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09.06.2013 Views

GEREMIA Bibliografia Sulla figura: G. VON RAD, Teologia dell’AT., vol II, pp.227-255. O. EISSFELDT, Introduzione all’AT, Vol. III, Paideia, Brescia 1982 (sull’ed. ted. 3 1964, pp.84-115). C. MESTERS, Il profeta Geremia. Bocca di Dio, bocca del popolo, Cittadella ed., Assisi 1994 (catechistico). C. WESTERMANN, Profeta a prezzo della vita. Geremia, Marietti, Torino 1971. G. BOGGIO, Geremia. La testimonianza di un martire (LoB 1.20), Queriniana, Brescia 1982. M.P. MAIER, Geremia. Vita e annuncio di un profeta in Israele, Marietti 1820, Genova 2010. R. VIRGILI, Geremia: L’incendio e la speranza. La figura e il messaggio del profeta (Quaderni di Camaldoli - Meditazioni 7), EDB, Bologna 1998. Commentari e testi di esegesi: A. WEISER, Geremia, 2 voll. (1,-25,14; 25,15-42,34), Paideia, Brescia 1987 (sull’ed. ted. 8 1981). E. VOGT, Lectiones de libro Jeremiae, P.I.B., Roma 1973-74 (brani scelti di esegesi). Divulgativi: A. STROBEL, Geremia, Lamentazioni, Baruc. Cordoglio per Gerusalemme, Cittadella, Assisi 1989. J. BRIEND, Il libro di Geremia (Quaderni Biblici 8), Borla, Roma 1993 (ed fr. 1982). G. FISCHER, Il libro di Geremia, Città Nuova 1995 (commento spirituale con testo). A. SACCHI, Il profeta delle nazioni. Geremia, Lamentazioni e Baruc, San Paolo (La Bibbia nella nostre mani 23), Cinisello Balsamo Introduzione 1. Vita e opere: 3 periodi = Giosia - Ioiaqîm - Joiakîn (Jeconia)/Sedecia (Ger 1,1). Indicazioni cronologiche nel libro di Geremia 627-04 1 : l’attività del profeta, tra la vocazione (627/26) e la composizione del volume (604), non si percepisce facilmente, perché il tempo e il luogo sono raramente indicati. Nel libro sono pochissime le notizie con le date esplicite sul tempo di Giosia. 1,2: Geremia fu chiamato «nell’anno 13° di Giosia». 3,6: La parola del Signore di 3,6-3 venne a lui «nel tempo del re Giosia» e dovette proclamare l’oracolo «rivolto al settentrione», cioè a Israele (vv.12-3). Dopo la morte di Giosia e la successione di Joiaqîm (609) troviamo diverse indicazioni. Anzitutto iniziano in quell’anno le «narrazioni su Geremia», che al tempo di Giosia mancano del tutto: 26,1: «Nell’anno della successione di Joiaqîm» (c. settem. 609-marzo 608) Geremia predice in Gerusalemme la rovina della città e del tempio. La parola di Geremia, brevemente riferita in 26,4-6 è più diffusa in 7,1-15 in forma deuteronomistica (= dtr), cioè riespressa al tempo dell’esilio. 46,2: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (c. giugno 605) avvenne la battaglia di Karkemis. 25,1: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (prob. c. febb.604) Geremia confermò l’annuncio dell’invasione dal settentrione (con le stesse parole di 1,14). Così pure sembra la parola del Signore, le cui aggiunte sono in 19,1-20,6: «Contro questa città farò venire la calamità, che ho predetto» (19,15). Il profeta in 20,4 nomina espressamente il re di Babilonia, il che suppone che la battaglia di Karkemis fosse già avvenuta. Geremia è flagellato e, come sembra, gli è interdetto l’ingresso al tempio (in questa narrazione sembra sia caduta la solita indicazione di tempo per l’inserzione di un altro testo). 36,1: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (prob. c. marzo 604) Geremia, non potendo entrare nel tempio e impedito di parlare all’assemblea radunata, diede il volume all’amico Baruc e gli dettò gli oracoli, che dalla sua vocazione fino al tempo presente (627-604) aveva annunziato e che, letti nel tempio davanti al popolo, potevano muovere Giuda alla conversione. 1 Cf. testo: Vogt, pp. 4ss; Eissfeld, Introduzione.

GEREMIA<br />

Bibliografia<br />

Sulla figura:<br />

G. VON RAD, Teologia dell’AT., vol II, pp.227-255.<br />

O. EISSFELDT, Introduzione all’AT, Vol. III, Paideia, Brescia 1982 (sull’ed. ted. 3 1964, pp.84-115).<br />

C. MESTERS, Il profeta Geremia. Bocca di Dio, bocca del popolo, Cittadella ed., Assisi 1994 (catechistico).<br />

C. WESTERMANN, Profeta a prezzo della vita. Geremia, Marietti, Torino 1971.<br />

G. BOGGIO, Geremia. La testimonianza di un martire (LoB 1.20), Queriniana, Brescia 1982.<br />

M.P. MAIER, Geremia. Vita e annuncio di un profeta in Israele, Marietti 1820, Genova 2010.<br />

R. VIRGILI, Geremia: L’incendio e la speranza. La figura e il messaggio del profeta (Quaderni di Camaldoli -<br />

Meditazioni 7), EDB, Bologna 1998.<br />

Commentari e testi di esegesi:<br />

A. WEISER, Geremia, 2 voll. (1,-25,14; 25,15-42,34), Paideia, Brescia 1987 (sull’ed. ted. 8 1981).<br />

E. VOGT, Lectiones de libro Jeremiae, P.I.B., Roma 1973-74 (brani scelti di esegesi).<br />

Divulgativi:<br />

A. STROBEL, Geremia, Lamentazioni, Baruc. Cordoglio per Gerusalemme, Cittadella, Assisi 1989.<br />

J. BRIEND, Il libro di Geremia (Quaderni Biblici 8), Borla, Roma 1993 (ed fr. 1982).<br />

G. FISCHER, Il libro di Geremia, Città Nuova 1995 (commento spirituale con testo).<br />

A. SACCHI, Il profeta delle nazioni. Geremia, Lamentazioni e Baruc, San Paolo (La Bibbia nella nostre mani 23),<br />

Cinisello Balsamo<br />

Introduzione<br />

1. Vita e opere: 3 periodi = Giosia - Ioiaqîm - Joiakîn (Jeconia)/Sedecia (Ger 1,1).<br />

Indicazioni cronologiche nel libro di Geremia 627-04 1 : l’attività del profeta, tra la vocazione<br />

(627/26) e la composizione del volume (604), non si percepisce facilmente, perché il<br />

tempo e il luogo sono raramente indicati.<br />

Nel libro sono pochissime le notizie con le date esplicite sul tempo di Giosia.<br />

1,2: Geremia fu chiamato «nell’anno 13° di Giosia».<br />

3,6: La parola del Signore di 3,6-3 venne a lui «nel tempo del re Giosia» e dovette proclamare<br />

l’oracolo «rivolto al settentrione», cioè a Israele (vv.12-3).<br />

Dopo la morte di Giosia e la successione di Joiaqîm (609) troviamo diverse indicazioni. Anzitutto iniziano<br />

in quell’anno le «narrazioni su Geremia», che al tempo di Giosia mancano del tutto:<br />

26,1: «Nell’anno della successione di Joiaqîm» (c. settem. 609-marzo 608) Geremia predice in<br />

Gerusalemme la rovina della città e del tempio. La parola di Geremia, brevemente riferita in<br />

26,4-6 è più diffusa in 7,1-15 in forma deuteronomistica (= dtr), cioè riespressa al tempo<br />

dell’esilio.<br />

46,2: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (c. giugno 605) avvenne la battaglia di Karkemis.<br />

25,1: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (prob. c. febb.604) Geremia confermò l’annuncio dell’invasione<br />

dal settentrione (con le stesse parole di 1,14). Così pure sembra la parola del Signore, le cui<br />

aggiunte sono in 19,1-20,6: «Contro questa città farò venire la calamità, che ho predetto»<br />

(19,15). Il profeta in 20,4 nomina espressamente il re di Babilonia, il che suppone che la<br />

battaglia di Karkemis fosse già avvenuta. Geremia è flagellato e, come sembra, gli è interdetto<br />

l’ingresso al tempio (in questa narrazione sembra sia caduta la solita indicazione di<br />

tempo per l’inserzione di un altro testo).<br />

36,1: «Nell’anno 4° di Joiaqim» (prob. c. marzo 604) Geremia, non potendo entrare nel tempio e<br />

impedito di parlare all’assemblea radunata, diede il volume all’amico Baruc e gli dettò gli<br />

oracoli, che dalla sua vocazione fino al tempo presente (627-604) aveva annunziato e che,<br />

letti nel tempio davanti al popolo, potevano muovere Giuda alla conversione.<br />

1 Cf. testo: Vogt, pp. 4ss; Eissfeld, Introduzione.


36,9: «Nell’anno 5° di Joiaqîm, mese 9°» (dic. 604) Baruch legge le parole del Signore nel tempio,<br />

ma Joiaqîm per disprezzo brucia il volume. Geremia e Baruch dovettero nascondersi.<br />

Dunque, pochi fatti e detti della storia di Geremia hanno un tempo accuratamente indicato.<br />

Il libro contiene molte altre parole del profeta, la cui datazione si può dedurre da soli<br />

indizi, con probabilità maggiore o minore.<br />

La difficoltà di ricostruire la vita di Geremia cresce a causa del carattere del libro. In<br />

qualche testo appare una vaga disposizione cronologica, ma molti certamente non sono in<br />

ordine cronologico. Ciò deriva dal modo in cui il libro di Geremia nello scorrere del tempo<br />

assunse la sua forma attuale.<br />

Raccolgo alcuni dati schematici sull’attività del profeta.<br />

1) Giosia (626-609): fase durata dalla vocazione al 622/21<br />

a) La vocazione (Ger 1)<br />

- un messaggio di giudizio e di speranza (1,10)<br />

- caratteri: centralità della parola (1,2.4.6.11.12; 15,15; 20,8) minore lo sviluppo della visione<br />

(1,11-13); carattere personale della relazione con Dio (vv.5.17; 15,16: legame stretto e dolce, ma<br />

schiacciante, cf. 20,7 e le «confessioni»); effetti universali (vv.5.10: sulla nazione e sulle nazioni).<br />

b) Prima della riforma di Giosia: denuncia l’apostasia e invita alla conversione.<br />

- Elementi tipici. Politico: inizia la minaccia del «nemico del nord»; da punto di vista storicotradizionale<br />

riflette le tradizioni del nord (esodo, patto del Sinai, conquista di Canaan).<br />

- Stilisticamente: conserva le forme espressive classiche; rivela la dipendenza da Osea; ma tende a<br />

scomparire la distinzione netta tra discorso <strong>profeti</strong>co e oracolo divino (parola di Y - parola di Ger).<br />

Ger 1-6 – contenuto<br />

a) 2,1-4,4: lamento di Dio “sposo” fine a se stesso (senza giudizio) con allusione al primo amore.<br />

Denuncia l’apostasia (già in un passato lontano, 2,20; è infedeltà di tipo cultuale, in secondo piano<br />

la violazione di ordinamenti giuridici) e invita alla conversione. Stile: discorso processuale<br />

con difesa e accusa; si esaurisce nell’accusa di JHWH e nella riflessione sull’incredibilità<br />

dell’apostasia. Predominano il lamento e la sofferenza: esprime i sentimenti di Dio.<br />

b) 4,5-5,6: dolore del profeta – oracoli di guerra. Il tono è più violento, ma il giudizio non è al<br />

centro, prevale il tono di allarme e si avverte il sentimento di solidarietà con il popolo.<br />

In conclusione, non è risolto il problema del rapporto tra JHWH e Gerusalemme/Giuda. Il profeta<br />

ha il compito di mettere in guardia: frequente è l’esortazione (Ger 4,14; cf 4,3s: arare, circoncidere<br />

il cuore). Nutre speranza di conversione per il regno settentrionale.<br />

c) Dopo la riforma (621) tace («spazio bianco» nel suo ministero) in benevola aspettativa (cf. 22,15s,<br />

fa un elogio positivo del sovrano). Nutre un atteggiamento critico più che di opposizione verso<br />

la codificazione deuteronomistica (Ger 31: speranza e temi degli autori <strong>esilici</strong>, nuovo esodo).<br />

2) Joiaqîm (609-597)<br />

• Il re attua una politica filoegiziana, che il profeta giudica fallimentare, e un sincretismo religioso<br />

senza scrupoli: il profeta pronuncia un giudizio negativo sulla dinastia e sul tempio (cc.7 e 26).<br />

• Il popolo: la prospettiva è di condanna e rifiuto del popolo. È parola di giudizio (15,1-3) concretizzata<br />

in eventi (saccheggi: 17,3; strage di giovani: 11,22; esilio: 10,18; 13,8-10; 17,14; 7,29;<br />

8,3) e in gesti <strong>profeti</strong>ci (la cintura marcita e i boccali di vino fracassati, 13,1-14; soprattutto la giara,<br />

19,10). Al profeta è negata persino l’intercessione, anche se talora rimane una speranza legata<br />

alla conversione (capp.18-20).<br />

Sorgono contrasti, diffamazione, accuse (bestemmia e disfattismo politico). Il risultato è rappresentato<br />

nelle «confessioni» (cf. sotto), segno di solitudine (silenzio di Dio e contrasto con il<br />

popolo) e di tensione tra la natura e tendenza intima del profeta (c.16). È il comportamento imposto<br />

dalla missione (= rovina, solitudine, sterilità).<br />

Effetto nel profeta: una fede essenziale (convinzione di una presenza, persistenza di una speranza<br />

di salvezza), religione interiore personale. L’interesse si porta dal messaggio al messaggero,<br />

la persona del profeta, la sua vita, le vicende; vita e predicazione sono intimamente connesse.<br />

138


• I popoli. «Geremia scruta i movimenti sulla scena della politica mondiale» (Von Rad). Precisa il<br />

«nemico del nord», consiglia la sottomissione. Ma contiene anche condanne contro i popoli, con<br />

immagini di catastrofi belliche. Avviene una mutazione nell’oracolo della guerra santa di Israele:<br />

è una guerra di dimensioni universali.<br />

• Risultato: il rotolo è letto da Baruc che poi fugge; scrittura del secondo rotolo con aggiunte (Ger<br />

36: 604).<br />

3) Sedeqia (reggente 598)<br />

• Assedio e deportazione del re Jeconia (Jôjakîn) con la sua corte (598/97); Mattania-Sedeqia diviene<br />

reggente come vassallo di Babilonia. Problema di legittimità: chi è il re?<br />

• 597-587:<br />

- Situazione politica dilacerata: partito filoegiziano con i <strong>profeti</strong> e i sacerdoti di Gerusalemme.<br />

- Attività di Geremia su due fronti:<br />

a) a Gerusalemme: contro i filoegiziani e i falsi <strong>profeti</strong> (27-28); rapporto del profeta coi «recabiti»<br />

(35; databile al 598);<br />

b) verso gli esiliati: le lettere (26.29). Il centro di gravità non è più Gerusalemme.<br />

• 2° assedio: Geremia è accusato di disfattismo e gettato come traditore in una cisterna; è salvato<br />

dal re (37-39).<br />

- Due oracoli al re in cui prevede<br />

• La caduta della città perché Dio è contro: restano due vie, vita o morte, cioè resa o resistenza<br />

(21,1-10);<br />

• La cattura del re e la sua fine in Babilonia (34,1-7)<br />

- Intervento sulla liberazione (derôr) degli schiavi e il tentativo di ridurli ancora in schiavitù<br />

(34,8-22). Il profeta risponde che nessuno doveva essere schiavo.<br />

- Annunci di salvezza:<br />

• Compera il campo (32,43ss): il futuro riserva ancora vita, scambi, ecc.<br />

• Libro della consolazione, con la restaurazione (30-33): Gerusalemme al centro, il nuovo re<br />

davidico futuro, la nuova alleanza.<br />

- In esilio (42-44). Il profeta termina profugo in quell’Egitto che aveva sempre condannato.<br />

2. Il Testo<br />

- Per la formazione: cap.36 (tutto il problema in Eissfeldt, cf. NDTB e PEB, Lacy)<br />

- le confessioni: genere letterario ed espressione del dramma personale divenuto simbolico = carattere<br />

liturgico e nota autobiografica riletta in chiave simbolica, tipica<br />

- classificazione dei testi: oracoli autentici - biografia - rimaneggiamenti dtr.<br />

- attuale divisione – testo dei LXX e TM sono diversi per ordine e lunghezza.<br />

3. Teologia o messaggio di Geremia<br />

A) LA SITUAZIONE SPIRITUALE DEL PROFETA: LE «CONFESSIONI»<br />

Il titolo. Riflette altre opere più recenti come le «Confessioni» di S. Agostino. Pone in primo<br />

piano l’«io» del profeta: l’attenzione si sposta dal messaggio al messaggero. Vita e<br />

predicazione sono intimamente connesse. Le «lamentazioni» sono «dialogo» con JHWH.<br />

Non discorso di Dio agli uomini, ma piuttosto la registrazione del colloquio del cuore con<br />

se stesso e con Dio 2 .<br />

Le interpretazioni dei testi sono state diverse. Quella psicologica di S. Skinner viene<br />

equilibrata dal fatto che le confessioni richiamano il genere letterario della «lamentazione»<br />

presente nei salmi. Von Rad unisce l’uno e l’altro aspetto: si riferiscono a un avvenimento<br />

capitale successo tra JHWH e il profeta, ma il suo dolore diventa esemplare, tipico, per tutto<br />

Israele, la sua esperienza divenne un «simbolo» per tutto il popolo. Nell’attuale forma le<br />

2 Cf G. VON RAD, o.c., p. 238.<br />

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confessioni riflettono sia la crescita interiore del profeta sia la rilettura posteriore del<br />

dramma dell’esilio e della comunità fedele del postesilio nel suo sconforto al ritorno e, più<br />

tardi, nel conflitto con gli empi.<br />

I testi. Si tratta di sei pericopi che vanno dal c.11 al c.20:<br />

1 - 11,18-23 = lamento (come agnello) e richiesta di protezione contro gli uomini di Anatot.<br />

2 - 12,1-5 = dialogo e domanda sulla retribuzione. Il Signore risponde e alla fine annulla la domanda<br />

con una controdomanda (v.5): Ger è solo all’inizio della tribolazione e non deve lamentarsi degli<br />

enigmi.<br />

3 - 15,10-21 = schema liturgico con lamento e risposta con oracolo di salvezza, rinnovo della vocazione;<br />

la novità è nella interiorità: 10-18 = dolore senza fine, piaga incurabile; 19-21 = anche il profeta<br />

deve ritornare a Dio per distinguere ciò che è prezioso.<br />

4-5 - 17,14-18 e 18,16-23 o 5-18 = lamentazioni con imprecazione.<br />

6 - 20,7-18 = oscurità totale, varchi verso la speranza.<br />

Significato<br />

• Le confessioni rivelano un aspetto della fede meno considerato: il rischio della disperazione<br />

a causa di elementi oscuri che il profeta non è in grado di dominare. Il fatto ci<br />

scandalizza, ma rivela che la fede non è solo consolazione, è anche dramma che non<br />

toglie l’incertezza e il sentire umano.<br />

• Attestano il carattere complesso della comunicazione <strong>profeti</strong>ca in tempo di crisi. Paradossalmente,<br />

colui che aveva ricevuto nella sua bocca la parola di Dio e si era impegnato<br />

totalmente nella sua missione, prende le distanze dalla propria vocazione e pone a<br />

Dio le domande più radicali facendosi interprete delle obiezioni del popolo (cf. 12,1ss).<br />

La situazione<br />

Geremia cerca i segni nascosti di Dio nel conflitto tra un carattere mite e sensibile che<br />

ama la vita e la missione di annunciare l’ira di Dio, tra un sentire profondo di Dio (il fuoco<br />

gli arde dentro, «mi hai sedotto») e la quasi impossibilità di cogliere i segni nuovi in un<br />

trapasso culturale senza precedenti, che divide profondamente i contendenti, politici e religiosi.<br />

La successione dei testi rivela come l’oscurità aumenti e, di volta in volta, penetri sempre<br />

più profondamente nel profeta. Egli rimane solo: nel silenzio di Dio, senza moglie e<br />

bambini, segno di un futuro senza memoria, senza un gruppo di persone amiche tra le quali<br />

potersi riposare (16,1-13). È un dolore senza fine (15,18), fino a maledire il giorno della<br />

nascita e a considerare disgrazia l’essere profeta e l’avere sulle labbra la parola di Dio. I<br />

suoi giorni finiscono nella vergogna (20,7-18).<br />

Come abbia fatto a continuare è il mistero di Geremia, come Dio l’abbia condotto in tale<br />

«notte atroce» è il mistero di Dio (Von Rad). «Sei divenuto per me un torrente dalle acque<br />

infide» (cf. 15,10-21): egli chiama in causa Dio, lo accusa, si lamenta. Tutta la vita diviene<br />

dialogo e discussione con lui sul proprio compito e sulle difficoltà incontrate.<br />

La risposta, articolata, è indicazione di una strada da percorrere.<br />

La prima risposta è paradossale. Il compito è difficile; al profeta che non comprende più<br />

il senso degli avvenimenti resta una sola possibilità, perseveranza e resistenza, oppure Dio<br />

lo rigetterà come il resto del popolo. Si prepari ad affrontare prove più forti (cf. 12,1-5).<br />

Avrà compiti particolari di discernimento (15,19): come «racimolatore» deve cercare<br />

i grappoli sfuggiti ai vendemmiatori (6,9), cioè fare attenzione ai frutti nascosti del bene<br />

presenti nel popolo «vigna» (cf. Is 5), anche se la sua risposta, impaziente, fu che era inutile<br />

cercare; come il «saggiatore» deve tentare, se possibile, di staccare le scorie dal<br />

metallo, anche se egli stima la cosa impossibile (6,27-30; 15,19-20). La situazione lo ob-<br />

140


liga a dirigersi verso l’aspetto oscuro, incontrollato e inattuabile. In questo senso il profeta<br />

stesso deve ritornare a Dio, convertirsi per divenire «muro di bronzo», essere salvato<br />

o liberato da Dio; invocare (oltre a credere) notte e giorno, oltre ogni speranza.<br />

