio sarà dunque: «Allora conoscerete che io<br />

sono».<br />

Effetto e causa del peccato (36,26) è la corruzione del cuore: cuore «ribelle» (marah), di<br />

«pietra» (3,7.20). L’intervento divino sarà allora a livello di «cuore nuovo», un intervento<br />

sulla «coscienza» dell’uomo per un cambiamento radicale della sua realtà.<br />

2 - Giudizio e castigo conseguente: «Giudicali, giudicali, figlio dell’uomo. Scopri i loro abomini»<br />

(20,4). La sentenza è pronunciata, il castigo inizia (cf. 9,9-11) con la distruzione<br />

della città e del tempio, l’esilio di un piccolo resto che potrà essere salvato (5,3-4; 9,4); la<br />

gloria del Signore abbandona <strong>Ger</strong>usalemme e segue gli esiliati. Si ritorna agli inizi: «Vi<br />

condurrò nel deserto dei popoli e avremo un processo faccia a faccia, come ne ho avuto con<br />

i vostri padri nel deserto» (20, 35-36: esilio come ritorno al deserto).<br />

3 - Salvezza per la misericordia: Dio salva per la santità del suo Nome. Il castigo ha profanato<br />

il nome di JHWH presso i popoli (sembra impotente; i popoli servono però a purificare<br />

il popolo); ora Dio agisce per salvare il suo nome. Da ciò nasce la predicazione della speranza<br />

per Israele: i popoli stessi percepiranno qualcosa della teofania di JHWH.<br />

La restaurazione consisterà in purificazione (36,25, dopo la contaminazione del paese,<br />

36,17), risurrezione del popolo (37 + 36,33-36), riunione dei dispersi (34: i nuovi pastori),<br />

cambiamento interiore dell’uomo con cuore e spirito nuovi (nuova alleanza e osservanza<br />

perfetta della legge e degli statuti, 36,16-27), mutazione delle strutture cultuali e statutarie<br />

(nuovo culto con nuovo tempio, sacerdoti perfetti e perfetti sacrifici; un fiume uscirà dal<br />

tempio sanando tutta la terra e il mar Morto, 36; 40-48)<br />

2. Responsabilità individuale (o personalismo religioso): non esiste solo un peccato collettivo<br />

(cuore di pietra, genia di ribelli), ma anche un peccato e una responsabilità individuali.<br />

Ciascuno nell’ambito morale è desolidarizzato dalla sua razza e anche dal suo proprio<br />

passato; ciascuno sarà giudicato in base alla giustizia o ingiustizia in cui Dio lo troverà.<br />

Tuttavia, il profeta sarà responsabile dell’annuncio che può salvare o perdere.<br />

16 Cf. H. CAZELLES (ed.), Introduction critique, pp. 424ss; PEB 4, pp. 245-252.<br />

16


ESEGESI<br />

La vocazione: <strong>Ez</strong> 1-3<br />

STRUTTURA<br />

– prologo: 1,1-3<br />

– teofania (il carro): 1,4-28<br />

– vocazione e missione (visione del libro): 2,1-10; 3,1-11<br />

– conclusione (reazione del profeta): 3,12-15<br />

– il profeta «sentinella»: 3,16-21; cf 33,1-9<br />

ESEGESI<br />

Prologo: 1,1-3<br />

Riconosciamo le tensioni nella narrazione: le due date, 30° e 5° anno; tono autobiografico<br />

(prima persona) e tono narrativo (terza persona: è testimonianza dei discepoli). Le soluzioni<br />

sono state diverse: dall’errore del copista (13 per 30, possibile ma non certo) alla falsificazione<br />

cronologica a scopo pratico, ma da porre più tardi; oppure 30 indica l’età di <strong>Ez</strong>echiele,<br />

l’età minima del ministero sacerdotale (cf. l’obiezione di <strong>Ger</strong> e la legge in Nm 4). <strong>Ez</strong>echiele<br />

che si cura si datare i suoi oracoli non può saltare questo, fondamentale. Una variante<br />

interessante è proposta da Bernard Lang 13 . Ambedue le date sono riferite al regno di Joiakin.<br />

L’introduzione unisce due testi: il racconto della visione, alla fine dell’attività del profeta,<br />

30° anno, in 1° persona, e il racconto della vocazione, all’inizio della missione, 3a.<br />

persona, 5° anno del regno.<br />

Il testo ricostruito sarebbe il seguente:<br />

1) - introduzione alla visione:<br />

1,1: «Nel 30° anno, il 4° mese, il 5° giorno, mentre mi trovavo in esilio presso il fiume Kebar,<br />

si aprirono i cieli e vidi una potente/grandiosa visione.<br />

1,3b: La mano del Signore venne là su di me<br />

1,4: «e io guardai e vidi: una tempesta veniva dal nord».<br />

2) - introduzione alla vocazione:<br />

1,3a: «La parola di JHWH fu rivolta a <strong>Ez</strong>echiele,<br />

2,3: Egli disse...».<br />

3) - conclusione: 3,11-15: ad 1): 3,11 + 3,15; ad 2): 3,12 + 3,14.<br />

• Joiakin (o Jekonia) è re legittimo, anche se deportato; Sedecia è solo reggente. Perciò la<br />

data fa riferimento a lui.<br />

• I cieli aperti: cf. in Gen 1,7.11 e la concezione del firmamento (raqia‘), che divide le acque<br />

superiori da quelle inferiori (cf. Gen 6-8; Is 24,18; Mal 3,10). In rapporto a una visione,<br />

cf. Mt 3,16; At 7,56; 10,11.<br />

• La visione: ebraico Mar’ôt è plurale di eccellenza, da tradurre al singolare; «visione divina»<br />

è un superlativo, ossia «potente, grandiosa visione» («gewaltige Vision») 14 . Si tratta<br />

di una rivelazione con teofania accompagnata da estasi (v.3, «la mano di Dio fu sopra<br />

di me» cf. 3,14.22; 8,1; 33,22; 37,1; 40,1-3). Talora si accompagna o alterna con sogni<br />

(Gb 33,15ss; 4,12-16; Gen 20,3; 41,1ss; Dan 2 e 4; Mt 1-2); la loro assenza è indice di<br />

13 B. LANG, «Die erste und die letzte Vision des Propheten. Eine Überlegung zu <strong>Ez</strong>echiel 1-3», Bib 64 (1983)<br />

225-230; IDEM, <strong>Ez</strong>echiel. Der Prophet und das Buch, p. 19.<br />

18 Cf. E. VOGT, Untersuchungen zum Buch <strong>Ez</strong>echiel (Analecta Biblica 95), P.I.B., Roma 1981, p. 14.<br />

17


crisi e decadenza (1Sam 3,1; Mi 3,6; Lam 2,9; <strong>Ez</strong> 7,26; 12,22-23 + Gl 3,1; contro i falsi<br />

sogni <strong>Ger</strong> 23,25-32 e Sir 34,1-8) 15 .<br />

• Caldei: indica il territorio babilonese nella 20 epoca imperiale, tra la distruzione di Ninive<br />

(612 a.C.) e l’avvento persiano.<br />

• <strong>Ez</strong>echiele sacerdote, figlio di Buzi: è l’origine di <strong>Ger</strong>emia; ma ora diviene profeta.<br />

Teofania - il carro: 1,4-28 (cf. Es 3; Is 6; <strong>Ez</strong> 10)<br />

1 - Problemi di redazione – 3 stadi: 1) Il profeta ha una visione grandiosa, concisa, silenziosa;<br />

2) i discepoli e teologi posteriori si soffermano sulla parte inferiore della visione (il firmamento,<br />

i portatori, il carro, cf. vv.7-10; 15-21; 23-25); 3) glosse speculative<br />

2 - Contesto storico: 593 a.C. (o 563?). A <strong>Ger</strong>usalemme: continua la vita civile e religiosa<br />

come speranza, nella monarchia (il reggente Sedecia) e nel culto, nella casa reale e nel tempio.<br />

<strong>Ger</strong>emia vi pronunzia la parola minacciosa di Dio. In esilio: non c’è monarchia, né culto,<br />

Dio è assente; non un profeta che annunzi la parola di Dio. All’improvviso Dio si sceglie<br />

un profeta tra i sacerdoti. L’evento cambia la situazione degli esiliati.<br />

3 - La visione. Predomina la visione sull’udito (guardai, uragano, esseri, firmamento, reazione).<br />

Ed è sfumata... luce sfolgorante. Ha dimensione cosmica = gruppi di quattro: 4 esseri<br />

viventi, 4 ali [4 facce], 4 ruote, 4 cose [= esseri viventi, firmamento, trono, figura umana].<br />

Simbolizzano la totalità (cf. Is 11,2). Inoltre, ci sono i «cieli aperti» (in contrasto con il dato<br />

geografico particolare, v.1: il fiume Kebar) e l’uragano dal settentrione. Non rivela solo la<br />

prima esperienza estatica, ma rappresenta la sintesi di tutto il tesoro dottrinale che il profeta<br />

e, dopo di lui, i suoi discepoli avevano compreso (cf. le altre visioni: 3,23; 8,1-3; 10,1-22;<br />

40,1; 43,3).<br />

Che cosa ha visto il profeta? Esprime la propria ineffabile esperienza, attingendo alla<br />

tradizione: le altre sue visioni (10,12 con 1,11; 10,16 con 1,19), l'immaginario tradizionale<br />

(<strong>Ez</strong> 10 cherubini, Is 6 serafini; 1Re 8,6 ed <strong>Ez</strong> 25,18), l'immaginario babilonese (ambiente<br />

d’esilio: cf. gli animali fantastici della mitologia locale, introdotti nell’uso biblico per rappresentare<br />

la Gloria di JHWH). Vi aggiunge la propria originale fantasia (gli occhi, 1,18;<br />

10,12, cf. Ap 4,8).<br />

La teofania più vicina è Is 6. vv.1-3: il trono: tuttavia <strong>Ez</strong>echiele ha visto «sopra il firmamento<br />

come una pietra di zaffiro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una<br />

figura dalle sembianze umane (1,26)»; v.2: i serafini: stanno sopra il trono, con 6 ali; in <strong>Ez</strong>echiele<br />

i 4 esseri hanno 4 ali, che fanno rumore come «di grandi acque», come il «tuono»<br />

(la «voce») dell’Onnipotente, il fragore della «tempesta» (o di una moltitudine), come il<br />

tumulto in un accampamento (1,23, cf. Is «coro» dei serafini); v.4: fumo/ nube <strong>Ez</strong> 1,4 = liturgie<br />

trasfigurate. Ambedue i profeti, dopo la visione, si scoprono in possesso di una missione<br />

dai caratteri comuni.<br />

Elementi essenziali della visione (v.4)<br />

• Un uragano dominato dal “vento”: elemento portante della visione, cf. Sal 18,10-12 e<br />

29; 68,8ss; Es 19 e 24 (Sinai, Per contro, Elia in 1Re 19). L’uragano proviene dal nord -<br />

ṣāpôn/ןוֹפָצ il luogo dove risiede il Signore (cf. Sal 48,3 il monte Sion estremo<br />

settentrione; Is 14,13; Gb 37,22; lo Zeus Kasios dei greci e il monte Safon a nord di<br />

Ugarit, residenza degli dei). Altre volte Dio viene dal sud, dalla montagna di Seir o da<br />

Teman (Sal 68,8-9; 35-36; Ab 3,3).<br />

19 Sul tema dei sogni, cf M. MILANI, «Ecco viene il Sognatore», in «Uomini e donne in cammino con Dio»: 3.<br />

Giuseppe, Parole di Vita N.S. 3/1995, pp. 16-21.<br />

18


• Una grande nube (cf. v.28, con arcobaleno): rivela la presenza nascondendo; concentra<br />

in sé l’uragano e l’attenzione di <strong>Ez</strong>echiele. Cf. 1Re 8,6-13: la nube riempie il santuario<br />

di JHWH; in Is 6 il fumo e la gloria riempiono il tempio.<br />

• Un fuoco sfolgorante (cf. v.13; Is 6 il carbone acceso purifica). È segno abituale delle<br />

teofanie con lampi, raggi, bagliori (Gen 15,17; Es 3,1ss; 19,18; 20,18; Sal 50,3; 97,3; Is<br />

30,27-33). Manifesta la potenza cosmica divina che abbaglia; ma è anche simbolo di Dio<br />

che purifica e consuma il peccato presente nel cuore dell’uomo e nel mondo, che castiga.<br />

Di fatto, anche in <strong>Ez</strong>echiele ritorna tale significato: 10,2, uno degli accoliti della gloria<br />

prende a piene mani carboni di mezzo ai cherubini e li versa sulla città, prima che gli<br />

esecutori del castigo la colpiscano (9,7), cominciando dai vecchi.<br />

Elettro (glossa): lega metallica particolarmente lucente (Sir 39,16-35).<br />

Significato della visione<br />

Indica anzitutto la mobilità di JHWH: non è legato al tempio, né alla terra. È falso il sentire<br />

di Israele: «JHWH ci ha abbandonati, il Signore ci ha dimenticati» (Is 49,14, cf. 40,27;<br />

Sal 10, 23.11.13; 73,11). <strong>Ez</strong> mostra il contrario: Dio è sempre presente in mezzo al suo popolo,<br />

anche nella lontana Babilonia, terra immonda.<br />

Con ciò relativizza <strong>Ger</strong>usalemme: omette di dare alla città il nome glorioso di Sion; non<br />

utilizza il titolo divino JHWH ṣebaôt. Allontanandosi da <strong>Ger</strong>usalemme, Dio si pone accanto<br />

ai miseri; resta sempre loro Dio, essi rimangono sempre il suo popolo (<strong>Ez</strong> 11,21). «E poiché,<br />

secondo le categorie abituali ai sacerdoti, una tale alleanza suppone un santuario, e<br />

poiché nel linguaggio di questo stesso clero, essa si esprime in termini di abitazione, Dio è<br />

definito come il “santuario” che assicura una certa (letteralmente, un po’; Cei “qualche<br />

tempo”) permanenza dell’alleanza» (11,16) 16 .<br />

È una novità per <strong>Ez</strong>echiele «sacerdote», abituato ai dogmi tradizionali, l’apparizione in<br />

un luogo dove non si mangiano che alimenti «impuri». Anche se non c’è paragone per lui<br />

tra la presenza nel tempio e a <strong>Ger</strong>usalemme e quella presso gli esiliati. La gloria di JHWH ritornerà<br />

a <strong>Ger</strong>usalemme (30-43), il solo luogo dove essa possa risiedere ed essere degnamente<br />

celebrata (20,40). Nessun altro può beneficiare di un tale privilegio (cf. Sal 137).<br />

4 - La narrazione è scandita secondo tre zone: inferiore (5-21), intermedia (22+ 23-25), superiore<br />

(26-27).<br />

Zona inferiore - i quattro viventi: vv.5-21<br />

I QUATTRO ESSERI VIVENTI (vv.5-6)<br />

Sono i portatori di un trono gestatorio. Simbolo cosmico di universalità: i 4 venti; hanno 4<br />

ali (+ 4 facce). Così i 4 venti cosmici in Sal 1<strong>04</strong>,3ss che trasportano Dio («cammini sulle ali<br />

del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri»). Si vedano i cherubini di 1Re 8,6-13; Es 25,18;<br />

<strong>Ez</strong> 10,8-22: portano un trono sulle loro teste (10,1) stendendo le ali (11,22, cf. 1,22)<br />

– Forma umana (vv.7-10) [Primo inserimento - opera dei discepoli]. Descrivono la forma<br />

umana alata degli esseri viventi. Li identificano con i cherubini di <strong>Ez</strong> 10,8-22. Nei templi<br />

orientali fungevano da custodi delle porte e rendevano omaggio alla divinità (cf. BJ, 1,10).<br />

Erano esseri mitologici, polimorfi; qui sono quadriformi: uomo, leone, toro, aquila. Si aggiungono<br />

le 4 facce per giustificare il loro procedere nelle 4 direzioni senza voltarsi (v.17).<br />

La descrizione prescinde dalla visione celeste; è preoccupata dei dettagli.<br />

16 Cf. L. MONLOUBOU, cit., p. 64.<br />

19


– Ali e movimento (vv.11-12). Due sono sospese e si toccano (forse fanno da sostegno) le<br />

altre coprono il corpo. Non le agitano come in Is 6: il vento/spirito li sospinge; si muovono<br />

in avanti.<br />

– Fuoco (vv.13-14). Carboni = torce; fuoco = bagliori (+ baleno, v.14, aggiunta).<br />

IL CARRO CELESTE: le ruote (vv.15-21) [Secondo inserimento - discepoli]<br />

I discepoli identificano il mezzo di trasporto con il carro dell’arca. La descrizione non è<br />

sempre coerente, ma il riferimento è importante. Giustificano il funzionamento delle ruote e<br />

la loro mobilità in tutte le direzioni: il primo non è ben chiaro (doppie ruote inserite l’una<br />

nell’altra), la seconda è subordinata totalmente al movimento dei viventi, in piena sincronia<br />

con loro, perché partecipano della loro stessa vita. Gli occhi, elementi decorativi, borchie<br />

scintillanti, invadono tutto, ruote e corpo degli animali.<br />

Zona intermedia = il firmamento/piattaforma: v.22<br />

Funge da supporto e separazione. La volta di cristallo è posata sulla testa dei «viventi». Altrove<br />

<strong>Ez</strong>echiele vede i cherubini portare il trono sulla loro testa (10,1), stendendo le ali<br />

(11,22). Per il modello cosmico della creazione del firmamento, cf. Gen 1; Sal 150,1; Sir<br />

43,1-10 (è parte dell’inno).<br />

– Il rumore (vv.23-25) [Terzo inserimento - discepoli]. Il rumore delle ali (che però non si<br />

agitano) e di Dio sopra il firmamento interrompe il meraviglioso silenzio. L’autore costruisce<br />

l’immagine seguendo due schemi classici: cf. Sal 93,3-4; 65,8; Is 17,12. La «voce» di<br />

Dio è il tuono (eb. qôl, Sal 29) e rimane, naturalmente, sopra il raqia‘, firmamento.<br />

Zona superiore = trono-figura: vv.26-27<br />

La descrizione è sempre più sfumata per rispetto e timore. I paragoni alludono più che<br />

precisare: il personaggio seduto in trono è una fonte di luce e di splendore (cf. Es 24,10). La<br />

figura kĕmar’eh ’ādām/םָדאָ הֶא ְרַמְכ, “come l’aspetto di un uomo” riflette Gen 1,26-28:<br />

l’uomo immagine di Dio fonda ogni linguaggio religioso.<br />

L’arcobaleno - la gloria di JHWH (vv.28).<br />

L’arcobaleno suggerisce l’idea di pace tra Dio e gli esiliati (cf. Gen 9), benché venga<br />

sottolineato soprattutto lo splendore (cf. Sir 43,11-12). Alla fine il profeta identifica la visione:<br />

è la Gloria del Signore. Sono i segni esterni della presenza del Signore (Es 24,16;<br />

16,10; <strong>Ez</strong> 43,1-5; 8,4). È un tema chiave nella profezia di <strong>Ez</strong>echiele sacerdote-profeta: è la<br />

presenza di Dio che ha abbandonato il tempio (<strong>Ez</strong> 10) e che vi ritornerà (<strong>Ez</strong> 44).<br />

Dopo il silenzio, si ode la voce 17 . <strong>Ez</strong>echiele riconosce la «Gloria» e l’adora. All’inizio<br />

del libro la Gloria di Dio esce dalla sua dimora celeste per visitare un esiliato in Babilonia<br />

e offre un segno di pace. Il Signore non è soggetto a frontiere, anche la terra straniera diventa<br />

in qualche modo «eletta» per la presenza del popolo di Dio.<br />

Vocazione e missione – visione del libro: 2,1-3,11<br />

In questa seconda parte audizione e parola prevalgono sulla visione. Quasi tutta la scena<br />

è discorso di Dio, eccetto il rito di consegna del rotolo. Stile: le frequenti ripetizioni legano<br />

e producono un avanzamento lento del racconto con l’effetto di sottolineare alcuni termini o<br />

temi (cf Gen 1). Emergono tre elementi presenti nella vocazione di <strong>Ger</strong>emia: * invio: 2,3-5<br />

17 B. LANG, cit., Bib 64 (1983) 225-230, sostiene che il testo della “Visione” comprendeva <strong>Ez</strong> 1,28-2,2 con il<br />

contenuto del messaggio di JHWH al profeta. Forse il testo originario riportava soltanto l’esortazione ad alzarsi<br />

(<strong>Ez</strong> 2,1.2b sarebbero redazionali, ivi n.17, p.229).<br />

20


(cf <strong>Ger</strong> 1,5, con i vv.6s, che costituiscono una variante specifica di <strong>Ger</strong>); * invito a non temere:<br />

2,6-7 = <strong>Ger</strong> 1,8 (17);* rito di ordinazione 2,8-3,3 = <strong>Ger</strong> 1,9 (qui molto conciso).<br />

Struttura della pericope: 8 riprese in forma concentrica, segnate dall'espressione «figlio<br />

dell’uomo» (ben ’adam):<br />

A – introduzione – lo spirito-ascolto: 2,1-2<br />

B - invio: 2,3-5<br />

C - «non temere» - resistenza: 2,6-7<br />

D - rito del rotolo: 2,8-3,3 (triplice ripresa con «figlio dell’uomo»)<br />

C’ - nuovo invio + resistenza: 3,4-9<br />

B’ - invio formale: 3,10-11<br />

A’ - conclusione – lo spirito alza il profeta – ascolto: 3,12-15.<br />

Gli attori sono tre: la Parola (protagonista), il profeta (intermediario), Israele (destinatario).<br />

Il protagonista non è nominato (del resto, anche nella teofania la Gloria è identificata<br />

solo alla fine, 1,28). Si avverte solo la voce di uno che parla (cf Is 40), si intravede una mano<br />

che consegna il rotolo. Si tratta della Parola di Dio, orale e scritta. Sarà la nuova vita di<br />

<strong>Ez</strong>echiele, la sua dolcezza, ma anche la sua passione e tragedia, perché Israele seguirà da<br />

ribelle la parola che l’accusa (3,6-8).<br />

Il profeta deve conoscere subito il suo destino per resistere con il coraggio della fede<br />

non per l’incoscienza dell’ignoranza, come <strong>Ger</strong>emia. Allora una parola, detta espressamente<br />

per il profeta, lo sosterrà nella lotta e lo renderà forte davanti ai destinatari («non temere»,<br />

«faccia tosta»; «fronte dura», 3,8-9).<br />

A – Introduzione – azione dello spirito sul profeta (2,1-2)<br />

Lo spirito (ruÃÐ), che spostava i cherubini, accompagna la parola e investe il profeta, lo<br />

rialza (‘amad/דמע). È necessario perché <strong>Ez</strong>echiele, «figlio dell'uomo», possa ascoltare la<br />

Parola. Alla fine, lo «innalza e rapisce» (nāśā’/אשׂנ, lāqaḥ/חקל, vv. 12.14).<br />

B – Invio (šālaḥ/חַלָשׁ, 2,3-5)<br />

«A un popolo ribelle contro di me» (il testo sembra indicare «essi e i loro padri»). Tutta<br />

la storia è costellata di ribellioni/apostasia (<strong>Ez</strong> 20; 23; 16, cf. i profeti: Is 1,2; <strong>Ger</strong> 2,8.29;<br />

3,13; Os 7,13; Mi 3,8; e, dopo <strong>Ez</strong>echiele, Is 43,27; 46,8; 48,8, ecc.). L’accusa è radicale.<br />

«Dirai»: è missione per la parola; viene da Dio non dall’uomo: sarà intermediario e intercessore.<br />

«Ascoltino o non ascoltino»: la Parola ha in sé la forza di imporsi agli esiliati;<br />

anche se costretti, dovranno riconoscere in <strong>Ez</strong>echiele un profeta. Ma con un duplice effetto,<br />

salvezza per chi accetta, condanna senza scuse per chi rifiuta.<br />

C – «Non temere» – resistenza (2,6-7)<br />

Una corona di spine, un trono di cardi, un covo di scorpioni sono riservati al profeta. fin<br />

dall’inizio conosce la sua sorte e come <strong>Ger</strong>emia «non deve temere» di dire la Parola. Il suo<br />

coraggio non sarà frutto di ignoranza, ma di obbedienza alla sua missione e fede nella Parola;<br />

Dio è con lui.<br />

D – Consegna del rotolo (2,8-3,3)<br />

È ritmato da tre riprese: «figlio dell’uomo»; unisce rito e parola. Il rito prepara, abilita,<br />

consacra le labbra dell’uomo per il compito profetico, l’annuncio: 3,10 esplica il senso (cf.<br />

