Il tempo come indicibile attesa - Edizioni Studium
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<strong>Il</strong> <strong>tempo</strong> <strong>come</strong> <strong>indicibile</strong> <strong>attesa</strong> 795<br />
Un intero anno aveva chiesto a Dio per terminare il suo lavoro:<br />
un anno gli concedeva l’Onnipotente. Dio compiva per lui un miracolo<br />
segreto; l’ucciderebbe, all’ora fissata, il plotone tedesco, ma nella<br />
sua mente, tra l’ordine e l’esecuzione dell’ordine, trascorrerebbe<br />
un anno. Dalla perplessità passò allo stupore, dallo stupore alla rassegnazione,<br />
dalla rassegnazione a un’improvvisa gratitudine.<br />
Non disponeva d’altro documento che della memoria; il mandare<br />
a mente ogni esametro nuovo, gli impose un fortunato rigore, ignorato<br />
da coloro che arrischiano e dimenticano paragrafi provvisori e<br />
sconclusionati. Non lavorò per la posterità e neppure per Dio, delle<br />
cui preferenze letterarie poco sapeva. Minuzioso, immobile, segreto,<br />
ordì nel <strong>tempo</strong> il suo alto labirinto invisibile. Rifece il terzo atto due<br />
volte. Soppresse certi simboli troppo evidenti [...]. Nulla veniva ad<br />
importunarlo e a distrarlo. Soppresse, abbreviò, ampliò; in nessun caso<br />
preferì la versione primitiva. Giunse ad amare il cortile, la caserma.<br />
Terminò il suo dramma: non gli mancava di risolvere, ormai, che un<br />
solo aggettivo. Lo trovò; la goccia d’acqua riprese a scivolare sulla sua<br />
guancia. Gridò il principio di un grido, mosse il capo, la quadruplice<br />
scarica lo fulminò.<br />
Jaromir Hladik morì il 29 marzo alle nove e due minuti del mattino»<br />
4 .<br />
Come è potuto accadere in simultanea il <strong>tempo</strong> breve dell’esecuzione<br />
(due minuti) e il <strong>tempo</strong> lungo (un anno) della composizione<br />
dell’intero poema? <strong>Il</strong> senso del racconto sembra alludere ad un arresto<br />
dell’universo fisico («Le armi convergevano su Hladik, ma<br />
gli uomini che stavano per ucciderlo restavano immobili»), che<br />
non implica l’arresto del <strong>tempo</strong>, che anzi appare tanto qualitativamente<br />
condensato, quanto ricolmo di distensione cronologica (il<br />
«miracolo» di un anno intero).<br />
L’<strong>attesa</strong> della fine, insomma, raccoglie in sé segretamente (il<br />
miracolo è segreto anche perché nessuno conoscerà il completamento<br />
della composizione) la condensazione del «<strong>tempo</strong>-ora», là<br />
dove al <strong>tempo</strong> interno del condannato è concesso di separarsi dalla<br />
realtà esteriore del <strong>tempo</strong> fisico, quasi che, racchiuso in se stesso,<br />
possa proficuamente dilatarne l’<strong>attesa</strong>. In quei due minuti, che<br />
separano l’ordine di aprire il fuoco e l’esecuzione finale della sentenza,<br />
la coscienza di Hladik riesce miracolosamente a compiere il<br />
lavoro di un anno intero.<br />
C’è molto di più in questo racconto che l’apoteosi del <strong>tempo</strong><br />
psichico, qualitativo, creativo, su quello fisico, quantitativo, ripetitivo.<br />
È la densità dell’<strong>attesa</strong> che viene qui rappresentata narrati-