Il desiderio di morte e la maledizione del giorno della nascita (cf Gb 3) comportano<br />

l’interrogativo sul senso della vita. La risposta esauriente non può venire da colui che si<br />

pone la domanda, egli può riceverla solo da un altro che viene interpellato (cf. i diversi dialoghi,<br />

interrogazioni, risposte): viene sempre da Dio, al quale il profeta, saggiamente, rivolge<br />

il lamento. Anzi continuerà a intercedere per il popolo, benché comprenda che è un<br />

compito ormai inutile (14,11-12. 17ss).<br />

Il dolore del profeta ha valore redentivo (14,17-22) ed è misura del dolore di Dio nel<br />

«demolire ciò che ha edificato e nello sradicare ciò che ha piantato» (31, 28 e 45, 4).<br />

La risposta finale è una sola, e sarà un’esperienza. Nell’oscurità il profeta avverte una<br />

presenza: «Il Signore è al mio fianco come un eroe valoroso» (20,11); «Io sono con te per<br />

salvarti e liberarti» (15,20s). Questo è sufficiente. Dio è sceso con lui nella sua miseria. Ha<br />

trasformato lui, profeta non ideale, in un muro di bronzo indistruttibile (1,18; 15,20), in attesa<br />

che la Parola si compia (1,12s).<br />

B) IL MINISTERO PROFETICO 3<br />

Il profeta appare portatore della Parola: «Pongo le mie parole sulla tua bocca» (1,9). La<br />

Parola è centrale nel suo ministero, meno la visione; non vi è traccia di estatismo. Essa lo<br />

raggiunge e ne invade la vita; egli diviene mediatore della potenza di Dio che lo investe<br />

(efficacia della Parola). Il fatto comporta nuovi elementi nel suo ministero <strong>profeti</strong>co, la sua<br />

figura assume alcuni connotati specifici.<br />

1) Geremia è il vero profeta «simile a Mosè»<br />

• Mosè ne è il modello: ha le parole di Dio sulla sua bocca (Dt 18,18 con Ger 1,7.9, cf.<br />

Es 4,12). Il contesto, deuteronomistico, della vocazione mette in rilievo la funzione<br />

mediatrice del profeta che ha la sorgente nella mediazione di Mosè (Dt 18,16-18, cf.<br />

5,22-31).<br />

• Come Mosè polemizza con i falsi <strong>profeti</strong>, contro le false sicurezze di pace e la idolatrica<br />

fiducia nel tempio (Ger 7,1-15): il vero profeta è inviato da JHWH, che gli parla<br />

(23,21) e l’ha innalzato a partecipare al suo consiglio (23,18-22); parla quindi in nome<br />

di JHWH con una parola efficace (23,28; 28, 8-9: non sogni fatui, ma «martello»). Sono<br />

criteri labili per i contemporanei, ma che hanno fondato la sua credibilità nella storia.<br />

• È costituito nabî’: con lui il titolo esce dall’ambiguità (Am 7,14 lo rifiuta, comunque<br />

non si identifica con gli altri nabî’), perché la sua autorità è fondata sulla mediazione<br />

mosaica.<br />

2) Il profeta «procuratore» universale (Ger 1,5.10)<br />

• Il verbo con cui il profeta è «costituito (hipqadtîka, hifil di דַקָפּ) sui popoli e sopra i<br />

regni» è usato per Godolia, il governatore (40,5.7.11; 41,2.8). Sostituito in un certo<br />

senso alle autorità che vengono meno al loro compito, il profeta assume il compito di<br />

rappresentare il Signore e di concretizzare la sua azione: eseguire e realizzare ciò che<br />

emerge dalla parola di Dio (18,7-9).<br />

• La sua missione ha dimensioni universali: laggôyyîm, ‘al haggôyyîm. La formula annuncia<br />

sia i grandi interventi di Geremia in Giuda caratterizzati dalla evoluzione della<br />

politica internazionale, sia gli oracoli destinati alle nazioni straniere (‘al haggôyyîm afferma<br />

un vero potere sulle nazioni e i loro regni per l’efficacia della Parola). Anche la<br />

3 Le presenti note sono attinte e riassunte da J. AUNEAU, I <strong>profeti</strong> e i libri <strong>profeti</strong>ci (PEB 4), pp. 190ss.<br />

141


parola <strong>profeti</strong>ca «scritta» conferisce dimensione universale al suo ministero, lo strappa<br />

dai limiti di Israele e dal breve istante della vita di questo popolo; prolunga la sua<br />

voce, ne rivela e diffonde il carattere di perennità e universalità.<br />

3) La mediazione <strong>profeti</strong>ca : i suoi aspetti contradditori<br />

• Le confessioni hanno posto in rilievo la sofferenza del profeta, ma anche l’esperienza<br />

nuova di Dio che lo salva e libera (20,11; 15,10), e che «veglia» sulla sua Parola per<br />

compierla (1,11-13). La sua mediazione passa dalla gioia e dolcezza della Parola «divorata»<br />

con avidità (15,16) alla frustrazione che lo rende, sempre a causa della Parola,<br />

oggetto di scherno e di obbrobrio (20,8). Allora Dio appare «infido» e «incostante»<br />

(15,18), assente dalle vicende umane.<br />

• Risalta il paradosso dell’esistenza <strong>profeti</strong>ca: uomo della crisi rappresenta in sé le due<br />

forze opposte, Dio e il popolo. Egli impersona, da una parte, il dolore e lo sdegno di<br />

Dio, che lo spinge ad annunciare distruzione, violenza, oppressione (20,8), dall’altra<br />

l’elezione di Israele: diviene oggetto di consacrazione (1,5). Tutta la vita è segno della<br />

situazione del popolo (16,1-13, cf. Ez 12). Rifiutarlo significa rovina.<br />

• Anche la comunicazione del messaggio divino è dialettica: il testo sottolinea le difficoltà<br />

storiche nella trasmissione della Parola (cf. Ger 36); da parte sua il profeta, reagendo<br />

al messaggio ricevuto, rivolge a Dio le sue domande e i suoi dubbi (12,1-4): sono<br />

le stesse obiezioni del popolo che egli integra nel suo discorso.<br />

4) Il profeta e la Parola - Parola di Dio e parole del profeta<br />

Compito del profeta è ricevere, annunciare (comunicare) e realizzare la parola di JHWH.<br />

L’attenzione alle formule guida alla comprensione del problema.<br />

4.1. Il profeta UOMO DELLA PAROLA (18,18):<br />

• Lotta a favore della rivelazione <strong>profeti</strong>ca contro le pratiche pagane e i modelli di rivelazione<br />

ereditati da antiche tradizioni: divinazione, magia, incantesimi, sortilegi, evocazioni<br />

di spettri o necromanzia (Dt 18,10-11, cf. Ger 27,9; Ez 21,26-27);<br />

• Gli è riservato il compito di ricevere e comunicare la Parola. Geremia non fu un profeta<br />

invasato da uno spirito estatico, ma ha la parola di Dio sulla bocca (1,9), con il compito<br />

di comunicarla in ogni occasione:<br />

- cf. le formule: «dare e ascoltare la parola» (1,9; 5,14); «parlare, annunciare, proclamare,<br />

<strong>profeti</strong>zzare, ordinare, venire, fare, prestare attenzione, scrivere, bruciare, vedere,<br />

domandare e nascondere, rispondere».<br />

4.2. RELAZIONE DEL PROFETA CON LA PAROLA DI JHWH<br />

La formula «Parola di JHWH», rara nei <strong>profeti</strong> del sec. VIII (solo in passi redazionali),<br />

emerge alla fine del sec. VII sotto l’influsso del movimento deuteronomistico. La relazione<br />

del profeta con la Parola è espressa in alcune formule.<br />

a. È afferrato dalla parola – la parola-evento<br />

• Le Formule: «ciò che è accaduto come parola di JHWH a Geremia» (1,2; 14,1); «la parola<br />

che è accaduta a Geremia da parte di JHWH in questi termini» (7,1; 11,1); «e mi fu rivolta<br />

la parola del Signore in questi termini» (1,4.11.13; 2,1).<br />

• Rivelano un aspetto della coscienza <strong>profeti</strong>ca: l’irruzione della parola divina nell’esistenza<br />

del profeta, che si impadronisce di lui come un fuoco divoratore (5,14; 23,29)<br />

provocandone la reazione.<br />

b. È latore di un messaggio – parola come messaggio di JHWH<br />

• Formula: «così parla JHWH»; ’amar, cf. Ug ’mr I «essere visibile, vedere»;<br />

142


• Sottolinea il carattere di comunicazione divina e orienta verso il contenuto della dichiarazione<br />

(cf. «per dire», inf.cs). «Il verbo utilizzato non insiste sull’atto del dire. Piuttosto<br />

attira l’attenzione su ciò che è detto e introduce un enunciato che può essere compreso<br />

dal destinatario» (p.193).<br />

c. È messaggio garantito da Dio = la garanzia e autorità oracolare<br />

• Formula: «Oracolo di JHWH». Appare in Nm 24,3-4.15-16 (Balaam) e con Amos. In Geremia<br />

l’uso è frequente e diversificato:<br />

- a conclusione di un enunciato = significato ordinario<br />

- a introduzione = può sottolineare l’importanza di un giuramento, di una provocazione,<br />

di una parola escatologica<br />

- nel mezzo di un discorso o legata a delle aggiunte o secondaria in un testo.<br />

d. Con mediazione umana = la parola di JHWH e le parole di Geremia<br />

• Dualità di interpretazione, es. Ger 36: quanto è letto viene definito sia «parola di JHWH»<br />

(v.8), sia «parole di Geremia» (v.10). Si tratta delle parole dettate da Geremia a Baruc.<br />

• L’accostamento mette in evidenza un fatto decisivo: la «parola creatrice della storia»<br />

diventa effettiva attraverso una mediazione umana. «Il libro di Geremia esprime con vigore<br />

il legame privilegiato della parola <strong>profeti</strong>ca alla Parola di JHWH, e i suoi editori<br />

hanno toccato un punto essenziale invitando a leggerla nelle parole di Geremia» (p.<br />

194).<br />

4.3. È PAROLA EFFICACE<br />

Agisce nella storia: è da Dio che veglia sulla sua parola per compierla (23,20)<br />

• In Ger 36, l’episodio riflette il trionfo della parola di Dio sugli oppositori. Non trae efficacia<br />

dal fatto che il profeta la pronuncia, ma da Dio che la invia. Perciò è «fuoco» e<br />

«martello» che produce gli effetti che annuncia, diversamente dai sogni fatui o dalle<br />

fantasie del cuore proclamate dai falsi <strong>profeti</strong> (23,9-40). Solo alla fine si comprenderà<br />

tutto! (23,20).<br />

• Tre immagini esprimono l’efficacia:<br />

- il mandorlo fiorito (1,11-12): evoca la continuità della storia che sembrava arrestarsi,<br />

sebbene il ramo (solo un ramo) possa contenere anche un’allusione negativa (cf. il<br />

«resto»);<br />

- la pantera (5,6) che vigila sulla città per sbranare chiunque ne esca: non è rassicurante;<br />

destina alla sventura gli idolatri rifugiatisi in Egitto (44,27);<br />

- il vasaio (18,1-12): Dio agisce con la parola capace di distruggere come di costruire<br />

(cf. 1,10); l’immagine pone in risalto la libertà divina e la disponibilità umana.<br />

4.4. LA PAROLA PROFETICA NELLA STORIA<br />

Acquista la forza di minaccia e benedizione, disgregazione e speranza (1,10; 18,7-10;<br />

24,5-7; 31,27-28; 42,9-10; 45,4). Più che due tappe il fatto testimonia il dinamismo della<br />

Parola, i cui effetti sono di Dio, oltre la forza dell’uomo.<br />

A. È parola distruttrice, ossia critica: «sradicare e abbattere, distruggere e demolire»<br />

(1,10). La speranza è diventata umanamente impossibile. Il libro di Geremia sottolinea più<br />

frequentemente l’aspetto negativo: tutti sono colpevoli «dal più piccolo al più grande»<br />

(6,13 = 8,10). Contiene le denunce più diversificate e numerose, più generalizzate di ogni<br />

altro libro <strong>profeti</strong>co.<br />

1 – L’ignoranza di Dio. L’esperienza religiosa essenziale è «conoscere Dio» (formula sapienziale):<br />

Ger 9,23, avere l’intelligenza e conoscere JHWH, lui che mette in opera sulla terra<br />

la misericordia, il diritto e la giustizia (cf. Os 6,6; Is 11,9). Ma il popolo è stolto, senza<br />

intelligenza, non conosce Dio (4,22), che equivale ad abbandono e dimenticanza, sia nel<br />

143


culto (= gli dei stranieri: 1,16; 2,18.36-37, ecc.) che nella vita sociale (avidità e interesse<br />

personale, menzogna e calunnia, diritto calpestato).<br />

L’attenzione alle conseguenze sociali è parte integrante del ministero <strong>profeti</strong>co, che le<br />

collega all’alleanza (sulle relazioni personali, cf. Ger 9,1-8; sui gruppi sociali minacciati<br />

Ger 5,20-29; sull’esercizio del potere Ger 22,13-19).<br />

2 – Il fallimento delle istituzioni. Il fallimento dell’alleanza è generale, ma è rimproverato<br />

soprattutto alle guide del popolo. Perciò il ritorno a Dio è molto improbabile.<br />

• Il re cui spetta la giustizia e il diritto (22,15). Le sue mancanze pregiudicano l’istituzione<br />

stessa. Le diverse riletture hanno preparato la comunità ebraica a vivere senza la monarchia:<br />

forse ci si trova in presenza di due concezioni ancorate a tradizioni diverse, la<br />

alleanza mosaica e l’alleanza davidica e regale che sta vacillando (W.A. Brueggemann).<br />

• I sacerdoti ai quali spetta il compito di trasmettere la tôrāh. La loro negligenza fa perdere<br />

al popolo i punti di riferimento (2,8; 8,8-9), mentre il culto nel tempio diventa inefficace<br />

per l’assenza di condizioni morali (7,5-6).<br />

• I <strong>profeti</strong> che consegnano parole menzognere.<br />

3 – Il «pessimismo antropologico». Geremia coglie la profondità radicale del peccato<br />

nell’uomo. Tre immagini lo esprimono: a) la potassa incapace di togliere la macchia<br />

dell’iniquità (2,21s); b) l’etiope e la pantera incapaci di cambiare pelle = di compiere il bene<br />

(13,23); c) il cuore ostinato (9,13; 13,10; 23,17), cattivo (3,17; 7,24; 11,8; 16,12; 18,12):<br />

«Il peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro, con una punta di diamante è inciso sulla<br />

tavola del loro cuore e sugli angoli dei loro altari» (17,1). Il cuore dell’uomo è perfido e<br />

incurabile, molto difficile da conoscere (17,9).<br />

Dal peccato al caos. L’alleanza è infranta (31,32), solo Dio può ricordarsi dell’amore<br />

antico (2,2-3; 30,1ss). Geremia prolunga Osea:<br />

- l’abbandono di Dio, sorgente della vita compromette l’equilibrio della creazione<br />

(5,25): la pioggia è trattenuta (3,3), il paese è inaridito e gli animali periscono (12,14;<br />

23,10);<br />

- è giunto perciò il momento della sentenza, assimilato a un ritorno al caos (cf.<br />

4,23-26). Solo Dio può fare una «nuova creazione».<br />

B. È parola restauratrice: «costruire e piantare» (1,10). La distruzione non è l’ultima parola.<br />

Solo Dio può restaurare l’alleanza infranta, ponendo la relazione duratura su altre basi.<br />

L’annuncio è introdotto da alcune formule temporali: «ecco venire giorni» + «oracolo di<br />

JHWH» con l’oggetto di restaurazione in un futuro lontano; «in quei giorni», «in quel tempo»,<br />

«alla fine dei giorni», «dopo quei giorni» (unico caso, 31,33). L’oggetto della restaurazione<br />

è triplice:<br />

1 – Ritorno e riunificazione dei dispersi. Sono atti di misericordia di JHWH che ha deciso di<br />

«costruire e piantare»; il gesto supera l’esodo dall’Egitto (16,14-15=23,7-8).<br />

Ritorno: rivolto all’Israele del nord, è applicato ai deportati di Babilonia negli stadi più<br />

tardivi della redazione (31,8-9).<br />

Riunificazione: nell’immagine di «Dio pastore» (23,3); oltre Babilonia si ricordano anche<br />

tutti i luoghi di dispersione (29,14).<br />

2 – La nuova alleanza (31,31-34; è l’unica volta in cui appare l’espressione. Prende atto<br />

della rottura dell’antica alleanza, registra il fallimento della riforma deuteronomica. Le<br />

nuove basi su cui è «ricreato» il popolo sono:<br />

- La legge scritta nel cuore (v.33, cf. 24,7; 32,39-40); diversa dalla circoncisione del<br />

cuore (Dt 10,16 e 30,6).<br />

- La formula di alleanza realizzata (v.33) nella reciprocità tra JHWH e Israele suo popolo.<br />

144


- La conoscenza di Dio, chiave dell’esistenza religiosa, estesa a tutti, senza passare attraverso<br />

la mediazione di un insegnamento (v.34).<br />

- Il perdono universale dei peccati (v.34): cancella l’iscrizione dei peccati sulla tavola del<br />

cuore.<br />

3 – Il rinnovamento della vita religiosa (32,36-41) assume i seguenti tratti:<br />

- Trasformazione delle istituzioni di mediazione che hanno fallito; rimangono in penombra<br />

a favore di tutto il popolo: il culto non fa parte delle preoccupazioni: arca<br />

(3,16-17) e sacrifici (7,21-23) sono reinterpretati; la figura davidica rimane, ma diminuita<br />

(3,16-17; 23,5-6).<br />

- Nuova creazione = approfondimento della comprensione dell’alleanza con la fede nel<br />

Dio creatore: così garantisce all’alleanza la continuità dell’ordine del mondo (31,35-<br />

37; 33,20-21). In 32,40 si inizia a parlare di «alleanza eterna».<br />

- Nuovo volto di Dio: per amore ricrea il suo popolo e gli perdona i peccati; è Signore<br />

della storia e Signore della terra, ma si rivela nel paradosso di una parola distruttrice e<br />

creatrice; e l’uomo avverte la dura sensazione di un’alternanza tra la presenza e<br />

l’assenza di Dio: «sarei io un Dio solo da vicino - oracolo di JHWH - da lontano non<br />

sarei un Dio?» (23,23).<br />

ESEGESI<br />

I – Vocazione e missione di Geremia: Ger 1,1-19<br />

TITOLO: 1,1-3 – I primi tre versetti del libro presentano la figura e la attività del profeta.<br />

Geremia è sacerdote di Anatot-Benianimo (cf. 1Re 2,26-27; Ebiatar?). Il tempo della sua<br />

attività sotto tre re: dal 626 al 587 a.C. = 626 vocazione (13° anno di Giosia: 640-609, con<br />

la riforma dal 622), Joiaqim (609-597), 587 (11° anno di Sedecia, sua deportazione). Sin<br />

dall’inizio prevalgono le «parole» sulle «visioni».<br />

VOCAZIONE E MISSIONE: 1,4-19 (nuova vocazione in 15,10-21). È introduce a tutto il libro<br />

sottolineando gli aspetti fondamentali della missione del profeta.<br />

STRUTTURA<br />

Due parti con due oracoli paralleli e complementari, pronunciati forse in più tempi, e una<br />

inserzione con due visioni. Quattro volte il testo ripete: «Il Signore mi disse»; al centro sono<br />

la Parola e l’ascolto.<br />

• vv.4-10 vocazione (627, Dio lo costringe soavemente)<br />

• due visioni (mandorlo e caldaia) e la relativa spiegazione: vv. 11-12. 13-16<br />

• La seconda visione (vv.13-16) introduce la missione (vv.17-19)<br />

ESEGESI<br />

Vocazione: 1,4-10<br />

Per il genere letterario, cf. Es 3-4; 1Sam 3; Is 6; Ez 1-3. Al v.4 manca la teofania, subito è<br />

la «Parola del Signore».<br />

ELEZIONE, CONSACRAZIONE, COSTITUZIONE (cf i tre verbi): v.5<br />

a. elezione: «ti ho conosciuto». L’elezione stabilisce una relazione personale. Precede<br />

l’esistenza e l’afferra tutta (cf. Is 49,5; Gal 1,15ss; Rm 8,29; Gdc 13,5.7 Sansone e Lc 1,15<br />

145


Giovanni il Battista) come se la fondasse (Rm 4,17): si va all’inizio assoluto. Il profeta è<br />

concepito e nasce (ti ho formato), predestinato a una missione specifica nella storia, non vi<br />

è sovrapposto. Se la vocazione fonda l’esistenza, un giorno la missione potrà divorarla e<br />

consumarla come un fuoco. Lo comprenderemo nel corso del libro.<br />

b. consacrazione: «ti ho consacrato». È separare per avvicinare a sé (At 13,2; Rm 1,1; Gal<br />

1,15). Il profeta è riservato per una missione. Due azioni divine: conoscere e consacrare,<br />

cioè predestinare e avvicinare/mettere da parte.<br />

c. costituzione: «ti ho posto», «stabilito». Emerge la dimensione universale (cf. v.10): nabi’<br />

laggoyyîm. Oltre a Israele, di fatto, Geremia pronuncerà oracoli sugli altri popoli; Giuda è<br />

inserito nella storia di altre nazioni (come Mosè, modello <strong>profeti</strong>co, è inviato al Faraone).<br />

OBIEZIONE E RISPOSTA: vv.6-8<br />

• Obiezione di fronte alla difficoltà dell’impresa: «Ah!, Signore mio, JHWH, ecco non so<br />

parlare perché sono giovane». «Sono giovane» va inteso, probabilmente, con «non ho<br />

l’autorità» o «non ho l’esperienza». Oggetto dell’obiezione è la parola, perché il profeta<br />

è uomo della parola, ma l’obiezione nasconde qualcos’altro di più serio che emerge<br />

dalla risposta.<br />

• Risposta (vv.7-8): è data in due tempi. Introdotta da: «non dire sono giovane», per dire<br />

che «chiunque può essere profeta», perché Dio chiama e invia. A) «Va’ e annunzia» è<br />

imperativo categorico, che pone Geremia come inviato di Dio, parla a nome di un altro<br />