<strong>Ger</strong> 1,9: la mano di JHWH tocca le labbra del profeta; Is 6,6s: il carbone acceso).<br />

Primo intervento (2,8)<br />

Prepara esortando all’obbedienza e richiamando l’attenzione (cf. Am 3,1; 4,1; Is 1,2; <strong>Ger</strong><br />

2,4; <strong>Ez</strong> 6,3). La parola accolta (l’orecchio ascolta e la bocca mangia) inizia nel profeta un<br />

processo opposto alla ribellione (mar) del popolo. Nell’obbedire al messaggio divino egli<br />

si discosta da Israele (2,8) e diventa segno di contraddizione (cf. Is 8,11ss).<br />

21


Introduzione alla visione (2,9, cf. 1,4.15): «E guardai ed ecco... una mano, un rotolo».<br />

<strong>Ez</strong>echiele evita il nome del Signore, accentua il mistero.<br />

Il rotolo (2,10-3,3)<br />

1. È parola scritta, non solamente esortazione personale di Dio che si avvicina all’uomo;<br />

prende la forma di un libro (cf. <strong>Ger</strong> 36: avviene nel 603/2, quando <strong>Ez</strong>echiele è già adulto;<br />

forse l’episodio ha influenzato questo testo). In questo modo la parola continua nella<br />

storia.<br />

2. È volume pieno, scritto in recto e in verso, perché l’ambasceria divina deve essere «adempiuta»<br />

(2,10); la parola deve «riempire» il ventre del profeta (3,2).<br />

3. Il contenuto è tragico: minacce, non oracoli di salvezza (lamenti, pianti e guai: qînîm,<br />

hegeh, hoy, 2,10).<br />

4. Deve essere mangiato (3,1-3): il profeta deve prima assimilare il messaggio con gli orecchi<br />

e nel cuore, per poterlo pronunciare (cf. 3,10).<br />

L’assunzione del rotolo è presentata in due fasi: due volte il profeta riceve il comando di<br />

mangiare («mi disse», 3,1.3a), due volte esegue l'ordine (3,2.3b). Si tratta di una caratteristica<br />

stilistica di <strong>Ez</strong>echiele. Il primo comando: «Va’ e parla» (3,1), precisa la conseguenza<br />

che ne deriva: mangiare il rotolo è preparazione all’annuncio (cf 3,10). Il secondo (3,3a)<br />

accentua l’accoglienza e assimilazione del cibo nel proprio intimo: nel ventre. Le viscere ne<br />

sono riempite: il profeta è reso come «gravido», fecondato dall’annuncio profetico (cf.<br />

beìen hammËl˺Âh Qo 11,5).<br />

Effetto (3,3). All’inizio le parole sono dolci (cf. Sal 19, 11 e 119,103). Il testo più vicino<br />

sembra <strong>Ger</strong> 15,16: «Furono trovate le tue parole, le divorai e le tue parole divennero gioia<br />

per me, letizia del mio cuore». Ciò che in <strong>Ger</strong> è a livello di immagine, <strong>Ez</strong>echiele traspone in<br />

azione simbolica e scena drammatica. In <strong>Ger</strong>emia l’assunzione della parola di Dio nasceva<br />

da intima avidità, qui avviene in seguito all’ordine divino.<br />

L’azione del profeta è simile ad altre pantomime oracolari che dovrà realizzare: 5,1<br />

(spada-rasoio); 37,1ss (ossa aride); 4,3 (osserva la teglia) e 4,4s (giace sul fianco); 47,1ss<br />

(l’acqua esce dal tempio).<br />

C’ – Invio e resistenza: 3,4-9<br />

Ricapitola l’invio (cf. 2,3-4.6-7) come in <strong>Ger</strong> 1,10.17-19.<br />

a - Paragone (vv.5-6). Non è inviato a un popolo dal «linguaggio astruso» (lett. profondo) e<br />

dalla «lingua barbara», ma al suo stesso popolo, che tuttavia non intende. Dio parla un linguaggio<br />

intelligibile, umano. È l’uomo che rifiuta o teme di intendere (cf. Is 6,9s; Gv 6,60).<br />

Però quando egli si apre, suona intelligibile anche la lingua straniera del profeta, come avviene<br />

per Giona e nella Pentecoste (At 2).<br />

Il linguaggio astruso appella a Gen 11. Il tema risuona come castigo in Is 28,10-13:<br />

«Non vedrai più quel popolo straniero, dal linguaggio oscuro, incomprensibile, dalla lingua<br />

barbara che non capisce». È una <strong>Ger</strong>usalemme nuova (cf. 33,19; Sal 119).<br />

b - La sorte del profeta segue la sorte di Dio (vv.6-7). Šāma‘/עַמָשׁ, «udire», risuona quattro<br />

volte con le connotazioni di «intendere» e «prestare attenzione».<br />

c - Due durezze entrano in confronto (vv.7-9): l’ostinazione ribelle di Israele, il coraggio e<br />

la costanza di <strong>Ez</strong>echiele. Quest’ultima, impressa nel profeta dal comando di Dio, supererà<br />

alla fine ogni resistenza umana che, in realtà, è solo paura e debolezza. «Cuore di pietra» è<br />

la mentalità dura da scalfire (cf. <strong>Ger</strong> 1,17-19; Sal 51,18-19).<br />

Lo schema del corpo oppone i due contendenti, profeta e popolo: cuore, cervice, volto, orecchi,<br />

bocca, lingua e viscere. Mentre il profeta si rende totalmente disponibile per essere<br />

fecondato – riempito – dalla parola di Dio, il popolo resta impenetrabile. Lo scontro appare<br />

22


inevitabile per una comunicazione destinata a convertire, ma anche a rivelare le ostinazioni.<br />

Il profeta si deve preparare a essere segno di contraddizione.<br />

B’ – Invio ai deportati: 3,10-11<br />

Alla fine sono specificati i destinatari. Dopo aver ascoltato senza obiezioni la propria vocazione<br />

(diversamente da <strong>Ger</strong>), il profeta riceve l’invio formale: «Va’, recati dai deportati; ascoltino<br />

o non ascoltino» (cf. 2,5)». <strong>Ez</strong> 3,10 riprende 2,8a; 3,11 ripete 2,4ss. Esplicita<br />

l’azione simbolica del rotolo (3,1-3): «accogli, ascolta» le parole. Mangiare equivale ad assimilare<br />

per poter annunciare.<br />

A’ – Conclusione – azione dello spirito sul profeta (3,12-15): innalza e rapisce, reazione.<br />

In due riprese.<br />

* Suono – rapimento (vv.12-13). La visione scompare. Della Gloria del Signore il profeta<br />

percepisce solo «un grande fragore», che si allontana. Come all’inizio ritorna lo spirito; esso<br />

agisce sul profeta, come sui «4 viventi».<br />

Il profeta è «innalzato» a una visione più alta (אָ ֹ ש ׇנ cf 8,3; 11,1.24; 43,5 e 1Re 18,12; Is<br />

40,24; 41,16: essere rapito, portato via dalla tempesta). È rapito da uno spirito. Allude probabilmente<br />

a una esperienza estatica. Rimane la convinzione del fatto in mezzo al mistero.<br />

V.13 (glossa) tenta di armonizzare il «fragore» della gloria di Dio che si allontana con il<br />

rumore di 1,23-25 (esseri viventi e ruote); corrisponde alla venuta della gloria come uragano,<br />

nube e fuoco (1,4).<br />

* Conseguenze fisiche sul profeta (vv.14-15): eccitazione e abbattimento. Il profeta resta<br />

muto.<br />

– Nota sul testo: רַמ<br />

• È ritenuta da Zimmerli una inserzione tardiva da tradurre con «amareggiato» (Cei, «triste»; Rut<br />

1,20 mārā’/א ָרָמ per mārāh/ה ָרָמ ( רַמֵה ) ? Cf שֶׁפֶנ רַמ, 1Sm 1,10; Gb 3,20).<br />

• Altri (cf Alonso) da mārar/ר ַרָמ, «confortare», «rincuorare»: «Io ritornai confortato e con l’animo<br />

eccitato»;<br />

• יחוּר ׅ תַמֲחַבּ רַמ, «stark in der Erregung meiner ruah», «forte nell’eccitazione della mia ruăh»,<br />

«fortemente eccitato». «Il vento/spirito mi afferrò e mi condusse via, e io divenni fortemente<br />

eccitato, perché la mano di JHWH pesava su di me» 18 . La presenza di Dio ha uno straordinario<br />

effetto sul fisico del profeta.<br />

– v.14 ripete il verbo naśā’/אָשָׂנ in parallelo a lāqaḥ/חַקָל: il profeta è innalzato e afferrato,<br />

portato via come Elia o Enoch.<br />

L’impatto con la Gloria di JHWH determina nel profeta un duplice effetto: conforto o eccitazione<br />

da una parte, abbattimento dall’altra con silenzio e stordimento. Questa tensione<br />

marcherà la sua attività profetica: entusiasmo per opera dello spirito di Dio, abbattimento<br />

dell’uomo alla vista dei deportati. Il silenzio sarà una componente tipica di <strong>Ez</strong>echiele.<br />

– v.15 Tel Aviv è la località dell’esilio, probabilmente vicina al canale Kebar presso Nippur,<br />

cf. Esd 2,59 e Ne 7,61: Tel Aviv e Tel Harsa’.<br />

Significato (cf Zimmerli, in loco):<br />

• LXX eivsh/lqon eivj th.n aivcmalwsi,an mete,wroj non contiene il nome di una località, ma la condizione<br />

del profeta: «uscii presso i deportati sospeso...».<br />

• Per il nome cf. Cod. di Hammurabi XXVIIr 79s, til abubim, e Annali di Tiglat Pilezer III, 208s,<br />

til abubi (cf. AOT5, 347). In Akk. til abubi significa «collina (rovine) del diluvio», cioè<br />

un’antichissima collina. In ebraico suonava e dovette essere intesa come «collina delle spighe»<br />

(’abib, cf ALBRIGHT, JBL 51 [1932] 10ss).<br />

18 Cf. B. LANG, Bib 64 (1983) 228, n.12.<br />

23


Conclusione. Dopo la visione avviene un mutamento. La personalità di <strong>Ez</strong>echiele esce definitivamente<br />

segnata da quest’incontro. È un uomo nuovo, posseduto dallo spirito di JHWH.<br />

L’irruzione della Gloria del Signore ha trasformato l’esiliato nostalgico; il sacerdote, figlio<br />

di sacerdoti (1,3), che sapeva predicare solo da sacerdote, dopo la chiamata diventa profeta<br />

di Dio. Farà la sintesi tra le due culture e spiritualità, ma sarà anche sempre diviso tra i gusti<br />

tradizionali del sacerdote e l’istinto innovatore del profeta.<br />

La chiamata delinea il carattere della missione e fonda ogni altro intervento profetico<br />

futuro. Il profeta sarà latore di un duplice messaggio divino: rivelatore di una grazia finora<br />

nascosta, e contestatore delle ribellioni del popolo, segno di contraddizione. Gli sono riservati<br />

cardi, spine e scorpioni, perciò dovrà essere rivestito di una forza speciale da Dio.<br />

Il profeta diviene segno nella sua persona della fedeltà e della libertà di Dio. Infatti,<br />

l’avvenimento stabilisce una continuità della storia. La descrizione della visione nella forma<br />

dell’uragano e del fuoco evidenzia un rapporto con l’esperienza dell’Israele primitivo<br />

(Es 19 e 24,9-11). Dio rimane presso il popolo e attualizza ora questa sua presenza in modo<br />

sorprendente. Appare anche la libertà di Dio. L’antico Israele conosceva la terra di Israele<br />

come la terra del suo Dio (1Sam 26,19; 2Re 5,17). Il peccato li ha condannati a morire in<br />

una terra impura. Scomparsa ogni speranza, la venuta di Dio in Babilonia indica che la fedeltà<br />

di Dio non conosce confini. Egli è il libero e santo Signore.<br />

Appendice - il profeta «sentinella»: <strong>Ez</strong> 3,16-21; 33,1-9<br />

Due passi paralleli introducono le due tappe dell’attività profetica di <strong>Ez</strong>echiele<br />

nell’immagine della sentinella. Il secondo, più coerente (33,1-9), offre lo schema al primo<br />

(opera R, con amplificazioni varie) che riprende il tema fin dal principio dell’opera, per<br />

spiegare il senso della vocazione.<br />

<strong>Ez</strong> 3,16-21<br />

STRUTTURA<br />

Introduzione: vv.16-17. Fa appello al testo precedente («dopo i sette giorni») e delinea il<br />

compito della «sentinella» ṣōpēh: «ascolta», «dà l'allarme», per prevenire «da» [+ min]).<br />

Due frasi parallele sul giusto e l’ingiusto: vv.18-19.20-21. In ambedue emerge la responsabilità<br />

personale e la solidarietà del profeta, coinvolto o distinto nella sorte degli altri. Il<br />

testo contiene un perfetto parallelismo che rivela il gusto dell’autore per la casistica rigorosa:<br />

caso del malvagio: se non l’avvisi: destino suo-tuo (morte - condanna)<br />

se l’avvisi: destino suo-tuo (condanna - salvezza)<br />

caso del giusto: se non l’avvisi: destino suo-tuo<br />

se l’avvisi: destino suo-tuo<br />

<strong>Ez</strong> 33,1-9<br />

La pericope si divide in due parti introdotte dalla formula tipica: ben ’adam (vv.2.7). Inizia<br />

con la parabola della sentinella, responsabilità: vv.1-6<br />

• Sequenza: vedere - suonare la tromba, dare l’allarme - ascolto;<br />

• Frasi parallele: «se vede e...» (vv.2-5); «se vede, ma non...» (v.6).<br />

<strong>Ez</strong>echiele sentinella (vv.7-9): ascolta e dà l’allarme (cf. 3,16-19).<br />

ANALISI<br />

La pericope, posta all’inizio della seconda attività (durante e dopo l’assedio di <strong>Ger</strong>usalemme,<br />

3a. parte del libro), è come una nuova vocazione, che ne precisa il carattere o la modalità.<br />

Inizia con alcuni passi programmatici (cf. i vv. seguenti 33,10-20), che delineano il com-<br />

24


pito del profeta come sentinella. Egli è muto (cf. vv.21-22 e c.24), perché Dio ha taciuto<br />

nell’ultima ora di <strong>Ger</strong>usalemme e sembra assistere impassibile alla sua distruzione, senza<br />

una parola di consolazione. Dio riprende a parlare per bocca del profeta: «Come Davide<br />

digiuna e prega durante la malattia, mangia e beve dopo la morte del figlio, così Dio accompagna<br />

stranamente il destino della sua città eletta; però non perché manchi ogni rimedio,<br />

come disse Davide, ma perché al fondo della morte comincia un messaggio di vita» (Alonso).<br />

v.2. Dio invia la spada (punizione, cf. c. 21); il popolo pone la sentinella. Si suppone la colpevolezza.<br />

v.7. C’è un fatto paradossale: Dio stesso assale e pone il profeta come sentinella, mentre<br />

minaccia offre salvezza. Si introduce una nuova modalità nella missione profetica. Da<br />

«veggente (ḥōzēh/הֵזֹ ח, rōēh/הֵאֺר) e intercessore», il profeta diviene «vigile» (דֵקֺשׁ, <strong>Ger</strong>emia)<br />

e «sentinella» (הֵפֹ צ, <strong>Ez</strong>echiele): annuncia il pericolo, è l’uomo di frontiera (v.2 cf miqṣĕhem<br />

/םֶהְצק ׅמ, «dai loro confini»), frapposto fra l’uomo e Dio, il primo «sulla breccia» (bappereṣ/<br />

ץ ֶרֶפַּבּ, 22,30; Sal 106,23; cf. Is 59,15-16) di fronte al Signore. Carico di responsabilità, è esposto<br />

per primo ai pericoli dell’aggressione. In una situazione disperata e caotica, proverà<br />

il dramma dell'abbandono di Dio (<strong>Ger</strong>), del suo silenzio: <strong>Ez</strong>echiele è muto.<br />

vv.8-9. Dio pronuncia la sentenza, con frasi parallele, ma lascia il tempo per la conversione<br />

e l’amnistia.<br />

vv.10-20, applicano concretamente a <strong>Ez</strong>echiele l’ufficio di sentinella.<br />

Significato dell’immagine. Vi sono tre piani collegati: Dio, il profeta, il popolo. La Parola<br />

esige una risposta attiva e responsabile. Emerge un duplice ruolo del profeta: è «bocca di<br />

Dio», ma anche sentinella tra i deportati, uomo di frontiera, situato in una duplice solidarietà<br />

e contrapposizione. Verso Dio è responsabile della sua parola, Dio lo pone come «controspia»<br />

per individuare il pericolo e avvisare, prevenire il popolo minacciato. Nello stesso<br />

tempo è sentinella contro di lui, esposto ai suoi colpi; ne annuncia la bellicosità in una città<br />

distrutta, senza case né mura, quando Dio pare non sazio della distruzione e si avventa contro<br />

gli stessi deportati, che lo continuano a provocare e non intendono. Verso il popolo è solidale<br />

nel destino e rivela il pericolo. La sua parola non è neutrale, ma mediatrice di un cordiale<br />

interesse. È questo il compito di «controspia»: paradosso rivelatore, Dio chiede vita<br />

non morte, conversione e perdono, cf. <strong>Ez</strong> 18,22-23). Ma è anche uomo di contraddizione<br />

(segno di divisione e separazione tra quelli che ascoltano o no: «quando - se colui che» =<br />

stile casistico) e contestazione (contro i ribelli, a loro opposto nell’obbedienza). La responsabilità<br />

diviene talora insopportabile, ne coinvolge il corpo e la mente.<br />

Descrizione<br />

<strong>Ez</strong> 47,1-12: La sorgente del tempio… e dintorni<br />

La sorgente è conseguenza del ritorno della Gloria del Signore nel tempio (43,1-5). Il<br />

racconto è carico di simbolismo. Prende le mosse probabilmente dalla fonte di Gihon e il<br />

canale di Siloach, ma in una visione idealizzata che parte dal tempio e appella all’Eden.<br />

La fonte esce dal settore orientale, sotto la soglia dell’entrata principale e scorre nel<br />

cortile interno, scomparendo sotto la porta orientale principale. La guida misura il flusso<br />

a intervalli di mille cubiti (500 mt) scoprendo la progressiva profondità e crescita<br />

dell’acqua: dalle caviglie al ginocchio, ai fianchi; poi diventa troppo profondo per attraversarlo;<br />

il fiume attraversa il deserto fino a giungere al Mar Morto e trasforma le acque<br />

salate in dolci, dove i pescatori avrebbero trovato dovizia di pesci. Esso alimenta alberi<br />

25


da frutta posti sulle due rive, che danno frutti ogni mese e le cui foglie hanno proprietà<br />

terapeutiche.<br />

Tutta l’area subisce una trasformazione vitale, diventa giardino, un paradiso, quando<br />

il tempio è pronto ad accogliere il Signore. La presenza divina nel tempio porta la vita in<br />

un mondo minacciato dalla sterilità, dominato dal deserto.<br />

Riferimenti e sviluppi<br />

<strong>Ez</strong> 47 attinge e fa riferimento a Gen 2,10-14: il giardino di Eden, giardino di Dio in <strong>Ez</strong><br />

28,13 e 31,8-9, richiamato anche dal monte altissimo dove <strong>Ez</strong>echiele era stato trasportato<br />

(<strong>Ez</strong> 40,2), il monte santo di Dio sul quale, secondo il poema al re di Tiro, si trovava<br />

l’Eden (28,14).<br />

In Genesi il grande fiume si divideva in quattro rami o fiumi, simbolo di fertilità piena:<br />

è un’oasi florida nella quale emergevano i due alberi, l’albero del bene e del male,<br />

l’albero della vita. L’esecuzione della condanna vietava all’uomo l’accesso all'«albero<br />

della vita»: inequivocabile ricordo della sua condizione mortale con invito ad accettarla (cf<br />

2,7; 3,19). Essa non può essere superata o eliminata con una pozione magica (Kolarcik, p.<br />

145), ma ritornando a Dio. Senza Dio l’uomo resta in una mortalità senza speranza, accettando<br />

la morte riceverà vita e benedizione, ma sarà un dono gratuito. Però l’albero della vita<br />

e il giardino (e la terra da cui Israele è cacciato) restano come aspirazione profonda: è il desiderio<br />

della comunione con Dio che molte scelte storiche di fatto non realizzano.<br />

Il motivo dell’Eden e del fiume/fonte (a dell’albero o degli alberi), ritorna nella Bibbia<br />

in varie forme ramificate e allusive.<br />

* In Isaia il popolo di Dio che ritorna dall’esilio compie il nuovo esodo e, nell’attraversare<br />

il deserto, riversa in esso le sue benedizioni facendolo fiorire al suo passaggio (Is 40-<br />

55; 35); il giardino di JHWH si oppone al deserto della steppa: «rende il deserto come<br />

l’Eden, / la sua steppa come il giardino del Signore» (51,3).<br />

* I salmi presentano la Sion ideale, opposta alle acque caotiche, simbolo del tumulto dei<br />

popoli, che minacciano la stabilità del mondo (Sal 46,3-4, cf 65,8). È irrigata dalle acque<br />

benefiche di un fiume i cui canali scorrono pian piano e la rallegrano rendendola feconda<br />

(Sal 46,5, cf 65,10; Is 8,5s). È la visione idealizzata della fonte di Gihon e del canale di<br />

Siloe.<br />

* Due testi profetici tardivi, Gl 4,18 e Zac 14,8, riprendono il tema della fonte che zampilla<br />

dal tempio.<br />

Gioele descrive i due opposti destini, di Israele e dei popoli aggressori, nell’immagine<br />

dell’acqua e del deserto. La restaurazione di Israele sarà attuata mediante lo spirito di<br />

Dio diffuso su tutti (Gl 3) e nel dono dell’acqua (Gl 4): una sorgente nasce dal tempio.<br />

In quel giorno le montagne stilleranno vino,<br />

le colline scorreranno di latte<br />

e tutti i torrenti di Giuda rigurgiteranno di acqua!<br />

Una sorgente zampillerà dalla casa del Signore<br />

e irrigherà la valle delle Acacie (Gl 3,18).<br />

Per Zaccaria l’acqua scorre in modo perpetuo nella valle del Giordano e verso il Mediterraneo:<br />

In quel giorno sgorgherà acqua viva (mayim hayyim, una sorgente) da <strong>Ger</strong>usalemme,<br />

metà verso il mare d’oriente e metà verso il mare d’occidente – d’estate e d’inverno (Zac 14,8).<br />

* In ambito sapienziale, Ben Sira traccia il benefico effetto della sapienza, il cui migliore<br />

esempio è per lui la Torah, cioè la rivelazione storica data da Dio a Israele e divenuta un<br />

26


“libro”. Egli riassume i simboli di Genesi e di <strong>Ez</strong>echiele nella visione dell’Eden. Il fiume<br />

non nasce dal tempio ma è la Torah stessa. Nell’immagine dell’albero la sapienza si radica<br />

nella terra e nel popolo, cresce e trasforma il territorio di Israele (allude ai confini):<br />

la sua presenza in mezzo a Israele e la sua osservanza renderanno la terra un nuovo «paradiso<br />

terrestre» costellato di alberi prestanti (Sir 24,13-15.25-27.31). Essa rappresenta il<br />

vero «albero di vita» e la «via della vita». Nel simbolo dell’acqua di benedizione che porta<br />

fecondità, si riversa e trabocca in Israele con attività costante, in tutte le stagioni, riassumendo<br />

in sé i quattro fiumi dell’Eden e i due dell’Esodo, Nilo e Giordano (vv. 25-29).<br />

Nel momento autobiografico Ben Sira attinge direttamente a <strong>Ez</strong> 47,1-12, con allusione<br />

al giardino primordiale (v.30[28]) e in continuità con l’immagine dell’acqua dei versi<br />

precedenti. Dopo avere attinto come canale o acquedotto alla fonte paradisiaca della Torah,<br />

per irrigare la sua aiuola e il suo giardino, il saggio stesso si scopre trasformato in<br />

fiume e mare che riversa l’acqua della sapienza come profezia, fecondando le generazioni<br />

future, perché realizzino il paradiso. In tal modo, egli raggiunge l’ideale di essere<br />

«saggio per il popolo» e prolunga il suo insegnamento nello spazio e nel tempo.<br />

30[28] E IO, come un canale da un fiume<br />

e come un acquedotto sono uscito (cf v.3) verso un paradiso-giardino (åkò ðáñÜäåéóïí).<br />