(pro-feta), dovrà farlo con obbedienza e coraggio. È missione con destinatari (‘al) e<br />

oggetto (’et = la Parola): «a chiunque ti invio, va’, e parla, qualunque cosa ti ordinerò<br />

di dire». B) «Non temere» (v.8) allude agli ostacoli, ma offre la promessa della liberazione<br />

(«Sono con te – come Mosè, Es 3,7s – per liberarti», cf. v.19b e 20,11).<br />

RITO CONSACRATORIO: vv.9-10<br />

Comprende gesto e parola (cf. Is 6; Ez 2):<br />

a) Gesto: il Signore tende la mano e tocca il profeta sulla bocca (v.9a). È purificazione<br />

(cf. Is i carboni ardenti accesi sulle labbra) e abilitazione.<br />

b) Parola (vv.9b-10) che spiega il rito. Dio pone le sue parole sulla bocca di Geremia (cf.<br />

Es 4,1ss; non è un profeta estatico): designa il contenuto del messaggio (cf. 2 Sam<br />

14,3; 23,2; Is 59,21). Il profeta offrirà la parola di Dio con la mediazione della sua<br />

bocca umana.<br />

• םׅיּוֹגַּה.לַע... ךָיתְדַקְפ ׅ ׅה<br />

– ‘al (cf v.7) indica la destinazione e lo spazio, anche il potere in cui si sviluppa<br />

l’incarico: è missione universale (i popoli).<br />

– Il verbo דַקָפּ richiama l’incarico di «governatore» dato a Godolia (2Re 25,23 תא די ׅקְפ ׅה).<br />

Nella Bibbia contiene il significato di «visitare» per controllo, ispezione, osservazione<br />

attenta; implica la preoccupazione che «tutto proceda bene», perciò «passare in rassegna,<br />

censire e registrare». Dunque, responsabilità di vigilare, controllare, anche castigare<br />

le irregolarità. L’incarico ha un valore pubblico, riconosciuto, pronunciato solennemente<br />

(1 a . persona) dalla legittima autorità in situazione adeguata 4 .<br />

• È parola potente con effetto dialettico, negativo (4 verbi) e positivo (2 verbi). L’attività<br />

<strong>profeti</strong>ca è espressa in termini agricoli e urbani. In Ger 36 si cercherà di distruggerla<br />

(bruciarla) per renderla inoffensiva.<br />

4 דקפּ + acc. pers. + לע / ב / ל, cf Gen 39,4.5; Num 1,50; 1Re 11,28; 2Re 7,18; Ger 1,10; 40,5-7.11; 41,2.18; 1Cr<br />

26,32. Per queste osservazioni, cf S. BRETON, Vocación y missión: formulario <strong>profeti</strong>co (Analecta Biblica 111),<br />

pp. 102ss (“formule de nombramiento”).<br />

146


Il profeta appare «procuratore» universale, «luogotenente di Dio sui popoli», governatore<br />

in suo nome: sicuro e forte con l’autorità di Dio, debole come la parola di un uomo che<br />

non può nulla se non proclamare. Le sue armi e la sua potenza sono confinate nella parola.<br />

È incarico subordinato all’inviante; a lui deve rendere conto, da lui spera l’aiuto indispensabile.<br />

Il testo non detta le parole alla lettera, ma designa il compito. Il messaggero stesso dovrà<br />

elaborare il messaggio, dopo aver ricevuto l’ispirazione. Ezechiele assimila la Parola prima<br />

di pronunciarla (Ez 2-3). Geremia la sente dentro come fuoco nelle ossa (Ger 20,9). In Isaia<br />

il discepolo fedele è attento: Dio lo desta ogni mattina ed egli si lascia destare per annunciare<br />

la parola convincente che ridesti la comunità (Is 50,4s).<br />

Visione duplice: 1,11-12.13-16<br />

Comprende due oracoli nella forma detta «visione con spiegazione» (cf. Am 7-8): presenta<br />

un simbolo allo scopo di «far pensare». La rivelazione avviene in due tempi: simbolo e interpretazione,<br />

come sogno e interpretazione, pantomima e spiegazione, nome e spiegazione.<br />

La spiegazione originale potrebbe essere stretta rispetto al simbolo, che rimane aperto e<br />

capace di ulteriori suggestioni di senso.<br />

Prima visione: UN RAMO DI MANDORLO (vv.11-12)<br />

Il testo ebraico offre un gioco di parole (paronomasia): דֵקָשׁ (mandorlo), יִנֲא דֵקֺשׁ יִכ (vigilo).<br />

Dio vigila sulla sua parola «per compierla». Il profeta ne diviene il portatore; essa si imporrà<br />

al popolo con la sua mediazione.<br />

Nell’albero è l’immagine di Dio che fa fiorire e fruttificare la parola nella stagione (Is<br />

18,5; 55,10s); evoca la continuità della storia che sembrava arrestarsi. Forse vi è anche<br />

un’allusione tragica: un ramo (לֵקַּמ) non l’albero. Il segno è ambiguo e può suonare come<br />

oscura minaccia (cf. 1Sam 17,40-43). In alcuni testi redazionali, infatti, la Parola annuncia<br />

la sventura (44,27 contro i fautori dell’idolatria rifugiatisi in Egitto; e 5,6 l’immagine della<br />

pantera). La parola dunque contiene due annunci: annientamento e salvezza.<br />

Seconda visione e introduzione alla missione : LA CALDAIA (vv. 13-16)<br />

- vv.13-14: La posizione della caldaia è, letteralmente: «la sua faccia dal nord».<br />

L’imboccatura sembra quindi inclinata verso il sud, verso Giuda. Il liquido che esce dalla<br />

caldaia prelude a un’invasione che «si rovescia dal nord» (v.14). Inizia a delineare il<br />

«nemico del Nord» come timore oscuro non precisato che molti snobberanno come fantomatico<br />

e fantasioso. Più tardi apparirà chiaro che si tratta dell’invasione di Babilonia.<br />

- v.15 specifica la visione (è aggiunta). Città, porte e mura assediate preparano l’immagine<br />

del profeta che saprà resistere come una città inespugnabile (vv.18s).<br />

- v.16 è ulteriore spiegazione. Si tratta dell’esecuzione di una sentenza divina a causa<br />

dell’idolatria. Il tema degli «dei stranieri» è un ‘Leitmotiv’ del Deuteronomista.<br />

Missione e ostacoli: 1,17-19<br />

Lo stile e il contenuto del testo richiamano le «confessioni» (cf. 1,18-19 con 15,19-21).<br />

L’annuncio della calamità dal settentrione prepara l’elenco degli ostacoli che il profeta dovrà<br />

affrontare.<br />

NUOVO INIZIO - NUOVA MISSIONE (v.17): «E tu». «Cingiti i fianchi/alzati». Il profeta deve<br />

prepararsi per il viaggio spedito (cf. Elia in 2Re 18) o per il combattimento (Gb 40,7) e la<br />

persecuzione che l’attendono. Egli deve superare il timore, fidando nell’alleanza, altrimenti<br />

sarà invaso dal terrore: unica via d’uscita è il coraggio e la fedeltà («timor di Dio»).<br />

147


NUOVA INVESTITURA (vv.18-19, cf. v.5) - la resistenza: il profeta fortezza. La battaglia<br />

contro il profeta sarà inutile (cf. v.8), perché egli sarà una fortezza inespugnabile, una colonna<br />

inamovibile, un muro insuperabile. Egli è posto:<br />

- רָצְב ׅמ ר ׅעְל, «come città fortificata» o fortezza;<br />

- לֶז ְרַבּ דוּמַּעְלוּ, «e come colonna di ferro» (LXX om.);<br />

- תֶשֺׂחְנ תוֹמֹ חְלוּ, «e come muro di bronzo».<br />

Sarà invincibile, diversamente da Gerusalemme, a cui l’immagine appella (cf v.15). Cadrà<br />

la città capitale, apriranno brecce nelle sue mura, abbatteranno le sue colonne, ma il<br />

profeta, con l’aiuto di Dio, resisterà: attaccheranno, ma non vinceranno (v.18b, cf. 15,20 e<br />

20,16: nemico come città demolita). Così il Servo del Signore (Is 50,7 il profeta come pietra)<br />

ed Ezechiele (Ez 2-3 faccia tosta, di pietra; cf Gb 6,12 pietra e bronzo).<br />

I nemici da affrontare saranno le persone influenti del popolo: re, principi, sacerdoti e<br />

«il popolo del paese» (ץ ֶראָָה םַע). Questi ultimi sono forse i proprietari terrieri o comunque<br />

la classe dominante, i notabili (v.18c): designa coloro che pongono sul trono Giosia e suo<br />

figlio (2Re 21,19-26; 23,30); 60 persone appartenenti a questa classe sono giustiziate (il testo<br />

le oppone a ץ ֶראָָה םַע תַלַּד, 25,18-21, cf. 24,14 e 52,15).<br />

Conclusione<br />

Il primo capitolo narra la vocazione di Geremia descrivendone – l’elezione e la costituzione<br />

come profeta: sarà la sua gloria e frustrazione; – la recezione del messaggio: visione e<br />

interpretazione, ispirazione e decodificazione; – l’invio o missione: lo prepara alla lotta<br />

contro gli ostacoli più duri, i capi e i potenti del popolo.<br />

Si delineano già i caratteri fondamentali di tale vocazione<br />

* Centralità della parola (vv.1.2.4.6.11.12, cf. 15,15; 20,8), meno importante è la visione<br />

(vv.11-13);<br />

* Carattere personale della relazione con Dio (vv.5.17, cf. 15,16): legame stretto e dolce,<br />

ma anche schiacciante seduzione (20,7, cf le «confessioni»);<br />

* Effetti universali (è inviato alle nazioni e alla nazione, vv.5.10) e contradditori: è chiamato<br />

per il giudizio e la speranza. 5<br />

5<br />

Cf i sei verbi, Ger 1,10; 18,7-9 nell’immagine del vaso e del vasaio; 31,28; 45,4 dolore di Dio nel demolire<br />

ciò che ha edificato, nello sradicare ciò che ha piantato; Os 6,5: «per questo li ho colpiti per mezzo dei<br />

<strong>profeti</strong> [o: “con il mio temibile eloquio”, Kuhnigk], / li ho uccisi con le parole della mia bocca / perciò il<br />

mio giudizio brilla come il sole (leggendo: אֵצֵי רוֹאָכ יתָפְּשׁ ׅ ׅמוּ, TM ׇךֶטָפּשׁ ׅמוּ)».<br />

148


II. Processo divino e invito alla conversione: Ger 2,1-4,4<br />

Premessa<br />

1. CONTESTO STORICO. Il testo è da porre all’epoca di Giosia (= prima attività <strong>profeti</strong>ca).<br />

Questo testo precede e prepara la riforma. È composto di materiali diversi (inserzioni tardive,<br />

esiliche, cf. 3,16-18), unificati dal tema (penitenza) e dalla struttura o genere letterario<br />

(processo, rîb).<br />

2. CONTESTO LETTERARIO. Ger 2-6: Il lamento di Dio e del profeta. In 2,1-4,4, il tema è la<br />

penitenza, con invito alla conversione. La forma è quella del processo (cf. 2,9.35) con denuncia<br />

dell’infedeltà matrimoniale ossia all’ alleanz (cf. 2,2ss; 2,20, infedeltà), obiezioni e<br />

repliche. Esempi: Sal 24; 79; 50-51; Os 6,1-6; 12-14.<br />

Lo schema del processo riflette la struttura penitenziale: - denuncia con aggravanti (2,1-<br />

13.18-22.23b-24; 3,1-2), - difesa (= obiezioni: 2,23.29.35; 3,4-5), - invito con promesse<br />

(3,14-18) e minacce (4,4), - confessione e riconciliazione (3,22-25).<br />

Immagini. Le principali sono tre: - Coniugale (cf. Os 2-3; Is 1,21-26; 5,1-7): popolo fidanzata<br />

e sposa (2,2.32), moglie adultera (2,25; 3,20), prostituta (2,20; 3,6-13), moglie ripudiata<br />

(3,1); - Vegetale (cf. Os 2): semina (2,3); vigna (2,21, cf. 5,10; 6,9; 8,13; Is 5); sorgenti<br />

d’acqua (Dio); piogge negate, terra deserta (2,3.13; 3,13); - Animale: asina, cammella<br />

(2,10.23-24; 3,14ss).<br />

Struttura di Ger 3,1-4,4: il testo alterna poesia e prosa, ma è ritmato sul tema della conversione<br />

- בוּשׁ. L’attuale composizione ha le parti seguenti:<br />

- 3,1-5: il ritorno è possibile?<br />

- 3,6-11.12-13: le due sorelle; 1° invito alla conversione/ritorno<br />

- 3,14-18 (+ 19-20): 2° invito con promessa (nuova allusione)<br />

- 3,21-4,4: il “ritorno” con allusione al rituale penitenziale<br />

ESEGESI<br />

1. Potrai ritornare a me? ( 3,1-5)<br />

Domina il tema del “ritorno” sviluppato in tutta la pericope. Due sono le immagini dominanti:<br />

l’immagine matrimoniale nel contesto di un processo, con accusa, difesa (vv.4-5), ricusa<br />

tra sposo e sposa (è smascherato il falso pentimento), e l’immagine agricolo-vegetale:<br />

fecondità-sterilità, nell’unione di terra (fem.) e pioggia (m. malqos). L’assenza di Diopioggia<br />

(cf. sorgente, 2,13) rende sterile la terra. La contaminazione del culto cananeo (1Re<br />

14,24 stele e pali sacri; 22,47; 2Re 23,5-8 riforma di Giosia; 4,14) si estende alla terra. Le<br />

due immagini della sposa e della terra si sovrappongono.<br />

RIPUDIO (v.1, cf. 3,8). È un caso giuridico (cf. Dt 24,1-4), ma la domanda: «È possibile risposare<br />

una ripudiata?», prelude al suo superamento. Is 50,1-3 e 54,1-10 non parlano di ripudio<br />

e divorzio, ma di breve separazione. L’alleanza permane.<br />

ADULTERIO E PROSTITUZIONE (v.2). Si tratta dell’idolatria (cf. vv.6.20; 2,20), collegata alla<br />

prostituzione sacra (cf. Dt 23,18-19: maschile e femminile; Gen 38,15.21.22: הָשָׁדְק).<br />

• Immagine dell’arabo: addescamento (cf. Gen 38,14; Prov 7,1-12)<br />

• I colli della prostituzione (cf 2,20) saranno le colline del pianto (v.21): sono “le alture”<br />

dei cananei, dove sorgevano i luoghi di culto popolari.<br />

149


FALSITÀ SMASCHERATA – immagine paterne e sponsale (vv.3.4-5). I versi sono in parallelo:<br />

un fatto - falso effetto = castigo senza conversione, moine senza pentimento. Contengono<br />

una duplice immagine, di figliolanza/paternità e sponsale, che si collega logicamente<br />

ai vv.19-20, dove Dio continua il lamento e accusa di tradimento. Il brano intermedio<br />

(vv.6-13 e 14-18) è una inserzione posteriore che sviluppa il tema sponsale (vv.6-13)<br />

con l’invito al ritorno con la promessa (14-18).<br />

2. Due inserzioni: 3,6-13.14-18<br />

LE DUE SORELLE – 1° invito al “ritorno” ( 3,6-11.12-13). È un altro caso legale con AG-<br />

GRAVANTI (vv.6-11, cf. Ger 11,1.6-14). Suppone il matrimonio con due sorelle (cf. Ez 23):<br />

il retroterra culturale riconosce la precedenza della fedeltà sulla poligamia, l’immagine è<br />

tratta dal costume corrente. Le aggravanti sono ostinazione, perfidia (4 x: bagdah), menzogna<br />

(«non con tutto il cuore», terminologia deuteronomistica).<br />

- v.6: le alture secondo l’uso cananeo (vv.2.9;2,20, cf. Gen 18,1; 12,6ss; 13,18; 35,13)<br />

- vv.7-10: aggravante = non conversione; dalla fornicazione all’adulterio. La conseguenza<br />

è la profanazione della terra! (cf. Gen 6,11-14).<br />

• לֺקּ ׅמ (v.9) = «con il clamore» (cf. v.23) o da una radice לַלָק, «essere leggero»: «e così<br />

con il suo facile prostituirsi».<br />

• «Con la pietra e con il legno» = stele e pali sacri (cf. 1Re 14,19-24)<br />

1° APPELLO ALLA CONVERSIONE, senza inganno (vv.12-13, cf. vv.3-5). L’amore esige lealtà<br />

(v.13: JHWH tuo Dio / tu infedele). D’altra parte non sarebbe divino se non perdonasse tutto.<br />

È sposo nonostante tutto: è il fondamento del possibile ritorno.<br />

• «Volgiti deviata» (v.12), ebr. paronomasia: ה ָבוּשְׁמ הָבוּשׁ<br />

• «Non riverserò (lett.«farò scendere) la mia ira-volto su di voi» (cf. Gen 4,5b.6b).<br />

• TM ךיַכ ָרְד (v.13): «le tue strade», ma anche «dominio, forza, vigore (fisico e sessuale)».<br />

Ne derivano due sensi e immagini: peccato come deviazione e smarrimento nel cammino;<br />

o dispersione della forza (vigore sessuale e vitale) con gli dei stranieri (allusione alla<br />

prostituzione sacra: immagine coniugale).<br />

2° APPELLO ALLA CONVERSIONE E PROMESSA: 3,14-18. Nuovo quadro rispetto al precedente.<br />

I primi destinatari sono gli esiliati del nord (invito e promessa, cf. cc.30-31), ma il testo<br />

attuale estende l’applicazione a Giuda dopo il 586 (l’arca). L’appello è qui al plurale con<br />

una promessa escatologico-messianica.<br />

• Espressioni temporali ripetute (escatologiche: indicano le aggiunte).<br />

• In un orizzonte universale: con Israele ritornano tutti i popoli.<br />

• Temi di restaurazione: riunione dei dispersi, governo davidico, rielezione di Gerusalemme,<br />

riunificazione di tutto Israele. Soprattutto il riferimento all’arca (5 verbi ne<br />

negano la funzione: è inutile) e i riflessi messianici, il cuore nuovo e il nuovo esodo,<br />

orientano all’idea della «nuova alleanza».<br />

«VOSTRO PADRONE-SPOSO» – לָעָב (v.14). Padrone (immagine del gregge: “pastore”) o marito<br />

(immagine matrimoniale) sono contrappost al dio Baal (cf. Os 2,18-19: «Essa mi chiamerà<br />

suo sposo, non più “baal”. Bandirò dalle sue labbra i nomi dei Baal»). Il “resto” riunito:<br />

è idea restrittiva (solo due o tre) o positiva (interesse per l’individuo: anche due o tre).<br />

«PASTORE» (v.15). È riferimento a Davide (Sal 78,71s: «lo chiamò... per pascere»; 1Sam<br />

13,14: «un uomo secondo il mio cuore», cf. Ez 34; Ger 23,2-5: i pastori e il «germoglio<br />

giusto» chiamato JHWH “nostra giustizia”).<br />

150


L’ARCA / TUTTA LA CITTÀ (v.16, cf. Ez 48,35; Is 60,14.19). È probabile allusione alla<br />

«nuova alleanza»: è il superamento del passato raccolto nelle cinque negazioni.<br />

CITTÀ E NOME DEL SIGNORE (v.17). Cf Is 62; Dt - raduno dei popoli (Is 2,2-5; Zac 8,23;<br />

14,16s) – è superato il «cuore malvagio» (cf Ger 31,32).<br />

UNIFICAZIONE (v.18). È superamento della divisione dei due regni e annuncio del nuovo<br />

esodo; l’iniziativa è di Giuda.<br />

3. Conversione e ritorno (liturgia penitenziale): 3,21-4,4<br />

A) Inizio della conversione (3,21). I colli della conversione sono opposti ai colli della<br />

perversione (cf. v.2). Il popolo prende coscienza del male e inizia la conversione.<br />

• Si noti lo schema: male - coscienza delle sue cause – inizio della conversione – implorazione.<br />

• Il male consiste in una duplice devianza: idolatria od oblio del Signore e devianza morale<br />

(vie tortuose).<br />

• L’inizio della conversione si manifesta in “pianto e supplica” (ם ׅנוּנְחַת o הָנּחְת, ׅ<br />

«domanda di grazia»). Si fonda sulla certezza di un Dio che può guarire (cf v.22ab).<br />

B) invito divino e confessione del popolo, ritorno concreto (3,22-23). Al pianto e alla supplica<br />

segue l’emendazione – ritorno a Dio – con la confessione: riconosce Dio (Signore e<br />

salvezza) e condanna l’idolatria (menzogna e infamia), a cui segue il rito penitenziale.<br />

v.22a: invito rinnovato con promessa di guarigione.<br />

- Cf l’assonanza sulla radice בוּשׁ (cf. v.12):<br />

~k,_ytebo)Wvm. hP'Þr>a, ~ybiêb'Av ~ynIåB' WbWv<br />

šûºbû Bänîm šôbäbîm ´erPâ müšûbö|têkem<br />

- v.22bc: diversamente da 2,25-27 (3,19-20), è ritorno al padre-sposo, giuramento di fedeltà.<br />

- v.23: condanna dell’idolatria; riconosciuta come menzogna, mentre la salvezza che viene<br />

dal Signore.<br />

• «menzogna»: si tratta di culti idolatrici, promettono e non danno. Invece «dal Signore<br />

è la salvezza».<br />

• «clamore»: è riferito al culto (cf. Sal 42,5). Traduzione: «clamore sui monti / menzogna<br />

sulle colline». È «clamore menzognero»: si tratta delle acclamazioni che accompagnano<br />

i riti idolatrici sulle «alture» (in Ger 7,1ss è così giudicato anche il culto di<br />

Gerusalemme). La condanna dell’idolatria prosegue nel v.24, collegato con il rito a<br />

cui fa allusione in v.25.<br />

C) RITUALE PENITENZIALE – per allusioni (3,24-25). Il peccato risale alla giovinezza, al<br />

primo amore (2,2, cf 31,19): è un fatto costitutivo (come il primo uomo). È ribadita la fede<br />

e il senso del peccato (è contro il Signore, consiste nel non ascolto).<br />

• Il testo gioca sul doppio senso di תֶשׁב, che significa Infamia (= Ba‘al) e vergogna (atteggiamento<br />

interiore di conversione). Per Ba‘al-Bôšet e Molek-Tofet (abominio), cf. Is<br />

30,33; Lv 18,21.<br />

• «Avvolgersi» (lett. «sdraiarsi, giacere») è segno di penitenza e lutto (2Sam 12,16;<br />

13,31; Sal 30); coprirsi il capo allude alla cenere, altro segno penitenziale e di lutto.<br />

151


D) AMMONIMENTO (4,1-4). Continua la liturgia penitenziale con esortazione e minaccia in<br />

due oracoli. Il peccatore ha bisogno di rifare la coscienza e di esercitarsi nel bene.<br />

Primo oracolo (vv.1-2):<br />

- v.1 richiama il 1° comandamento: occorre ritornare a Dio e rigettare gli «abomini»<br />

(םי ׅצוּקִּשׁ)<br />

- v.2 appella al 3° comandamento, il giuramento: non spergiurare, ma giurare con lealtà, diritto<br />

e giustizia (hq"+d"c.biW jP'äv.miB. tm,Þa/B,).<br />

La conversione ristabilisce la relazione personale con il Signore con conseguenze universali:<br />

«Allora i popoli si diranno in lui/ per mezzo suo (= relazione personale, giuramento) benedetti,<br />

di lui si vanteranno».<br />

Secondo oracolo (vv.3-4):<br />

- v.3: ritorna l’immagine della terra (cf. 3,2, contaminata). Dissodare è preparare all’uso:<br />

ricostruire la relazione feconda (cf. Os 10,12s; Mt 13,22).<br />

- v.4: circoncisione (Dt 10,16; 30,6). È il segno dell’alleanza, ma per Geremia non è valida<br />

senza una fedeltà interiore. Comincia a delinearsi il tema della «nuova alleanza», anche se<br />

il linguaggio è più vicino a Dt: Orecchi non circoncisi (Ger 6,10) è rifiuto e incapacità di<br />

ascoltare. Cuore non circonciso (cf. 9,24-25) è rifiuto di convertirsi, incapacità di comprendere<br />

Dio e di aderire a Lui; gli stranieri sono incirconcisi di cuore e di carne (Ez 44,7);<br />

NT. At 7,51: la vera circoncisione è quella del cuore (Rm 2,25-29, cf. 1Cor 7,19; Gal 5,6;<br />

6,15; Fil 3,3; Col 2,11; 3,11).<br />

La finale suona minaccia, l’ira di JHWH contro il popolo: cf. 21,12 (appello alla casa reale);<br />

Is 9,18 (la terra brucia per l’ira del Signore); 30,33 (tofet-molek: «poiché il Tofet [luogo<br />

di Molek] è preparato da tempo; proprio lui Melek»); Ez 20 (le varie tappe della storia<br />

della «salvezza» sotto l’ira di Dio).<br />

CONCLUSIONE<br />

1. Dall’insieme risulta l’itinerario o schema di conversione. Peccato – effetto negativo –<br />

presa di coscienza delle sue cause (cf processo): mette in moto la conversione, pianto e<br />

supplica, che si prolunga in confessione, rituale e ammonimento.<br />

• Confessione = riconoscimento di Dio (Signore-Salvezza) e condanna degli idoli (menzogna-infamia)<br />

• Rituale penitenziale con i segni di lutto<br />

• Ammonimento per non cadere ancora nel peccato (cf Sal 51 e 32)<br />

2. Contenuto della conversione – per opposizione al peccato.<br />

PECCATO CONVERSIONE<br />

a) schema antropologico-psicologico<br />

dimenticare-non ascoltare riconoscere-cercare-ascoltare<br />

Significa ricostruire la relazione nella coscienza («circoncisione del cuore»)<br />

b) schema di movimento<br />

Vie tortuose-deviare via retta-ritornare<br />

Significa ricostruire il movimento morale, di fede e culto (itinerario pratico, di azione)<br />

c) schema agricolo-strutturale<br />

terra contaminata-sterile terra dissodata-fertile<br />

Significa ricostruire le funzioni e le strutture, della persona e dell’ambiente, che impediscono<br />

il retto funzionamento della relazione (il cuore deve essere circonciso, cf. il cuore<br />

nuovo della nuova alleanza, Ez 36; implica un aspetto sociale e collettivo).<br />

152


III. Il discorso sul tempio: Ger 7,1-15<br />

1. Il contesto storico<br />

Il brano è da leggere in parallelo con Geremia 26 (narrazione ad opera di Baruc): stabilisce<br />

la data (l’inizio del regno di Joiaqim) e il contesto, riassume il «discorso» e sottolinea<br />

il carattere condizionale della minaccia, descrive le reazioni degli uditori (accusa, difesa,<br />

assoluzione, cf. Mi 3,12).<br />

Siamo verso il 608 a.C. Per le condizioni politiche e religiose del momento, l’intervento<br />

di Geremia appare provocatorio e disfattista: la morte del «giusto» Giosia e la deportazione<br />

e morte del re Joachaz-Sallum in Egitto (cf. Ger 22,10-12; 12, 1-5).<br />

2. Contesto letterario (completa il «compendio <strong>geremia</strong>no», capitoli 2-6)<br />

2.1. genere letterario: discorso (7,1-8,3), in tre parti con accusa e minaccia:<br />

• 7,1-15: accusa (illusoria speranza) – minaccia (distruzione del tempio);<br />

• 7,16-20: accusa (culto di Astante) – minaccia (contro Gerusalemme);<br />

• 7,21-8,3: accusa (sacrifici, Tofet) – minaccia (contro gli abitanti di Gerusalemme: culto<br />

≠ ascolto della Parola e lealtà, vv. 21ss.26s).<br />

2.2. tema: rapporto tra culto e giustizia (cf. Sal 50; Is 1,10-20). Il profeta combatte la separazione<br />

tra le due realtà (cf. Am, Os, Sir 34,18-35,10): la visita al tempio non è sufficiente<br />

in sé a ristabilire buone relazioni, personali e collettive, con il Signore.<br />

2.3. tre coordinate strutturanti in 7,1-15:<br />

Rito d’entrata (vv.1-2, cf. Sal 15 e 24; Is 33,15ss). Concordanza ma anche differenze dal rito<br />

usuale: là si elencano le condizioni dell’uomo per entrare, qui Dio pone le sue condizioni<br />

per restare. Contro l’idea della inviolabilità del tempio, il profeta afferma che Dio può ritirarsi.<br />

È conflitto di interpretazione sulle tradizioni di Gerusalemme (cf. Is 7,9b con 2Re<br />

19,32-34; Is 37,33-35; Sal 46; 48; 76).<br />

Contesto dell’alleanza. Cf i titoli divini (v.3) con richiamo del dono (vv.3.7) e delle esigenze<br />

dell’alleanza (vv.5-6.9); minaccia (v.15). Cf Es 20: premessa-decalogo, promessa e minacce<br />

(cf. Dt).<br />

Opposizione tra parola di Dio e parole umane. Il contrasto tra parola di Dio e parole umane<br />

costituisce il Leitmotiv del brano: cf vv.12 con v.4; vv.4.8.10 con vv.11.13 (v.13 con vv.22-<br />

23). La Parola è protagonista: proclamata dal profeta, dà verità alla parola umana, smascherando<br />

la falsità degli oracoli e dei ritualismi.<br />

In sintesi, la pericope ha per tema il rapporto tra culto e giustizia, sullo sfondo di un rito<br />

d’entrata, nel contesto dell’alleanza, organizzato sul contrasto tra Parola (di Dio) e parole<br />

(umane).<br />

2.4. stile: prosa ritmica o in verso libero, senza immagini 6 .<br />

2.5. struttura:<br />

• vv.1-2: introduzione<br />

• vv.3-4: enunciazione del tema<br />

• vv.5-11: sviluppo del tema<br />

- emendatevi (vv.5-7)<br />

- non fatevi illusioni/accusa (vv.8-11)<br />

• vv.12-15: castigo = obiezione e risposta (Silo)<br />

6 Cf l’arco completo dei testi: Sal 15; 24; Ger 7; Sal 74; 79; Lam. 2Re 18,20-35. È da notare la differenza con gli<br />

ambasciatori assiri ad Ezechia: «Ezechia vi inganna»; Ger: «non ingannatevi con una falsa fiducia».<br />

153


ESEGESI<br />

Introduzione (vv.1-2)<br />

Rito d’entrata: il profeta funge da sacerdote esaminatore (cf Sal 15; 24). La Parola è protagonista:<br />

nominata tre volte, si oppone alla triplice «acclamazione» al tempio (è solo lo scenario<br />

dove la Parola risuona). «Ascoltare la parola» ha la precedenza sui sacrifici (cf.<br />

vv.22-23). «Non è il tempio che protegge voi, ma voi dovete proteggere il tempio (Volz).<br />

Enunciazione del tema (vv.3-4)<br />

CONVERSIONE (v.3): «Rendete buona la vostra condotta (lett. «le vostre vie») e azioni (cf.<br />

18,5ss.11ss). È la condizione sviluppata ai vv.5-6. Condotta-cammino (concezione dinamica<br />

opposta alla spaziale e statica: luogo-tempio). «Vi farà abitare»: è il frutto-dono legato<br />

alle promesse fatte ai Patriarchi (Gen 12,1ss; 15; 17), a Mosè (Es 3,7ss) e all’alleanza.<br />

«NON FATEVI ILLUSIONI» (v.4): Le parole menzognere (cf. v.8). È il primo contrasto con la<br />

Parola: smaschera la falsità (vv.13s) mettendo in risalto i falsi presupposti, insegna il vero<br />

bene (condotta) e il vero culto. Le parole menzognere riguardano la falsa acclamazione<br />

(v.4), la non osservanza dei comandamenti (v.8), l’illusione di credere di essere salvati – ricevere<br />

la remissione dei peccati – con un semplice gesto rituale e perciò di considerare il<br />

tempio come “rifugio” per i delitti commessi (v.10). La falsità consiste nell’avere slegato<br />

rito e giustizia, rito e fede, culto e vita.<br />

Hêkal JHWH: tre volte. Le illusioni sono fondate su falsi presupposti. Si tratta di un atto<br />

liturgico di acclamazione (cf. Sal 118,15-16 e i salmi di terua‘; Ger 12,29; Is 6,3; Ez<br />

21,32). Riflette gli esorcismi babilonesi? Iniziavano con una triplice ripetizione (riflesso<br />

magico?). L’acclamazione suona atto di fede, invece è “menzogna” – idolatria – perché<br />

non considera le condizioni (Is 7,9b; Sal 132,11-13). È nella linea del «clamore menzognero»<br />

dei rituali pagani cananei (Ger 3,23). Perciò, il Signore avverte:<br />

«Farò cessare lo strepito delle tue canzoni,<br />

non si udrà più il suono delle tue cetre» (Ger 26,13).<br />

Il testo si oppone alla fiducia nella promessa della terra e del regno davidico «per sempre».<br />

Sviluppo del tema<br />

– Emendate la vostra condotta (vv.5-11)<br />

CONVERSIONE (vv.5-7: = vv.5-6 protasi: condizione; v.7 apodosi). Il testo presenta quattro<br />

condizioni necessarie al culto autentico (cf. Sal 15; 24): la salvezza è legata alla fede autentica<br />

e all’impegno morale. Ger 22,3 ricorda al re le prime tre condizioni.<br />

* Giustizia: è connessa al patto (Es 21,1) e applicata al re (1Re 6,12; 11,33); è espressione<br />

dell’etica <strong>profeti</strong>ca (Mi 6,8). In Geremia: l’uomo non la conosce e non la pratica (5,1.4-5;<br />

8,7); è compito del re (21,22) e lo richiama a Joiaqîm, che non la pratica, al contrario del<br />

padre (23,3.13).<br />

* Lo straniero, l’orfano e la vedova: sono le categorie giuridicamente e socialmente più deboli<br />

(Ger 22,3; Is 1,21-26; Dt; Sal 68,6; 1Re 17,10-16: vedova di Sarepta).<br />

* Sangue innocente: è invito rivolto al re (Ger 22,3.17) e a tutti (2,34). In senso stretto si riferisce<br />

all’omicidio ingiusto, al “spargere il sangue”; in senso lato implica ogni ingiustizia<br />

che compromette la vita-sangue di una persona. La presenza di un omicida era minaccia<br />

per tutta la comunità (2Re 24,4; Ger 26,15; Gl 4,19).<br />

* Divinità straniere (linguaggio Dtr): è apostasia che infrange il 1° comandamento (Es<br />

20,3; cf. Dt 5-10: insistenza sul comandamento).<br />

L’apodosi (v.7) riporta le conseguenze: la promessa della terra (cf. v.4).<br />

154


«NON ILLUDETEVI» (vv.8-11). Si tratta di un comportamento deviante dal decalogo. Al v.8<br />

vi è l’accusa di idolatria: le «parole menzognere» (cf 4a dibrê šeqer) alludono agli idoli<br />

“vani” (šā’w). Si aggiungono due accuse ulteriori (vv.9-10):<br />

• L’appello all’alleanza e ai suoi contenuti etici che vengono a mancare: rubare, uccidere,<br />

commettere adulterio, giurare il falso, incensare Baal, adorare divinità straniere (cf. Es<br />

20). È appello al decalogo (cf Os 4,2: «si giura, si mente, si uccide, si ruba, si commette<br />

adulterio, si fa strage e si versa sangue su sangue»).<br />

• Contro le parole magiche (cf. v.4): è rito senza impegno. «Siamo salvi», è termine di liberazione,<br />

che denota la sicurezza in una protezione assoluta. Appare in contesti diversi:*<br />

Liberazione dai nemici (Gdc 8,34; 9,17; 1Sam 14,18). * Ha lo stesso significato in<br />

testi strettamente cultuali (1Sam 4,8; 12,21) o più genericamente in contesto di alleanza<br />

(2Re 17,35-39).<br />

È in rapporto alle città rifugio (Nm 35,25); il medesimo privilegio è riconosciuto al<br />

tempio (cf Joab in 1Re 2,28-34). Ma è principio valido solo per gli innocenti. Ora però<br />

il popolo è colpevole di tradimento verso l’alleanza. Ciò significa che è passibile di<br />

morte, viene meno la protezione. L’espressione è ironica nel contesto: il termine di liberazione<br />

renderebbe il tempio strumento di criminalità, incentivo al crimine.<br />

- v.11. conclusione. Il tempio è non asilo di innocenti, ma una «spelonca di ladri», rifugio<br />

di banditi. Tutto il popolo è dichiarato colpevole.<br />

Mt 21,13 (e parr.) cita il passo, ma con significato diverso.<br />

– Castigo in forma di obiezione e risposta (vv. 12-15). Il profeta porta un esempio per<br />

analogia e vi trae le conseguenze.<br />

Esempio per analogia. È il punto culminante della narrazione. Geremia porta un’ulteriore<br />

dimostrazione della falsità delle parole, attingendo a un esempio storico conosciuto, stabilendo<br />

un’analogia tra il santuario di Silo e Gerusalemme.<br />

* Ambedue, Silo e Gerusalemme, sono collegati all’arca e al tempio (1Sam 1,1-7,2, Sal<br />

78,56-66) che non proteggono più; il segno fu allora la disfatta militare e politica e la cattura<br />

dell’arca stessa.<br />

* Tempio e arca sono collegate da una promessa – un servizio «per sempre» (1Sam<br />

2,30-31) e il regno «per sempre» (2Sam 7) – e dalla sua revoca.<br />

* La crisi politica fu dovuta all’immoralità (cf. 2Re 17,7-20: riflessione sulla rovina del regno<br />

di Israele). Ciò che avvenne al nord (Silo), per analogia, è applicato al sud (Gerusalemme<br />

e il suo tempio).<br />

Annuncio. Il tempio è condannato alla distruzione come quello di Silo: l’esempio è tratto<br />

dal vivo; Silo era già scomparso (v.14). Alla stessa sorte è accomunato il popolo che in esso<br />

confida (v.15). «Rigettato», quindi condannato come il nord. «Tutti i vostri fratelli»: l'espressione<br />

ricorda le due sorelle di 3,6-11.<br />

CONCLUSIONE<br />

Il conflitto nasce da un diverso giudizio sulle tradizioni riguardanti l’«alleanza eterna». Erano<br />

ambivalenti, a seconda della visione. Lo sguardo al passato sottolinea la gratuità: Israele<br />

fu scelto a dispetto di quello che era (cf. Dt 7,6-11). Lo sguardo al futuro richiede<br />

l’impegno della risposta. Gli interventi futuri saranno condizionati da ciò che Israele è: responsabile<br />

della propria storia. Questo, per Geremia, è già indicato per Silo e Samaria (cf.<br />

2Re 17,7-20 che è riflessione Dtr).<br />

155


Messaggio<br />

Con questo intervento sul tempio, Geremia relativizza ogni tradizione davidica sull’alleanza<br />

«per sempre» e ogni istituzione ad essa legata. Il profeta avverte che la sicurezza è<br />

condizionata alla fede e alla risposta morale. L’illusione consisteva nell’aver separato giustizia<br />

e culto, alleanza e impegno (l’impegno di Dio che offre alleanza e sicurezza e le esigenze<br />

del dono: legge, comportamento morale). Ribadisce che Israele resta «popolo di Dio»<br />

se custodisce e osserva: ascolta la Parola (cf. vv.22-23 e Dt «Ascolta Israele!») e osserva<br />

i comandamenti. In caso contrario, si pone al di fuori dell’allenza, è «rigettato» da Dio e<br />

condannato alla distruzione.<br />

Insieme denuncia l’incapacità di leggere «i segni dei tempi», con gli effetti disastrosi di<br />

una politica miope che non teneva conto dell'emergere di Babilonia.<br />

Da tutto questo emerge una nuova dimensione di culto più esistenziale, collegato<br />

all’ascolto della Parola e dell’impegno morale (vv.22-23). Si potrebbe pensare all’emergere<br />

della sinagoga che sostituirà il tempio e i sacrifici, soprattutto nella diaspora. Il discorso<br />

pone in tensione due immagini e concezioni, quella di tempio e di popolo. Nella prima affiora<br />

il pericolo di considerazioni magico protezionistiche.<br />

Concezione statica:<br />

* Tempio: luogo e spazio – rifugio – rito (ritualismo e concetto magico)<br />

Concezione dinamica:<br />

* Popolo di Dio: persone – ascolto e responsabilità etica (via, cammino – conversione)<br />

156


Bibliografia<br />

EZECHIELE<br />

L. ALONSO SCHÖKEL-J.L. SICRE DIAZ (cit), pp. 747-968.<br />

J.-M. ASURMENDI, Il profeta Ezechiele (Quaderni Biblici 11), Borla, Roma 1993 (ed. fr. 1981).<br />

J. BECKER-A. KURT FENZ, Ezechiele - Daniele, Cittadella, Assisi (PG) 1989.<br />

J. BLENKINSOPP, Ezechiele (Strumenti, Commentari 25), Claudiana, Torino 2006 (ed. inglese, Ezekiel, John<br />

Knox Press, Louisville, Kentucky 1990).<br />

E. CORTESE, Ezechiele (NVB), Ed. Paoline, Roma 3 1981.<br />

W. EICHRODT, Ezechiele, vol. I (capp. 1-24); vol II (capp. 25-48), Paideia, Brescia 2001.<br />

B. LANG, Ezechiel. Der Prophet und das Buch (Erträge der Forschung 157), Wissenschaftliche Buchgesellschaft,<br />

Darmstadt 1981.<br />

L. MONARI, Ezechiele un sacerdote profeta (LoB 1.21), Queriniana, Brescia 1988.<br />

L. MONLOUBOU, Un prêtre devient prophète: Ézéchiel, Du Cerf, Paris 1972.<br />

U. NERI, Il libro di Ezechiele. Indicazioni letterarie e spirituali, EDB, Bologna 1999.<br />

G. SAVOCA, Il libro di Ezechiele, Città Nuova, Roma 1991.<br />

W. ZIMMERLI, Ezechiel (BKAT 13, 2 Bde.), Neukirchen-Vluyn 2 1979.<br />

INTRODUZIONE<br />

1. Nome e persona, opera 7<br />

- לאֵקְזֶחְי - «Dio fortifichi». Tre caratteri lo contraddistinguono: per origine e cultura è sacerdote<br />

(cf. 1,3); per condizione, deportato (Tel Aviv, 3,15; fiume Kebar, 1,1; casa e sposa,<br />

24,16ss); per vocazione, profeta (593 a.C., Ez 1-3, cf. esegesi).<br />

- Opera in due epoche e atteggiamenti: a) fino al 587: cc. 1-24 + 25-32 giudizio e castigo ;<br />

b) dopo il 587: cc. 33-48 speranza per la misericordia divina e salvezza. La svolta avviene<br />

quando “la città è caduta” (Ez 33,21).<br />

Vi è stata discussione tra gli autori su una duplice attività del profeta: a Gerusalemme e in<br />