31[29] Ho detto: “Innaffierò il mio giardino (Ðïôé§ ìïõ ô’í êyðïí)<br />

e irrigherò (ìåèýóù) la mia aiuola”.<br />

Ma ecco, il mio canale è diventato fiume, il mio fiume è diventato mare. (<strong>Ez</strong> 47,1-12)<br />

32[30] Farò ancora splendere (öùôé§) la mia istruzione (ðáéäåßáí) come l’aurora,<br />

la farò brillare (dêöáí§) molto lontano. Cf Sir 24,27(25): la sapienza;<br />

39,8: il saggio dêöáíås ðáéäåßáí äéäáóêáëßáò ášôï<br />

33[31] Riverserò ancora l’insegnamento come profezia,<br />

(hôé äéäáóêáëßáí ©ò ðñïöçôåßáí dê÷å§)<br />

lo lascerò per le generazioni future.<br />

* Una simile immagine è in Salmo 1, secondo il quale il giusto è simile a un albero piantato<br />

lungo corsi d’acqua ai quali attinge costantemente. L’acqua che dà fecondità alla sua<br />

vita(terra) è la Torah mediante la quale egli elabora il progetto di vita (bétôrat yhwh Hepcô)<br />

meditandola (ripetendola sotto voce) giorno e notte per interiorizzarla (ûbétôrätô<br />

yehGeh, vv.2-3). Perciò, il ritmo del tempo che scorre circolare (giorno e notte, stagione<br />

dopo stagione) trova una finalizzazione: l’albero produce frutti alla sua stagione e mantiene<br />

sempre verdi le sue foglie, ogni cosa che il giusto compie ha buon esito.<br />

Beato l’uomo che…<br />

nella legge del Signore è (pone) il suo progetto,<br />

la legge medita giorno e notte<br />

Egli sarà come un albero piantato presso corsi d’acqua:<br />

che dà il suo frutto alla sua stagione<br />

e le cui foglie non cadono;<br />

tutto ciò che fa, realizza (yaclîªH, Sal 1,2-3).<br />

È come la parola di Dio che realizza il suo progetto creativo nella storia (compie, ha<br />

buon esito), paragonata al ciclo della pioggia e della neve che scendendo sulla terra non<br />

tornano in cielo senza averla irrigata (fa generare) e fatta germogliare, sì da dare al seminatore<br />

il seme e il pane a chi deve mangiare.<br />

Così è la mia parola, che esce dalla mia bocca:<br />

non ritornerà a me invano (vuota, senza effetto),<br />

ma compirà ciò che io ho progettato (`äSâ ´et-´ášer HäpaºcTî),<br />

realizzerà ciò per cui l’ho inviata (wühiclîªH ´ášer šülaHTîw) (Is 55,10-11).<br />

27


Nel NT, l’immagine è presente soprattutto nella tradizione Giovannea.<br />

* Il Vangelo di Giovanni riprende l’immagine della fonte nel contesto della festa delle<br />

Capanne, caratterizzata dalla processione al tempio che partiva dalla piscina di Siloe, dalla<br />

quale il sacerdote aveva attinto l'acqua che avrebbe versato in libazione davanti all'altare<br />

come segno di abbondanza e di salvezza per Israele e per i popoli, in ringraziamento<br />

e invocazione per il dono della pioggia. Gesù afferma che non nelle feste giudaiche, ma<br />

in lui è la salvezza: Egli stesso si presenta come sorgente che offre l’acqua da bere e trasforma<br />

i credenti in fiumi di acqua viva che sgorgano dal loro seno, con allusione allo<br />

Spirito Santo.<br />

Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, esclamò ad alta voce:<br />

«Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo<br />

grembo, sgorgheranno fiumi di acqua viva.<br />

Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: lo Spirito infatti non<br />

era stato ancora dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7,37-39).<br />

Già in Gv 4,14 Gesù promette alla samaritana il dono dello Spirito nella forma<br />

dell’acqua che, entrando nel credente, a sua volta, lo trasforma in sorgente di acqua<br />

che zampilla per la vita eterna (cf Sir 24):<br />

Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete,<br />

anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.<br />

E nella passione il simbolo dell’acqua vitale ritorna insieme al sangue che esce dal costato<br />

di Cristo:<br />

Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19,34).<br />

Non si tratta della semplice constatazione della realtà della morte, Giovanni considera il<br />

fatto come dono dello Spirito, come l’acqua-spirito dei passi precedenti (cf la testimonianza<br />

di sangue e acqua in 1Gv 5,6-8). Il simbolo della sorgente di <strong>Ez</strong>echiele e dell’Eden si ramifica<br />

dunque in tanti rivoli proiettati a illustrare la fecondità della redenzione e dello Spirito,<br />

dono pasquale di Cristo.<br />

* L’immagine paradisiaca di <strong>Ez</strong>echiele torna, infine, nell’ultima pagina della Bibbia, alla<br />

fine del libro dell'Apocalisse (22,1-5). La nuova <strong>Ger</strong>usalemme sarà come l'Eden, un Eden<br />

ricondotto alla sua funzione primordiale: ha una grande piazza con il giardino al suo centro,<br />

fecondata dal “fiume d’acqua viva” che ha origine dal trono di Dio e dell’Agnello e la<br />

irriga; in mezzo alla piazza e da una parte e dall’altra del fiume l'albero della vita con i suoi<br />

prodotti ogni mese e le foglie terapeutiche.<br />

Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e<br />

dell’Agnello.<br />

In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita<br />

che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni<br />

(Ap 22,1-2).<br />

Il quadro è ispirato a Genesi 2-3 e a <strong>Ez</strong>echiele 47,1-12. Si riprendono le espressioni di<br />

<strong>Ez</strong> 47,12, specificando direttamente che sulle due rive del fiume sta un albero della vita,<br />

le cui foglie hanno un potere medicinali (22,2). Gli alberi sono ridotti a uno, che però si<br />

estende a tutto il territorio. La pianta è offerta al giusto perché viva sempre del suo Dio.<br />

L’accedervi e il poter disporre di quest'albero significa aver pieno diritto di cittadinanza<br />

nella nuova <strong>Ger</strong>usalemme celeste, come si dice due volte, e in maniera antitetica, in 22,14<br />

e 22,19. Dato lo stretto legame con un ambiente paradisiaco, anche il fiume è assimilato a<br />

quello dell’Eden (Gn 2,10-14).<br />

Se questo richiamo a Gn 2,4b-3,24 viene letto nell’insieme della tradizione biblica, si<br />

può costatare come un simbolo mitologico, il cui significato è talmente vasto da correre il<br />

rischio di vanificarsi (l'albero della vita equivale a vita, prosperità, benessere, ecc., cf il<br />

28


libro dei Proverbi), venga utilizzato con scopi precisi, sia trasformato in «figura». La situazione<br />

escatologica riproduce uno stato originario. Nel giardino primordiale, con il motivo<br />

dell'albero si voleva in qualche modo collocare la presente situazione dell’uomo, caratterizzata<br />

dalla morte; nella nuova <strong>Ger</strong>usalemme questa situazione viene abolita. L’albero della<br />

vita, per un verso vuole far capire all'uomo alcuni valori fondamentali della sua esistenza,<br />

per un altro vuole confermare al cristiano che la sua fede lo colloca già sin da ora là dove<br />

«la morte non ci sarà più, né lutto, né grido di dolore, né fatica, poiché le cose di prima se<br />

ne sono andate» (Ap 21,4) 19 . È suggestivo che la Bibbia concluda con questo segno di gloria<br />

e di speranza presente sin dagli inizi, dove il vietato diventa possibile e lecito, anzi necessario,<br />

in forza della grazia.<br />

* La cristianità delle origini considerava la crescita del numero dei credenti come<br />

l’ingrossarsi di un corso d’acqua a partire da un rigagnolo fino al fiume maestoso; e nelle<br />

quattro tappe della misurazione dell'acqua rappresentava i quattro vangeli, con il quarto<br />

considerato come il più profondo.<br />

Infine, gli scrittori cristiani hanno identificato il fiume portatore di vita con le acque del<br />

battesimo. Essi trovarono un punto di appoggio nella versione dei LXX del v.3, che, anziché<br />

“acqua profonda fino alla caviglia” (mê ´opsäºyim), ha tradotto con “acqua di remissione”<br />

(u[dwr avfe,sewj). Così, nell’immagine dell'agnello posto sul monte Sion con l’acqua che<br />

scorre sotto il tempio, si è voluto rappresentare nell’iconografia cristiana la vitalità feconda<br />

e liberante dei sacramenti.<br />

19 G.L. PRATO, «L’albero della vita: dall’Eden alla <strong>Ger</strong>usalemme celeste», in AA.VV, Io sono il vivente, Parola<br />

Spirito e Vita 5 [1979] 23-34. «La nuova <strong>Ger</strong>usalemme sarà... come l’Eden (“E i santi abiteranno in Eden,<br />

ed i giusti gioiranno per la nuova <strong>Ger</strong>usalemme”: Testamento di Dan 5,12; cf. anche 4Esdra 7,26; 2 Baruc<br />

= Apocalisse siriaca di Baruc 4,3-6), e si capisce allora come nel Nuovo Testamento l’Apocalisse di Giovanni<br />

possa riprendere facilmente questa concezione, quando dice che al vincitore sarà dato da mangiare<br />

dell’albero della vita, che è nel paradiso di Dio (2,7) (ivi, pp. 31-32).<br />

29


I. L’ALLEANZA E LE ALLEANZE<br />

A – Il racconto in Esodo (Es 19-34)<br />

LA NUOVA ALLEANZA<br />

CELEBRAZIONE DELL’ALLEANZA: Es 19-24<br />

1) Es 19: teofania = promessa e preparazione dell’alleanza<br />

- arrivo - scenario dell’alleanza (vv.1-2)<br />

- offerta di Dio (vv.3-6) con promessa di salvezza ed esigenze (obbedienza); conseguenze:<br />

una relazione speciale (appartenenza a Dio: «sua proprietà» [popolo di Dio], «sacerdoti» [a<br />

lui consacrati per un servizio e per una testimonianza di fronte agli uomini])<br />

- accettazione del popolo (vv.8-9, cf. 24,3.7): risposta cosciente. Mosè mediatore<br />

- teofania (vv.16-20 + 20,18-21) con reminiscenze liturgiche (tromba): a significare la potenza<br />

e inaccessibilità di Dio, che tuttavia si fa vicino e chiede l’assenso umano.<br />

2) Es 20 + 21-23: decalogo e codice “eloista” = condizioni ed esigenze dell’alleanza:<br />

- la premessa è essenziale. Richiama l’alleanza e dà significato a tutto il resto: «Io, JHWH,<br />

sono il tuo Dio». Dio si rivela (nome), si lega e impegna, chiede impegno.<br />

- seguono i singoli comandi = piste di riflessione e ricerca<br />

- i comandamenti verso il prossimo appartengono all’alleanza<br />

Come sono nati? Abbiamo due forme (cf. Dt 5). La formazione fu progressiva. Valore: ci<br />

offrono l’esemplificazione dei vari ambiti della vita sociale. Sono riflessioni conseguenti<br />

all’alleanza: perciò leggi del Signore, anche se riflessione umana; obbligano in coscienza.<br />

3) Es 24: rito o celebrazione dell’alleanza<br />

- invito a salire sul monte (posto speciale a Mosè: vv.1-2)<br />

- sacrificio con il popolo (rito centrale: vv.3-8):<br />

• accettazione (2 volte) e testimonianza scritta del documento di alleanza (proiezione<br />

nel futuro: si richiede un impegno responsabile)<br />

• patto di sangue (aspersione dell’altare [= Dio], e del popolo)<br />

• banchetto di comunione: dalla trascendenza all’intimità e gioia del pasto comune con<br />

Dio.<br />

FRATTURA E RINNOVO DELL’ALLEANZA: Es 25-34 (32-34)<br />

1) Quattro elementi portanti<br />

- il vitello d’oro: allude a un peccato originale nel deserto, ma l’attuale descrizione rivela<br />

una duplice polemica attuale, contro Samaria (vitello di Betel e Dan) e contro Aronne (=<br />

i sacerdoti: non offrono validi punti di riferimento contro l’idolatria permettendo le devianze<br />

del popolo);<br />

- le tavole della legge (tavolette incise da ambo le parti); 32,1ss sottolinea il carattere divino;<br />

- la teofania a Mosè = intercessione e leggi: il Nome e i titoli di Dio proclamati e invocati<br />

in contesto liturgico (34,1ss);<br />

- alleanza rinnovata.<br />

2) Significato<br />

- È il primo atto di una serie di ribellioni, che Dt e i profeti vedranno reiterate in tutta la<br />

storia di Israele (cf <strong>Ez</strong> 20).<br />

- Rivela il peccato come distruttivo per il popolo e impone una penitenza comunitaria: è<br />

causato dall’assenza del mediatore e perciò della Parola del Signore.<br />

30


- Mosè è mediatore e intercessore in favore del popolo, 32,7-14; 33,12-22.<br />

• La sua preghiera storna la sentenza condannatoria, che annullerebbe l’alleanza, appellando a<br />

Dio e alla sua fedeltà.<br />

• Nasce dalla solidarietà del mediatore con Dio e il popolo (se Mosè non si dissocia, Dio non<br />

può distruggere il popolo). Ma è Dio stesso a suggerire a Mosè, giusto, la possibilità di salvezza:<br />

«permettim/lasciai» sottintende una possibilità.<br />

• La preghiera si fa invocazione: Dio indichi la via, «cammini» con il popolo, mostri il suo volto<br />

(33,12-22).<br />

- Il castigo per i ribelli rimane azione salutare per tutti (32,15-29).<br />

3) La presenza di Dio<br />

- Es 33-34 rivela la presenza costante di Dio nei segni: tenda, cammino (Dio accompagna<br />

il popolo come segno distintivo), nube, e soprattutto nell’uomo (Mosè) mediante una profonda<br />

esperienza religiosa e liturgica (32,12ss + 34,4ss.29-35).<br />

- Dio non è conoscibile totalmente, ma la sua presenza è percepibile, anche se come passaggio<br />

fuggitivo, rivelazione momentanea del mistero, che l’uomo non può trattenere (passa,<br />

vede le spalle).<br />

- La proclamazione e invocazione del nome e dei titoli di Dio (longanime, misericordioso,<br />

ecc.) da parte di Mosè (34,4ss), come la sua precedente intercessione (32,7-14), manifestano<br />

la profonda intimità e fiducia dell’orante che sfida ogni paura della trascendenza: Dio<br />

appare «lontano», ma il credente è certo della sua presenza misericordiosa.<br />

B – IN SINTESI<br />

ALLEANZA<br />

• Il termine ebraico, berît, esprime l’«impegno», anzitutto di Dio, sottolinea il dono: è offerta<br />

e impegno di lui verso l’uomo-umanità.<br />

• La formula esige la reciprocità tra Dio e l’uomo: «Io sono il tuo Dio, tu sei il mio popolo»;<br />

«Tu sei il nostro Dio, noi siamo il tuo popolo».<br />

• Prospettiva. Vista al passato, l’alleanza è iniziativa gratuita di Dio, offerta di salvezza.<br />

Vista in prospettiva futura, richiede l’assenso umano, cioè l’impegno della libertà, senza<br />

la quale Dio rimane «alla porta».<br />

• Il rito serve a esplicitare e dare coscienza nei segni, a coinvolgere tutta la persona. Sarà<br />

rinnovata in diverse epoche della storia; importante fu l’assemblea di Sichem: Giosuè<br />

ripropone l’alleanza, le tribù accolgono il Dio dei Padri. Israele nasce e trova la spiegazione<br />

della sua esistenza «nel Nome di JHWH» (Gs 22-24).<br />

LA COMUNITÀ DELL’ALLEANZA<br />

• È popolo di Dio (19,5-6), sua eredità e acquisto, a lui consacrato per un servizio libero.<br />

• È popolo sacerdotale: mediatore e missionario; fedele alla vocazione (alleanza) e separato<br />

per una funzione nell’umanità.<br />

• È popolo itinerante e pellegrino (nel deserto, nomade), in un cammino liberante, bisognoso<br />

di continua conversione.<br />

• È assemblea cultuale: è il clima del Sinai, nell’obbedienza alla Parola [l’assenso, il decalogo]<br />

che diverrà segno costante nella «sinagoga» (cf Sal 95), e nel banchetto sacrificale<br />

che indica l’offerta e la comunione. L’assemblea del Sinai è il «vero santuario» di<br />

Dio; ogni assemblea liturgica attualizza, vive e rinnova il Sinai nell’oggi cultuale.<br />

• La solidarietà dei membri è garanzia di salvezza (intercessione-mediazione di Mosè).<br />

ALLEANZA E ALLEANZE<br />

Il redattore del Pentateuco considera la storia ritmata da diverse alleanze, culminanti in<br />

quella mosaica. Tutte hanno il medesimo scopo: la reciprocità tra Dio e l’umanità, rappre-<br />

31


sentata nella formula; ognuna contiene un intervento salvifico, una rivelazione, un segno,<br />

una legge.<br />

• La creazione: Dio «trae dalla terra» l’uomo e lo «pone» nel giardino (dono,Gen 2,15)<br />

perché lo coltivi e custodisca (come Israele deve custodire e osservare la legge ‘adad/דַבע,<br />

ׇ coltivare e dar culto]); segue un comandamento specifico: «mangerai...non<br />

mangerai» (2,16-17). Dio è il Creatore, che crea l’uomo «a sua immagine».<br />

• Noè (Gen 9): è alleanza (berît) con tutta l’umanità salvata dal Diluvio, e si riversa su<br />

tutto il cosmo (ritmo delle stagioni); Dio si rivela come ’elohim; ha un segno cosmico,<br />

l’arcobaleno, e la legge del sangue (vita), che Dio riserva a sé.<br />

• Abramo (Gen 15 e soprattutto 17): dopo averlo fatto uscire dalla sua terra, Dio, rivelatosi<br />

come ’El Shadday, si impegna in un patto con la discendenza (il «popolo» di Abramo,<br />

benedizione); dà per segno la circoncisione (fecondità umana) e per legge:<br />

«cammina alla mia presenza con lealtà» (Gen 17,1).<br />

• Mosè: Dio «fa uscire» e dona la terra; rivela il suo «Nome», JHWH; lascia come impegno<br />

la Legge (Decalogo e Codice) e come segno la circoncisione, le prescrizioni alimentari<br />

(puro e impuro), il sabato. Sarà rinnovata nel Paese di Moab (Dt 28,69) e a Sichem<br />

(Gs 24,1-28).<br />

• Davide: l’alleanza mosaica riceverà un ulteriore segno nella regalità. È l’alleanza con la<br />

dinastia: il re, «Messia», Unto o Consacrato, in greco «Cristo», è simbolo e rappresentante,<br />

mediatore dell’alleanza.<br />

• La nuova alleanza: le ripetute infedeltà e l’esilio proiettano nel futuro verso una nuova,<br />

eterna alleanza, con un’umanità nuova: sarà una nuova creazione. È la promessa di Is<br />

55,1ss (l’alleanza davidica con tutto il popolo), di <strong>Ger</strong> 31,31-34 ed <strong>Ez</strong> 36, relativizzando<br />

le vecchie istituzioni (regalità e sacerdozio) rivelatesi inefficaci. Avrà i seguenti caratteri<br />

(cf. sotto): - «nuovo esodo», - perdono universale dei peccati (<strong>Ger</strong> 31,34; "aspersione"<br />

<strong>Ez</strong>); - la legge scritta nell’intimo, cuore nuovo, nuovo spirito; - formula di alleanza realizzata<br />

(31,33) in una reciprocità totale tra JHWH e Israele suo popolo; - la conoscenza<br />

di Dio, chiave dell’esistenza religiosa, sarà estesa a tutti, senza passare attraverso la<br />

mediazione di un insegnamento.<br />

• Il NT vede realizzata l’alleanza nuova nel sangue di Cristo riversato sui credenti mediante<br />

il battesimo (1Pt 1,1-3); egli ci rivela il Padre, in lui si realizza l’esodo definitivo,<br />

la nuova creazione, l’uomo nuovo. Ogni credente, inserito in Cristo per la fede e il battesimo,<br />

è costituito nuova creatura: è già nell’alleanza, ma non ancora arrivato. Sotto la<br />

guida di Gesù nuovo Mosè e Messia-Cristo, cammina nella speranza e carità, verso la<br />

terra definitiva, il Regno di Dio: allora sarà superata la morte, «l’ultimo nemico», e Dio<br />

sarà «tutto in tutti» (1Cor 15). S. Paolo parla anche dell’amore diffuso in noi per mezzo<br />

dello Spirito (Rom 5,5), il quale ci attesta che siamo «figli» di Dio e permette una vita<br />

«nello Spirito»; è con la sua forza che tutto il mondo, insieme all’umanità, geme in attesa<br />

della definitiva liberazione dalla corruzione (Rom 8): è una alleanza che, come quella<br />

di Noè, coinvolge il cosmo intero.<br />

Bibliografia<br />

A BONORA, «Alleanza», in P. ROSSANO, G. RAVASI, A.GIRLANDA (cur.), Nuovo Dizionario di Teologia<br />

Biblica, Paoline, Roma 1988, pp. 21-35 (con bibliografia).<br />

A. WÉNIN, «Alleanza», in R. Penna, G. Perego, G. Ravasi, Temi teologici della Bibbia, San Paolo,<br />

Cinisello Balsamo (Milano) 2010, pp. 23-31.<br />

32


II. LA NUOVA ALLEANZA<br />

1. Crisi dell’alleanza per una duplice sfiducia<br />

• Nella possibilità umana di fedeltà: <strong>Ger</strong> 13,23 (etiope e leopardo, che non cambiano<br />

pelle); <strong>Ez</strong> 2,3-5.6-8 (genia di ribelli, cardi, scorpioni);<br />

• Negli antichi ordinamenti salvifici: arca (<strong>Ger</strong> 3,14), tempio (<strong>Ger</strong> 7); storia della «salvezza»<br />

(sotto il segno dell’«ira divina»: <strong>Ez</strong> 20 con 16 e 23) e nelle istituzioni a sua garanzia:<br />

re e sacerdozio (cf la critica radicale di <strong>Ger</strong>emia).<br />

• Tutto è proiettato nel futuro, verso il nuovo. L’antico serve da modello: nuovo esodo,<br />

pastori, mediatore, alleanza.<br />

Consideriamo la nuova alleanza analizzando <strong>Ger</strong>emia ed <strong>Ez</strong>echiele.<br />

2. I testi<br />

- <strong>Ger</strong> 31,31-34; 32,33-41; 24,5-7 (Os 2 per l’immagine sponsale)<br />

- Bar 2,29-33.35<br />

- <strong>Ez</strong> 11,17-20; 36,26-27 (cf. Sal 51)<br />

- Is 55,3; 59,21; 61,8<br />

Cf. Dt 10,16; 30,6; Mal 3,1-5;.<br />

Esegesi<br />

La Nuova Alleanza in <strong>Ger</strong>emia<br />

Il «libro della consolazione» di <strong>Ger</strong>emia<br />

1. MATERIALE<br />

Si tratta di testi di epoca diversa con aggiunte (30-31 + 32-33); in particolare, l’applicazione<br />

a Giuda di testi inizialmente rivolti a Israele<br />

2. TESTO ATTUALE<br />

Il tema: consolazione e restaurazione, è sviluppato attorno ad alcuni motivi letterari conduttori:<br />

a) il mutamento della sorte (già in 29,14: «lettera agli esiliati»; 30,3.18; 31,23; 32,44;<br />

33,7. 11.26, cf. Dt 30,3 e Os 6,11; Am 9,14; Sof 3,20; Gl 4,1); b) il riferimento a un futuro<br />

indefinito: «verranno giorni», «nel futuro», «in quel tempo» (30,3; 31,27.31.38; 33,14);<br />

queste indicazioni sono talora segno di aggiunte; c) la gioia (31,13; 32,41; 33,9.11, cf. Dt<br />

28,63 e 30,9); d) i due verbi positivi di vocazione (cf. 1,10): costruire (30,18; 31,4.28.38;<br />

32,11.35; 33,7) e piantare (31,5.28; 32,41).<br />

<strong>Ger</strong>emia 31<br />

STRUTTURA<br />

- v.1: introduzione<br />

- vv.2-14: messaggio di speranza<br />

- vv.15-22: obiezioni e risposte<br />

- vv.23-38: promessa e giuramento<br />

Esistono molte relazioni tematiche e verbali con <strong>Ger</strong> 2,1-4,4. «L'abbondanza di corrispondenze<br />

è tale che obbliga a contemplare almeno una volta i due quadri come un dittico. Il<br />

33


senso diventa più chiaro e ricco: prima si celebra un gran processo penitenziale in cui Dio<br />

accusa e invita alla conversione; il popolo risponde positivamente, benché con timore; Dio<br />

risponde a sua volta con il perdono e la riconciliazione. Come al peccato sono seguite le disgrazie<br />