Babilonia, oggi si è orientati per un unico luogo, Babilonia.<br />

- Dati biografici: poche sono le date esplicite, dal 593 al 573 8 .<br />

Ez 1,2: giugno/luglio 593 vocazione e visione del trono;<br />

Ez 8,1: agosto/settembre;<br />

Ez 20,1: luglio/agosto 591 storia religiosa di Israele;<br />

Ez 24,1: gennaio 588 inizio dell’assedio;<br />

Ez 26,1: gennaio/febbraio 586 oracolo contro Tiro;<br />

Ez 29,1: gennaio 587 oracolo contro l’Egitto;<br />

Ez 29,17: marzo/aprile 571 predizione della conquista dell’Egitto;<br />

Ez 30,20: marzo/aprile 587 frattura del braccio del faraone;<br />

Ez 31,1: maggio/giugno 587 oracolo contro il faraone;<br />

Ez 32,1: febbraio/marzo 585 lamento sul faraone;<br />

Ez 32,17: febbraio/marzo 585 il faraone nelle profondità della terra;<br />

Ez 33,21: gennaio 585 “la città è caduta”;<br />

Ez 40,1: marzo /aprile 573 visione del nuovo tempio.<br />

2. Il libro<br />

2.1. divisione<br />

Introduzione: vocazione e missione (1,1-3,21)<br />

7 Cf anche NDTB e G. CAPPELLETTO-M MILANI, o.c., pp.88-97.<br />

8 Cf J. BLENKINSOPP, Ezechiele, Claudiana, Torino 2006, p. 12<br />

157


1) giudizio: a) su Gerusalemme (3,22-24,27); b) sulle nazioni (25-32)<br />

2) salvezza e restaurazione: a) preparazione (33-39: prmessa di nuovi pastori, nuova alleanza,<br />

risurrezione, combattimento finale); b) realizzazione (40-48: nuovo tempio, città e<br />

culto)<br />

2.2. redazione – ipotesi<br />

a) Ricerca anteriore (19° sec.): dalla tesi del «diario» del profeta, alla pura pseudografia:<br />

scritto spirituale puramente fantastico<br />

b) Oggi, tre tesi si confrontano:<br />

• Posizione più comune (Herrmann, Fohrer): 1) Non è un racconto continuato, ma una<br />

raccolta di singoli pezzi un tempo a sé stanti; 2) Lo stesso profeta iniziò la composizione;<br />

3) Alcune aggiunte sono del R postesilico; si trovano anche alcuni testi non ezechielici<br />

(un criterio per classificare il materiale è costituito dalla datazione precisa o<br />

dalla datazione generica nel testo).<br />

• posizione radicale (Hölscher, Becker): quasi tutto il materiale del libro è da ritenere<br />

non autentico. È opera artificiosa, scritta a tavolino, con ordine e cronologia fittizie: 1)<br />

a Ez sono attribuiti solo alcuni poemi ritmici; 2) è opera redazionale a molti strati; 3)<br />

l’ambiente di origine è sacerdotale: «scritti polemici del sacerdozio sadocita, che rivendica<br />

i suoi privilegi contro le altre generazioni».<br />

• Posizione mediana (Zimmerli, Lang): 1) il libro iniziò con Ezechiele, profeta e maestro;<br />

il nucleo di qualche unità risale al profeta stesso; 2) più tardi il materiale fu ulteriormente<br />

elaborato – in parte dal profeta, in parte dai discepoli – in diverse fasi; la<br />

più parte durante i 30 anni dell’attività del profeta, poi, fino al tempo della traduzione<br />

in Greco.<br />

2.3. Testo: il testo dei LXX è più corto (= altra redazione)<br />

3. Caratteristiche letterarie 9<br />

3.1. Le allegorie: quadri descrittivi o narrazioni in cui ogni elemento ha normalmente un<br />

proprio significato. Esempi: c. 15: la «vigna» (più paragone e parabola); il legno serve solo<br />

a essere bruciato come Gerusalemme (v.6); cc. 16 e 23: le due sorelle (storia simbolica di<br />

Israele); cc. 17 e 19: allegorie tipo, partono dal mondo animale e vegetale (aquila, leone).<br />

3.2. Le azioni simboliche, soprattutto nel primo ministero - Il profeta è coinvolto anima e<br />

corpo nel gesto, a iniziare dal fatto di diventare muto.<br />

• Forma: atto o mimo, pubblico. Funzionano per analogia. Nella loro struttura completa<br />

comprendono tre elementi: 1° ordine, 2° esecuzione, 3° parola che esplicita il senso.<br />

• Vogliono provocare lo spettatore. Sottolineano la parola <strong>profeti</strong>ca garantendone la realizzazione:<br />

«Io l’ho detto e lo farò» (37,14).<br />

• Esempi: 3,22-27 (sentinella); 4,1-3 (tavoletta d’argilla con Gerusalemme assediata);<br />

4,4-8 (la teglia e lo sguardo fisso); 4,9-17 (giace su un fianco, sguardo fisso e braccio<br />

teso); 5,1-17 (il rasoio da barbiere); 12,1-16.17-20 (il bagaglio del deportato); 21,11-<br />

22.23-29 (la spada); 24,1-14 (la pentola, la morte della moglie).<br />

3.3. Le visioni: «visioni divine», mar’ôt (plurale, cf 1,1; 8,3; 40,2), per indicare una «grandiosa<br />

visione» (sg, Vogt). L’elemento visionario è importante in Ezechiele e per gli sviluppi<br />

della simbologia apocalittica 10 .<br />

11 Cf. J. ASURMENDI, in AAVV. I Profeti e i libri <strong>profeti</strong>ci (PEB 4), pp. 236ss.<br />

12 Ezechiele padre dell’apocalittica? Anche se egli appare ispiratore di immagini e tecniche (ad es. la necessità<br />

158


- Sono quattro: 1,1-3,15 (vocazione: legittima la sua missione); 8-11 (svelamento dei peccati,<br />

partenza della gloria di JHWH e castigo di Gerusalemme); 40-48 (ritorno della gloria<br />

nella Gerusalemme nuova e purificata); 37,1-14 (le ossa aride: promessa e speranza).<br />

- Caratteri: 1) C’è un legame tra visione e parola. In Ezechiele le visioni sono ordinate alla<br />

parola; sono teofanie, anche se il titolo di «visionario» perde col tempo il suo prestigio.<br />

2) Danno le coordinate del suo ministero, cioè traducono in immagini l’esperienza personale<br />

della presenza di Dio e della sua parola (non pretendono di descrivere ciò che è successo).<br />

3) Sono accompagnate dal carattere estatico: la «mano del Signore fu/si abbatté<br />

su di me» indica il fenomeno estatico a cui il profeta è soggetto (cf 1,3; 8,1; 40,1); lo spirito<br />

«trasporta» il profeta (3,12.14; 8,13), significa anche che lo eleva e abilita a intendere<br />

la voce del Signore.<br />

Le reazioni fisiche del profeta, talora strane, sono state diversamente interpretate. Più che<br />

di malattia psicofisica si tratta della presenza di Dio che afferra e modifica tutta la persona<br />

del profeta: fu uno «schock che lo colpì e ne modificò tutto l’essere» (Lang); egli riflette<br />

nella sua persona, fisicamente e psichicamente, il dramma del popolo.<br />

3.4. Formule tipiche: sono due, più una dei discepoli<br />

a) «figlio dell’uomo» (93 x). Origine sacerdotale del termine (cf. Sal 8). In bocca a Dio, che<br />

parla al profeta, designa l’uomo in generale, l’individuo; manifesta il contrasto tra lo<br />

splendore della maestà divina e il poco peso della creatura umana.<br />

b) «e tu/voi saprai/saprete che io sono il Signore» (54 x). Per lo più è posta a conclusione<br />

di un oracolo o di un’azione simbolica; svela il senso del segno, Dio si manifesta e lo si riconosce<br />

nella sua azione.<br />

c) «ci fu una parola del Signore per me» (41 x). È formula di introduzione alle diverse unità<br />

letterarie o legata a un’indicazione temporale. Origine: non è originale, ma appartiene al<br />

linguaggio <strong>profeti</strong>co (cf. 1-2Sam; 1Re; Is 38,4; Ger), opera forse di editori o scuole <strong>profeti</strong>che;<br />

significato: manifesta l’irruzione divina nella storia (cf. il legame con le formule temporali).<br />

I rapporti tra Dio e il popolo si giocano dentro una precisa realtà storica.<br />

3.5. Il linguaggio giuridico: istruisce sul puro e l’impuro<br />

- Segnaliamo tre testi: Ez14,4-6; 18,5-9; 33,1-20, rivelano il sacerdote;<br />

- Tuttavia sono inseriti nei messaggi <strong>profeti</strong>ci, mentre mancano alcuni termini tipici del<br />

linguaggio giuridico (dîn, rîb; non parla di Ba‘al, né di Ashera, né di massebôt).<br />

3.6. Le controversie<br />

- Sono segnalate da sentenze citate o contestate; da citazioni esplicite o implicite.<br />

- Esempi: 12,21.28 (è negata l’efficacia delle parole divine trasmesse: visioni che svaniscono,<br />

predizioni al futuro); 26,2; 28,2; 29,13; 18,2 (cf. Ger 31,29: i padri mangiano uva<br />

acerba, ma gli effetti ricadono sui denti dei figli) e 16,44 (quale la madre, tale la figlia:<br />

proverbi applicati dal profeta al popolo).<br />

3.7. Il nome divino<br />

È soprattutto JHWH (435 x) o ’adonai JHWH. Uso: soprattutto come formula introduttiva a<br />

oracoli («così parla JHWH») o a formule oracolari («oracolo di JHWH»); è esclamazione del<br />

profeta o formula dichiarativa. Altri usi: «una parola di JHWH per me»; «la mano, il giorno,<br />

la casa di JHWH».<br />

dell’intermediario esplicatore), rimane profeta. Cf la distinzione tra profeta e apocalittico in G. CAPPELLETTO-M.<br />

MILANI, In ascolto dei <strong>profeti</strong> e dei sapienti, Ed Messaggero, Padova 4 1996, pp. 166.<br />

159


4 Personalità di Ezechiele sacerdote e profeta 11 .<br />

Ezechiele è alla confluenza di due culture che spesso restano giustapposte, quella sacerdotale<br />

e quella <strong>profeti</strong>ca. È un temperamento razionale, con minor afflato poetico e slancio<br />

nel cuore; ragionamento e logica prevalgono sull’intuizione. «Mentre nei <strong>profeti</strong> che lo<br />

precedettero le grandi affermazioni della coscienza e della fede hanno forma di slanci poetici,<br />

in Ezechiele appaiono articoli legali» 12 . Il suo influsso fu decisivo sui deportati e determinante<br />

sui rimpatriati dall'esilio: «Ai primi ha dato coraggio e speranza; per i secondi<br />

egli comprese, con straordinaria chiaroveggenza, che l’unica cosa possibile non era la costruzione<br />

di uno stato, ma di una specie di chiesa». 13 Un esempio è l'incontro-scontro con<br />

gli Anziani di Gerusalemme tra le due deportazioni (Ez 8-11; 14,1-11 e 20), che rivela<br />

due teologie opposte. Gli anziani si aggrappano ancora alla terra. Ma là Giuda è idolatra<br />

come gli altri popoli (cfr Ez 20); allora saranno come i popoli in esilio. Il profeta si collega<br />

al tema della terra per smantellarla; perciò il codice di Santità nel Pentateuco è posto<br />

nell’esodo, fuori della terra.<br />

4.1. Del sacerdote rivela l’interesse per il culto e il tempio, la casistica e le questioni di purezza<br />

rituale; del sacerdote mostra l’erudizione e l'informazione, il linguaggio e l'astrazione.<br />

a – Con lui il sacerdote comincia a diventare scriba. Conosce rubriche e precisioni liturgiche<br />

(43,13-16), i formulari di confessione dei peccati (18,22), ma anche i miti religiosi del<br />

medio oriente: l’uomo primordiale e il giardino dell’Eden (28), l’albero cosmico (31), il<br />

mondo infernale (32); e inoltre, l’origine etnica di Gerusalemme (16,3), la vita politica e<br />

l’attività commerciale contemporanee (27,9-23: Tiro-nave).<br />

b – Riporta i temi e lo stile del sacerdote: Gerusalemme (8), la santità e la gloria di JHWH, il<br />

tempio, il peccato di idolatria, la liturgia (40-48), la escatologia (per mezzo del tempio il<br />

paese è trasformato e guarito). Dal suo stile sacerdotale derivano il modo di impostare i<br />

precetti morali e religiosi e la naturalezza con cui imposta la casistica, la sua preoccupazione<br />

per il tempio e il culto e per i doveri cultuali.<br />

4.2. Del profeta possedeva le predisposizioni che saranno sviluppate, se non esacerbate,<br />

dalla missione. Del resto, anche le sue qualità giuridico-sacerdotali sono inserite in contesti<br />

di oracoli <strong>profeti</strong>ci. Alla tradizione <strong>profeti</strong>ca appartengono l’impegno morale, la proclamazione<br />

della giustizia di Dio, del suo potere universale, della sua santità.<br />

4.3. giustapposizione delle due culture. A) Distacco collettivo del popolo: tutti sono peccatori<br />

e idolatri, ma anche il principio della responsabilità individuale (18,20; 21,9: è il sacerdote<br />

applicato a discernere il giusto che entra nel santuario). B) Ez 9: sei personaggi<br />

vengono per castigare Gerusalemme con una missione simile a quella <strong>profeti</strong>ca; sorge<br />

l’uomo vestito di bianco (come i sacerdoti o gi scribi?) per distinguere e marcare. C) Ez 36:<br />

nuova alleanza. La trasformazione del popolo avviene nel duplice segno dello Spirito<br />

(36,27; 39,29: incontro immediato con Dio) e della relazione cultuale (incontro per mezzo<br />

di un intermediario delimitato da regole severe e nei segni liturgici).<br />

5. Teologia<br />

5.1. Le fonti del suo insegnamento. 1) L’insegnamento tradizionale: Egitto, dinastia, Sion e<br />

il santuario, dati dei <strong>profeti</strong> primitivi. 2) I <strong>profeti</strong> classici e i loro temi: Amos (la fine, il<br />

13 Cf. L. MONLOUBOU, Un prêtre devient prophète: Ézéchiel, Du Cerf, Paris 1972, pp.48-50.<br />

12 L. MORALDI, Ezechiele, in NDTB, p. 531.<br />

13 L. MORALDI, ivi, p.532.<br />

160


giorno), Osea (simboli sponsali), Isaia (santità di Dio, visione iniziale), Geremia (la parola,<br />

il libro, profeta tormentato, pastore, responsabilità individuale). 3) Deuteronomio: santuario<br />

unico, concezione della storia, norme per i leviti. 4) Letteratura sacerdotale: gli ambienti<br />

di Lev ed Ez erano vicini (cf. la «legge di santità»).<br />

5.1. Messaggio 14<br />

1. Dio è santo (nome santo, gloria) e misericordioso, potente e sovrano. Dio potente e sovrano<br />

agisce sul profeta: lo schiaccia con la potenza della sua mano («Io sono JHWH» / «figlio<br />

dell’uomo») ma lo ricostruisce con la forza dello suo spirito. In quanto santo, giudica<br />

il peccato annunciando il castigo e il giudizio, ma in quanto misericordioso ricostruisce il<br />

popolo. È la stessa missione di Ezechiele: ha una parola distruttiva, che radicalizza i peccati<br />

(2,5-10), e una parola di salvezza che annuncia la consolazione (il «resto»).<br />

Tematiche conseguenti<br />

1 - Il peccato. Ezechiele ne rivela le molteplici manifestazioni (cf. 18-2) e ne approfondisce<br />

il senso. È soprattutto idolatria, peccato contro il culto, descritto in immagini di infedeltà,<br />

adulterio e prostituzione (16-23, cf. Os e Ger), «non conoscenza» di JHWH cioè abbandono<br />

di Dio e orgoglio (16,15.56), da cui provengono ingiustizia e violenza (7,10ss). Il risultato<br />

più evidente del «nuovo» intervento di Dio sarà dunque: «Allora conoscerete che io sono».<br />

Effetto e causa del peccato (36,26) è la corruzione del cuore: cuore «ribelle» (marah),<br />

di «pietra» (3,7.20). L’intervento divino sarà allora a livello di «cuore nuovo», un intervento<br />

sulla «coscienza» dell’uomo per un cambiamento radicale della sua realtà.<br />

2 - Giudizio e castigo conseguente: «Giudicali, giudicali, figlio dell’uomo. Scopri i loro<br />

abomini» (20,4). La sentenza è pronunciata, il castigo inizia (cf. 9,9-11) con la distruzione<br />

della città e del tempio, l’esilio di un piccolo resto che potrà essere salvato (5,3-4; 9,4); la<br />

gloria del Signore abbandona Gerusalemme e segue gli esiliati. Si ritorna agli inizi: «Vi<br />

condurrò nel deserto dei popoli e avremo un processo faccia a faccia, come ne ho avuto<br />

con i vostri padri nel deserto» (20, 35-36: esilio come ritorno al deserto).<br />

3 - Salvezza per la misericordia: Dio salva per la santità del suo Nome. Il castigo ha profanato<br />

il nome di JHWH presso i popoli (sembra impotente; i popoli servono però a purificare<br />

il popolo); ora Dio agisce per salvare il suo nome. Da ciò nasce la predicazione della speranza<br />

per Israele: i popoli stessi percepiranno qualcosa della teofania di JHWH.<br />

La restaurazione consisterà in purificazione (36,25, dopo la contaminazione del paese,<br />

36,17), risurrezione del popolo (37 + 36,33-36), riunione dei dispersi (34: i nuovi pastori),<br />

cambiamento interiore dell’uomo con cuore e spirito nuovi (nuova alleanza e osservanza<br />

perfetta della legge e degli statuti, 36,16-27), mutazione delle strutture cultuali e statutarie<br />

(nuovo culto con nuovo tempio, sacerdoti perfetti e perfetti sacrifici; un fiume uscirà dal<br />

tempio sanando tutta la terra e il mar Morto, 36; 40-48)<br />

2. Responsabilità individuale (o personalismo religioso): non esiste solo un peccato collettivo<br />

(cuore di pietra, genia di ribelli), ma anche un peccato e una responsabilità individuali.<br />

Ciascuno nell’ambito morale è desolidarizzato dalla sua razza e anche dal suo proprio<br />

passato; ciascuno sarà giudicato in base alla giustizia o ingiustizia in cui Dio lo troverà.<br />

Tuttavia, il profeta sarà responsabile dell’annuncio che può salvare o perdere.<br />

16 Cf. H. CAZELLES (ed.), Introduction critique, pp. 424ss; PEB 4, pp. 245-252.<br />

161


ESEGESI<br />

La vocazione: Ez 1-3<br />

STRUTTURA<br />

– prologo: 1,1-3<br />

– teofania (il carro): 1,4-28<br />

– vocazione e missione (visione del libro): 2,1-10; 3,1-11<br />

– conclusione (reazione del profeta): 3,12-15<br />

– appendice (il profeta «sentinella»): 3,16-21<br />

ESEGESI<br />

Prologo: 1,1-3<br />

Riconosciamo subito delle tensioni nella narrazione: le due date, 30° e 5° anno; tono autobiografico<br />

(prima persona) e tono narrativo (terza persona: è testimonianza dei discepoli).<br />

Le soluzioni sono state diverse: a) Errore del copista (13 per 30), possibile ma non certo; b)<br />

Falsificazione cronologica a scopo pratico, ma da porre più tardi; c) 30 indica l’età di Ezechiele,<br />

l’età minima del ministero sacerdotale (cf. l’obiezione di Ger e la legge in Nm 4).<br />

Ezechiele che si cura si datare i suoi oracoli non può saltare questo, fondamentale.<br />

Una variante interessante è proposta da Bernard Lang 15 . Ambedue le date sono riferite<br />

al regno di Joiakin. L’introduzione unisce due testi: il racconto della visione, alla fine<br />

dell’attività del profeta, 30° anno, in 1° persona, e il racconto della vocazione, all’inizio<br />

della missione, 3a. persona, 5° anno del regno. Il testo ricostruito sarebbe il seguente:<br />

1) - introduzione alla visione:<br />

1,1: «Nel 30° anno, il 4° mese, il 5° giorno, mentre mi trovavo in esilio presso il<br />

fiume Kebar, si aprirono i cieli e vidi una potente/grandiosa visione.<br />

1,3b: La mano del Signore venne là su di me<br />

1,4: «e io guardai e vidi: una tempesta veniva dal nord».<br />

2) - introduzione alla vocazione:<br />

1,3a: «La parola di JHWH fu rivolta a Ezechiele,<br />

2,3: Egli disse...».<br />

3) - conclusione: 3,11-15: ad 1): 3,11 + 3,15; ad 2): 3,12 + 3,14.<br />

• Joiakin (o Jekonia) il è re legittimo, deportato in Babilonia; Sedecia è solo reggente.<br />

Perciò la data fa riferimento a lui.<br />

• I cieli aperti: cf. in Gen 1,7.11 e la concezione del firmamento (raqia‘), che divide le<br />

acque superiori da quelle inferiori (cf. Gen 6-8; Is 24,18; Mal 3,10). In rapporto a una<br />

visione, cf. Mt 3,16; At 7,56; 10,11.<br />

• La visione: ebraico Mar’ôt è plurale di eccellenza, da tradurre al singolare; «visione divina»<br />

è un superlativo, ossia «potente, grandiosa visione» («gewaltige Vision») 16 . Si<br />

tratta di una rivelazione con teofania accompagnata da estasi (v.3, «la mano di Dio fu<br />

sopra di me» cf. 3,14.22; 8,1; 33,22; 37,1; 40,1-3). Talora si accompagna o alterna con<br />

sogni (Gb 33,15ss; 4,12-16; Gen 20,3; 41,1ss; Dan 2 e 4; Mt 1-2); la loro assenza è in-<br />

15 B. LANG, «Die erste und die letzte Vision des Propheten. Eine Überlegung zu Ezechiel 1-3», Bib 64 (1983)<br />

225-230; IDEM, Ezechiel. Der Prophet und das Buch, p. 19.<br />

18 Cf. E. VOGT, Untersuchungen zum Buch Ezechiel (Analecta Biblica 95), P.I.B., Roma 1981, p. 14.<br />

162


dice di crisi e decadenza (1Sam 3,1; Mi 3,6; Lam 2,9; Ez 7,26; 12,22-23 + Gl 3,1; contro<br />

i falsi sogni Ger 23,25-32 e Sir 34,1-8) 17 .<br />

• Caldei: indica il territorio babilonese nella 20 epoca imperiale, tra la distruzione di Ninive<br />

(612 a.C.) e l’avvento persiano.<br />

• Ezechiele sacerdote, figlio di Buzi: è l’origine di Geremia. Ora diviene profeta.<br />

Teofania - il carro: 1,4-28 (cf. Es 3; Is 6; Ez 10)<br />

1 - Problemi di redazione – 3 stadi: a) Il profeta: visione grandiosa, concisa, silenziosa; b) I<br />

discepoli e teologi posteriori: parte inferiore della visione (il firmamento, i portatori, il carro,<br />

cf. vv.7-10; 15-21; 23-25); c) Glosse speculative<br />

2 - Contesto storico: 593 a.C. (o 563?). A Gerusalemme: continua la vita civile e religiosa<br />

come speranza, nella monarchia (il reggente Sedecia) e nel culto, nella casa reale e nel<br />

tempio. Geremia vi pronunzia la parola minacciosa di Dio. In esilio: non c’è monarchia, né<br />

culto, Dio è assente; non un profeta che annunzi la parola di Dio. All’improvviso Dio si<br />

sceglie un profeta tra i sacerdoti. L’evento cambia la situazione degli esiliati.<br />