(maledizioni), dalla riconciliazione seguiranno beni (benedizioni). In entrambi i<br />

quadri domina la figura di Efraim» 20 .<br />

INTRODUZIONE: v.1<br />

Comprende una indicazione temporale, la formula di alleanza, i destinatari: «Dio di tutte le<br />

famiglie» (mišpāḥāh/הָחָפּשׁ ׅמ, espressione tipica di Nm, oltre 150 x). Il Signore rifiuta di essere<br />

“monopolio” di qualcuno. Egli è Dio di tutto Israele, nord e sud, senza esclusione.<br />

1. MESSAGGIO DI SPERANZA: vv.2-14<br />

Nuovo esodo e pellegrinaggio a Sion – nuova epoca di gioia e prosperità, con due orizzonti,<br />

Israele e i popoli<br />

a) AI SOPRAVVISSUTI DI ISRAELE: vv.2-9<br />

Schema dell’esodo: liberazione – deserto – dimora (vv.2-3).<br />

Prima della restaurazione il popolo deve sperimentare ancora l’esodo, il deserto – come<br />

minaccia e come liberazione – in cui avvertirà l’amore divino (cf. Os 2,16; Dt 8). Per aver<br />

dimenticato Dio è divenuto «deserto» (cf. <strong>Ger</strong> 2,31; 3,2); il ritorno al deserto (cf. 2,2.6) permetterà<br />

a Dio di rivelarsi nuovamente (cf. Os 2,4ss; 11,1ss). L’esperienza di morte («scampati<br />

alla spada», v.2) farà scoprire il valore della vita, e la sete mortale il valore vitale<br />

dell’acqua. Essere al limite della vita risveglierà la coscienza di un amore paterno efficace.<br />

Allora il Dio lontano si mostrerà vicino.<br />

• «Da lontano»: il popolo si era allontanato, Dio appare «il Lontano» (23,23: «Sono forse<br />

io Dio solo da vicino – dice il Signore – e non anche il Dio Lontano?»; il termine echeggia<br />

un titolo divino 21 ). Nel deserto, Dio si manifesta e attrae nuovamente con amore (cf.<br />

2,2), riprende la relazione (Os 2,16-17).<br />

• Tre parole sono in relazione: amore eterno (fondamento dell’alleanza eterna, 32,40) che<br />

si traduce in ḥesed/דֶסֶח (lealtà, fedeltà, pietà, misericordia) e in ḥēn/ןֵח (favore a tempo<br />

opportuno).<br />

La novità (vv.4-5: tre volte ‘ôd/דוֹע). I tre verbi della novità: costruire, piantare (cf <strong>Ger</strong> 1,10;<br />

Am 9,11-14), ornare, corrispondono a tre schemi:<br />

• Urbano: simbolo del riposo, richiama l’abitare (v.2); la capitale è simbolo di tutto il<br />

popolo.<br />

• Agricolo: lavoro e fecondità; l’attività agricola suona anche come popolo «vigna» del<br />

Signore.<br />

• Antropologico: festa. Si potrebbe pensare a una festa di vendemmia (festa delle Capanne)<br />

o di matrimonio (cf il linguaggio dei vv.2-3) dove torna a risuonare « grido di letizia,<br />

grido di gioia, voce dello sposo, voce della sposa» (qôl śāśôn wĕqôl śimḥāh qôl<br />

ḥātān wĕqôl kallāh/hL'_K; lAqåw> !t'Þx' lAqï hx'êm.fi lAqåw> ‘!Aff' lAqÜ, <strong>Ger</strong> 7,34; 16,9; 25,10; 33,11):<br />

la vergine di Israele riceve gioia come fidanzata (2,32) dal Signore suo sposo e non dagli<br />

amanti (4,30). È allusione a Es 15 in contesto di esodo?<br />

Pellegrinaggio all’unico santuario (vv.6-7). Le sentinelle destano i pellegrini (cf. Sal 130,6:<br />

la sentinella attende l’aurora).<br />

20 L. ALONSO SCHÖKEL- J.L. SICRE DIAZ, I Profeti, pp.638s.<br />

21 Cf. L. VIGANÒ, Nomi e titoli di YHWH alla luce del semitico del nord-ovest, p.196 n.66 e p.205.<br />

34


• Dal nord scendono a <strong>Ger</strong>usalemmee e un gruppo non ben identificato, forse Giuda, si<br />

rallegra per il ritorno del fratello e l’accoglie (v.7, cf Mi 5,2).<br />

Secondo 2Cr 30, <strong>Ez</strong>echia convocò anche il nord nel tempio di <strong>Ger</strong>usalemme; a tale<br />

scopo fece la riforma Giosia. Nella restaurazione si prevede la nuova fusione dei due<br />

regni. Possiamo pensare ai pellegrinaggi autunnali in occasione della festa delle capanne<br />

nella quale si rinnovava ritualmente l’abitazione nel deserto. Conducevano a Sion<br />

centro spirituale (cf. Dt). Il tema della salita al tempio diverrà un motivo escatologico<br />

con prospettive universali (cf Is 2,2-5; Is 66).<br />

Nuovo esodo (vv.8-9), rappresentato in tre schemi:<br />

• Schema di centro: “strada nel deserto” e ritorno in patria. È ritorno trionfale ispirato<br />

forse a Is 35.<br />

• Schema materno nelle pregnanti, segno di dolore e fecondità (cf. vv.15.22): è impaccio<br />

nel cammino, ma anche pegno del futuro; il parto attanaglia nel dolore, ma si risolve<br />

nella gioia (cf Gv 16,21-23).<br />

• Schema paterno nel rapporto padre-primogenito (Efraim, Gen 48,8-20; Es 4,22; Dt<br />

1,31; 8,5, cf. vv.18-20). Pianto/consolazione, acqua (cf. Sal 126,5-6; Is 40,3).<br />

Dio annuncia una novità: il ritorno del nord in un solenne esodo, con i segni del futuro<br />

(donne incinte, festa, matrimonio; ricostruzione e nuovo pellegrinaggio al tempio [= unità<br />

nazionale]). Il profeta invita Giuda ad accogliere i deportati di ritorno.<br />

b) SCENARIO UNIVERSALE: vv.10-14 – Esodo – pellegrinaggio – gioia<br />

Ai popoli (vv.10-11). Destinatari del messaggio sono le «isole» (con il linguaggio del II Is:<br />

cf. Is 11,11; 41,1; 42, 10.12; 49,1 e <strong>Ger</strong> 2,10). Israele è il primo destinatario dell’amore del<br />

Signore, ma la rivelazione è destinata a tutti.<br />

• Dio pastore e il gregge: è motivo tradizionale dell’esodo e del II Is (40, 11, cf. Sal 23),<br />

come «riscattare e redimere» (pādāh/הָדָפּ e gā’al/לאַָג) in v.11.<br />

• Il «più forte» è il dominatore, Assiria (per Giuda sarà Babilonia); la liberazione si compie<br />

come in Egitto: è il nuovo esodo.<br />

Il pellegrinaggio universale con gioia e danza (vv.12.13-14, cf. v.6 e Is 2,2-5). I beni riassumono<br />

l’economia dei rimpatriati; si allude a un sacrificio con banchetto, festa, sazietà,<br />

gioia e danza (vv.13-14, cf. v.4). Uniche autorità menzionate sono i sacerdoti.<br />

2 REAZIONE DEL POPOLO: vv.15-22<br />

– Obiezioni (sfiducia e lamento) / risposta divina<br />

Di fronte al messaggio, Efraim e Rachele, la matriarca simbolo del popolo, ritengono le parole<br />

troppo belle per essere vere. Presentano perciò tre obiezioni (esplicite o implicite) di<br />

sfiducia e lamento, per diverse ragioni (l’esilio, la morte dei figli, i propri peccati). Seguono<br />

tre risposte da parte di Dio, che appellano all’amore (cf. v.3) e riaffermano la promessa di<br />

fecondità con la ripresa delle relazioni d’amore: 15-17.18-20.21-22.<br />

Prima obiezione - lamento di Rachele (vv.15-17)<br />

Rachele rappresenta il regno del nord; la sua morte tragica (Gen 35,19) fa da sfondo al lamento:<br />

compie l’ufficio di «lamentatrice» funebre (v.15, cf. 9,16-20).<br />

I figli «non sono più», sono morti (cf. il lutto di Giacobbe per Giuseppe) a significare<br />

probabilmente che non sono più in patria, ma in esilio (cf. Sal 77,8-9).<br />

Ambientazione storica. I superstiti di <strong>Ger</strong>usalemme, tra i quali <strong>Ger</strong>emia, sono radunati in<br />

Rama (er-Ram, 10 Km a nord di <strong>Ger</strong>usalemme), per essere tradotti a Babilonia. Il profeta,<br />

separato poi dai deportati, potrà rimanere in patria. Alla partenza dei compatrioti fu preso<br />

35


da una sofferenza simile alla madre. Rachele, matriarca del nord (Giuseppe con i figli Efraim<br />

e Manasse) e del sud (Beniamino) era sepolta nelle vicinanze di Rama (1Sam 10,2).<br />

La menzione di Betlemme in Gen 35,15 e 48,7 è una precisazione tardiva dovuta a qualche<br />

confusione di nome: se ne serve Mt 2,17.18 per la strage degli innocenti.<br />

La risposta è nei vv.16-17. Śākār lippĕ‘ullātēk/ךְֵתָלּעְפִּל רָכָ ֹ ש può essere inteso in due modi.<br />

«C’è un compenso per le tue pene» (del parto): la sua azione come madre non è inutile (morì<br />

di parto); oppure allude alla fatica di Giacobbe per acquistarsela: «il lavoro fatto per te»,<br />

cioè i 7 anni di lavoro per poterla avere in moglie.<br />

Il senso è spiegato al v.17: ci saranno figli, non sarà un “lavoro” senza frutto. Il salario è<br />

costituito dai figli (cf. Sal 127,3: «suo salario è il frutto del ventre»). Un resto dei figli sopravviverà<br />

e tornerà in patria. Il segno della speranza era rappresentato nelle donne incinte<br />

rammentate al v.8.<br />

Seconda obiezione espressa da Dio (vv.18-20)<br />

Efraim piange: il pianto non è vano, Dio ascolta. Efraim confessa: si è corretto, ha imparato,<br />

si pente. Ma restano i fatti negativi: smarrimento, ribellione (immagine del giovenco non<br />

domato), la catena dei delitti fin dalla giovinezza. Solo Dio può far tornare. Perciò il popolo<br />

invoca: «Fammi ritornare e io ritornerò».<br />

Il v.20 fa appello alla elezione. Dio è padre e madre: figlio, viscere («profonda tenerezza»,<br />

cf. Os 11 e <strong>Ger</strong> 31,9: là è enunciato, qui è sfogo ed effusione), «figlio caro» (cf. Is<br />

43,4), «prediletto» (cf. Is 5,7). Dio che «si ricorda» indica la salvezza (cf. Gen 8,1) e la relazione<br />

personale (cf. Sal 8,5).<br />

Terza obiezione, implicita, immagine matrimoniale (vv.21-22)<br />

La vergine d’Israele (popolo o capitale) dubitava a ragione. Dopo l’infedeltà il ritorno è impossibile<br />

(cf. 3,1), ma Dio stesso invitava al ritorno (cf. 3,12ss).<br />

Ora l’invito si fa urgente : «fino a quando andrai vagando?». Segni della conversione<br />

sono i paletti indicatori di strada e il superamento del cammino incerto, per l’unica strada e<br />

l’unico cuore (cf. 32,39).<br />

Non si tratta di un ritorno al passato, ma di proiezione al futuro, nuova creazione (cf.<br />

Gen 1,27; 5,2):<br />

Ecco creo (bārā/א ָרָב) una cosa nuova,<br />

la femmina (nĕqēbāh/הָבֵקְנ) abbraccerà il maschio (geber/רֶבָג).<br />

Dio ridona fecondità. Dall’abbraccio coniugale nasceranno nuovi figli. A significare che<br />

ogni donna israelita diviene madre e nasce un nuovo popolo (cf. v.8) o, più probabilmente,<br />

tutto il «popolo sposa di Dio» riabbraccerà il marito. Così raggiunge il culmine il tema<br />

dell’amore (v.3) e della fecondità (v.8).<br />

Sintesi<br />

Alla base del testo si profilano gli schemi di esodo e materno-sponsale con amore e fecondità.<br />

I simboli proiettano la storia verso il futuro.<br />

ESODO: liberazione – cammino – entrata. La minaccia di morte è mutata in liberazione; il<br />

cammino-pellegrinaggio è riscoperta dell’amore (Dio pastore); Si conclude nella dimora<br />

pacifica.<br />

AMORE-ALLEANZA: È amore sponsale fedele che fonda la relazione (’ahăbāh/הָבֲהאַ –<br />

ḥesed/דֶסֶח) e concede il favore al tempo opportuno ḥen/ןֶח); Amore fecondo che genera figli<br />

(abbraccio sponsale, «lavoro» fruttuoso); Nella coreografia di danza e gioia, abitazione serena<br />

(le nozze).<br />

Dopo queste premesse ci si attenderebbe logicamente il giuramento di conferma (cf. vv.35-<br />

37). Si inseriscono invece due serie (23-26.27-34), che disturbano il ritmo logico e servono<br />

da complemento dello schema di alleanza accennato all’inizio (v.1) e alla fine (v.22).<br />

36


3. PROMESSA E GIURAMENTO DIVINO: vv.23-36<br />

a) 23-26: descrizione (prosa) – restaurazione<br />

• La menzione di Giuda (commentario a v.7?) è una probabile inserzione del Redattore<br />

che, dopo il 587 a.C., accomuna i due regni nella restaurazione.<br />

• La restaurazione (cf. Os 6,11; Am 9,14; Sal 14,7; 53,7. <strong>Ger</strong> 8 volte la riferisce al popolo,<br />

3 volte ad altri popoli) consiste: a) nella benedizione, che appella a <strong>Ger</strong>usalemme «dimora<br />

di giustizia» (nĕwwe ṣedeq/קֶדֶצ הֶוְּנ, cf. Is 1,26ss), «monte santo». Sarà il territorio<br />

posseduto da Dio al cui centro si erge il tempio del Signore; nella concordia (v.24) tra<br />

agricoltori e nomadi (vi abiteranno insieme): rammenta la rivalità tra Caino e Abele e il<br />

contrasto, attuale, con i recabiti (<strong>Ger</strong> 35); aazietà: «disseterò la gola estenuata, ogni stomaco<br />

che langue» (nepeš/שֶׁפֶנ, «anima, vita», ma anche «gola, stomaco, desiderio», cf.<br />

v.12; Sal 23,3). Il verso sintetizza i doni del cibo e della bevanda.<br />

• v.26: reazione del profeta (cf. Sal 126,1: «Quando tornammo, ci sembrava di sognare»).<br />

b) 27-34: triplice promessa, in crescendo<br />

1) 27-28 fecondità. 3 volte «seminare-seme» (cf. Os 2,25 paronomasia con yezra’el, e <strong>Ger</strong><br />

2,21; 31,36 «progenie»); le due case riunite, a segnalare l’integrità di Israele (cf. <strong>Ez</strong> 37,15-<br />

23); sette verbi di vocazione (5 negativi, 2 positivi).<br />

2) 29-30 retribuzione personale. È implicita un’obiezione in forma di proverbio (cf. <strong>Ez</strong><br />

18,2). Significato: se siamo carichi dell’iniquità passata è impossibile la restaurazione. Dio<br />

annuncia invece una nuova era descritta nei vv. segg.<br />

3) 31-34 la nuova alleanza. È l’atto finale, una volta superate le obiezioni. La nuova alleanza<br />

sigilla la riconciliazione tra Dio e il suo popolo.<br />

c) 35-36.37: impegno divino con due giuramenti. Il primo appella all’attività creatrice (cf.<br />

Gen 1,14 e 2,1): come controlla lo spazio, così controlla la storia (v.35 con Is 51,15). Il secondo<br />

appella all’amore e usa il seguente schema logico: come è impossibile A così è impossibile<br />

B. L’amore di Dio è immenso, le misure umane non possono definirlo né i suoi<br />

limiti imprigionarlo: ogni merito umano è escluso, amore ed elezione sono gratuiti (cf. <strong>Ger</strong><br />

33,20-21; «per tutto quello che fece», Dt 7,7; 9,4-6).<br />

Conclusione (v.38). Aggiunge la predizione di un futuro stabile. Minuziosa nei dati che<br />

adduce, assomiglia nel genere alla descrizione topografica del finale di <strong>Ez</strong>echiele. Il messaggio<br />

rivolto al nord (vv. 15-16) è riletto e applicato al sud, attualizzando; la speranza è<br />

fondata sulla rivelazione dell’amore divino (cf. Eb 8,8ss; 10,16).<br />

La Nuova Alleanza in <strong>Ger</strong>emia: <strong>Ger</strong> 31,31-34 [LXX 38,31-34]<br />

31 hinnË yämîm Bä´îm nü´um-yhwh(´ädönäy) hw"+hy>-~aun> ~yaiÞB' ~ymiîy" hNE±hi<br />

31 Ecco verranno giorni - ORACOLO DEL SIGNORE -<br />

wükäraTTî ´et-Bêt yiSrä´ël wü´et-Bêt yühûdâ Bürît Hádäšâ<br />

`hv'(d"x] tyrIïB. hd"ßWhy> tyBeî-ta,w> lae²r"f.yI<br />

tyBeó-ta, yTiªr:k'w><br />

e taglierò con la casa di Israele e con la casa di Giuda una nuova alleanza.<br />

32 lö´ kaBBürît ´ášer KäraºTTî ´et-´ábôtäm ~t'êAba]-ta, ‘yTi“r:K'<br />

rv,Ûa] tyrIªB.k;<br />

al{å<br />

32 Non come l’alleanza che tagliai(stipulai) con i vostri padri,<br />

Büyôm heHézîqî büyädäm lühôcî´äm më´eºrec micräºyim<br />

~yIr"+c.mi #r


wü´änökî Bä`aºlTî bäm nü´um-yhwh(´ädönäy) `hw")hy>-~aun> ~b'Þ yTil.[;îB' yki²nOa'w>/<br />

E/Ma io sono stato Signore/Sposo con loro - ORACOLO DEL SIGNORE.<br />

33 Kî zö´t haBBürît ´ášer ´ekröt ´et-Bêt yiSrä´ël laeør"f.yI<br />

tyBe<br />

33 Ma questa è l’alleanza che stipulerò con la casa di Israele<br />

’-ta, •trok.a, rv,äa] tyrI‡B.h;<br />

tazOæ yKiä<br />

´aHárê hayyämîm hähëm nü´um-yhwh(´ädönäy) hw"ëhy>-~aun> ‘~heh' ~ymiÛY"h; yrE’x]a;<br />

dopo quei giorni - ORACOLO DEL SIGNORE.<br />

nätaºTTî ´et-Tô|rätî BüqirBäm ~B'êr>qiB. ‘ytir"AT)-ta, yTit;Ûn"<br />

Pongo (porrò) la mia Torah nel loro intimo,<br />

wü`al-liBBäm ´ekTábeºnnâ hN"b-d[;w> ~N"Üj;q.mil. ytiøAa<br />

W[’d>yE •~L'Wk-yKi(<br />

Perché tutti loro mi riconosceranno, dal più piccolo al più grande - ORACOLO DEL SIGNORE<br />

Kî ´eslaH la|`áwönäm ûlüHa††ä´täm lö´ ´ezKor-`ôd `dA[)-rK'z>a, al{ï ~t'ÞaJ'x;l.W ~n"ëwO[]l;( ‘xl;s.a, yKiÛ<br />

Quando/perché perdonerò le loro colpe e i loro peccati non ricorderò più.<br />

3. STRUTTURA<br />

- frase positiva, v.31: titolo, nuova alleanza;<br />

- frase negativa, v.32, fallimento dell’alleanza sinaitica;<br />

- frase positiva, vv.33-34: la nuova alleanza realizzata e suoi ncaratteri.<br />

Esegesi<br />

Il testo è in prosa ritmica, con aggiunte (v.31: bet yehudah, cf. v.33).<br />

TITOLO: «alleanza nuova» – הָשָׁדֲח תי ׅרְבּ (v.31)<br />

«Ecco verranno giorni in cui stipulerò una nuova berit»<br />

Rappresenta il titolo, manifesta l’intenzione di Dio con il verbo al futuro, il futuro escatologico<br />

(cf.v. 33). «Nuovo» rappresenta un giudizio negativo sul passato (v.32), l'alleanza sinaitica<br />

e i suoi ordinamenti salvifici. La loro forza si è esaurita? Von Rad afferma che «Israele<br />

potrà trovare salvezza solo nelle nuove disposizioni future di Jahve» 22 . Ma Dio non<br />

viene meno al suo impegno, resta Signore/Sposo ed è disposto a rinnovare e “tagliare” un<br />

«nuovo impegno» (berit), futuro, di altro stile, attaccando alla radice le cause del precedente<br />

fallimento: rinnoverà l’intimo dell’uomo, il cuore. Diversamente da Dt non si tratta di<br />

«restaurare», ma di fondare il «nuovo», però sullo schema e le figure dell’antico.<br />

FALLIMENTO DELL’ANTICA ALLEANZA SINAITICA (v.32)<br />

Motivo: il popolo (i padri di Israele e Giuda) ha infranto l’alleanza (pārar/ר ַרָפּ, «infrangere,<br />

render nulla, violare»). Si veda 23,7 con appello al «nuovo esodo»: non ci sarà più la<br />

formula di confessione «come è vero che JHWH ha condotto Israele fuori dall’Egitto», ma<br />

che «ha ricondotto dalla terra del settentrione» (cf. Is 43,18s). In questo momento Israele<br />

sembra senza patto, se accettiamo LXX e Siriaco (= ga‘alti, «abbandonare, ripudiare»). Però<br />

Dio afferma il contrario. Del resto, <strong>Ez</strong>echiele pensa a «una certa» presenza di Dio anche<br />

22 G. VON RAD, Teologia, vol.II, p.316.<br />

38


nell’esilio (<strong>Ez</strong> 11,16). Si tratta non di ripudio definitivo, quanto piuttosto di insufficienza e<br />

superamento. Is 54,4-8, parla di temporanea separazione da Sion-sposa, per riprenderla,<br />

dopo breve tempo, con amore eterno. Il fatto è confermato dalla lettura del TM: «Ma io<br />

sono il loro Signore/Sposo» (waw avversativo). A differenza del popolo, Dio mantiene fede<br />

al patto e non viene meno. La novità consisterà nel rendere l’uomo fedele.<br />

* Bä`aºlTî/י ׅתְלַעָבּ, contiene una doppia simbologia: sovrano-vassallo e sposo-sposa: fedele è<br />

Dio, mentre il popolo anziché «conoscere Dio» (v.34), ha «conosciuto» Baal (cf. 9,3:<br />

«Hanno seguito la caparbietà del loro cuore e i Baal che i loro padri avevano fatto conoscere<br />

loro»). La tradizione testuale presenta problemi. Il TM è confermato da Vg dominatus<br />

sum, ma Siriaco bsjt = ga‘alti (?), “rigettare, ripudiare, disprezzare”, e LXX «e io li ho disprezzati<br />

(µέλσ)».<br />

REALIZZAZIONE DELLA NUOVA ALLEANZA (vv.33-34)<br />

«Ma questa»<br />

«Dopo quei giorni», dopo la deportazione (cf. 24,5-7; 32,37-41); ma qui l’indicazione<br />

rappresenta la salvezza escatologica (cf. v.31). La formula ribadisce il contenuto della rivelazione<br />

e alleanza sinaitica: il reciproco riconoscimento tra Dio e il suo popolo, l’adesione<br />

esclusiva al Signore, l’adempimento integro della legge. La novità sarà antropologica esplicata<br />

nei caratteri.<br />

1) Interiorità (cf. 24,5-7). La realtà nuova è interiore all’uomo: dalla torah sulla pietra alla<br />

torah nel cuore: la legge nell’intimo, scritta nel cuore.<br />

Prima la legge era una realtà esterna, scritta sulla pietra e spesso non in sintonia con la<br />

coscienza (cuore) dell’uomo. Al Sinai Dio parlava dall'alto del monte con un intermediario,<br />

Mosè (Es 20,18ss; Dt 5,23ss). Esisteva dunque un processo di discorso divino e di ascolto.<br />

Ora non si tratta di opporre l’obbedienza esteriore a quella interiore, come in Dt (obbedienza<br />

interiore e coscienziosa, «con tutto il cuore e con tutta l’anima»). Dio crea un nuovo uomo,<br />

interiormente rinnovato, capace di una perfetta obbedienza alla legge, ponendo la sua<br />

volontà direttamente nel cuore, cioè nella sede degli atteggiamenti e radice delle decisioni e<br />

azioni. Non esiste più il discorso-azione, maestro-discepolo, perché ciascuno e tutti da se<br />

stessi «conosceranno-riconosceranno» il Signore.<br />

La novità di <strong>Ger</strong>emia è dunque a livello antropologico: Dio renderà nuovo l’intimo<br />

dell’uomo. In ciò egli si discosta anche da Isaia e da Osea, dove pure il ravvedimento era a<br />

livello di promessa. Infatti, <strong>Ger</strong>emia ritorna spesso sull’impossibilità umana riguardo alla<br />

comunione e alla fedeltà a Dio: dall’uomo immerso nella propria colpa (2,21-22) al cuore<br />

perfido (‘āqûb/בוּקָע) e incurabile (‘ānûs/סוּנָע, 17,9), ostinato (9,13; 13,10; 23,17), cattivo<br />

(3,17; 7,24; 11,8; 16,12; 18,12: sherîrût, cf. Sal 29,18; 81,13).<br />

Il peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro,<br />

con una punta di diamante è inciso<br />

sulla tavola del loro cuore e sugli angoli dei loro altari (<strong>Ger</strong> 17,1).<br />

Dio cancella il peccato e vi scrive la legge, tocca il cuore. Così <strong>Ger</strong>emia anticipa <strong>Ez</strong>echiele<br />

sull’effusione dello Spirito di Dio nei “cuori di pietra”, che rende l’uomo capace di<br />

«conoscere» Dio (cf. Sal 51,12; <strong>Ger</strong> 4,4; 24,7 e 32, 39 sull’unità interiore 23).<br />

2) Universalità o universale conoscenza di Dio: è compimento del primo carattere.<br />

La frase negativa/positiva, seguita da due kî 24 , «perché/quando». Conoscere equivale a riconoscere,<br />

relazione, familiarità con Dio; gli dei stranieri sono «sconosciuti» nella tradizio-<br />

23 <strong>Ger</strong> 24,7: «Darò loro un cuore capace di conoscere che io sono il Signore»; 32,39: «darò loro un solo cuore e<br />

un solo modo di comportarsi», cioè un sentire e pensare unitari, una condotta morale coerente.<br />

24 Il testo: inizia con un doppio kî, che può avere significati diversi, es.: «conosceranno che io perdono» (sembra<br />

39


ne di Dt (cf. 11,28; 13,3.14); adesione-obbedienza ai suoi comandi (Os 6). <strong>Ger</strong> aveva trovato<br />

assente tale conoscenza nei sacerdoti custodi della legge (2,8) e in generale nel popolo<br />

(4,22; 9,2).<br />

Stolto è il mio popolo: non mi conoscono,<br />

sono figli insipienti, senza intelligenza;<br />

sono esperti nel fare il male, ma non sanno compiere il bene» (<strong>Ger</strong> 4,22).<br />

Aveva spiegato al re Joiakim in che cosa consiste: praticare il diritto e la giustizia, tutelare<br />

la casa del povero e del misero. Giosia «conosceva» il Signore, diversamente dal figlio.<br />

I tuoi occhi e il tuo cuore non badano che al tuo interesse,<br />

spargere il sangue innocente, commettere violenze e angherie (<strong>Ger</strong> 22,15-16).<br />

Ora Dio la promette come dono istintivo (cf. anche 24,7): ogni uomo avrà in cuore la volontà<br />

di Dio e vorrà unicamente il suo volere, sarà capace di una perfetta obbedienza.<br />

3) Perdono generale<br />

Dio offre un perdono pieno, un’amnistia («non ricordo»). La coscienza del peccato contristava<br />

Efraim (cf. 31,18-20) e ingenerava sfiducia nelle promesse. Un perdono totale,<br />

senza riserve, è il primo atto della riconciliazione: la grazia precede la conversione. In<br />

questo si manifesta l’«amore eterno» sul quale la promessa del Signore si fonda (cf. 31,2-<br />

3). Così Egli rimane sempre «il Signore»(v.32). L’alleanza resta dono, sul modello antico,<br />

ma con un uomo rinnovato nell’intimo (nel cuore) e in grado di realizzarne il contenuto<br />

(v.33). L'attuazione si fonda in Dio che non rinuncia ad essere «Signore e Sposo».<br />

PASSI PARALLELI: <strong>Ger</strong> 24,5-7; 32,37-41<br />

<strong>Ger</strong>emia 24,5-7: Il rinnovamento del cuore<br />

Il profeta vede due cesti di fichi, buoni e cattivi... Dio ha in serbo la salvezza escatologica<br />

per il suo popolo: Il fondamento sarà la benevolenza divina: Dio guarderà gli esuli «per il<br />

loro bene», non più per punirli; ciò che compie è un dono. Aspetto esterno della salvezza è<br />

il ritorno degli esuli (quelli del 721 e del 587); ma il motivo storico si allarga a dimensione<br />

simbolico - escatologica. È descritto con i termini positivi della vocazione: stabilire non<br />

demolire, piantare non sradicare. Ogni aspetto negativo è eliminato. La novità interiore non<br />

sarà un ritorno alla condizione precedente. Tra il prima e il dopo esiste un abisso: il cuore<br />

umano sarà in grado di riconoscere JHWH (v.7); la comunità sarà composta di veri «fedeli».<br />

<strong>Ger</strong> 32,37-41: il patto eterno - il timor di Dio nel cuore<br />

Contesto: il campo comprato dal profeta è segno di speranza e liberazione. Il risultato è il<br />

medesimo di <strong>Ger</strong> 31,31-34: le condizioni esterne di vita torneranno ad essere normali<br />

(vv.43-44), ma si avvera una situazione nuova (vv.37-41). La differenza è terminologica: a)<br />

Dio porrà nel cuore degli uomini il suo «timore»; accentua l’aspetto comunitario: la comunità<br />

nuova, fedele; manca il perdono dei peccati.<br />

L’insieme delle immagini esprime totalità e integrità: «patto eterno» (berît ‘ôlâm), «tutti i<br />

giorni», «i figli che verranno dopo di loro» (= tutte le generazioni), «con tutto il cuore, con<br />

tutta l’anima». Giovanni parlerà di «pienezza» (Gv 1,14.16): Dio non risparmia il proprio<br />

figlio. L’iniziativa è sempre sua: parla, promette, si impegna con tutta la sua persona.<br />

da escludersi), «mi riconosceranno quando/perché perdono)».<br />

40


La nuova alleanza in <strong>Ez</strong>echiele<br />

Premessa<br />

Quando parla del nuovo Israele <strong>Ez</strong>echiele prevede un’esistenza di carattere storico e anche<br />

politico nella terra: ritorno, fecondità del popolo e della terra nuovamente coltivata (cf.<br />

36,9.29. 35.37; cc.40-48). Ma, per quanto importanti siano le circostanze esteriori, il mutamento<br />

avviene nella interiorità dell’uomo che corrisponde a una nuova creazione.<br />

<strong>Ez</strong> 36,26-38<br />

CONTESTO<br />

- 36,1-15: rivincita dei monti di Israele su Edom (cf. c.35)<br />

- 36,16-38: oracolo di restaurazione (castigo e riconciliazione)<br />

vv.16-21: Il passato - peccato e castigo<br />

• Esilio e diffamazione di Dio; liberazione per il suo «buon Nome»<br />

• stile: riassunto storico - liturgia penitenziale<br />

vv.22-38: Il futuro - restaurazione<br />

- vv.22-24: dall’ira alla grazia - azione esterna: il ritorno inizia la restaurazione;<br />

- vv.25-28: trasformazione interiore (nuova alleanza)<br />

- vv.29-38: benedizioni varie<br />

ANALISI<br />

Azione esterna: il ritorno degli esiliati (vv.22-24)<br />

- Alla base della liberazione è il «Nome» di Dio, la sua fama, come davanti al Mar Rosso<br />

(Sal 106,8, cf. <strong>Ez</strong> 20,8-9.14; 39,25). Dio ritorna alle origini, ma la sua azione è ora esaltata<br />

dall’infedeltà precedente.<br />

- Castigo e liberazione avvengono in un un’orizzonte internazionale. Dio compromette il<br />

suo nome nei fatti della storia, scegliendo Israele. La rivelazione passa attraverso le vicissitudini<br />

di un popolo che egli si è scelto: «in voi», o «per mezzo vostro».<br />

- Sullo sfondo percepiamo le difficoltà storiche del ritorno.<br />

Trasformazione interiore (vv.25-28)<br />

- <strong>Ez</strong> 36,25s e Sal 51 riportano il medesimo schema, il primo in forma di promessa, in forma<br />

di supplica il secondo: purificazione totale (v.25 e Sal 51,4.9 lavare 3.11 (cancellare); cuore<br />

nuovo (v.26 e Sal 51,12); spirito nuovo (v.27 e Sal 51,12-14 spirito saldo, santo, generoso,<br />

v.19 spirito contrito).<br />

• Purificazione (v.25) con rito liturgico che segna il passaggio dal disordine a una<br />

nuova fase della vita. L’autore usa una terminologia cultuale: l'aspersione con acqua<br />

pura (mayyim tehôrîm, cf mê niddâ Nm 19,20-22, acqua di purificazione), per purificare<br />

da tûmāh (sozzura) e gillûl (idoli). È Dio che asperge, non un sacerdote, perché<br />

nessuno è puro.<br />

• Cuore nuovo (v.26). Spirito e cuore nuovi – la nuova creazione.<br />

Darò loro un nuovo cuore e metterò nel loro intimo un rûăḥ nuovo;<br />

toglierò dal loro petto il cuore di pietra, e darò loro un cuore di carne.<br />

«Cuore» designa la realtà razionale dell’uomo (conoscenza e volontà): Dio dà una<br />

nuova coscienza, conoscenza e orientamento nuovi, uniti alla capacità di decisione (cf.<br />

v.27 e 11,20: seguire, osservare, mettere in pratica) 25 . Supera Gen 6,5; 8,21.<br />

25 Per il concetto di “cuore”, cf. H.W. WOLFF, Antropologia dell’AT, Queriniana, Brescia 1975, pp. 58-83.<br />

41


La parenesi deuteronomistica esortava all'interiorità, sincerità, lealtà totale (cf. Dt<br />

4,29: cercare il Signore con tutto il cuore; 6,5: amare con tutto il cuore; 10,12: tutto il<br />

cuore e tutta l’anima; 10,16: circoncidere il cuore; 30,2.6. 10.4: bocca e cuore). Qui<br />

l’idea è più radicale: occorre un «trapianto» che modifichi l’uomo per garantire l'obbedienza<br />

piena. È una nuova creazione (cf. 11,19; <strong>Ger</strong> 31,31ss).<br />

Il «cuore di pietra» è un cuore morto (cf. 1Sam 25,37), sclerotico, che ha perso ogni<br />

recettività e rende le altre membra incapaci di funzionare. Il «cuore di carne», al contrario,<br />

è un cuore vivo, pieno di intelligenza e capace di indurre a un agire nuovo<br />

(«carne», bāśār/רָשָׂבּ in senso positivo).<br />

• Spirito nuovo (v.27). È terminologia profetica: lo spirito è il principio vitale della<br />

nuova esistenza, che dà al cuore la capacità di conoscere e la forza per la piena obbedienza<br />

(cf. <strong>Ger</strong> 32,39: il «timore»; <strong>Ez</strong> 11,19-20; 18,31: l’invito, «formatevi un cuore<br />

nuovo»). Sal 51 implora uno spirito nuovo, santo e generoso, e apprezza il cuore contrito<br />

o spezzato. Come il «respiro del Signore» introduceva il principio vitale nella<br />

«polvere» rendendo l’uomo «essere, nepeš/שֶׁפֶנ vivente» (Gn 2,7), così il nuovo<br />

intervento di Dio crea una realtà nuova nel cuore dell’uomo, introduce un nuovo<br />

dinamismo e principio vitale nella sua esistenza.<br />

Allora la formula di alleanza (v.28) tante volte invalidata dal popolo comincerà ad<br />

essere realtà. Del passato resterà solo il disgusto e il disprezzo (vv.31-32). La terra<br />

non sarà più contaminata grazie all'osservanza della torah. Da questo fatto derivano le<br />

benedizioni.<br />

• Benedizioni ed effetti (vv.29-38): la terra “Nuovo Eden” contrassegnato dalla fecondità,<br />

che si riflette in campi, città e popolazione:<br />

- fecondità (vv.29-30), schematizzata in tre elementi: grano (opposto a carestia), frutti<br />

degli alberi e prodotto dei campi (opposti a fame);<br />

- campi e città (vv.33-36), schema agricolo e urbano;<br />

- popolazione numerosa, popolo consacrato (vv.37-38: aggiunte, cf. la conclusione al<br />

v.36).<br />

Il ritorno nella terra, resa pura e feconda, rappresenta la realizzazione dell’Eden del<br />

quale è simbolo (vv.28-36). E il popolo «gregge consacrato» (vv.37-38, inclusione<br />

con 34) è la nuova comunità espressa in terminologia sacerdotali.<br />

Il risultato finale è una nuova creazione che tocca la dimensione personale dell'uomo<br />

(cuore e spirito) e comunitaria (la nuova comunità del popolo fedele e consacrato); la<br />

nuova creazione coinvolge il cosmo come l’alleanza di Noè (la Terra nuovo Eden, cf<br />

anche Is 55).<br />

<strong>Ez</strong> 11,17-20<br />

Ritroviamo lo schema di <strong>Ez</strong> 36: ritorno ed eliminazione degli idoli (vv.17-18, cuore e spirito<br />

nuovi, che permettono piena obbedienza alla legge (v.19), formula di alleanza (v.20). Ritorna<br />

l’uso positivo di bāśār/רָשָׂבּ, l’essere vivente, con una valutazione positiva del<br />

comportamento umano: il cuore vivo opposto a quello di pietra.<br />

Io allontanerò dalla loro carne il cuore di pietra / e darò loro un cuore di carne.<br />

Osservazioni conclusive<br />

1. Linguaggio sacerdotale e profetico di <strong>Ez</strong>echiele<br />

La trasformazione che Dio opera avviene in base a due principi: acqua pura delle abluzioni<br />

rituali e dono dello spirito, tema caro alle correnti profetiche. Questo unisce Dio e il<br />

42


popolo (36,27 e 39,29) in quanto segno di stretta e immediata relazione, ma vi è anche la relazione<br />

cultuale, dove il popolo incontra Dio per mezzo di un mediatore legato a precise regole<br />

liturgiche.<br />

2. Confronto tra <strong>Ger</strong>emia ed <strong>Ez</strong>echiele<br />

a) parallelismo.<br />

Sembra che <strong>Ez</strong>echiele abbia avuto presente il testo di <strong>Ger</strong>, soprattutto 32,37ss:<br />

• Il fine dell’azione divina è lo stesso: la creazione di un nuovo popolo fedele;<br />

• La purificazione e perdono dei peccati: <strong>Ger</strong> 31,34b = <strong>Ez</strong> 36,25<br />

• Intervento sul cuore umano, per renderlo capace di obbedienza. È una specie di «azione<br />

sacramentale», che produce ciò che significa, come nelle vocazioni dei profeti (Is 6:<br />

il carbone acceso; 1Gv: il battesimo nell’acqua, spirito e fuoco).<br />

b) divergenze:<br />

• Alleanza - In <strong>Ger</strong> la terminologia è esplicita (alleanza nuova, eterna), implicita in <strong>Ez</strong>,<br />

ma contiene la formula di alleanza in 36,28 e 11,20 (cf. del resto, 34,25 e 37,26);<br />

• <strong>Ez</strong> è più ricco di particolari. Dio toglie il cuore indurito (di pietra), pone un cuore nuovo,<br />

di carne; vi aggiunge lo spirito;<br />

• Conseguenze: <strong>Ez</strong> è più spinto. Quando Israele si ricorderà della condizione passata proverà<br />

vergogna e orrore di se stesso (36,31). La nuova creazione realizza il progetto paradisiaco<br />

dell’Eden, coinvolgendo l’uomo e il cosmo, e si riversa nella nuova comunità.<br />

3. Osservazioni più generali<br />

L’intervento gratuito di Dio (amore eterno/buon nome) risponde alla situazione umana ritenuta<br />

insuperabile. La grazia precede l’azione umana. Oggi il messaggio continua ad alimentare<br />

una speranza fondata sull'amore divino, che il NT attualizza in Eb 8,8ss; 10,16.<br />

Nasce l’uomo nuovo e avviene una «nuova creazione» mediante (a) una purificazione<br />

generale (acqua, amnistia); (b) un intervento nell’intimo dell'uomo (cuore: coscienza, conoscenza,<br />

capacità di decisione: <strong>Ger</strong> 24,7; 32,39; <strong>Ez</strong> 36,26; 11,19-20), che determina una<br />

nuova capacità (il cuore di pietra diviene cuore di carne); (c) l’infusione di un nuovo principio<br />

dinamico e vitale: il ruăH di Dio che muoveva i profeti e il servo del Signore e determina<br />

il principio della vita religiosa, il timore del Signore.<br />

Rinnovato interiormente, l’uomo ritrova l’unità interiore ed è in grado di accogliere<br />

l’alleanza. Alla fedeltà di Dio risponde la fedeltà dell’uomo (דֶסֶח). Il frutto si restende a<br />

una nuova dimensione comunitaria.e al nuovo cosmo rappresentato nella Terra.<br />

Il passato serve di modello. Emerge una nuova immagine di Dio: proietta e progetta il<br />

futuro, mondo e uomo nuovi (= escatologia e speranza), in prospettiva universale.<br />

43


L’<strong>APOCALITTICA</strong><br />

Una visione della storia<br />

Introduzione alla tematica<br />

Bibliografia minima<br />

AA.VV., L’apocalittica, in CredereOggi 80 (2/1994), soprattutto, pp.5-65: M. MILANI, «Apocalisse<br />

e apocalittica: per una fede in tempo di crisi o fatto antropologico ripetuto? Spunti per una introduzione<br />

alla tematica»; B. MARCONCINI, «L’apocalittica nell’AT»; P. SACCHI,<br />

«L’apocalittica giudaica»; C. DOGLIO, «L’apocalittica nel NT».<br />

P. SACCHI, L’apocalittica giudaica e la sua storia, Paideia, Brescia 1990; IDEM, Storia del secondo<br />

tempio. Israele tra VI secolo a.C. e I secolo d.C., SEI, Torino 1994.<br />

G. BOCCACCINI, Il medio giudaismo, Marietti, Genova 1993.<br />

B. MARCONCINI, L’apocalittica biblica, in B. MARCONCINI e collaboratori, Profeti e apocalittici<br />

(Logos 3), LDC, leumann (Torino) 1994, pp. 193ss.<br />

G. RAVASI, Apocalittica, in NDTB, 1945-1956 e U. VANNI Apocalittica, ivi, 98-106.<br />

U. VANNI, La spiritualità dell’apocalittica, in A. BONORA (ed.), La spiritualità dell’AT, Dehoniane,<br />

Bologna 1987, pp. 251-273.<br />

La Bibbia contiene testi con colorazione escatologica più che di carattere apocalittico vero<br />

e proprio. Questa incontrò opposizioni antiche – forse già in Siracide e in Qohelet – e<br />

nel rabbinismo. Il clima e il linguaggio apocalittico furono importanti per il NT e il cristianesimo.<br />

Mi soffermo sui tentativi di definire l’apocalittica, distinguendo tra apocalisse<br />

e apocalittica. Si confronti, anche l’esposizione di Marconcini: con impostazione in<br />

parte diversa, egli tenta una definizione di apocalittica 26 e presenta un confronto tra apocalittica<br />

e profetismo che sostanzialmente si distinguono in base all’integrazione o meno<br />

tra azione umana e azione divina.<br />

Premessa (cf CredereOggi 80 [2/1994] 5-20)<br />

A partire dai tentativi di definizione, che distinguono tra apocalisse come genere letterario<br />

e apocalittica come corrente di pensiero o tradizione ideologica, si esaminano alcuni<br />

autori e testi che hanno affrontato in modo critico l’argomento, soffermandosi sull’analisi<br />

storica di Sacchi.<br />

Genere letterario<br />

L’apocalittica si sviluppa in momenti di prova e persecuzione per confortare rivelando il<br />

piano divino (cf Ap su Roma e i segni della sua decadenza già presenti nell’attuale<br />

splendore). Il genere letterario assume alcuni motivi tipici.<br />

• Dualismo (drammatico scontro di forze opposte) e universalismo (abbraccia lo sviluppo<br />

della storia universale, accompagnata da movimenti cosmici).<br />

• Attesa della fine imminente del mondo e della nuova creazione: la distruzione è premessa<br />

a un mondo nuovo.<br />

• Rivelazioni misteriose e segrete, con segni o rapimenti estatici, visioni simboliche del<br />

futuro e interpreti celesti; ampi simbolismi e immagini grandiose da interpretare.<br />

• Pseudografia: indica un rapporto ideale con l’autore presunto, ne rivendica l’autorità.<br />

26 Sottolinea: la dimensione escatologica (annuncio di un evento imminente che cambia la storia), il clima di<br />

viva attesa, la pseudonimia, il momento presente come ultimo assalto delle forze del male.<br />

44


Fenomeno e mentalità – definizione descrittiva<br />

Sacchi individua nell’apocalittica la presenza di diverse teologie, ma anche di una<br />

tradizione letteraria e una corrente di pensiero collegata a libri ritenuti comunemente apocalittici.<br />

L’essenza dell’apocalittica va cercata in una particolare concezione del male,<br />

inteso come realtà autonoma, antecendente alle possibilità stesse di scelta dell’uomo.<br />

Le principali caratteristiche della mentalità apocalittica possono essere illustrate mediante<br />

situazioni culturali ripetibili, che inducono a cogliere il fenomeno come manifestazione<br />

di un aspetto religioso e antropologico insieme. Esse sono:<br />

1– il rapporto conflittuale con la storia e con la cultura del tempo;<br />

2 – il conseguente ritirarsi della comunità in senso sociologico e culturale: un rapporto di<br />

tipo separatista rispetto alle altre comunità con il ritiro in un proprio mondo simbolico, il<br />

frantumarsi policentrico del sistema che crea isole, favorisce il sorgere delle sette e talora<br />

reazioni violente;<br />

3 – lo sguardo pre-veggente proiettato nel futuro e l’importanza accordata alle visioni e<br />

alle rivelazioni;<br />

4 – l’importanza dell’autorità carismatica mediatrice di rivelazione e la centralità<br />

dell’azione divina, relegando nell’attesa la risposta dell’uomo;<br />

5 – l’unione di cosmo e storia.<br />

Questi caratteri ci interrogano su alcuni fenomeni contemporanei, per considerarvi<br />

eventuali influssi o il prolungamento di mentalità apocalittiche. Nel caso, occorre uscire<br />

da considerazioni strettamente religiose, per cogliere stili e concezioni che rivelano come<br />

l’apocalittica viva di vita autonoma, acquisendo nella storia e nel linguaggio comune svariati<br />

significati, riprendendo o sottolineando uno o più aspetti, connotati come “apocalittici”,<br />

ma talora espropriati della dimensione religiosa.<br />

Rapporto e diversità tra Profezia e Apocalittica. L'apocalittica vuole custodire l’eredità<br />

dei profeti dell’AT, ma il contesto culturale è diverso.<br />

1 – Nel profeta lo sguardo è anche al futuro, ma egli ha di mira il presente, e soprattutto<br />

tende a integrare l’azione umana con quella divina. L’apocalittica, invece, cerca di delineare<br />

il futuro, pone in primo piano l’azione (e il bisogno) di Dio e tende ad annullare<br />

l’azione umana. Attende la liberazione dal presente ordine per una trasformazione in un<br />

nuovo ordine in considerazione dell’impotenza della comunità religiosa; solo l’intervento<br />

liberatorio di Dio la porrà al sicuro. Le posizioni estreme giungono a negare la libertà (cf<br />

Qumran e alcune opere intertestamentarie).<br />

2 – Studiano ambedue l’ordine storico, ma l’apocalittica va alla ricerca dell'ordine stabilito<br />

(esito finale) per sottrarsi all’ordine presente, insopportabile. La profezia è invece<br />

per una cooperazione nel tentativo di cambiare (esorta alla conversione).<br />

3 – L’apocalittico parla al “gruppo”, che acquista perciò una prorpia identità contrapposta<br />

ad altri gruppi sociali e religiosi; occorre entrare nel gruppo per sottrarsi alla rovina e<br />

trovarvi salvezza: è la città sul monte. Il profeta invece parla al popolo, interroga e stimola<br />

le coscienze alla conversione (parla in piazza). La profezia è dunque aperta;<br />

l’apocalittica è più chiusa, tende alla setta, tutto è già deciso.<br />

4 – Funzione della parola: la profezia esorta, ammonisce, provoca alla responsabilità;<br />

l’apocalittica dichiara (solo occasionalmente esorta).<br />

Testi e fonti<br />

Si sviluppa soprattutto dal 2° sec. a.C. al 1° sec. d.C., ma è già presente nel 4° sec.<br />