3 - La visione<br />

3.1- Caratteri: a) Predomina la visione sull’udito (guardai, uragano, esseri, firmamento, reazione).<br />

Ed è sfumata... luce sfolgorante. b) Ha dimensione cosmica = gruppi di quattro: 4<br />

esseri viventi, 4 ali [4 facce], 4 ruote, 4 cose [= esseri viventi, firmamento, trono, figura<br />

umana]. Simbolizzano la totalità (cf. Is 11,2). Inoltre, ci sono i «cieli aperti» (in contrasto<br />

con il dato geografico particolare, v.1: il fiume Kebar) e l’uragano dal settentrione. c) Non<br />

rivela solo la prima esperienza estatica, ma rappresenta la sintesi di tutto il tesoro dottrinale<br />

che il profeta e, dopo di lui, i suoi discepoli avevano compreso (cf. le altre visioni: 3,23;<br />

8,1-3; 10,1-22; 40,1; 43,3).<br />

Che cosa ha visto il profeta? Esprime la propria ineffabile esperienza, attingendo alla<br />

tradizione: le altre sue visioni (10,12 con 1,11; 10,16 con 1,19), l'immaginario tradizionale<br />

(Ez 10 cherubini, Is 6 serafini; 1Re 8,6 ed Ez 25,18), l'immaginario babilonese (ambiente<br />

d’esilio: cf. gli animali fantastici della mitologia locale, introdotti nell’uso biblico per rappresentare<br />

la Gloria di JHWH). Vi aggiunge la propria originale fantasia (gli occhi, 1,18;<br />

10,12, cf. Ap 4,8).<br />

La teofania più vicina è Is 6.<br />

– vv.1-3: il trono: tuttavia Ezechiele ha visto «sopra il firmamento come una pietra di zaffiro<br />

in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane<br />

(1,26)»;<br />

– v.2: i serafini: stanno sopra il trono, con 6 ali; in Ezechiele i 4 esseri hanno 4 ali, che fanno<br />

rumore come «di grandi acque», come il «tuono» (la «voce») dell’Onnipotente, il fragore<br />

della «tempesta» (o di una moltitudine), come il tumulto in un accampamento (1,23, cf.<br />

Is «coro» dei serafini);<br />

– v.4: fumo/ nube Ez 1,4 = liturgie trasfigurate.<br />

Ambedue i <strong>profeti</strong>, dopo la visione, si scoprono in possesso di una missione dai caratteri<br />

comuni.<br />

3.2- Elementi essenziali della visione (v.4). a) Un uragano dominato dal “vento”: elemento<br />

portante della visione, cf. Sal 18, 10-12 e 29; 68,8ss; Es 19 e 24 (Sinai, Per contro, Elia in<br />

19 Sul tema dei sogni, cf M. MILANI, «Ecco viene il Sognatore», in «Uomini e donne in cammino con Dio»:<br />

3. Giuseppe, Parole di Vita N.S. 3/1995, pp. 16-21.<br />

163


1Re 19). L’uragano proviene dal nord - ןוֹפָצ il luogo dove risiede il Signore (cf. Sal 48,3 il<br />

monte Sion estremo settentrione; Is 14,13; Gb 37,22; lo Zeus Kasios dei greci e il monte<br />

Safon a nord di Ugarit, residenza degli dei). Altre volte Dio viene dal sud, dalla montagna<br />

di Seir o da Teman (Sal 68,8-9; 35-36; Ab 3,3). b) Una grande nube (cf. v.28, con arcobaleno):<br />

rivela la presenza nascondendo; concentra in sé l’uragano e l’attenzione di Ezechiele.<br />

Cf. 1Re 8,6-13: la nube riempie il santuario di JHWH; in Is 6 il fumo e la gloria riempiono<br />

il tempio. c) Un fuoco sfolgorante (cf. v.13; Is 6 il carbone acceso purifica). È segno abituale<br />

delle teofanie con lampi, raggi, bagliori (Gen 15,17; Es 3,1ss; 19,18; 20,18; Sal<br />

50,3; 97,3; Is 30,27-33). Manifesta la potenza cosmica divina che abbaglia; ma è anche<br />

simbolo di Dio che purifica e consuma il peccato presente nel cuore dell’uomo e nel mondo,<br />

che castiga. Di fatto, anche in Ezechiele ritorna tale significato: 10,2, uno degli accoliti<br />

della gloria prende a piene mani carboni di mezzo ai cherubini e li versa sulla città, prima<br />

che gli esecutori del castigo la colpiscano (9,7), cominciando dai vecchi. Elettro (glossa): è<br />

una lega metallica particolarmente lucente (Sir 39,16-35).<br />

3.3- Significato della visione. Indica anzitutto la mobilità di JHWH: non è legato al tempio,<br />

né alla terra. È falso il sentire di Israele: «JHWH ci ha abbandonati, il Signore ci ha dimenticati»<br />

(Is 49,14, cf. 40,27; Sal 10, 23.11.13; 73,11). Ez mostra il contrario: Dio è sempre<br />

presente in mezzo al suo popolo, anche nella lontana Babilonia, terra immonda. Con ciò relativizza<br />

Gerusalemme: omette di dare alla città il nome glorioso di Sion; non utilizza il titolo<br />

divino JHWH ṣebaôt. Allontanandosi da Gerusalemme, Dio si pone accanto ai miseri;<br />

resta sempre loro Dio, essi rimangono sempre il suo popolo (Ez 11,21). «E poiché, secondo<br />

le categorie abituali ai sacerdoti, una tale alleanza suppone un santuario, e poiché nel linguaggio<br />

di questo stesso clero, essa si esprime in termini di abitazione, Dio è definito come<br />

il “santuario” che assicura una certa (letteralmente, un po’, Cei traduce “qualche tempo”)<br />

permanenza dell’alleanza» (11,16) 18 . È una novità per Ezechiele «sacerdote», abituato ai<br />

dogmi tradizionali, l’apparizione in un luogo dove non si mangiano che alimenti «impuri».<br />

Anche se non c’è paragone per lui tra la presenza nel tempio e a Gerusalemme e la presenza<br />

presso gli esiliati. La gloria di JHWH ritornerà a Gerusalemme (30-43), il solo luogo dove<br />

essa possa risiedere ed essere degnamente celebrata (20,40). Nessun altro può beneficiare<br />

di un tale privilegio (cf. Sal 137).<br />

4 - La narrazione è scandita secondo tre zone: inferiore (5-21), intermedia (22+ 23-25), superiore<br />

(26-27).<br />

Zona inferiore - i quattro viventi: vv.5-21<br />

I QUATTRO ESSERI VIVENTI (vv.5-6). Sono quattro portatori di un trono gestatorio. Simbolo<br />

cosmico di universalità: i 4 venti; hanno 4 ali (+ 4 facce). Così i 4 venti cosmici in Sal<br />

104,3ss che trasportano Dio («cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri»).<br />

Si vedano i cherubini di 1Re 8,6-13; Es 25,18; Ez 10,8-22: portano un trono sulle loro teste<br />

(10,1) stendendo le ali (11,22, cf. 1,22)<br />

– Forma umana (vv.7-10) [Primo inserimento - opera dei discepoli]. Descrivono la forma<br />

umana alata degli esseri viventi. Li identificano con i cherubini di Ez 10,8-22. Nei templi<br />

orientali fungevano da custodi delle porte e rendevano omaggio alla divinità (cf. BJ, 1,10).<br />

Erano esseri mitologici, polimorfi; qui sono quadriformi: uomo, leone, toro, aquila. Si aggiungono<br />

le 4 facce per giustificare il loro procedere nelle 4 direzioni senza voltarsi (v.17).<br />

La descrizione prescinde dalla visione celeste; è preoccupata dei dettagli.<br />

18 Cf. L. MONLOUBOU, cit., p. 64.<br />

164


– Ali e movimento (vv.11-12). Due sono sospese e si toccano (forse fanno da sostegno) le<br />

altre coprono il corpo. Non le agitano come in Is 6: il vento/spirito li sospinge; si muovono<br />

in avanti.<br />

– Fuoco (vv.13-14). Carboni = torce; fuoco = bagliori (+ baleno, v.14, aggiunta).<br />

IL CARRO CELESTE: le ruote (vv.15-21) [Secondo inserimento - discepoli]. I discepoli identificano<br />

il mezzo di trasporto con il carro dell’arca. La descrizione non è sempre coerente,<br />

ma il riferimento è importante. Giustificano il funzionamento delle ruote e la loro mobilità<br />

in tutte le direzioni: il primo non è ben chiaro (doppie ruote inserite l’una nell’altra), la seconda<br />

è subordinata totalmente al movimento dei viventi, in piena sincronia con loro, perché<br />

partecipano della loro stessa vita. Gli occhi, elementi decorativi, borchie scintillanti,<br />

invadono tutto, ruote e corpo degli animali.<br />

Zona intermedia = il firmamento/piattaforma: v.22<br />

Funge da supporto e separazione. La volta di cristallo è posata sulla testa dei «viventi». Altrove<br />

Ezechiele vede i cherubini portare il trono sulla loro testa (10,1), stendendo le ali<br />

(11,22). Per il modello cosmico della creazione del firmamento, cf. Gen 1; Sal 150,1; Sir<br />

43,1-10 (è parte dell’inno).<br />

– Il rumore (vv.23-25) [Terzo inserimento - discepoli]<br />

• Il rumore delle ali (che però non si agitano) e di Dio sopra il firmamento interrompe il<br />

meraviglioso silenzio.<br />

• L’autore costruisce l’immagine seguendo due schemi classici: cf. Sal 93,3-4; 65,8; Is<br />

17,12. La «voce» di Dio è il tuono (eb. qôl, Sal 29) e rimane, naturalmente, sopra il raqia‘,<br />

firmamento.<br />

Zona superiore = trono-figura: vv.26-27<br />

• La descrizione è sempre più sfumata per rispetto e timore. I paragoni alludono più che<br />

precisare: il personaggio seduto in trono è una fonte di luce e di splendore (cf. Es<br />

24,10).<br />

• La figura םָדאָ הֶא ְרַמְכ, “come l’aspetto di un uomo” va confrontato con Gen 1,26-28:<br />

l’uomo immagine di Dio, fonda ogni linguaggio religioso.<br />

L’arcobaleno - la gloria di JHWH (vv.28)<br />

• L’arcobaleno suggerisce l’idea di pace tra Dio e gli esiliati (cf. Gen 9), benché venga<br />

sottolineato soprattutto lo splendore (cf. Sir 43,11-12).<br />

• Alla fine identifica la visione: è la Gloria del Signore. Sono i segni esterni della presenza<br />

del Signore (Es 24,16; 16,10; Ez 43,1-5; 8,4). È un tema chiave nella profezia di Ezechiele<br />

sacerdote-profeta: è la presenza di Dio che ha abbandonato il tempio (Ez 10) e<br />

che vi ritornerà (Ez 44).<br />

• Dopo il silenzio, si ode la voce 19 . Ezechiele riconosce la «Gloria» e l’adora.<br />

All’inizio del libro la Gloria di Dio esce dalla sua dimora celeste per visitare un esiliato<br />

in Babilonia e offre un segno di pace. Il Signore non è soggetto a frontiere, anche la terra<br />

straniera diventa in qualche modo «eletta» per la presenza del popolo di Dio.<br />

19 B. LANG, cit., Bib 64 (1983) 225-230, sostiene che il testo della “Visione” comprendeva Ez 1,28-2,2 con il<br />

contenuto del messaggio di JHWH al profeta. Forse il testo originario riportava soltanto l’esortazione ad alzarsi<br />

(Ez 2,1.2b sarebbero redazionali, ivi n.17, p.229).<br />

165


Vocazione e missione – visione del libro: 2,1-3,11<br />

• In questa seconda parte audizione e parola prevalgono sulla visione. Quasi tutta la scena<br />

è discorso di Dio, eccetto il rito di consegna del rotolo.<br />

• Stile. Le frequenti ripetizioni legano e producono un avanzamento lento del racconto<br />

con l’effetto di sottolineare alcuni termini o temi (cf Gen 1). Emergono tre elementi<br />

presenti nella vocazione di Geremia:<br />

- invio: 2,3-5 (cf Ger 1,5, con i vv.6s, che costituiscono una variante specifica di Ger);<br />

- invito a non temere: 2,6-7 = Ger 1,8 (17);<br />

- rito di ordinazione 2,8-3,3 = Ger 1,9 (qui molto conciso).<br />

• Struttura della pericope: 8 riprese in forma concentrica, segnate dall'espressione «figlio<br />

dell’uomo» (ben ’adam):<br />

A – introduzione – lo spirito-ascolto: 2,1-2<br />

B - invio: 2,3-5<br />

C - «non temere» - resistenza: 2,6-7<br />

D - rito del rotolo: 2,8-3,3 (triplice ripresa con «figlio dell’uomo»)<br />

C’ - nuovo invio + resistenza: 3,4-9<br />

B’ - invio formale: 3,10-11<br />

A’ - conclusione – lo spirito alza il profeta – ascolto: 3,12-15.<br />

• Gli attori sono tre: la Parola (protagonista), il profeta (intermediario), Israele (destinatario).<br />

Il protagonista non è nominato (del resto, anche nella teofania la Gloria è identificata<br />

solo alla fine, 1,28). Si avverte solo la voce di uno che parla (cf Is 40), si intravede<br />

una mano che consegna il rotolo. Si tratta della Parola di Dio, orale e scritta. Sarà la<br />

nuova vita di Ezechiele, la sua dolcezza, ma anche la sua passione e tragedia, perché Israele<br />

seguirà da ribelle la parola che l’accusa (3,6-8).<br />

Il profeta deve conoscere subito il suo destino per resistere con il coraggio della fede<br />

non per l’incoscienza dell’ignoranza, come Geremia. Allora una parola, detta espressamente<br />

per il profeta, lo sosterrà nella lotta e lo renderà forte davanti ai destinatari («non temere»,<br />

«faccia tosta»; «fronte dura», 3,8-9).<br />

A – Introduzione – azione dello spirito sul profeta (2,1-2)<br />

Lo spirito (ruÃÐ), che spostava i cherubini, accompagna la parola e investe il profeta, lo<br />

rialza (דמע). È necessario perché Ezechiele, «figlio dell'uomo», possa ascoltare la Parola.<br />

Alla fine, lo «innalza e rapisce» (אשׂנ, חקל, vv. 12.14).<br />

B – Invio (חַלָשׁ) (2,3-5)<br />

• «A un popolo ribelle contro di me» (il testo sembra indicare «essi e i loro padri»). Tutta<br />

la storia è costellata di ribellioni/apostasia (Ez 20; 23; 16, cf. i <strong>profeti</strong>: Is 1,2; Ger<br />

2,8.29; 3,13; Os 7,13; Mi 3,8; e, dopo Ezechiele, Is 43,27; 46,8; 48,8, ecc.). L’accusa è<br />

radicale.<br />

• «Dirai»: missione per la parola; viene da Dio non dall’uomo: sarà intermediario e intercessore.<br />

• «Ascoltino o non ascoltino»: la Parola ha in sé la forza di imporsi agli esiliati; anche se<br />

costretti, dovranno riconoscere in Ezechiele un profeta. Ma con un duplice effetto, salvezza<br />

per chi accetta, condanna senza scuse per chi rifiuta.<br />

C – «Non temere» – resistenza (2,6-7)<br />

Una corona di spine, un trono di cardi, un covo di scorpioni sono riservati al profeta. fin<br />

dall’inizio conosce la sua sorte e come Geremia «non deve temere» di dire la Parola. Il suo<br />

coraggio non sarà frutto di ignoranza, ma di obbedienza alla sua missione e fede nella Parola;<br />

Dio è con lui.<br />

166


D – Consegna del rotolo (2,8-3,3)<br />

• Ritmato da tre riprese: «figlio dell’uomo», unisce rito e parola.<br />

• Significato: prepara, abilita, consacra le labbra dell’uomo per il compito <strong>profeti</strong>co,<br />

l’annuncio; 3,10 esplica il senso (cf. Ger 1,9: la mano di JHWH tocca le labbra del profeta;<br />

Is 6,6s: il carbone acceso).<br />

Primo intervento (2,8)<br />

Prepara esortando all’obbedienza e richiamando l’attenzione (cf. Am 3,1; 4,1; Is 1,2; Ger<br />

2,4; Ez 6,3). La parola accolta (l’orecchio ascolta e la bocca mangia) inizia nel profeta un<br />

processo opposto alla ribellione del popolo. Nell’obbedire al messaggio divino egli si discosta<br />

da Israele (2,8) e diventa segno di contraddizione (cf. Is 8,11ss).<br />

Introduzione alla visione (2,9, cf. 1,4.15): «E guardai ed ecco... una mano, un rotolo». Ezechiele<br />

evita il nome del Signore, accentua il mistero.<br />

Il rotolo (2,10-3,3)<br />

1. È parola scritta, non solamente esortazione personale di Dio che si avvicina all’uomo;<br />

prende la forma di un libro (cf. Ger 36: avviene nel 603/2, quando Ezechiele è già adulto;<br />

forse l’episodio ha influenzato questo testo). In questo modo la parola continua nella<br />

storia.<br />

2. È volume pieno, scritto in recto e in verso, perché l’ambasceria divina deve essere «adempiuta»<br />

(2,10); la parola deve «riempire» il ventre del profeta (3,2).<br />

3. Il contenuto è tragico: minacce, non oracoli di salvezza (lamenti, pianti e guai: qînîm,<br />

hegeh, hoy, 2,10).<br />

4. Deve essere mangiato (3,1-3): il profeta deve prima assimilare il messaggio con gli orecchi<br />

e nel cuore, per poterlo pronunciare (cf. 3,10).<br />

L’assunzione del rotolo è presentata in due fasi: due volte il profeta riceve il comando<br />

di mangiare («mi disse», 3,1.3a), due volte esegue l'ordine (3,2.3b). Si tratta di una caratteristica<br />

stilistica di Ezechiele.<br />

Il primo comando: «Va’ e parla» (3,1), precisa la conseguenza che ne deriva: mangiare<br />

il rotolo è preparazione all’annuncio (cf 3,10). Il secondo (3,3a) accentua l’accoglienza<br />

e assimilazione del cibo nel proprio intimo: nel ventre. Le viscere ne sono riempite: il<br />

profeta è reso come «gravido», fecondato dall’annuncio <strong>profeti</strong>co (cf. beìen hammËl˺Âh<br />

Qo 11,5).<br />

Effetto (3,3). All’inizio le parole sono dolci (cf. Sal 19, 11 e 119,103). Il testo più vicino<br />

sembra Ger 15,16: «Furono trovate le tue parole, le divorai e le tue parole divennero gioia<br />

per me, letizia del mio cuore». Ciò che in Ger è a livello di immagine, Ezechiele lo traspone<br />

in azione simbolica e scena drammatica. In Geremia l’assunzione della parola di Dio nasceva<br />

da intima avidità, qui avviene in seguito all’ordine divino.<br />

L’azione del profeta è simile ad altre pantomime oracolari che dovrà realizzare: 5,1<br />

(spada-rasoio); 37,1ss (ossa aride); 4,3 (osserva la teglia) e 4,4s (giace sul fianco); 47,1ss<br />

(l’acqua esce dal tempio).<br />

C’ – Invio e resistenza: 3,4-9<br />

Ricapitola l’invio (cf. 2,3-4.6-7) come in Ger 1,10.17-19.<br />

a - Paragone (vv.5-6). Non è inviato a un popolo dal «linguaggio astruso» (lett. profondo) e<br />

dalla «lingua barbara», ma al suo stesso popolo, che tuttavia non intende. Dio parla un linguaggio<br />

intelligibile, umano. È l’uomo che rifiuta o teme di intendere (cf. Is 6,9s; Gv 6,60).<br />

Però quando egli si apre, suona intelligibile anche la lingua straniera del profeta, come avviene<br />

per Giona e nella Pentecoste (At 2).<br />

167


Il linguaggio astruso appella a Gen 11. Il tema risuona come castigo in Is 28,10-13:<br />

«Non vedrai più quel popolo straniero, dal linguaggio oscuro, incomprensibile, dalla lingua<br />

barbara che non capisce». È una Gerusalemme nuova (cf. 33,19; Sal 119).<br />

b - La sorte del profeta segue la sorte di Dio (vv.6-7). עַמָשׁ, «udire», risuona quattro volte<br />

con le connotazioni di «intendere» e «prestare attenzione».<br />

c - Due durezze entrano in confronto (vv.7-9): l’ostinazione ribelle di Israele, il coraggio e<br />

la costanza di Ezechiele. Quest’ultima, impressa nel profeta dal comando di Dio, supererà<br />

alla fine ogni resistenza umana che, in realtà, è solo paura e debolezza. «Cuore di pietra» è<br />

la mentalità dura da scalfire (cf. Ger 1,17-19; Sal 51,18-19).<br />

Lo schema del corpo oppone i due contendenti, profeta e popolo: cuore, cervice, volto, orecchi,<br />

bocca, lingua e viscere. Mentre il profeta si rende totalmente disponibile per essere<br />

fecondato – riempito – dalla parola di Dio, il popolo resta impenetrabile. Lo scontro appare<br />

inevitabile per una comunicazione destinata a convertire, ma anche a rivelare le ostinazioni.<br />

Il profeta si deve preparare a essere segno di contraddizione.<br />

B’ – Invio ai deportati: 3,10-11<br />

Alla fine sono specificati i destinatari. Dopo aver ascoltato senza obiezioni la propria vocazione<br />

(diversamente da Ger), il profeta riceve l’invio formale: «Va’, recati dai deportati...<br />

ascoltino o non ascoltino» (cf. 2,5)». Ez 3,10 riprende 2,8a; 3,11 ripete 2,4ss.<br />