- AT: Is 24-27+34-35; 65-66; <strong>Ez</strong> 38-39 [Gog e Magog]; Gl 3-4 [il nordico e la escatologia finale<br />

con giudizio]; Zc 14 [cf 9-14]). Soprattutto vi è il libro di Daniele (167-164 a.C.).<br />

45


- Apocalissi giudaiche (il giudaismo ufficiale rabbinico sconfessò molti di questi movimenti): Libro<br />

di Enoch (versione etiopica e slava), Ascensione di Mosè, Testamenti dei XII Patriarchi, 4<br />

Esdra, Ap di Baruc (tratta il problema della distruzione di <strong>Ger</strong>usalemme, 70 d.C.), e, infine, i<br />

documenti di Qumran: Codice di Damasco (CD), Regola della Comunità (I QS), Commentario<br />

su Abacuc (I QpHab), Inni di Lode (I QH)), Rotolo della guerra tra i figli della luce e i figli delle<br />

tenebre (I QM).<br />

Si possono consultare: P. SACCHI, L’apocalittica giudaica e la sua storia, Paideia, Brescia<br />

1990; IDEM, L’apocalittica giudaica, in L’apocalittica, CredereOggi 80 (2/1994) 32-45; per<br />

l’AT, B. MARCONCINI, L’apocalittica nell’AT, ivi, pp. 21-31; IDEM, in Logos.<br />

- Nuovo Testamento, cf B. CORSANI, L’Apocalisse e l’apocalittica del Nuovo Testamento, EDB,<br />

Bologna 1996.<br />

ZACCARIA<br />

Introduzione<br />

1 – Diversità e unità del libro<br />

I cc.1-8 e 9-14 costituiscono due parti diverse per origine, stile, contenuto, scopo. Tanto che<br />

Martin Achard (PEB 4) li presenta divisi in due luoghi diversi. Anche se nell’attuale redazione<br />

si possono riconoscere tradizioni comuni come la centralità di Sion, la purificazione<br />

della comunità da parte di Dio, la citazione degli antichi profeti, l’universalismo (R.A.<br />

Manson, ZAW 88, 1976).<br />

2 – Il profeta<br />

Zekarjah o Zekarjahu - «Jhwh si è ricordato», è nominato in Esd 5,1 e 6,14 con Aggeo.<br />

Furono i due profeti che hanno maggiormente contribuito alla ricostruzione del tempio,<br />

esortando, incoraggiando, ammonendo (Zc 3,8-10; 4,6b-7; 6,9-12). I dati che ricaviamo<br />

dal libro concordano sostanzialmente con il quadro di Esdra sulla situazione dell'impero<br />

persiano, sulle difficoltà e le possibilità che hanno permesso la realizzazione del progetto<br />

(Esd 4,21-6,14). Il libro dà le seguenti indicazioni cronologiche: Svolse la sua attività per<br />

due anni, dall’ottobre del 520 al novembre del 518 a.C., dal secondo al quarto anno di<br />

Dario I re di Persia (522-486, cf Zc 1,1[8° mese dell’anno 2°].7 [24/11 = Sebàt] e 7,1 [4°<br />

anno/ 9°mese = Caslew).<br />

Ipotesi di Petitjean sulla sua attività. 27 Dallo studio della tradizione testuale e dal molteplice<br />

genere letterario, l’autore riconosce una duplice sfera d’azione, in esilio e, dopo il<br />

ritorno, a <strong>Ger</strong>usalemme.<br />

Prima del ritorno la missione in mezzo agli esiliati tese a suscitare e sostenere il movimento<br />

di ritorno (Zc 2,10-13): annuncia che la liberazione corrisponde al favore e<br />

all’alleanza nuova che il Signore promette a Sion e al suo popolo (Zc 8,1-8.14b-17, cf pp.<br />

439-440). Questa attività dovette corrispondere dal 538 al 520 circa.<br />

L’attività continuò in patria. Si avverte l’eco delle difficoltà dei rimpatriati (Zc 7,4-<br />

14); il profeta dovette esortare il popolo svelando il senso profondo delle prove passate.<br />

L’attività si sarebbe svolta in due fasi: prima del 520 (Zc 3,8-10; 4,6b-7; 6,(9)10-12) il<br />

profeta avrebbe preso parte ai primi lavori di ricostruzione (cf Esd 3), alla posa della<br />

prima pietra e all’inizio dell’attività di Zorobabele (?); dal 520 partecipò attivamente ai<br />

lavori, dopo la stasi di 20 anni, per spingere i costruttori a portare a termine l’opera. Certo<br />

è che la sua attività domina in questo movimento.<br />

27 Cf ALBERT PETITJEAN, Le oracles du Proto-Zacharie, Etude Biblique, Gabalda, Paris 1969; cf “La mission<br />

de Zorobabel et la reconstruction du temple” ETL 42 (1996), 40-71.<br />

46


3 – Struttura. Il libro è articolato in due parti distinte.<br />

I - Zac 1-8 – Martin Achard (cf PEB) riconosce due sezioni costruite ciascuna su un racconto.<br />

Zac 1-6: libretto della notte delle sette visioni.<br />

1,1-6: Prologo – invito al pentimento<br />

1,7-6,8: Libretto della notte delle visioni<br />

1 - 1,7-15 I cavalieri (+ 1,16-17: oracolo su <strong>Ger</strong>usalemme – i pagani colpiti)<br />

2 - 2,1-4: Le corna e gli operai<br />

3 - 2,5-9: Il geometra (+ 2,10-13: invito al ritorno / 2,14-17: Promessa)<br />

3,1-7: La vestizione del sacerdote Giosuè (+ 3,8-10: oracoli a Giosuè; più che<br />

visione è celebrazione)<br />

4 - 4,1-6aα.10aβ-14: la lampada d’oro e i due olivi (+ 4,6aα-10aβ: oracoli a Zorobabele)<br />

5 - 5,1-4: Il rotolo volante<br />

6 - 5,5-11: La donna nell’efa<br />

7 - 6,1-8: I carri<br />

6,9-15: Epilogo – l’atto profetico della corona<br />

I sei capitoli sono strutturati attorno alla narrazione di una serie di visioni notturne<br />

(1,8; 4,1). Tutti i racconti seguono un duplice schema letterario in due scene: la prima<br />

immobile, la seconda in movimento (unica eccezione il c.3). Si riconoscono sette pannelli<br />

disposti simmetricamente rispetto a una scena portante: la lampada d’oro e i due olivi<br />

(4,1-14). Una visione supplementare o azione liturgica è aggiunta alla serie completa di<br />

7, prima della visione centrale. Il libretto è stato completato da una serie di oracoli innestati<br />

sulle visioni, completati da un prologo e un epilogo.<br />

Zac 7-8. Appare il duplice aspetto di giudizio (Zc 7) e salvezza (Zc 8). I due capitoli sono<br />

costruiti su un racconto del profeta: una consultazione degli esuli sull’opportunità di<br />

osservare giorni di digiuno: domanda (7,1-3) e prima risposta in forma interrogativa (7,4-<br />

6); seconda risposta, con due oracoli di salvezza (8,1-17).<br />

II - ZAC 9-14<br />

La seconda parte del libro di Zaccaria è costituita da una serie di visioni sul futuro regno<br />

di Dio e il trionfo di <strong>Ger</strong>usalemme. Vi sono raccolti materiali diversi difficilmente databili.<br />

La tesi più diffusa colloca il testo verso il 300, prendendo come punto di partenza le<br />

campagne di Alessandro magno (cf gli Ioni in Zac 9,3). Le introduzioni alle sezioni di<br />

Zac 9-14, letterariamente eguali, dal punto di vista canonico collegano questo testo a Malachia.<br />

Zac 9-11 sviluppa i temi dell’inno al Dio guerriero che sconfigge i nemici e libera gli esiliati.<br />

• Zc 9,1-10,2: le conquiste del Dio guerriero (vv.1-7), arrivo al tempio e intronizzazione<br />

del Messia umile e pacifico (vv.8-10), liberazione dei prigionieri con banchetto<br />

finale e prosperità (vv.9,11-14.15-17; 10,1-2).<br />

• Zc 10,3-11,3: battaglia contro i pastori nemici (vv.3-7), ritorno degli esiliati (nuovo<br />

esodo, vv.8-11a), sconfitta dei nemici in immagini agricole o di animali<br />

(vv.11b-11,3, non è importante il tema messianico).<br />

• Zc 11,4-17 (+ 13,7-9) sviluppa l’allegoria dei due pastori (con il passo dei 30 denari).<br />

La situazione si fa sempre più dura per colpa del gregge: il male non è esterno,<br />

ma nel popolo. L’avvento di un pastore stolto e la dispersione costituiscono<br />

una prova purificante. Alla fine un resto farà alleanza con il Signore.<br />

47


Zac 12-14: il rinnovamento di <strong>Ger</strong>usalemme passa attraverso una purificazione generale<br />

(6 inizi con: «in quel giorno avverrà»):<br />

• Zc 12,1-13,6: combattimento escatologico tra <strong>Ger</strong>usalemme e tutte le nazioni (1-<br />

8), disfatta dei nemici.<br />

Ma segue una estesa lamentazione (tutte le famiglie sono in lutto) anziché un<br />

inno di vittoria (12,9-13,1); 13,2-6: purificazione del cuore e del paese cacciando<br />

idoli e falsi profeti (i vv. 4-6, sul “trafitto”, sembrano posteriori: come per il servo<br />

del Signore di Is 40-55, l’autore può aver pensato a uno che salva il popolo mediante<br />

la sofferenza).<br />

Zc 13,7-9: la spada colpisce pastore e gregge, il fuoco prova il popolo fedele<br />

pronto per la nuova alleanza (testo messianico, forse indipendente, con immagini<br />

classiche: le pecore senza pastore [<strong>Ez</strong> 34,5], il resto [Is 4,3], la terza parte [<strong>Ez</strong> 5,1-<br />

4], il fuoco purificatore [<strong>Ger</strong> 6,29s]).<br />

Immagini: fuoco, spirito e acqua; spada e fuoco.<br />

• Zc 14: lotta escatologica e nuova situazione – il giorno del Signore Il capitolo appare<br />

più apocalittico e tardivo rispetto ai testi precedenti. Insiste particolarmente<br />

sulla regalità di Yhwh (vv.9.16.17).<br />

Zaccaria è il testo più citato nel NT dopo Isaia. Numerosi episodi della vita di Gesù sono<br />

ispirati a Zac 9-14: cacciata dei mercanti dal tempio (Zc 14,21), entrata in <strong>Ger</strong>usalemme, la<br />

vendita per trenta denari, contemplazione del trafitto, facendone talora un uso accomodato<br />

o seguendo particolari versioni (cf Zc 9,9 / Mt 21,5; Gv 12,5: entrata in <strong>Ger</strong>usalemme; Zc<br />

11,12s / Mt 27,9s fondendolo con <strong>Ger</strong>: compera il campo del vasaio per 30 denari; Zc 12,10<br />

/ Gv 19,38: guarderanno a colui che avevano “trafitto”, citato non secondo i LXX, ma secondo<br />

una versione più vicina a Simmaco e Teodozione; l’idea del lamento è ripresa in Mt<br />

24,30: «tutte le genti si percuoteranno il petto»; Zc 13,7 / Mt 26,31 e Mc 14,27: «ferirò il<br />

pastore», usato in modo accomodatizio; Zc 14,7s / Ap 21,25 e 22,1.5)<br />

48


MALACHIA<br />

Bibliografia<br />

L. ALONSO SCHÖKEL – J.L. SICRE DIAZ, I Profeti, Borla, Roma 1989: Malachia, pp. 1379-1411.<br />

ELISABETH ACHTEMEIER, I dodici profeti – Parte seconda: Naum, Abacuc. Sofonia, Aggeo, Zaccaria,<br />

Malachia (Strumenti – Commentari 31), Claudiana; Torino 2007: Malachia, pp. 241-280.<br />

Struttura dialogica<br />

Prevale il genere letterario della disputa giudiziaria (distinte da alcuni in controversia<br />

profetica [cf <strong>Ger</strong> 3,1-5; 2,29-37 e Mal 2,10-12] e torah profetica [cf Is 1,10-17 e Mal 1,2-<br />

5]). Il libro è articolato in sei unità discorsive definite -dispute o discussioni- tra il profeta<br />

e gli interlocutori, costituite di quattro elementi strutturali (Zenger, Introduzione<br />

all’AT, p. 878, cf pp. 877-882): (1) una constatazione/affermazione apre la sezione<br />

(un'asserzione di Dio, 1,2; una sentenza, 1,6; una domanda retorica, 2,10; un rimprovero,<br />

2,17; un'affermazione di Dio su se stesso, 3,6); (2) segue un'obiezione o controdomanda<br />

dell’interlocutore; (3) l’obiezione è rifiutata da Dio o dal profeta che sviluppa l’obiezione<br />

iniziale; (4) conclusione o conseguenza: giudizio o annunzio di salvezza.<br />

Schema concentrico di E. Zenger<br />

1,1 Titolo (cf Zac 9,1; 12,1)<br />

1,2-5 Prima discussione L’amore del Signore per Israele contrapposto al suo giudizio su Edom,<br />

A<br />

che aveva sofferto poco prima una invasione degli arabi<br />

1,6-2,9<br />

Accusa (1,6-14) e annuncio del giudizio contro i sacerdoti (trascuratezza<br />

Seconda discussione nei sacrifici e nell’insegnamento della Torah) = culto non gradito (cf Ne<br />

B1<br />

13,10-12)<br />

2,10-16 Terza discussione Accuse contro la comunità ed esortazione conclusiva (Matrimonio con<br />

B2<br />

donne straniere e infedeltà/divorzio)<br />

2,17-3,5 Quarta discussione Accusa e annuncio del giudizio (punto principale: conflitti sociali, sfrut-<br />

B’2<br />

tamento dei piccoli contadini e dei poveri) = dubbio sulla retribuzione<br />

divina – annuncio del messaggio<br />

3,6-12 Quinta discussione Invito alla conversione e annuncio di salvezza (conflitto fra personale del<br />

B’1<br />

tempio e laici; cattivi raccolti e cavallette a casusa della frode nella consegna<br />

delle decime)<br />

3,13-21 Sesta discussione Contro gli arroganti e in risposta ai fedeli che dubitano della retribuzio-<br />

A’<br />

ne, annuncio del giudizio escatologico (giorno di Jhwh): salvezza dei<br />

giusti e annientamento dei malvagi<br />

3,22 Primo epilogo (rimando a Gs 1,7.13 e a Dt 5,1; 11,32; 12,1; 26,12): ricordare la legge di Mosè<br />

3,23-24 Secondo epilogo (rimando a 1Re 19 e a Is 66): il ritorno di Elia<br />

-La datazione è fatta risalire al periodo precedente la riforma di Esdra e Neemia, V sec.<br />

(cf le accuse e i conflitti sociali e religiosi in IV e V disputa; il problema dei matrimoni<br />

misti; domina in Giuda un governatore, peḥah, 1,8). Il libro è stato collegato dal TM a<br />

Zac 9-14 per l’identica introduzione.<br />

L’autore è un anonimo profeta chiamato «messaggero del Signore», estrapolandolo da<br />

3,1, «il mio messaggero» (mal’akî, LXX il tuo messaggero) per preparare la via davanti a<br />

me. La questione è aperta: profezia letteraria o nome effettivo del profeta? Gli studiosi<br />

notano affinità più con la corrente deuteronomistica che con quella sacerdotale, perché<br />

Dt 17,8-13 affida le cause legali più intricate ai sacerdoti leviti del Tempio di <strong>Ger</strong>usalemme.<br />

Infatti il libro si interessa dei doveri relativi all’alleanza. Ora gli Israeliti formulano<br />

due accuse: Dio, non ci hai amati (1,2), non hai agito con giustizia rispettando il patto<br />

(2,17). Ma Dio dal tempio ribatte le accuse contro Israele che diventa colpevole secondo<br />

il verdetto della corte (3,17ss).<br />

49


Messaggio<br />

Il profeta affronta i problemi della sua epoca, teorici (come l’amore di Dio, la giustizia<br />

divina, la retribuzione) o pratici (offerte e decime, matrimoni misti, divorzio, culto). Il<br />

suo orizzonte sembra meno ampio di altri; ciò è forse dovuto alla sua epoca. È comunque<br />

uno dei libri più citati nel NT, soprattutto 3,1 (cf Mc 1,2; Lc 1,17.76; 7,19.27; Gv 3,28) e<br />

3,23-24 (Mt 17,10-11; Mc 9,11-12; Lc 1,17) sul «messaggero» che precorre la venuta del<br />

Signore e viene identificato con il Battista.<br />

Nell’insieme emergono tre temi.<br />

I - La giustizia di Dio. Ricorre in tre dialoghi: a) all’inizio con Esau/Edom-Giacobbe<br />

che continuano nel contrasto antico (Gen 25,29-34; 27,30-45, Gl 4,19, ecc); Edom è<br />

spesso presentato come nemico, ma a quel tempo era nulla; la sua posizione mostra<br />

l’amore fedele all’alleanza di Dio per Giacobbe (Rm 9,13 cita il testo per mostrare la libertà<br />

di Dio nell’amare Giacobbe più di Esau); b) la denuncia della violenza e delle ingiustizie<br />

(3,5) con impunità; ma Dio non è indifferente, sarà giudice contro tutti i mali:<br />

incantatori e adulteri (= idolatri), frodatori e oppressori; la giustizia di Dio non è assente,<br />

né è parziale (cf 2,17, ob). La denuncia è in genere contro tutte le trasgressioni religiose e<br />

sociali e per una giustizia globale.<br />

II - Il culto: l’offerta gradita a Dio (1,6-2,9). Malachia è stato un po’ trascurato o deprezzato<br />

per l’importanza data alle prescrizioni sui sacrifici (1,6-14, cibo contaminato,<br />

che contamina anche il Signore (!), sacrifici di animali difettosi).<br />

Egli esprime un completo dissenso sul culto vigente: trascurare il culto è per lui disprezzare<br />

la tavola o il frutto del Signore (1,7b.12); vi aggiunge la noia (1,13). Incuria e<br />

noia sono segno del disprezzo per Dio stesso. Al punto che i popoli-goyyim, con la loro<br />

minHā pura, sembrano onorare il Signore degli eserciti con intento più puro degli ebrei e<br />

il Signore preferirli (1,11). Il testo è stato variamente interpretato: offerta vegetale (Lev<br />

2,1-2) contrapposta ai sacrifici di animali? Le offerte dei proseliti o ebrei della diaspora?<br />

I Padri della chiesa vi hanno riconosciuto l’annuncio del culto della nuova alleanza, di un<br />

sacrificio diverso: offerta pura fatta a Dio in ogni parte della terra (cf Didaché 14,3, seguita<br />

da altri Padri fino al Concilio di Trento, cf anche il Canone eucaristico romano sulla<br />

“offerta pura e santa”).<br />

Nel giudizio con minaccia, il profeta chiede ai sacerdoti – la tribù di Levi con la quale<br />

il Signore aveva concluso un’alleanza esclusiva per il culto (2,4-5) – di dare direttive<br />

giuste/fedeli (insegnamento/istruzione, torah, cf cf Dt 21,5; Mal 2,6-8: è compito del sacerdote,<br />

“messaggero del Signore degli eserciti”, cf anche l’accusa di Os 4 ai sacerdoti<br />

ignavi che fanno deviare religiosamente il popolo ignorante), o cambierà in maledizioni<br />

le benedizioni/benefici che il popolo si attende dal loro ministero cultuale; escluderà i sacerdoti<br />

dal ministero (spezzare il braccio; renderli impuri con gli escrementi delle vittime,<br />

2,3) e li renderà spregevoli davanti al popolo (2,9).<br />

La trascuratezza dei sacerdoti porta il popolo a devianze morali, oltre che cultuali,<br />

compresa la vita matrimoniale: il legame con donne straniere (2,10-16; il fatto è condannato<br />

per la solita accusa: le straniere inducono all’idolatria, e inoltre sono state scelte dopo<br />

aver abbandonato la precedente moglie ebrea). Il divorzio è contro l’alleanza, criterio<br />

con cui il profeta considera il legame coniugale: «Il Signore dirime la tua causa con la<br />

donna della tua giovinezza, cui fosti infedele, sebbene fosse tua compagna, sposa<br />

d’alleanza» (Mal 2,14). Appellandosi a Genesi (“Uno solo li ha fatti carne e spirito,<br />

quell’uno vuole discendenza divina”), considera l’infedeltà coniugale e il ripudio un atto<br />

di violenza: «chi aborrisce e ripudia – dice il Signore, Dio d’Israele – copre il suo vestito<br />

di violenza» (2,16).<br />

50


III - Il messaggero del Signore-l’angelo dell’alleanza (mal’ak habberît, 3,1, unica definizione<br />

nell’AT). Prepara la via ed entra “subito” (= vicinanza e improvvisamente) nel<br />

tempio, a purificare e bruciare (3,2). Il tema è inserito in quello del “giorno del Signore”<br />

(cf Am 5,18-20; Gl). Mal 3,1 e connessi, sono i testi più conosciuti e utilizzati, per il loro<br />

rapporto con il NT, con gli inizi dei vangeli e con la figura di Giovanni il Battista.<br />

L’angelo in Mal 3,1 sembra identificarsi con il Signore stesso (’Adon: una sua manifestazione);<br />

in 3,23 l’inviato è Elia che anticipa “il giorno grande e terribile del Signore”, nel<br />

quale tutti i superbi e i malvagi saranno incendiati (non resterà radice né germoglio,<br />

3,19), e invita alla conversione.<br />

Mal 2,17-3,5; 3,17-21; 3,22-24<br />

Mal 2,17-3,5<br />

2,17. Il verso introduce alla discussione seguente con tre domande. Esse richiamano Mal<br />

1,1-5 che pone in dubbio l’amore di Dio. Ora solleva un dubbio sulla indifferenza di Dio:<br />

il malvagio vale quanto il buono. In realtà, è Israele ad aver perso il senso del bene e del<br />

male (cf Is 1; Amos) e ad affermare che Dio se ne compiace (cf Is 5,20; Mi 3,2): è corruzione<br />

del linguaggio della fede, indifferenza al bene e al male, applicato a Dio.<br />

L’obiezione è presente anche nei sapienziali da parte degli empi (Dio non ha tempo di<br />

pensare o guardare ai peccatori, Sir 16,17); la domanda, come nei profeti e nei Salmi<br />

rimbalza anche tra i timorati di Dio. La risposta è l’invio del messaggero. Si tratta di una<br />

o due persone?<br />

3,1. Il testo: «Invio il mio messaggero. Verrà al suo tempio il Padrone-Signore che cercate,<br />

il messaggero dell’alleanza».<br />

Sembra che il sovrano invii il suo messaggero con tre titoli. Il primo - “mio messaggero”<br />

- distingue l’ambasciatore dal padrone (cf Is 63,9: non fu un messaggero, né un inviato,<br />

ma lui stesso a salvarli); il secondo sembra riferito a Dio stesso (Adon: per indicare la<br />

sovranità universale divina) per il giorno-apparizione-giudizio: è una manifestazione di<br />

Dio a partire dal tempio. Il terzo - l’angelo dell’alleanza - sembra designare il mediatore,<br />

come Mosè (ma questo titolo non è mai usato prima): l’azione diretta del Signore e quella<br />

dell’intermediario sono presentate insieme.<br />

Potremmo pensare a due tempi: prima il messaggero a “preparare la strada” (cf Is<br />

40,3; 57.14; 62,10); poi il sospirato/desiderato: Dio stesso (II Is; Ag 2,7-9 con <strong>Ez</strong> 43,7;<br />

Mal 3,5) o il Messia (Is 42,6; 49,8; 55,3) collegato al “giorno”.<br />

3,2 descrive il “giorno”. Viene “come fuoco del fonditore e come liscivia dei lavandai”:<br />

sarà un giudizio di purificazione. La potenza della venuta fa esclamare: “Chi potrà resistere?”.<br />

Sal 130/129 risponde che presso Dio vi è il perdono (seliHah). Allora la sua giustizia-giudizio<br />

diventa purificazione per realizzare la salvezza. Dio non è indifferente al<br />

male.<br />

– La prima trasformazione riguarda il culto e i leviti (3,3-4: sembra interrompere la sequenza<br />

logica del giudizio; aggiunta? Ma la logica potrebbe derivare dalla presenza di<br />

’Adon nel tempio): si parla solo dell’offerta-minHâ (2 x), come in 1,11, non di sacrifici;<br />

è il rinnovamento della comunità come in Is 1,25-26 (stenderò la mano… purificherò le<br />

scorie, il piombo; stenderò i giudici come una volta… la città prostituta diventerà fedele).<br />

– Quindi tutto il popolo sarà purificato mediante il giudizio (vita morale e sociale, v.5);<br />

allora potrà diventare “mia proprietà” speciale (segullah, 3,17 cf Es 19,5; Dt 7,6 è ancora<br />

il tema dell’alleanza, forse del resto?). Nella denuncia il Signore diventa testimone (cf<br />

51


Sal 50): contro adulteri, maghi e spergiuri, ma anche contro chi defrauda l’operaio e opprime<br />

i più deboli. Prende le distanze dai malvagi.<br />

In Mal 3,6-12 il testo ebraico gioca sul nome di Giacobbe ya‘aqob, “ingannatore” (cf<br />

frodare/ingannare). “Non siete ancora al termine” = non finite di essere figli di Giacobbe,<br />

ne continuate lo stile e l’opera. Il tema è sviluppato sul motivo del culto: mancano le decime,<br />

il cibo per continuare il culto.<br />

Mal 3,13-21: ultima disputa<br />

Anche il gruppo dei fedeli/timorati del Signore – coloro che stimavano/avevano in<br />

considerazione (Hašab) il suo Nome – non crede alla promessa di benedizione con cui il<br />

discorso di 3,6-12 si concludeva. È la crisi dei credenti: ritengono di nessun vantaggio la<br />

fedeltà ai comandamenti e ai rituali penitenziali; i superbi (zedîm) e i malfattori trionfano<br />

(beati!).<br />

Nella risposta Dio promette il giorno rovente del grande giudizio escatologico (come<br />

in 3,2), con la distinzione definitiva tra empi e giusti: uno scritto è posto a testimonianza<br />

“memoriale” tra Dio e i suoi fedeli.<br />

* Sarà giorno di compassione verso il figlio (Dio Padre/Israele figlio, cf Os 11,1ss) e<br />

conversione (comprenderà la differenza tra giusti e empi; è ulteriore risposta a 2,17): i<br />

timorati/rispettosi di Dio appariranno “sua proprietà”, realizzeranno il progetto iniziale di<br />

Dio su Israele al Sinai.<br />

* “Giorno rovente come un forno”, nel quale il fuoco, il calore del “sole di giustizia”, avrà<br />

effetti opposti:<br />

– superbi (v.15) e malvagi (3,19; alcune edizioni hanno altra numerazione 4,1-6) saranno<br />

incendiati/inceneriti come paglia;<br />

– coloro che “rispettano il nome” saranno illuminati dal sole di giustizia (cf Luc 1,78), e<br />

saltando come vitelli da ingrasso (TM, o di stalla LXX), calpesteranno gli empi già ridotti<br />

in cenere dal giudizio inceneritore di Dio (cf il fuoco precedente).<br />

Dio non può essere indifferente di fronte al male, deve condannarlo. Però non subito,<br />

sarà alla fine (cf le parabole della zizzania e del grano buono o della rete e dei pesci,<br />

ecc).<br />

* Da notare che:<br />

– La categoria di “coloro che fanno il male” non si oppone a “coloro che fanno il bene”,<br />

ma a “quelli che temono/rispettano Dio”: alle opere si contrappone una relazione personale<br />

che indica adesione e dono di sé. Malvagità e giustizia (come colpevolezza e innocenza)<br />

si contrappongono, ma la malvagità e quella degli uomini, la giustizia compete al<br />

“sole” che incendia o illumina.<br />

– Il primo giorno “viene e incendia” mediante il fuoco (il giorno – soggetto): tutto è consumato,<br />

ridotto a cenere. Dietro e di fronte vi è un’alba che apre a un giorno di sole con<br />

raggi benefici: Dio è il soggetto che agisce, e non si annuncia alcun tramonto, nessun rientro.<br />

Giorno e fuoco costituiscono un motivo ripetuto: dominano la profezia di Sofonia<br />

(1,7-8; 3,8), ma anche Isaia 5,24; 47,14; 30,27-33. Così nel NT: Mt 25,24; 1Cor 3,13ss;<br />

2Ts 1,8; 2Pt 3,12<br />

Il «sole di giustizia», sole con le ali in qualità di ministro di giustizia, appartiene alle<br />

immagini religiose di Assiria e Babilonia (in Sal 19 il sole non vola ma «corre»; cf anche<br />

Dio che fa delle nubi il suo carro, dei venti i suoi messaggeri, Sal 1<strong>04</strong>,3s, Ugarit).<br />

Nell’AT Dio è chiamato sole con compito di guarire: Sal 84,12; 103,3; Is 62,1: «finché<br />

esca/brilli l’aurora della sua giustizia (yaca’ cedeq), e la sua salvezza fiammeggi-bruci<br />

52


(ba‘ar) come torcia». In Is 58,8.10 la luce è qualità del giusto; In Sir 24 “brillare” è qualità<br />

della sapienza e del saggio.<br />

In Malachia «Spunterà un sole vittorioso che è il sole della vittoria (Is 62,1) per i fedeli<br />

e i giusti (Sal 112,4). Colui che egli tocca con le ali o con gli orli della sua luce (Sal<br />

1<strong>04</strong>,2) resta sanato e vivificato. È un sole che fa uscir fuori dal nascondiglio di paura, invitando<br />

a godere della vittoria» (Alonso, p.1307).<br />

La finale, sviluppando 3,1, appella ai due punti focali della storia di Israele, come anticipatori<br />

del grande e terribile giorno: la torah di Mosè (3,22) e la profezia di Elia (3,23-<br />

24), che nel NT diventano l’orizzonte in cui è interpretata la missione di Gesù (cf la trasfigurazione<br />

nella quale fanno da testimoni, Mt 17,3ss; Mc 9,2-8; Lc 9,28-36).<br />

La legge è un ricordo (zikrû), la profezia una speranza: Mosè proclama la legge, Elia,<br />

il profeta, converte i cuori per preparare la venuta del Regno: suo compito è la riconciliazione<br />

delle generazioni davidiche, perché il giorno del giudizio non sia di sterminio, rendendo<br />

la terra un deserto (Hëºrem), ma giorno di salvezza.<br />

La figura di Elia fu alimentata dalla sua straordinaria fine, rapito in cielo (2Re 2), e dai<br />

testi di Malachia che vivranno nell’A e nel NT, anche staccati dal loro contesto.<br />

Sir 48,9 parlando di Elia riprende il motivo mostrando che la tradizione è presente<br />

(accentua il carattere di fuoco e di giudizio della sua persona).<br />

Il tema di Mal 3,1 e 3,23-24 è ripreso nel NT. Il Battista è l’Elia che «deve venire» - il<br />

profeta escatologico che indossa un vestito simile al suo mantello. Non ritorna Elia redivivo,<br />

l’unico precursore è il Battista che si esprime con un carattere duro, di giudizio,<br />

come Elia. In tono apocalittico, Giovanni minaccia la scure alla radice dell’albero e il<br />

fuoco, per esortare a «fare opere di conversione» (cf Mt 3,1-12).<br />

Il profeta con cui si conclude la Bibbia greca dell’AT (i LXX) è ripreso all’inizio della<br />

Bibbia cristiana, con citazioni o allusioni. I vangeli agganciano la figura di Giovanni<br />

Battista a questi testi, unendoli al tema del nuovo esodo definitivo di cui Gesù è<br />

l’annunciatore e il realizzatore. Tuttavia, mentre Giovanni insiste sulla scure alla radice<br />

dell’albero, Gesù annuncerà l’avvento di una nuova misericordia, rappresentata nei miracoli,<br />

nel perdono dei peccatori e nella possibilità di conversione. Giovanni è il precursore,<br />

ma il “minore”, lo sposo sarà più grande di lui; egli è solo l’amico dello sposo e gli è<br />

fedele, non gli sottrae la sposa (non è degno di sciogliergli i calzario, cf a proposito,<br />

l’immagine del divorzio in Mal). Il Regno di Dio invita alla conversione e a credere, annuncerà<br />

il giudizio ultimo, ma offre un nuovo orizzonte di salvezza mettendo in primo<br />

piano la misericordia, l’amore fonte della conversione.<br />

Un importante aggancio è anche la figura di Mosè del quale Gesù sarà l’interprete ultimo.<br />

Egli parte dal deserto, là dove era morto Mosè e dove Giovanni predica e battezza<br />

(Mc 1,4), preparando la strada nel deserto, per annunciare e realizzare il nuovo esodo definitivo.<br />

Dopo il battesimo, passerà il Giordano con i discepoli per realizzarlo a <strong>Ger</strong>usalemme<br />

mediante passaggio dalla morte alla vita (di questo parlano Mosè ed Elia sul monte<br />

della trasfigurazione, cf Lc 9,31).<br />

Il libro di Malachia costituisce dunque il collegamento tra A e NT, tra la profezia (Elia)<br />

e la Legge (Mosè), tra la profezia dell’AT e i Vangeli, tra Mosè e il Nuovo Esodo in<br />

Cristo.<br />

53


Struttura letteraria<br />

GIOELE<br />

PARTE I: 1,1-2,17 - La piaga delle cavallette – la reazione del popolo<br />

A – visione realista: 1,1-21<br />

1 – 1,1-4: esposizione «realista»<br />

2 – 1,5-13: invito al culto<br />

3 – 1,14-21: esecuzione nella preghiera<br />

PARTE II: 2,18-4,21 – la risposta di JHWH<br />

2,18-20: il programma<br />

2,21-4,21: la realizzazione<br />

A – ISRAELE: 2,19-3,5<br />

1 – 2,19-27: escatologia immediata<br />

2 – 3,1-5: escatologia futura<br />

Osservazioni e motivazioni sulla struttura<br />

B – visione surrealista: 2,1-17<br />

2,1-11: esposizione «surrealista»<br />

2,12-14: invito al culto<br />

2,15-17: esecuzione e preghiera<br />

- per Israele, restaurazione (vv.18-19)<br />

- per le nazioni, dispersione (v.20)<br />

B – LE NAZIONI: 4,1-21<br />

4,1-17: giudizio sulle nazioni<br />

4,18-21: situazione definitiva dei due popoli<br />

La prima parte descrive un’invasione di cavallette, fatta in due riprese o prospettive: realista<br />

e surrealista. Termini di alleanza delimitano la pericope formando tra loro inclusione:<br />

ץ ֶרֶא (1,2.6), םָע, הָלֲחַנ (2,17). I primi due introducono in 2,18 il nuovo programma di<br />

Dio in favore di quello che rimane sempre il “suo popolo”, la “sua terra”. Gli stessi tre<br />

termini riassumono in 4,3 i motivi dell’intervento di Dio per giudicare i popoli.<br />

Ogni visione si articola in tre momenti: esposizione, invito al culto, esecuzione.<br />

L’esortazione al “pianto” segna in ambedue il passaggio dall'esposizione all’invito profetico<br />

al culto e alla conversione (1,5: וּכְבּ; 2,12: יכְבּ). L’esecuzione, che in A si risolve tutta<br />

nella preghiera, è introdotta da due formule corrispondenti, sempre in contesto cultuale:<br />

«Santificate un digiuno, proclamate un'assemblea» hr"êc'[] Waår>qi ‘~Ac-WvD>q;<br />

(1,14 28 ; 2,15). I due verbi ritornano in 4,9 per la “guerra santa”: è un atto di culto e in<br />

termini di culto si risolverà il poema con l'esaltazione di Dio in Sion.<br />

Le due sezioni A e B sono definite come “realista” e “surrealista” anzitutto in base<br />

all’uso verbale. Nella prima esposizione (1,1-14), infatti, l’autore usa il qatal, nella seconda,<br />

invece (2,1-11), preferisce lo yiqtol. In questa, inoltre, si sovrappongono due immagini,<br />

bellica e agricola: si tratta di un “esercito” di cavallette (descritto nel primo capitolo,<br />

ricordato in 2,25: לוֹדָגַּה י ׅלֵח) In seguito, tale sovrapposizione si ripete: l'immagine<br />

agricola è simbolo delle nazioni che opprimono Israele (il Nordico, 2,20) e della battaglia<br />

del giudizio di Dio contro i popoli (c.4).<br />

Da notare anche le corrispondenze tra i segni che accompagnano il «giorno di JHWH»<br />

in questa prima parte (1,15, sterminio; 2,1-2, tenebre, caligine, nube oscurità; e, soprattutto<br />

2,10-11, terremoto, cielo scosso, sole, luna e stelle oscurate) e quelli della seconda<br />

28 Gl 1,14 può considerarsi di transizione, dato il suo legame con il contesto precedente.<br />

54


(4,14-16 e 3,3-4), nonché l’importanza degli schemi cultuali, agricoli e militari, sviluppati<br />

poi nella simbologia del c.4 29 .<br />

La seconda parte. 2,18-20 contiene la risposta di Dio, il programma in favore del popolo<br />

(vv. 18-19) e il progetto contro le nazioni (v.20), definite “il Nordico” (י ׅנוֹפְצַּה), in chiave<br />

apocalittica. Con questo nome le cavallette dei cc.1-2 tendono ad assumere forma umana.<br />

Non rappresentano più il semplice flagello naturale, ma un potere ostile personificato.<br />

La restaurazione di Israele è descritta in due momenti. Nel primo si risolvono i casi negativi<br />

concreti e immediati della prima parte, la piaga delle cavallette e i suoi effetti: escatologia<br />

immediata. Nel secondo si tratta dell’escatologia futura e definitiva.<br />

Escatologia immediata. L’autore usa la terminologia del c. 1, ma in ordine inverso:<br />

2,21-25 1,2-20<br />

A - terra e animali (21-22) D - cavallette (4)<br />

B - piante (22) C - uomini (5-11)<br />

C - uomini (23-24) B - piante (11-12)<br />

D - cavallette (25) A - animali (20)<br />

Ritroviamo i quattro termini che descrivono le cavallette (1,4 e 2,25); termini comuni<br />

ricorrono per le piante: vite, fico, alberi (del deserto, della pianura: 1,12; 2,22); ritorna la<br />

stessa successione per il nutrimento: grano (ןָגָד 1,10; 2,19; 9 2,24), mosto (שׁוֹרי ׅת), olio<br />

fresco (רָהְצׅי 1,10; 2,19.24) e l’identica designazione degli animali ( הֶדָשׂ תוּמֲהַב 1,20; 2,22).<br />

Ritornano le medesime radici della gioia e dell’afflizione: לי ׅגָּו הָחְמ ׅשׂ (1,16, designa la<br />

gioia cultuale; 2,21) e שׁוֹב, שׁוּבְי (1,10-12.17.20; 2,26.27, vergogna-afflizione e siccità). In<br />

particolare, il gioco tra שׂוֹבּ e שׁוּבְי in 1,10-12 non sembra senza conseguenze. Nella<br />

doppia negazione «Il mio popolo non sarà più svergognato» ( וּשֹׁ בֵי ֺאלְו,<br />

2,26.27), il verbo<br />

sembra riassumere per connotazione le immagini della vergogna umana e della aridità<br />

vegetale. Tutta la sezione riflette nella vegetazione i sentimenti dell’uomo, richiamando<br />

l’alternanza tra immagine vegetale e antropologica del c.1. Con l’aridità del suolo anche<br />

la «gioia è seccata», con il ritorno della vegetazione la «terra gioisce» con l’uomo.<br />

L’azione divina rifà il volto all’ambiente rovinato. In risposta all'invocazione cultuale<br />

e penitenziale del popolo, ristabilisce l’equilibrio significato nelle medesime immagini. 30<br />

Escatologia definitiva. Il passaggio dall’escatologia immediata a quella futura e definitiva<br />

è segnato dalla formula:<br />

םֶת ְעַד יוׅ + indicazione temporale (2,27) seguita da una ripresa di frase con הָיָהֽו +<br />

indicazione temporale (3,1-5).<br />

Lo stesso schema in 4,17-18 separa la prima parte del c.4 (4,1-17) dalla seconda<br />

(4,18-21).<br />

Al c.3 è sempre Israele soggetto; al centro è collocato il “giorno di JHWH”. Prima sono<br />

descritti gli avvenimenti prodigiosi che lo precedono e annunciano (la relazione con<br />

2,1.11 e 4,14 è stretta), poi il risultato positivo di tale giorno: il “resto” dei salvati, i fedeli,<br />

invocano JHWH.<br />

- L’espressione <strong>Ger</strong>usalemme-Sion rimanda a 4,17.21. Importante è il verbo א ָרָק: il<br />

popolo che invoca JHWH (הוהי א ָרָק), sarà chiamato da JHWH (א ָרָק הוהי). Nel c.4 Dio<br />

chiama anche i popoli, ma per la guerra santa di sterminio (4,9).<br />

29 סי ׅ<br />

סָע, «mosto», הָמַשְׁל «deserto», «desolazione» (1,5.7): è la sterilità (immagine vegetale). Gli stessi due<br />

termini oppongono, in 4,18-19, la benedizione (per Israele) e la condanna (per i popoli). Il segno vegetale<br />

della sterilità-deserto è anche in 2,3: הָמָמשׁ רָבְּד ׅמ e 2,20 הָמָמְשׁוּ הָיּ ׅצ.<br />

30 Gl 2,21-22 e 2,23-24 contiene due «canti di lode»; 2,25-27 un «annuncio di salvezza».<br />

55


- Il «giorno» coinvolge uomini e cose collegandoli in mutuo rapporto:<br />

vv.1-2. «Ogni carne» e, procedendo per merismi: figli e figlie, anziani e giovani, servi<br />

e serve;<br />

v.3. Le cose: cielo-terra, sole-luna, sangue, fuoco e colonne di fumo (Es 19,8).<br />

v.5: gli uomini – il «resto» (םי ׅטֵלְפּ, םידי ׅ ׅרְשׂ); le cose – monte Sion, <strong>Ger</strong>usalemme.<br />

Al c.4 la scena cambia motivi e protagonisti, ma è collegata al capitolo precedente, oltre<br />

che per i motivi suaccennati, dall’espressione temporale (“in quei giorni e in quel<br />

tempo”) e dal י ׅכ iniziale (“poiché, ecco”). Co-protagonisti, accanto a Dio, sono le<br />

Nazioni, i Goyyîm, dei quali è decretata la distruzione mediante una “guerra santa”. Dio<br />

tiene un giudizio le cui conseguenze ultime sono rivelate alla fine del capitolo (vv.18-21),<br />

che pone a confronto le due situazioni definitive opposte (i vv.3-8 sono aggiunte, che<br />

intendono storicizzare o concretizzare il giudizio).<br />

Il capitolo è collegato con tutto il libro; emergono anche le diversità.<br />

Legami terminologici:<br />

- vv.2-3: mio popolo, mia eredità, mia terra, cf. 2,17.18<br />

- vv.2.11: ץבק, “radunare”, cf. 2,16<br />

- v.9: hm'_x'l.mi WvßD>q; ~yIëAGB; ‘tazO-War>qi cf. 1,4; 2,15<br />

- v.13: tini pieni, torchi traboccanti, cf. 2,24<br />

- v.14-15: vicino è il giorno del Signore, cf. 2,10-11<br />

- v.17: Sion-<strong>Ger</strong>usalemme, cf. 3,5; monte santo, cf. 2,1<br />

- v.18: סיסָע, ׅ cf. 1,5; יֵקי ׅפֲא, cf. 1,20<br />

- v.20: םָלוֹעְל, cf. 2,26.27; רוֹדָו רוֹדְל, cf. 1,3; 2,2.<br />

La continuità è anche nello sviluppo delle immagini:<br />

Il nemico del Nord si concretizza chiaramente in un esercito di soldati. La personificazione<br />

del flagello al c.2 è suggerita solo da accostamenti metaforici (in 2,20 era ancora<br />

ambivalente sia per il linguaggio che per l’espressione di 2,25: «il mio grande esercito»,<br />

riferito alle cavallette). Ora, invece, l’esercito si configura con i gentili.<br />

Tutto il libro, infine, è intessuto di immagini agricolo-vegetali e belliche e da uno<br />

sfondo cultuale, che giocano un ruolo importante nello sviluppo del c.4.<br />

Occorre rilevare anche le antitesi:<br />

Si confronti ad es. «Santificate un digiuno, proclamate una assemblea» (1,14; 2,15),<br />

con «Proclamate questo tra le genti, santificate una guerra» (4,9). I giudei si raccolgono<br />

per celebrare il digiuno e supplicare il Signore nel suo tempio a Sion; i gentili salgono<br />

per incontrare JHWH, ma in uno scontro di “guerra santa”. I giudei penitenti sono<br />

destinati alla liberazione e benedizione; i gentili ad essere distrutti 31 .<br />

Il Sion dell’allarme e del terrore, diviene ora il luogo della pace e del riposo: gli stranieri<br />

non passeranno più. Il deserto è superato per sempre nella fonte che zampilla,<br />

nella perenne presenza divina nel culto, nell’abitazione serena nella terra; è un esodo<br />

riuscito (2,17-21).<br />

Messaggio<br />

Il libro di Gioele – il nome nasconde un atto di fede: «Jhwh è Dio» – si presenta come «profezia<br />

letteraria» o interpretazione profetica di profeti. Infatti riprende per blocchi ampi temi<br />

di altri libri profetici (ad es. Amos e Osea tra i quali è inserito) in prospettiva escatologica<br />

(soprattutto nei cc.3-4). Attualizza in particolare la teologia del «giorno del Signore» (Am<br />

5,18-20; Is 13 e 34; <strong>Ez</strong> 30 e 38; <strong>Ger</strong> 4-6; Abd 15a.16-18; Sof 114-18; Mal 3), tema domi-<br />

31 Cf J. BOURKE, «Le jour de Jahwé dans Joel», RB 66 (1959) 10; cf tutto l’articolo, pp. 5-31.191-212.<br />

56


nante in tutto il libro, con il molteplice significato delle cavallette, che nel c. 2 diventano<br />

«esercito», simbolo dei popoli nemici (cf Na 3,15-17; Ab 1,5-11), con richiami alle piaghe<br />

dell’esodo (Es 10 cavallette e tenebra, cf Abd) e alla promessa del nuovo esodo. Attualizza<br />

anche la teologia di Sion (Gl 4,18-21), il «nemico del nord» e i segni della restaurazione<br />

nell’effusione dello spirito di Dio su tutto il popolo e nell'acqua.<br />

Tema centrale è «il giorno del Signore» che l’autore presenta come profezia che sta per<br />

realizzarsi o compiersi. Esso è già in atto (l’ultimo giorno è preceduto da altri giorni nella<br />

storia), e per Israele si attua sia come distruzione che come salvezza. La coscienza di questo<br />

fatto deve mettere in moto la conversione del popolo. Nei due ultimi capitoli, in un clima<br />

escatologico e apocalittico, Dio, che abita in Sion, mette in atto il giudizio definitivo (nella<br />

valle di Giosafat, Jhwh giudica) e opera la trasformazione decisiva mediante un duplice atto:<br />

guerra santa e giudizio. Nel c. 3 effonde il suo spirito su tutto il popolo, che Pietro estenderà<br />

a tutti i popoli (cf At 2,17-21), e nel c. 4, provoca iromicamente i popoli alla guerra<br />

santa rovesciando le prospettive di Isaia 2,2-5 e Mi 4,2-5: così attua il suo giudizio, mentre<br />

<strong>Ger</strong>usalemme e Israele stanno immobili e in attesa. Alla fine lo sguardo si estende al risultato<br />

finali per le due parti, deserto e acqua.<br />

Due temi significativi: il Nordico e il giorno del Signore (cc. 3-4).<br />

Il Nordico – י ׅנוֹפְצַּה<br />

«Il nemico che viene dal Nord» (1,2; 2,17.18.20; 4,3). Il tema appare in <strong>Ger</strong> 1,14;<br />

4,5-6,26; <strong>Ez</strong> 38,6; 39,2; Is 14,31, ecc. Ma è un uso non comune quello di Gioele. Il linguaggio<br />

mitologico indica una pericolosità simile al potere del Caos o del dio Morte 32 .<br />

Nei testi tradizionali del «Nemico del nord» (Nordfeind-Tradition), il popolo che «viene<br />

dal Nord», ha la funzione di sottolineare l'iniziativa di un giudizio punitivo (Strafgericht)<br />

nei confronti di <strong>Ger</strong>usalemme e Israele, da parte di JHWH, che se ne serve come strumento<br />