Esplicita l’azione simbolica del rotolo (3,1-3): «accogli, ascolta» le parole. Mangiare<br />

equivale ad assimilare per poter annunciare.<br />

A’ – Conclusione – azione dello spirito sul profeta (3,12-15): innalza e rapisce, reazione.<br />

Ciò avviene in due riprese.<br />

Suono – rapimento (vv.12-13)<br />

• La visione scompare. Della Gloria del Signore il profeta percepisce solo «un grande<br />

fragore», che si allontana. Come all’inizio ritorna lo spirito; esso agisce sul profeta, come<br />

sui «4 viventi».<br />

• Il profeta è «innalzato» a una visione più alta (אָ ֹ ש ׇנ cf 8,3; 11,1.24; 43,5 e 1Re 18,12; Is<br />

40,24; 41,16: essere rapito, portato via dalla tempesta). È rapito da uno spirito. Allude<br />

probabilmente a una esperienza estatica. Rimane la convinzione del fatto in mezzo al<br />

mistero.<br />

• V.13 (glossa) tenta di armonizzare il «fragore» della gloria di Dio che si allontana con il<br />

rumore di 1,23-25 (esseri viventi e ruote); corrisponde alla venuta della gloria come uragano,<br />

nube e fuoco (1,4).<br />

Conseguenze fisiche sul profeta (vv.14-15): eccitazione e abbattimento. Il profeta resta muto.<br />

Nota sul testo: רַמ<br />

• È ritenuta da Zimmerli una inserzione tardiva da tradurre con «amareggiato» (Cei,<br />

«triste»; Rut 1,20 א ָרָמ per ה ָרָמ ( רַמֵה ) ? Cf שֶׁפֶנ רַמ in 1Sm 1,10; Gb 3,20).<br />

• Altri (cf Alonso) da ר ַרָמ, «confortare», «rincuorare»: «Io ritornai confortato e con<br />

l’animo eccitato»;<br />

• יחוּר ׅ תַמֲחַבּ רַמ, «stark in der Erregung meiner ruah», «forte nell’eccitazione della mia<br />

ruăh», «fortemente eccitato». «Il vento/spirito mi afferrò e mi condusse via, e io divenni<br />

fortemente eccitato, perché la mano di JHWH pesava su di me» 20 . La presenza di<br />

Dio ha uno straordinario effetto sul fisico del profeta.<br />

20 Cf. B. LANG, Bib 64 (1983) 228, n.12.<br />

168


– v.14 ripete il verbo אָשָׂנ in parallelo a חַקָל: il profeta è innalzato e afferrato, portato via<br />

come Elia o Enoch.<br />

L’impatto con la Gloria di JHWH determina nel profeta un duplice effetto che<br />

nell’insieme appare chiaro: conforto o eccitazione da una parte, abbattimento dall’altra.<br />

Questa tensione marcherà la sua attività <strong>profeti</strong>ca: entusiasmo per opera dello spirito di Dio,<br />

abbattimento dell’uomo alla vista dei deportati. Il silenzio sarà una componente tipica di<br />

Ezechiele.<br />

– v.15 Tel Aviv è la località dell’esilio, probabilmente vicina al canale Kebar presso Nippur,<br />

cf. Esd 2,59 e Ne 7,61: Tel Aviv e Tel Harsa’.<br />

Significato: LXX eivsh/lqon eivj th.n aivcmalwsi,an mete,wroj non contiene il nome di una<br />

località, ma la condizione del profeta: «uscii presso i deportati sospeso...». Per il nome Tel<br />

Abib, cf. Cod. di Hammurabi XXVIIr 79s, til abubim, e Annali di Tiglat Pilezer III, 208s,<br />

til abubi, che in Akk. significa «collina (rovine) del diluvio», cioè un’antichissima collina.<br />

In ebraico suonava e dovette essere intesa come «collina delle spighe» (’abib 21 ).<br />

Conclusione. Dopo la visione avviene un mutamento. La personalità di Ezechiele esce definitivamente<br />

segnata da quest’incontro. È un uomo nuovo, posseduto dallo spirito di<br />

JHWH. L’irruzione della Gloria del Signore ha trasformato l’esiliato nostalgico; il sacerdote,<br />

figlio di sacerdoti (1,3), che sapeva predicare solo da sacerdote, dopo la chiamata diventa<br />

profeta di Dio. Farà la sintesi tra le due culture e spiritualità, ma sarà anche sempre diviso<br />

tra i gusti tradizionali del sacerdote e l’istinto innovatore del profeta.<br />

La chiamata delinea il carattere della missione e fonda ogni altro intervento <strong>profeti</strong>co<br />

futuro. Il profeta sarà latore di un duplice messaggio divino: rivelatore di una grazia finora<br />

nascosta, e contestatore delle ribellioni del popolo, segno di contraddizione. Gli sono riservati<br />

cardi, spine e scorpioni, perciò dovrà essere rivestito di una forza speciale da Dio.<br />

Il profeta diviene segno nella sua persona della fedeltà e della libertà di Dio. Infatti,<br />

l’avvenimento stabilisce una continuità della storia. La descrizione della visione nella forma<br />

dell’uragano e del fuoco evidenzia un rapporto con l’esperienza dell’Israele primitivo<br />

(Es 19 e 24,9-11). Dio rimane presso il popolo e attualizza ora questa sua presenza in modo<br />

sorprendente. Appare anche la libertà di Dio. L’antico Israele conosceva la terra di Israele<br />

come la terra del suo Dio (1Sam 26,19; 2Re 5,17). Il peccato li ha condannati a morire in<br />

una terra impura. Scomparsa ogni speranza, la venuta di Dio in Babilonia indica che la fedeltà<br />

di Dio non conosce confini. Egli è il libero e santo Signore.<br />

Appendice - il profeta «sentinella»: Ez 3,16-21; 33,1-9<br />

Due passi paralleli introducono le due tappe dell’attività <strong>profeti</strong>ca di Ezechiele<br />

nell’immagine della sentinella. Il secondo, più coerente (33,1-9), offre lo schema al primo<br />

(opera R, con amplificazioni varie) che riprende il tema fin dal principio dell’opera, per<br />

spiegare il senso della vocazione.<br />

Ez 3,16-21<br />

STRUTTURA<br />

Introduzione: vv.16-17. Fa appello al testo precedente («dopo i sette giorni») e delinea il<br />

compito della «sentinella» הֵפ ֺצ:<br />

«ascolta», «dà l'allarme» [רַבָד e רַהָז, hifil [qal =<br />

«splendere»], hifil = illustrare, insegnare, ammonire; in contesto militare: dar l’allarme, per<br />

prevenire «da» [+ min]).<br />

21 Cf Zimmerli, in loco; , cf ALBRIGHT, JBL 51 [1932] 10ss; AOT5, 347.<br />

169


Due frasi parallele sul giusto e l’ingiusto: vv.18-19.20-21. In ambedue emerge la responsabilità<br />

personale e la solidarietà del profeta, coinvolto o distinto nella sorte degli altri. Il<br />

testo contiene un perfetto parallelismo che rivela il gusto dell’autore per la casistica rigorosa:<br />

caso del malvagio: se non l’avvisi: destino suo-tuo (morte - condanna)<br />

se l’avvisi: destino suo-tuo (condanna - salvezza)<br />

caso del giusto: se non l’avvisi: destino suo-tuo<br />

se l’avvisi: destino suo-tuo<br />

Ez 33,1-9<br />

La pericope si divide in due parti introdotte dalla formula tipica: ben ’adam (vv.2.7). Inizia<br />

con la parabola della sentinella, responsabilità: vv.1-6<br />

• Sequenza: vedere - suonare la tromba, dare l’allarme - ascolto (האָ ָר - עַקָת, רי ׅהְז ׅה - עַמָשׁ);<br />

• Frasi parallele: «se vede e...» (vv.2-5); «se vede, ma non...» (v.6).<br />

Ezechiele sentinella (vv.7-9): ascolta e dà l’allarme (cf. 3,16-19).<br />

ANALISI<br />

La pericope, posta all’inizio della seconda attività (durante e dopo l’assedio di Gerusalemme,<br />

3a. parte del libro), è come una nuova vocazione, che ne precisa il carattere o la modalità.<br />

Inizia con alcuni passi programmatici (cf. i vv. seguenti 33,10-20), che delineano il<br />

compito del profeta come sentinella. Egli è muto (cf. vv.21-22 e c.24), perché Dio ha taciuto<br />

nell’ultima ora di Gerusalemme e sembra assistere impassibile alla sua distruzione, senza<br />

una parola di consolazione. Ma Dio riprende a parlare per bocca del profeta: «Come<br />

Davide digiuna e prega durante la malattia, mangia e beve dopo la morte del figlio, così<br />

Dio accompagna stranamente il destino della sua città eletta; però non perché manchi ogni<br />

rimedio, come disse Davide, ma perché al fondo della morte comincia un messaggio di vita»<br />

(Alonso).<br />

v.2. Dio invia la spada (punizione, cf. c. 21); il popolo pone la sentinella. Si suppone la<br />

colpevolezza.<br />

v.7. C’è un fatto paradossale: Dio stesso assale e pone il profeta come sentinella, mentre<br />

minaccia offre salvezza. Si introduce una nuova modalità nella missione <strong>profeti</strong>ca. Da<br />

«veggente (הֵזֹ ח, הֵאֺר) e intercessore», il profeta diviene «vigile» (דֵקֺשׁ, Geremia) e<br />

«sentinella» (הֵפֹ צ, Ezechiele): annuncia il pericolo, è l’uomo di frontiera (v.2 cf םֶהְצק ׅמ, «dai<br />

loro confini»), frapposto fra l’uomo e Dio, il primo «sulla breccia» (ץ ֶרֶפַּבּ, 22,30; Sal<br />

106,23; cf. Is 59,15-16) di fronte al Signore. Carico di responsabilità, è esposto per primo<br />

ai pericoli dell’aggressione. In una situazione disperata e caotica, proverà il dramma<br />

dell'abbandono di Dio (Ger), del suo silenzio: Ezechiele è muto.<br />

vv.8-9. Dio pronuncia la sentenza, con frasi parallele, ma lascia il tempo per la conversione<br />

e l’amnistia.<br />

vv.10-20, applicano concretamente a Ezechiele l’ufficio di sentinella.<br />

Significato dell’immagine. Vi sono tre piani collegati: Dio, il profeta, il popolo. La Parola<br />

esige una risposta attiva e responsabile. Emerge un duplice ruolo del profeta: è «bocca di<br />

Dio», ma anche sentinella tra i deportati, uomo di frontiera, situato in una duplice solidarietà<br />

e contrapposizione.<br />

Verso Dio è responsabile della sua parola, Dio lo pone come «controspia» per individuare<br />

il pericolo e avvisare, prevenire il popolo minacciato. Nello stesso tempo è sentinella<br />

contro di lui, esposto ai suoi colpi; ne annuncia la bellicosità in una città distrutta, senza<br />

case né mura, quando Dio pare non sazio della distruzione e si avventa contro gli stessi deportati,<br />

che lo continuano a provocare e non intendono.<br />

170


Verso il popolo è solidale nel destino, rivela il pericolo. La sua parola non è neutrale,<br />

ma mediatrice di un cordiale interesse. È questo il compito di «controspia»: paradosso rivelatore,<br />

Dio chiede vita non morte, conversione e perdono, cf. Ez 18,22-23). Ma è anche<br />

uomo di contraddizione (segno di divisione e separazione tra quelli che ascoltano o no:<br />

«quando - se colui che» = stile casistico) e contestazione (contro i ribelli, a loro opposto<br />

nell’obbedienza). La responsabilità diviene talora insopportabile, ne coinvolge il corpo e la<br />

mente.<br />

In conclusione, la vocazione e missione di Esechiele appare nelle sue caratteristiche tipiche.<br />

In quanto profeta tra i deportati, vive una duplice solidarietà con Dio e il popolo, ma<br />

diventa anche segno di contraddizione o di opposizione. È profeta di frontiera. La responsabilità<br />

lo pone al «confine» (sulla breccia) e ne determina il carattere: consolazione ed eccitazione<br />

per opera di Dio, silenzio e stordimento per la sorte del popolo.<br />

Descrizione<br />

Ez 47,1-12: La sorgente del tempio… e dintorni<br />

La sorgente è conseguenza del ritorno della Gloria del Signore nel tempio (43,1-5). Il<br />

racconto è carico di simbolismo. Prende le mosse probabilmente dalla fonte di Gihon<br />

con il canale di Siloach, ma in una visione idealizzata che parte dal tempio e appella<br />

all’Eden.<br />

La fonte esce dal settore orientale, sotto la soglia dell’entrata principale e scorre nel<br />

cortile interno, scomparendo sotto la porta orientale principale. La guida misura il flusso<br />

a intervalli di mille cubiti (500 mt) scoprendo la progressiva profondità e crescita<br />

dell’acqua: dalle caviglie al ginocchio, ai fianchi; poi diventa troppo profondo per attraversarlo;<br />

il fiume attraversa il deserto fino a giungere al Mar Morto e trasforma le acque<br />

salate in dolci, dove i pescatori avrebbero trovato dovizia di pesci. Esso alimenta alberi<br />

da frutta posti sulle due rive, che danno frutti ogni mese e le cui foglie hanno proprietà<br />

terapeutiche. Tutta l’area subisce una trasformazione vitale, diventa giardino, un paradiso,<br />

quando il tempio è pronto ad accogliere il Signore. La presenza divina nel tempio<br />

porta la vita in un mondo minacciato dalla sterilità, dominato dal deserto.<br />

Riferimenti e sviluppi<br />

Ez 47 attinge e fa riferimento a Gen 2,10-14: il giardino di Eden, giardino di Dio in Ez<br />

28,13 e 31,8-9, richiamato anche dal monte altissimo dove Ezechiele era stato trasportato<br />

(Ez 40,2), il monte santo di Dio sul quale, secondo il poema al re di Tiro, si trovava<br />

l’Eden (28,14, cf. Elia che ritorna al Horeb).<br />

In Genesi il grande fiume si divideva in quattro rami o fiumi, simbolo di fertilità piena:<br />

un’oasi florida nella quale emergevano i due alberi, l’albero del bene e del male e<br />

l’albero della vita. L’esecuzione della condanna vietava all’uomo l’accesso all'«albero<br />

della vita»: inequivocabile ricordo della sua condizione mortale con invito ad accettarla (cf<br />

2,7; 3,19). Essa non può essere superata o eliminata con una pozione magica (Kolarcik, p.<br />

145), ma ritornando a Dio. Senza Dio l’uomo resta in una mortalità senza speranza, accettando<br />

la morte riceverà vita e benedizione, ma sarà un dono gratuito. Però l’albero della vita<br />

e il giardino (e la terra da cui Israele è cacciato) restano come aspirazione profonda: è il<br />

desiderio della comunione con Dio che molte scelte storiche di fatto non realizzano.<br />

171


Il motivo dell’Eden e del fiume/fonte (e dell’albero o degli alberi), ritorna nella Bibbia<br />

in forme allusive e variate.<br />

* In Isaia il popolo di Dio che ritorna dall’esilio compie il nuovo esodo e,<br />

nell’attraversare il deserto, vi riversa le sue benedizioni facendolo fiorire al suo passaggio<br />

(Is 40-55; 35); il giardino di JHWH si oppone al deserto della steppa: «rende il deserto<br />

come l’Eden, / la sua steppa come il giardino del Signore» (51,3).<br />

* I Salmi presentano la Sion ideale, opposta alle acque caotiche, simbolo del tumulto dei<br />

popoli, che minacciano la stabilità del mondo (Sal 46,3-4, cf 65,8). È irrigata dalle acque<br />

benefiche di un fiume i cui canali scorrono pian piano e la rallegrano rendendola feconda<br />

(Sal 46,5, cf 65,10; Is 8,5s). È la visione idealizzata della fonte di Gihon e del canale<br />

di Siloe.<br />

* Due testi <strong>profeti</strong>ci tardivi (Gl 4,18 e Zac 14,8) parlano pure della fonte che zampilla<br />

dal tempio.<br />

Gioele descrive i due opposti destini, di Israele e dei popoli aggressori,<br />

nell’immagine dell’acqua e del deserto. La restaurazione di Israele sarà attuata mediante<br />

lo spirito di Dio diffuso su tutti (Gl 3) e nel dono dell’acqua (Gl 4). Una sorgente nasce<br />

dal tempio.<br />

In quel giorno le montagne stilleranno vino,<br />

le colline scorreranno di latte<br />

e tutti i torrenti di Giuda rigurgiteranno di acqua!<br />

Una sorgente zampillerà dalla casa del Signore<br />

e irrigherà la valle delle Acacie (Gl 4,18).<br />

Per Zaccaria l’acqua scorre in modo perpetuo nella valle del Giordano e verso il Mediterraneo:<br />

In quel giorno sgorgherà acqua viva (mayim hayyim, una sorgente) da Gerusalemme,<br />

metà verso il mare d’oriente e metà verso il mare d’occidente – d’estate e d’inverno (Zac<br />

14,8).<br />

* In ambito sapienziale, Ben Sira traccia il benefico effetto della sapienza, il cui migliore<br />

esempio è per lui la Torah, cioè la rivelazione storica data da Dio a Israele e divenuta un<br />

“libro”. Egli riassume sia i simboli di Genesi che di Ezechiele nella visione dell’Eden. Il<br />

fiume non nasce dal tempio ma è la Torah stessa. Nella immagine dell’albero la sapienza<br />

si radica nella terra e nel popolo, cresce e trasforma il territorio (allusione ai confini di<br />

Israele): la sua presenza in mezzo a Israele e la sua osservanza renderanno la terra un<br />

nuovo «paradiso terrestre» costellato di alberi prestanti (Sir 24,13-15.25-27.31). Essa<br />

rappresenta il vero «albero di vita» (cf. Prov 3,18) e la «via della vita». Nel simbolo<br />

dell’acqua di benedizione che porta fecondità essa si riversa e trabocca in Israele con attività<br />

costante, in tutte le stagioni, riassumendo in sé i quattro fiumi dell’Eden e i due<br />

dell’Esodo, Nilo e Giordano (vv. 25-29).<br />

Nel momento autobiografico (24,30-33) Ben Sira attinge direttamente a Ez 47,1-12,<br />

con allusione al giardino primordiale (v.30[28]), e in continuità con l’immagine<br />

dell’acqua dei versi precedenti. Dopo avere attinto come canale o acquedotto alla fonte<br />

paradisiaca della Torah, per irrigare la sua aiuola e il suo giardino, il saggio si scopre<br />

trasformato in fiume e mare che riversa l’acqua della sapienza come profezia, fecondando<br />

le generazioni future, perché realizzino il paradiso. In tal modo, egli raggiunge<br />

l’ideale di essere “saggio per il popolo” e non solo per sé; così prolunga il suo insegnamento<br />

nello spazio e nel tempo.<br />

172


* Una simile immagine è in Salmo 1, secondo il quale il giusto è simile a un albero piantato<br />

lungo corsi d’acqua ai quali attinge costantemente. L’acqua che dà fecondità alla<br />

sua vita(terra) è la Torah mediante la quale egli elabora il progetto di vita (bétôrat yhwh<br />

Hepcô) meditandola (ripetendola sotto voce, ûbétôrätô yehGeh) giorno e notte per interiorizzarla<br />

(vv.2-3). Perciò, il ritmo del tempo che scorre circolare (giorno e notte, stagione<br />

dopo stagione) trova una finalizzazione: l’albero produce frutti alla sua stagione e<br />

mantiene sempre verdi le sue foglie, ogni cosa che il giusto compie ha buon esito.<br />

Beato l’uomo che… nella legge del Signore è il suo progetto/intento,<br />

la legge medita giorno e notte<br />

Egli sarà come un albero piantato presso corsi d’acqua:<br />

che dà il suo frutto alla sua stagione e le cui foglie non cadono;<br />

tutto ciò che fa, realizza (yaṣlîªḥ, Sal 1,2-3).<br />

È simile alla parola di Dio che realizza il suo progetto creativo nella storia (compie,<br />

ha buon esito), paragonata al ciclo della pioggia e della neve che, scendendo sulla terra,<br />

non tornano in cielo senza averla irrigata e fatta germogliare, sì da dare al seminatore il<br />

seme e il pane a chi deve mangiare.<br />

Così è la mia parola, che esce dalla mia bocca:<br />

non ritornerà a me invano (vuota, senza effetto),<br />

ma compirà ciò che io ho progettato (`äSâ ´et-´ášer HäpaºcTî),<br />

realizzerà ciò per cui l’ho inviata (wühiclîªH ´ášer šülaHTîw) (Is 55,10-11).<br />

Nel NT, l’immagine è presente soprattutto nella tradizione Giovannea.<br />

* Il Vangelo di Giovanni riprende l’immagine della fonte nel contesto della festa delle<br />

Capanne, caratterizzata dalla processione al tempio che partiva dalla piscina di Siloe,<br />

dalla quale il sacerdote aveva attinto l'acqua che avrebbe versato in libazione davanti<br />

all'altare come segno di abbondanza e di salvezza per Israele e per i popoli, in ringraziamento<br />

e invocazione per il dono della pioggia. Gesù afferma che non nelle feste giudaiche,<br />

ma in lui è la salvezza: Egli stesso si presenta come sorgente che offre l’acqua da<br />

bere e trasforma i credenti in fiumi di acqua viva che sgorgano dal loro seno, con allusione<br />

allo Spirito Santo.<br />

Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, esclamò ad alta voce:<br />

«Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo<br />

grembo, sgorgheranno fiumi di acqua viva. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero<br />

ricevuto i credenti in lui: lo Spirito infatti non era stato ancora dato, perché Gesù non era<br />

stato ancora glorificato» (Gv 7,37-39).<br />

Già in Gv 4,14 Gesù promette alla samaritana il dono dello Spirito nella forma<br />

dell’acqua che, entrando nel credente, a sua volta, lo trasforma in sorgente di acqua che<br />

zampilla per la vita eterna (cf Sir 24):<br />

Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete,<br />

anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.<br />

E nella passione il simbolo dell’acqua vitale ritorna insieme al sangue che esce dal costato<br />

di Cristo:<br />

Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19,34).<br />

Non si tratta della semplice constatazione della realtà della morte, Giovanni considera il<br />

fatto come dono dello Spirito, come l’acqua-spirito dei passi precedenti (cf la testimonianza<br />

di sangue e acqua in 1Gv 5,6-8). Il simbolo della sorgente di Ezechiele e dell’Eden si<br />

ramifica dunque in tanti rivoli proiettati a illustrare la fecondità della redenzione e dello<br />