33 . Qui invece JHWH si rivolge contro il suo strumento di giudizio e lo accusa: divenuto<br />

prevaricatore contro Dio e il popolo, è sottoposto al giudizio. Così avviene nei riguardi di<br />

Gog in <strong>Ez</strong> 39,2 34 .<br />

È una rottura di modello, come per il «giorno del Signore» dei profeti, che appare ambivalente<br />

35 . Gl 2,20 prepara Gl 4. In 2,25 JHWH chiama le locuste «mio esercito»: Nordico<br />

e locuste sono strumento del Signore per richiamare il popolo alla retta fede.<br />

• Il «Nordico» dunque assume un duplice significato: strumento di Dio («il mio esercito»)<br />

e prevaricatore da punire. Il linguaggio mitico ne segnala la pericolosità.<br />

• Il contesto è apocalittico secondo lo schema tipico: ultimo assalto dei popoli, contrattacco<br />

di JHWH, difensore di <strong>Ger</strong>usalemme, e vittoria definitiva.<br />

• Il tema è collegato con il motivo del “giorno di JHWH” di cui assume i caratteri di<br />

ambiguità come in Amos: giudizio su ogni perversità.<br />

32 Cf. G.W. ALSTROM, Joel and the Temple Cult of Jerusalem (VTS 21), Leiden-Brill, 1971, pp. 32-34; A.<br />

KAPELRUD, Joel Studies, Upsala 1948, pp. 103s; B.S. CHILDS, «The Enemy from the North and the Chaos<br />

Tradition», JBL 78 (1959) 197.<br />

33 IDEM, ivi, pp. 129s. Lo stesso tema, cf. in G. WANKE, Die Zionstheologie der Korachiten, Berlin 1966, pp.<br />

87-90; H. GRESSMANN, Der Messias (FRLANT 43 [1929]), pp. 128.139; A. LAUHA, Zaphon. Der Norden und<br />

die Nordvölker, AAF 1943, pp. 85ss.<br />

34 Cf. A.M. LUTZ, Jahwe, Jerusalem und die Völker, Neukirchen 1968, pp.38.70. Esaminando <strong>Ez</strong> 39,1-5 con<br />

le parti ritenute secondarie di <strong>Ez</strong> 38,1-9.14-16, Lutz conclude che sono da ritenere originalmente distinti il<br />

«Gog-Motiv» e la Tradizione del «Feind aus dem Norden» (ivi, p.128).<br />

35 Cf. J. BOURKE, cit., RB 66 (1959) 10.<br />

57


Il fatto comporta una diversa prospettiva nei cc.1-2 (contro Israele, tono profetico)<br />

e 3-4 (per Israele e contro il nemico, prospettiva apocalittica): castigo di purificazione<br />

e giudizio definitivo di distruzione.<br />

Sembra che Gioele abbia presenti più «giorni del Signore» nella storia. Essi anticipano<br />

«il Giorno» definitivo e ultimo (cf. 2,18-20. 25ss; cc.3-4: escatologia immediata<br />

e definitiva).<br />

Il giorno del Signore – Gioele 3-4<br />

Il profeta offre un duplice quadro escatologico definitivo, vicino al clima apocalittico,<br />

rappresentato nel “giorno del Signore” preparato da altri “giorni” storici e collocato in un<br />

orizzonte cosmico e una teofania (i cc. 1-2 seguono il comune filone profetico: – peccato<br />

– appello alla conversione – promessa di salvezza). Il testo è sviluppato nel seguente modo:<br />

• dono dello spirito a Israele (c.3) e giudizio sui popoli (4,1-17)<br />

• situazione definitiva di Israele e dei popoli (4,18-21).<br />

I due capitoli 3-4 sono collegati da spirito e acqua. In 3,1-3 la restaurazione del popolo<br />

avviene mediante lo spirito; in 4,18s il rinnovamento della terra avviene mediante<br />

l’acqua. Sono i due princìpi di <strong>Ez</strong>echiele: <strong>Ez</strong> 37 ossa e spirito; 47 fonte del tempio; 36<br />

acqua e cuore-spirito.<br />

3,1-5: dono dello spirito<br />

Il dono dello spirito di Dio a tutti (vv.1-3) è l’aspetto più originale: “ogni carne”, anche<br />

se poi si riduce a Israele.<br />

• šāpak, “versare, effondere” connota un elemento liquido con riferimento acquatico,<br />

poi riferito a collera e sentimenti (cf <strong>Ez</strong> 39,29 con Gog; Zc 12,10 non parla di spirito<br />

in generale, ma dello “spirito di compunzione”, anche <strong>Ez</strong> 36,26: restaurazione del popolo).<br />

• La profezia realizza il desiderio di Mosè: «Voglia il cielo che tutto il popolo del Signore<br />

sia profeta e riceva lo spirito del Signore» (Nm 11). Supera ampiamente la<br />

promessa di un profeta e della successione di profeti in Dt 18,15. At 2,17-21 rilegge il<br />

passo nel discorso di Pietro a Pentecoste.<br />

• Gli aspetti della comunicazione divina vengono ristretti al mondo dei sogni e delle visioni<br />

(cf Daniele e apocalittici; 1Cor 12 riapre il ventaglio delle attività e dei carismi<br />

dello Spirito).<br />

I prodigi cosmici (vv.3-4) rappresentano una teofania con l’evocazione spaventosa di<br />

sangue, fuoco e fumo. L’immagine può essere letta come un passare a sangue e fuoco il<br />

paesaggio in modo che il sangue versato asperga la luna e il fumo del fuoco oscuri il sole;<br />

oppure tenebre inattese e luce insanguinata. Terminologicamente è collegato al tema<br />

della guerra santa in 4,9s (sangue versato cf 4,18; tenebre 4,15).<br />

Si oppongono salvezza (sul monte e in <strong>Ger</strong>usalemme, 3,5) e giudizio (nella valle, c.4).<br />

La salvezza è riservata a chi invoca il nome di YHWH; in Rm 10,10 la professione pubblica<br />

della fede ottiene salvezza. Ognuno si distingue in base al nome che invoca (cf Is<br />

12,4; Zc 13,9; Sal 105,1).<br />

4,1-17: giudizio sui popoli in due tempi e forme, processuale e militare.<br />

Giudizio processo – primo tempo (vv.1-3)<br />

• Riunione dei popoli per un processo collegato al “cambiamento di sorte” dei prigionieri.<br />

Giosafat, «JHWH verrà a giudizio», «vedersela con», ha valore simbolico. È la<br />

legge del contrappasso: avete venduto-venderò.<br />

58


• vv.4-8 è aggiunta storicizzante. Il nemico è ravvisato nei Fenici; in 2,20, che prepara il<br />

c. 4, è «il Nordico» che, divenuto prevaricatore presso Dio, sarà sottoposto al giudizio.<br />

Gl 2,25 definisce come “esercito” le locuste che, con il Nordico, sono lo strumento<br />

di Dio per richiamare Israele alla retta fede.<br />

Giudizio militare – secondo tempo (vv.9-17)<br />

• Invito ai popoli per la guerra santa con mobilitazione generale e riarmo (vv.9-12): il<br />

Signore lancia la sfida e prepara il giudizio (cf v.2 e 12, cf Sal 2,2-4).<br />

• Invito ai servi a eseguire il giudizio (vv.13-14): esecuzione del giudizio nelle immagini<br />

di falce e trebbia, vendemmia e pigiatura; folle nella “Valle della Decisione”. È il<br />

giorno in cui il Signore pronuncia la sua “decisione”». ḥārûṣ/#Wr)x' è termine ambiguo,<br />

significa trebbia o un tipo di oro: le moltitudini sono radunate insieme nella «valle<br />

dell’oro», attratte dal miraggio del saccheggio e del bottino; ma si rivela «valle della<br />

trebbia», perché vengono trebbiate.<br />

• Teofania e salvezza a dimensione cosmica – Sion/<strong>Ger</strong>usalemme (vv.15-17, cf 3,5).<br />

4,18-21: restaurazione e situazione definitiva dei due popoli: immagini vegetali<br />

Acqua opposta a deserto (vv.18-19). Una simile immagine è in Sal 22,15-16 inserita<br />

nella simbologia corporea. L’opposizione porta in sé la corrispondenza antitetica del versare<br />

sangue e del restare secchi. È quanto accade alla terra di Caino; bagnata dal sangue è<br />

resa sterile:<br />

«Sii maledetto/bandito da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue<br />

del tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti (הָחוֹכ, la<br />

sua forza vitale): ramingo e fuggiasco sarai sulla terra» (Gen 4,11-12).<br />

<strong>Ger</strong>usalemme e Giuda concludono (vv.20-21). Il giorno del Signore ha inaugurato l’era<br />

definitiva e perpetua. Sua garanzia e segno è la presenza del Signore in Sion (v.17). Nella<br />

valle di Giosafat egli sedeva per giudicare e da Sion lanciava il suo ruggito; ora semplicemente<br />

“parla”. I sopravvissuti di 3,5 sono gli abitanti di Giuda e di <strong>Ger</strong>usalemme e i loro<br />

discendenti. Sono loro i pieni di spirito, la comunità profetica, la cui piena e universale<br />

realizzazione Pietro ravvisa nel dono della Pentecoste a <strong>Ger</strong>usalemme (At 2).<br />

59


GIONA<br />

Bibliografia<br />

J. COHN, Das Buch Jona im Lichte der biblischen Erzählkunst (Studia Semitica Neerlandica 12),<br />

Assen 1969.<br />

H.W. WOLFF, Studi sul libro di Giona, Paideia, Brescia 1982.<br />

Introduzione<br />

Il nome Jonah, che significa “colomba”, non designa l’autore del libro, ma il protagonista,<br />

personaggio ostinato, egoista, aggressivo, contrario alla misericordia di Dio. Un profeta<br />

Giona, di Gat-Chefer è 1Re 14,25 con <strong>Ger</strong>oboamo II (783-743 a.C.). Ma i contenuti del libro<br />

ci orientano ad altro momento storico.<br />

I libro. La narrazione è ben congegnata in un linguaggio semplice e umoristico, che presenta<br />

degli aramaismi che orientano a una epoca tardiva. Contiene elementi mitologici,<br />

come il pesce (dagah, femminile) che inghiotte e vomita il profeta ributtandolo sulla<br />

spiaggia; la stessa crescita del qiqajon, il “ricino”, è “miracolosa”.<br />

Genere letterario: allegoria (simbolo di Israele), racconto didattico o novella? L’intento<br />

didattico è comunque evidente. Infatti il libro si conclude con una domanda rivolta al<br />

profeta e al lettore di ogni tempo.<br />

Scopo e data<br />

Osserviamo alcuni elementi.<br />

- Non si indica il luogo d’origine del profeta<br />

- Ninive è quasi mitica, immaginaria più che città reale; non vi sono dati veri ma leggendari, e<br />

vi prevale un intento umanitario.<br />

- Nessun re assiro è chiamato “re di Ninive”; mitico è il linguaggio dei “tre giorni di cammino”<br />

necessari per percorrerla, come i simboli del pesce (femminile) e del qiqayon.<br />

È dunque chiaro che non vi è intento storico, ma didattico: la misericordia divina verso ogni<br />

uomo, tutti sono uguali di fronte all’amore di Dio (cf 4,10-11). Sembra opporsi<br />

all’esclusivismo di Israele (Esdra e Neemia?) mentre sostiene il dovere missionario verso le<br />

nazioni (cf II Is, ma anche il III: è spirito diffuso in quella epoca)<br />

Concludendo, Ninive, già distrutta, diviene leggendaria. L’antico nemico diventa modello<br />

del popolo da convertire al Signore (come i marinai).<br />

Per precisare la data. Sir 49,10 ricorda “i Dodici profeti”. Ciò significa che nel 180 a.C.<br />

è già scritto; ha già autorità e prestigio. Inoltre, l’evidente scopo missionario, tipico<br />

dell’esilio e del postesilio, e i numerosi aramaismi propendono per una data tardiva, tra il<br />

IV e il III sec. a.C.. Al postesilio orientano anche i tratti di umanitarismo e universalismo tipici<br />

del periodo.<br />

Sviluppo<br />

Il piccolo libro ha avuto una straordinaria fortuna iconografica e interpretativa per il ricordo<br />

nel vangelo: i tre giorni nel ventre del pesce ricordano i tre giorni di Gesù nel ventre della<br />

terra. È l’unico segno offerto ai Giudei. Un es. di questo sviluppo è visibile ad Aquileia con<br />

interpretazione tipologica e allegorica.<br />

60


ANALISI<br />

I criteri d’analisi saranno le strutture verbali: ritmo, sonorità, denotazioni e connotazioni,<br />

ecc. La lingua non è solamente rinvio a un referente esterno, essa crea il suo proprio universo:<br />

un universo letterario in cui tutto è organicamente legato. Le parole non hanno un<br />

senso neutro, lessicale, ma, facendosi eco, si caricano di senso.<br />

1. Aspetti linguistici<br />

1.1. L’opera letteraria è fatta di parole e di strutture verbali. Il lessema è la più piccola<br />

unità di significante. Il suo significato lessicale medio (cf. lessico), determinato dall’uso,<br />

è detto denotazione. In genere, Giona usa un vocabolario semplice, con poche espressioni<br />

originali. Tuttavia, le parole sono frequentemente polisemiche al suo interno. Per es.,<br />

rā‘āh/העׇ ר ׇ vi assume il significato di “malvagità, punizione, scandalo” e anche di “calore”<br />

(cf. 3,10; 4,1.6). Il termine assume nei vari contesti un diverso colore. Sorgono così più<br />

giochi di senso. Si tratta della connotazione: stimolazione intellettuale ed emotiva che<br />

una parola o una struttura verbale è capace di suscitare per la sua sonorità, il potere di associazione<br />

e i suoi simbolismi. I termini si caricano facilmente di connotazioni per mezzo<br />

della loro frequente utilizzazione nell’opera. Per es., in 4,6, l’arbusto dispensa l’ombra<br />

contro il calore (העׇ ָר). Dio l’ha fatto sorgere per salvare Giona dal grande "dispetto" o<br />

"scandalo" (העׇ ר) ׇ che lo incatena. Si è superata la semplice soglia della denotazione.<br />

1.2. Leitwort (parola-guida): è parola o radice che, in un testo o in una sequenza di testi<br />

o in un intreccio, si ripete in modo significativo. Per es., -qārāh/א ָרָק: la preghiera è un<br />

appello (1,14: i marinai; 2,3: Giona; 3,8: i niniviti); א ָרָק, “chiamare, invocare”, è anche<br />

l’annuncio. – gādāl/לדגּ, “grande”: la città (1,2; 3,2s; 4,11), il vento (1,4), la tempesta<br />

(1,2.12), il pesce (2,1) sono grandi; i marinai hanno grande timore (1,10.16), lo scandalo<br />

e la gioia di Giona sono grandi (4,1.6; cf. inoltre, 3,5.7; 4,10). Contribuisce alla drammaticità<br />

del racconto.<br />

1.3. Sovente è significativa la scelta dei termini. I marinai (1,5) sono chiamati «uomini»<br />

in 1,10.13.15: nella tempesta scatenata l’abilità tecnica è ridotta all’impotenza; i marinai<br />

non sono più che deboli uomini in miseria. Il nome divino –yhwh/הוהי - è utilizzato in<br />

relazione a Giona, eccetto in 4,7-9, nel momento della crisi. Per Ninive l’autore si serve<br />

di ’elohim/םי ׅהלֱֹא (3,5-10). I marinai invocano dapprima ’elohim/םי ׅהלֱֹא (1,6), poi<br />

yhwh/הוהי (1,14-15).<br />

1.4. Talora una situazione è comprensibile per mezzo di un’altra: allusione. Suo scopo è<br />

di risvegliare delle associazioni. Allusioni interne: la conversione dei niniviti è percepibile<br />

da Giona come un male (4,1) mentre la loro cattiveria (1,2) lo ha lasciato insensibile.<br />

La misericordia divina soprassiede al male (= la punizione progettata, 4,2). Si possono rilevare<br />

anche allusioni esterne all’opera, per es., 3,4 e Gen 7,17 (diluvio); 3,4 con Gen<br />

19,21.25-29 (Sodoma) e Am 4,11; 4,2 ed Es 34,6; 32,12.<br />

1.5. Un’altra tecnica letteraria è la personificazione. «La nave “pensò” (ḥšb/בשׁח, pi., Cei<br />

"stava per") di sfasciarsi» (1,4). Anche il mare è umanizzato (1,11.12.15).<br />

2. Aspetti del contenuto<br />

Il libro di Giona contiene diversi motivi conosciuti. Per es., un uomo rifiuta la sua missione;<br />

una società in pericolo sacrifica uno dei suoi membri; la discesa agli inferi (= Giona inghiottito<br />

dal pesce). In realtà, è più interessante domandarsi come questi motivi sono integrati<br />

nell’opera letteraria in questione. È questo fatto che costituisce la sua originalità.<br />

61


Giona non è il primo profeta a recalcitrare contro la Parola (cf. Es 3,11; 4,10; <strong>Ger</strong><br />

1,6). È il primo che “fugge dalla Parola di Dio”, non ammette la sua via. Giona fa il<br />

contrario di quanto gli è richiesto. Prende la via dell’occidente, verso la città più lontana,<br />

nel paese delle tenebre (dove il sole scende).<br />

La crisi spirituale è esteriorizzata nella tempesta (1,4-16, cf. simili esteriorizzazioni<br />

anche in Gb 38,1: Dio interviene nella tempesta verso Giobbe in crisi; 2Re 2,11). Gettato<br />

in mare, Giona non si è veramente sacrificato. L’operazione fa parte della sua politica di<br />

fuga: verso l’ovest all’inizio (1,3), in fondo alla nave (1,5), nel sonno poi (1,5) e, infine,<br />

in fondo al mare (1,15), dove egli è inghiottito dal mostro marino. In 2,1-11 inizia una<br />

vera “agonia” più spirituale che fisica. Giona non ha paura di morire (cf. 1,12; 4,3.8), ma<br />

fatica enormemente a entrare nelle vedute di Dio (la sua fuga è una specie di suicidio, un<br />

tranquillante rifugio fino alla morte).<br />

Mare e pesce vanno di pari passo e rappresentano l’abisso. L’acqua appare insieme<br />

distruttrice e creatrice. Il pesce rappresenta l’utero dello Sheol (לוֹאְשׁ ןֶטֶבּ, 2,3, cf. הגׇ ד ׇ<br />

pesce, al femminile!) dove tutto l'essere di Giona è rimodellato. Dopo tre giorni di attesa<br />

e combattimento spirituale, Giona si vede salvato, non dall’esterno né dall’interno (come<br />

in altri racconti dello stesso tipo), ma dalla preghiera. Dio fa eco dando l'ordine al pesce<br />

di vomitare il sepolto vivo. Attraverso la preghiera Giona si è aperto una strada verso la<br />

luce. Sottomettendosi al disegno divino, egli ha trovato la salvezza. Gettato sulla spiaggia<br />

è ributtato sulla propria domanda. Ora, finalmente (3,1ss), Giona prende la giusta direzione.<br />

Il mare, il mostro, il vento, non hanno alcuna autonomia d’azione, diversamente dalle<br />

mitologie. Sono semplici creature, neutre, interamente docili alla Parola.<br />

Nella seconda parte avviene un nuovo confronto del profeta con il disegno di Dio.<br />

All’arresto della tempesta corrisponde l’arresto della distruzione. Dio e i niniviti si<br />

convertono (šûb/בוּשׁ, “ritornano”, 3,8-10). Giona, che non vuole conoscere Dio se non<br />

sotto il suo aspetto di giudice severo (4,2); ne è turbato fino a morire. Con la prova del<br />

ricino Dio gli mostra che la vita umana è basata sulla misericordia.<br />

Lo stesso Giona che si augura la morte a causa del perdono accordato agli abitanti di<br />

Ninive, cerca tuttavia l’ombra del ricino per vivere. È combattuto tra la disperazione provocata<br />

dall’impossibilità di comprendere l’ordine divino, e la gioia di vivere che gli procura<br />

la pianta. In altre parole, Giona non può fare a meno della misericordia che ha fatto<br />

crescere il ricino (cf. v.6). Ugualmente, l’umanità ha bisogno di pietà. Un universo fondato<br />

unicamente sul diritto è assolutamente invivibile. In un certo senso, la pianta di lusso,<br />

che fa la delizia dell'intrattabile Giona, è un simbolo della gratuità e della necessità<br />

del perdono (cf. 3,5).<br />

3. Unità organica del libro di Giona<br />

1,1-3: La fuga verso ovest. Giona non fugge la presenza di Dio, ma la sua Parola. Tarsis<br />

è un luogo che non conosce niente di JHWH (cf. Is 66,11). È fuga orizzontale, seguita da<br />

una fuga verticale in fondo alla stiva della nave, nel sonno, nell’indifferenza e nella morte<br />

(mare).<br />

1,4-16: La tempesta. Il capitano riprende le parole del Signore («alzati e invoca», cf. i<br />

cinque הָמ, «che cosa?»). Al contrario di Giona, che si rifiuta, i marinai si avvicinano a<br />

Dio (vv.4-16, soprattutto v.5), confessano i loro limiti gridando verso Dio (v.5). Nominano<br />

cinque volte JHWH.<br />

62


Tutta l’azione è accompagnata dal mare (nominato undici volte). Giona vi sprofonda<br />

mentre i marinai vi trovano salvezza: è strumento di fuga e morte o di salvezza.<br />

2,1-11: La crisi è risolta nella preghiera, così Giona è rimodellato nel ventre del pesce-<br />

Sheol. È la volta del grido/invocazione di Giona (2,3, cf. 1,14). Egli si avvicina a Dio che<br />

lo «avvolge-circonda» (י ׅנֵבְבֹ סְי, 2,4.6, cf. Sal 139). Il ritorno a JHWH è significato dall’uso<br />

molteplice della preposizione לֵא + הוהי (vv.2.3) e la memoria de «il tuo tempio santo»<br />

(ךֶָשְׁדָק לַכיֵה, vv.5.8).<br />

3,1-10: nuovo invio. Ora Giona è disposto a eseguire l’ordine. היֶל ֵא (3,2, «ad essa», movimento<br />

orizzontale) ha sostituito ׇהיֶל ע ׇ (1,2, «su/contro di essa», movimento verticale): è<br />

parola «rivolta a», dialogo, non parola che cade dall’alto. Ugualmente אי ׅרְקַּה־תֶא («il detto»)<br />

sostituisce העׇ ר ׇ («la malizia», «il male»).<br />

3,9 = 1,6: «Forse Dio... chissà che non cambi»; forse Dio li salverà? Re e cittadini non<br />

sono più nominati, come il capitano e i suoi marinai. Essi hanno valore tipico.<br />

3,4 = Gen 7,17.40 (diluvio) e Gen 19,25.29 (Sodoma). Il peccato rimproverato è שׁ מׇ חׇ<br />

,<br />

la violenza contro il prossimo, peccato di tipo etico (cf. Amos).<br />

Appare una serie di corrispondenze e convergenze: Dio appella (3,2.4), i Niniviti appellano<br />

(3,5.8); Giona si alza (3,2.3), il re si leva (3,6); i Niniviti ritornano (3,8), JHWH<br />

ritorna sulla sua decisione (3,9).<br />

4,1-11: vv.1-4, reazione di Giona; vv.5-11, il ricino. In questo capitolo il profeta, da solo,<br />

è il personaggio centrale. Che Dio abbia deposto il “fuoco” della sua collera (3,9) lo<br />

“infiamma” (הרׇח ׇ 4,1) di sdegno. I marinai avevano pregato per lui (1,14), egli, invece,<br />

vuole vedere sparire la città. Il ricino gli rammenta la misericordia divina, lo appella alla<br />

pietà e gratuità.<br />

In conclusione, la prima parte significa che l’uomo deve seguire il cammino che gli è stato<br />

tracciato, la seconda insegna a non ribellarsi contro le “vie di Dio”. Giona, invece,<br />

vuole seguire il suo cammino (cc.1-2) e rigetta le vie di Dio (cc.3-4), che si rivelano a lui<br />

nel compimento della sua missione. Un solo problema in fin dei conti: il confronto del<br />

giudizio umano con il disegno di Dio. La sottomissione si esprime con il silenzio. Ma<br />

non è forse indifferente che la presa di coscienza di Giona, seduto a oriente della città<br />

(4,5), cominci allo spuntar dell’alba (4,7), mentre soffia un vento d’oriente (4,8), il vento<br />

che asciuga le acque del diluvio e quelle del Mar Rosso. Sono opposti all’occidente (calar<br />

del sole, tenebre, Dio sconosciuto), dove lo scorbutico profeta cercava rifugio.<br />

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