Spirito, dono pasquale di Cristo.<br />

173


* L’immagine paradisiaca di Ezechiele torna, infine, nell’ultima pagina della Bibbia, alla<br />

fine del libro dell'Apocalisse (22,1-5). La nuova Gerusalemme sarà come l'Eden, un Eden<br />

ricondotto alla sua funzione primordiale: una grande piazza ha il giardino al suo centro,<br />

fecondato dal “fiume d’acqua viva”, che ha origine dal trono di Dio e dell’Agnello e la irriga;<br />

in mezzo alla piazza e da una parte e dall’altra del fiume l'albero della vita con i suoi<br />

prodotti ogni mese e le foglie terapeutiche.<br />

Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e<br />

dell’Agnello.<br />

In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita<br />

che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni<br />

(Ap 22,1-2).<br />

Il quadro è ispirato a Genesi 2-3 e a Ezechiele 47,1-12. Si riprendono le espressioni di<br />

Ez 47,12, specificando direttamente che sulle due rive del fiume sta un albero della vita,<br />

le cui foglie hanno un potere medicinali (22,2). Gli alberi sono ridotti a uno, che però si<br />

estende a tutto il territorio. La pianta è offerta al giusto perché viva del suo Dio.<br />

L’accedervi e il poter disporre di quest'albero significa aver pieno diritto di cittadinanza<br />

nella nuova Gerusalemme celeste, come si dice due volte, e in maniera antitetica (22,14 e<br />

22,19). Dato lo stretto legame con un ambiente paradisiaco, anche il fiume è assimilato a<br />

quello dell’Eden (Gn 2,10-14).<br />

Se questo richiamo a Gn 2,4b-3,24 viene letto nell’insieme della tradizione biblica, si<br />

può costatare come un simbolo mitologico, il cui significato è talmente vasto da correre<br />

il rischio di vanificarsi (l'albero della vita equivale a vita, prosperità, benessere, ecc., cf<br />

il libro dei Proverbi), venga utilizzato con scopi precisi: la situazione escatologica riproduce<br />

uno stato originario. Nel giardino primordiale, con il motivo dell'albero si voleva in<br />

qualche modo collocare la presente situazione dell’uomo, caratterizzata dalla morte; nella<br />

nuova Gerusalemme questa situazione viene abolita. L’albero della vita, per un verso vuole<br />

far capire all'uomo alcuni valori fondamentali della sua esistenza, per un altro vuole confermare<br />

al cristiano che la sua fede lo colloca già sin da ora là dove «la morte non ci sarà<br />

più, né lutto, né grido di dolore, né fatica, poiché le cose di prima se ne sono andate» (Ap<br />

21,4) 22 . È suggestivo che la Bibbia concluda con questo segno di gloria e di speranza, presente<br />

sin dagli inizi, dove il vietato diventa possibile e lecito, anzi necessario, in forza della<br />

grazia.<br />

* La cristianità delle origini considerava la crescita del numero dei credenti come<br />

l’ingrossarsi di un corso d’acqua a partire da un rigagnolo fino al fiume maestoso; e nelle<br />

quattro tappe della misurazione dell'acqua rappresentava i quattro vangeli, con il quarto<br />

considerato come il più profondo.<br />

Infine, gli scrittori cristiani hanno identificato il fiume portatore di vita con le acque del<br />

battesimo. Essi trovarono un punto di appoggio nella versione dei LXX del v.3, che, anziché<br />

“acqua profonda fino alla caviglia” (mê ‘afsayim), ha tradotto con “acqua di remissione”<br />

(hydor aphéseos). Così, nell’immagine dell'agnello posto sul monte Sion con l’acqua<br />

che scorre sotto il tempio, si è voluto rappresentare nell’iconografia cristiana la vitalità feconda<br />

e liberante dei sacramenti.<br />

22 G.L. PRATO, «L’albero della vita: dall’Eden alla Gerusalemme celeste», in AA.VV, Io sono il vivente, Parola<br />

Spirito e Vita 5 [1979] 23-34. «La nuova Gerusalemme sarà... come l’Eden (“E i santi abiteranno in Eden,<br />

ed i giusti gioiranno per la nuova Gerusalemme”: Testamento di Dan 5,12; cf. anche 4Esdra 7,26; 2 Baruc<br />

= Apocalisse siriaca di Baruc 4,3-6), e si capisce allora come nel Nuovo Testamento l’Apocalisse di Giovanni<br />

possa riprendere facilmente questa concezione, quando dice che al vincitore sarà dato da mangiare<br />

dell’albero della vita, che è nel paradiso di Dio (2,7) (ivi, pp. 31-32).<br />

174


I. L’ALLEANZA E LE ALLEANZE<br />

A – Il racconto in Esodo (Es 19-24; 32-34)<br />

LA NUOVA ALLEANZA<br />

CELEBRAZIONE DELL’ALLEANZA: Es 19-24<br />

1) Es 19: teofania = promessa e preparazione dell’alleanza<br />

- arrivo - scenario dell’alleanza (vv.1-2)<br />

- offerta di Dio (vv.3-6) con promessa di salvezza ed esigenze (obbedienza); conseguenze:<br />

una relazione speciale (appartenenza a Dio: «sua proprietà» [popolo di Dio], «sacerdoti» [a<br />

lui consacrati per un servizio e per una testimonianza di fronte agli uomini])<br />

- accettazione del popolo (vv.8-9, cf. 24,3.7): risposta cosciente. Mosè mediatore<br />

- teofania (vv.16-20 + 20,18-21) con reminiscenze liturgiche (tromba): a significare la potenza<br />

e inaccessibilità di Dio, che tuttavia si fa vicino e chiede l’assenso umano.<br />

2) Es 20 + 21-23: decalogo e codice “eloista” = condizioni ed esigenze dell’alleanza:<br />

- la premessa è essenziale. Richiama l’alleanza e dà significato a tutto il resto: «Io, JHWH,<br />

sono il tuo Dio». Dio si rivela (nome), si lega e impegna, chiede impegno.<br />

- seguono i singoli comandi = piste di riflessione e ricerca<br />

- i comandamenti verso il prossimo appartengono all’alleanza<br />

Come sono nati? Abbiamo due forme (cf. Dt 5). La formazione fu progressiva. Valore: ci<br />

offrono l’esemplificazione dei vari ambiti della vita sociale. Sono riflessioni conseguenti<br />

all’alleanza: perciò leggi del Signore, anche se riflessione umana; obbligano in coscienza.<br />

3) Es 24: rito o celebrazione dell’alleanza<br />

- invito a salire sul monte (posto speciale a Mosè: vv.1-2)<br />

- sacrificio con il popolo (rito centrale: vv.3-8):<br />

• accettazione (2 volte) e testimonianza scritta del documento di alleanza (proiezione<br />

nel futuro: si richiede un impegno responsabile)<br />

• patto di sangue (aspersione dell’altare [= Dio], e del popolo)<br />

• banchetto di comunione: dalla trascendenza all’intimità e gioia del pasto comune con<br />

Dio.<br />

FRATTURA E RINNOVO DELL’ALLEANZA: Es 25-34 (32-34)<br />

1) Quattro elementi portanti<br />

- il vitello d’oro: allude a un peccato originale nel deserto, ma l’attuale descrizione rivela<br />

una duplice polemica attuale, contro Samaria (vitello di Betel e Dan) e contro Aronne<br />

(= i sacerdoti: non offrono validi punti di riferimento contro l’idolatria permettendo le<br />

devianze del popolo);<br />

- le tavole della legge (tavolette incise da ambo le parti); 32,1ss sottolinea il carattere divino;<br />

- la teofania a Mosè = intercessione e leggi: il Nome e i titoli di Dio proclamati e invocati<br />

in contesto liturgico (34,1ss);<br />

- alleanza rinnovata.<br />

2) Significato<br />

- È il primo atto di una serie di ribellioni, che Dt e i <strong>profeti</strong> vedranno reiterate in tutta la<br />

storia di Israele (cf Ez 20).<br />

- Rivela il peccato come distruttivo per il popolo e impone una penitenza comunitaria: è<br />

causato dall’assenza del mediatore e perciò della Parola del Signore.<br />

- Appare la figura di Mosè mediatore e intercessore in favore del popolo, 32,7-14; 33,12-22.<br />

175


• La sua preghiera storna la sentenza condannatoria, che annullerebbe l’alleanza, appellando<br />

a Dio e alla sua fedeltà.<br />

• Nasce dalla solidarietà del mediatore con Dio e il popolo (se Mosè non si dissocia<br />

dal popolo, Dio non può distruggerlo). Ma è Dio stesso a suggerire a Mosè, giusto, la<br />

possibilità di salvezza: «permettimi» sottintende una possibilità.<br />

• La preghiera si fa invocazione: Dio indichi la via, «cammini» con il popolo, mostri il<br />

suo volto (33,12-22).<br />

- Il castigo per i ribelli rimane azione salutare per tutti (32,15-29).<br />

3) La presenza di Dio<br />

- Es 33-34 rivela la presenza costante di Dio nei segni: tenda, cammino (Dio accompagna<br />

il popolo come segno distintivo), nube, e soprattutto nell’uomo (Mosè) mediante una profonda<br />

esperienza religiosa e liturgica (32,12ss + 34,4ss.29-35).<br />

- Dio non è conoscibile totalmente, ma la sua presenza è percepibile, anche se come passaggio<br />

fuggitivo, rivelazione momentanea del mistero, che l’uomo non può trattenere (passa,<br />

vede le spalle).<br />

- La proclamazione e invocazione del nome e dei titoli di Dio (longanime, misericordioso,<br />

ecc.) da parte di Mosè (34,4ss), come la sua precedente intercessione (32,7-14), manifestano<br />

la profonda intimità e fiducia dell’orante che sfida ogni paura della trascendenza: Dio<br />

appare «lontano», ma il credente è certo della sua presenza misericordiosa.<br />

B – IN SINTESI<br />

ALLEANZA<br />

• Il termine ebraico, berît, esprime l’«impegno», anzitutto di Dio, sottolinea il dono: è offerta<br />

e impegno di lui verso l’uomo-umanità.<br />

• La formula esige la reciprocità tra Dio e l’uomo: «Io sono il tuo Dio, tu sei il mio popolo»;<br />

«Tu sei il nostro Dio, noi siamo il tuo popolo».<br />

• Prospettiva. Vista al passato, l’alleanza è iniziativa gratuita di Dio, offerta di salvezza.<br />

Vista in prospettiva futura, richiede l’assenso umano, cioè l’impegno della libertà, senza<br />

la quale Dio rimane «alla porta».<br />

• Il rito serve a esplicitare e dare coscienza nei segni, a coinvolgere tutta la persona. Sarà<br />

rinnovata in diverse epoche della storia; importante fu l’assemblea di Sichem: Giosuè<br />

ripropone l’alleanza, le tribù accolgono il Dio dei Padri. Israele nasce e trova la spiegazione<br />

della sua esistenza «nel Nome di JHWH» (Gs 22-24).<br />

LA COMUNITÀ DELL’ALLEANZA<br />

• È popolo di Dio (19,5-6): sua eredità e acquisto, a lui consacrato per un servizio libero e<br />

fedele.<br />

• È popolo sacerdotale: mediatore e missionario; fedele alla vocazione (alleanza) e separato<br />

per una funzione nell’umanità.<br />

• È popolo itinerante e pellegrino (nel deserto, nomade), in un cammino liberante, bisognoso<br />

di continua conversione.<br />

• È assemblea cultuale: è il clima del Sinai, nell’obbedienza alla Parola [l’assenso, il decalogo],<br />

che diverrà segno costante nella «sinagoga» (cf Sal 95), e nel banchetto sacrificale<br />

che indica l’offerta e la comunione. L’assemblea del Sinai è il «vero santuario» di<br />

Dio; ogni assemblea liturgica attualizza, rivive e rinnova il Sinai nell’oggi cultuale.<br />

• La solidarietà dei membri è garanzia di salvezza (intercessione-mediazione di Mosè).<br />

ALLEANZA E ALLEANZE<br />

Il redattore del Pentateuco vede la storia ritmata da diverse alleanze, culminanti in quella<br />

mosaica. Tutte hanno il medesimo scopo: la reciprocità tra Dio e l’umanità, rappresentata<br />

176


nella formula. Ognuna comporta un intervento salvifico, una rivelazione, un segno, una<br />

legge.<br />

• La creazione: Dio «trae dalla terra» l’uomo e lo «pone» nel giardino (dono,Gen 2,15)<br />

perché lo coltivi e custodisca (come Israele deve custodire e osservare la legge [דַבע, ׇ<br />

coltivare e dar culto]); segue un comandamento specifico: «mangerai...non mangerai»<br />

(2,16-17). Dio è il Creatore, che crea l’uomo «a sua immagine».<br />

• Noè (Gen 9): è alleanza (berît) con tutta l’umanità salvata dal Diluvio, e si riversa su<br />

tutto il cosmo (ritmo delle stagioni); Dio si rivela come ’elohim; ha un segno cosmico,<br />

l’arcobaleno, e la legge del sangue (vita), che Dio riserva a sé.<br />

• Abramo (Gen 15 e soprattutto 17): dopo averlo fatto uscire dalla sua terra, Dio, rivelatosi<br />

come ’El Shadday, si impegna in un patto con la discendenza (il «popolo» di Abramo,<br />

benedizione); dà per segno la circoncisione (fecondità umana) e per legge:<br />

«cammina alla mia presenza con lealtà» (Gen 17,1).<br />

• Mosè: Dio «fa uscire» e dona la terra; rivela il suo «Nome», JHWH; lascia come impegno<br />

la Legge (Decalogo e Codice) e come segno la circoncisione, le prescrizioni alimentari<br />

(puro e impuro), il sabato. Sarà rinnovata nel Paese di Moab (Dt 28,69) e a Sichem<br />

(Gs 24,1-28).<br />

• Davide: l’alleanza mosaica riceverà un ulteriore segno nella regalità. È l’alleanza con<br />

la dinastia: il re, «Messia», Unto o Consacrato, in greco «Cristo», è simbolo e rappresentante,<br />

mediatore dell’alleanza.<br />

• La nuova alleanza: le ripetute infedeltà e l’esilio proiettano nel futuro verso una nuova,<br />

eterna alleanza, con un’umanità nuova: sarà una nuova creazione. È la promessa di<br />

Is 55,1ss (l’alleanza davidica con tutto il popolo), di Ger 31,31-34 ed Ez 36, relativizzando<br />

le vecchie istituzioni (regalità e sacerdozio) rivelatesi inefficaci. Avrà i seguenti<br />

caratteri (cf. sotto): - «nuovo esodo», - perdono universale dei peccati (Ger 31,34; "aspersione"<br />

Ez); - la legge scritta nell’intimo, cuore nuovo, nuovo spirito; - formula di<br />

alleanza realizzata (31,33) in una reciprocità totale tra JHWH e Israele suo popolo; - la<br />

conoscenza di Dio, chiave dell’esistenza religiosa, sarà estesa a tutti, senza passare attraverso<br />

la mediazione di un insegnamento.<br />

• Il NT vede realizzata l’alleanza nuova nel sangue di Cristo riversato sui credenti mediante<br />

il battesimo (1Pt 1,1-3); egli ci rivela il Padre, in lui si realizza l’esodo definitivo,<br />

la nuova creazione, l’uomo nuovo. Ogni credente, inserito in Cristo per la fede e il<br />

battesimo, è costituito nuova creatura: è già nell’alleanza, ma non ancora arrivato. Sotto<br />

la guida di Gesù nuovo Mosè e Messia-Cristo, cammina nella speranza e carità, verso<br />

la terra definitiva, il Regno di Dio: allora sarà superata la morte, «l’ultimo nemico», e<br />

Dio sarà «tutto in tutti» (1Cor 15). S. Paolo parla anche dell’amore diffuso in noi per<br />

mezzo dello Spirito (Rom 5,5), il quale ci attesta che siamo «figli» di Dio e permette<br />

una vita «nello Spirito»; è con la sua forza che tutto il mondo, insieme all’umanità, geme<br />

in attesa della definitiva liberazione dalla corruzione (Rom 8): l’alleanza, come<br />

quella di Noè, coinvolge il cosmo intero.<br />

Bibliografia<br />

A. BONORA, «Alleanza», in P. ROSSANO, G. RAVASI, A.GIRLANDA (cur.), Nuovo Dizionario di Teologia Biblica,<br />

Paoline, Roma 1988, pp. 21-35 (con bibliografia). Tratta i seguenti punti: I. Il tema dell’alleanza oggi. II.<br />

Antico Testamento: 1. La promessa ai padri; 2. L’alleanza sinaitica (Es 19-24): a. Alleanza e banchetto sacro<br />

(Es 24,1.9-11), b. Il sangue e la parentela (Es 24,3-8), c. Alleanza e parola (Es 19,3-8); 3. Il trattato di alleanza<br />

nel Deuteronomio; 4. La liturgia dell’alleanza (Gs 24); 5. L’alleanza regale con Davide; 6. Alleanza<br />

d’amore nei <strong>profeti</strong>; 7. L’alleanza di Dio con il mondo; 8. L’epoca postesilica; 9. Conclusione. III. Nuovo<br />

Testamento: 1. Eucaristia e alleanza; 2. Paolo e l’alleanza; 3. Lettera agli Ebrei. IV. Alleanza e creazione.<br />

177


II. LA NUOVA ALLEANZA<br />

1. Crisi dell’alleanza - duplice sfiducia<br />

• Nella possibilità umana di fedeltà: Ger 13,23 (etiope e leopardo, che non cambiano<br />

pelle); Ez 2,3-5.6-8 (genia di ribelli, cardi, scorpioni);<br />

• Negli antichi ordinamenti salvifici: arca (Ger 3,14), tempio (Ger 7); storia della «salvezza»<br />

(sotto il segno dell’ira divina: Ez 20 con 16 e 23) e nelle istituzioni a sua garanzia:<br />

re e sacerdozio.<br />

• Tutto è proiettato nel futuro, verso il nuovo. L’antico serve da modello: nuovo esodo,<br />

pastori, mediatore, alleanza.<br />

Consideriamo la nuova alleanza analizzando Geremia ed Ezechiele.<br />

2. I testi<br />

- Ger 31,31-34; 32,33-41; 24,5-7 (Os 2 per l’immagine sponsale)<br />

- Bar 2,29-33.35<br />

- Ez 11,17-20; 36,26-27 (cf. Sal 51)<br />

- Is 55,3; 59,21; 61,8<br />

Cf. Dt 10,16; 30,6; Mal 3,1-5;.<br />

ESEGESI<br />

La Nuova Alleanza in Geremia<br />

Il «libro della consolazione» di Geremia<br />

1. MATERIALE. Testi di epoca diversa con aggiunte (30-31 + 32-33); applicazione a Giuda<br />

di testi inizialmente rivolti a Israele<br />

2. TESTO ATTUALE. Il tema: consolazione e restaurazione. È sviluppato attorno ad alcuni<br />

motivi letterari conduttori:<br />

a) mutamento della sorte (già in 29,14: «lettera agli esiliati»; 30,3.18; 31,23; 32,44; 33,7.<br />

11.26, cf. Dt 30,3 e Os 6,11; Am 9,14; Sof 3,20; Gl 4,1)<br />

b) riferimento a un futuro indefinito: «verranno giorni», «nel futuro», «in quel tempo»<br />

(30,3; 31,27.31.38; 33,14); queste indicazioni sono talora segno di aggiunte<br />

c) gioia (31,13; 32,41; 33,9.11, cf. Dt 28,63 e 30,9)<br />

d) i due verbi di vocazione positivi (cf. 1,10): costruire (30,18; 31,4.28.38; 32,11.35; 33,7)<br />

e piantare (31,5.28; 32,41).<br />

Geremia 31<br />

STRUTTURA<br />

- v.1: introduzione<br />

- vv.2-14: messaggio di speranza<br />

- vv.15-22: obiezioni e risposte<br />

- vv.23-38: promessa e giuramento<br />

178


Esistono molte relazioni tematiche e verbali con Ger 2,1-4,4. «L'abbondanza di corrispondenze<br />

è tale che obbliga a contemplare almeno una volta i due quadri come un dittico. Il<br />

senso diventa più chiaro e ricco: prima si celebra un gran processo penitenziale in cui Dio<br />

accusa e invita alla conversione; il popolo risponde positivamente, benché con timore; Dio<br />

risponde a sua volta con il perdono e la riconciliazione. Come al peccato sono seguite le disgrazie<br />

(maledizioni), dalla riconciliazione seguiranno beni (benedizioni). In entrambi i<br />

quadri domina la figura di Efraim» 23 .<br />

Introduzione: v.1<br />

Comprende una indicazione temporale, la formula di alleanza, i destinatari: «Dio di tutte le<br />

famiglie» (הָחָפּשׁ ׅמ, espressione tipica di Nm, oltre 150 x). Il Signore rifiuta di essere “monopolio”<br />

di qualcuno. L’espressione sembra indicare che egli è Dio di tutto Israele, nord e<br />

sud, senza esclusione.<br />

1. MESSAGGIO DI SPERANZA: vv.2-14<br />

Nuovo esodo e pellegrinaggio a Sion – nuova epoca di gioia e prosperità:<br />

due orizzonti, Israele e i popoli<br />

a) Ai sopravvissuti di Israele: vv.2-9<br />

Schema dell’esodo: liberazione – deserto – dimora (vv.2-3):<br />

Prima della restaurazione il popolo deve sperimentare ancora l’esodo, il deserto – come<br />

minaccia e come liberazione – in cui avvertirà l’amore divino (cf. Os 2,16; Dt 8). Per aver<br />

dimenticato Dio è divenuto «deserto» (cf. Ger 2,31; 3,2); il ritorno al deserto (cf. 2,2.6)<br />

permetterà a Dio di rivelarsi nuovamente (cf. Os 2,4ss; 11,1ss). L’esperienza di morte<br />

(«scampati alla spada», v.2) farà scoprire il valore della vita, e la sete mortale il valore vitale<br />

dell’acqua. Essere al limite della vita risveglierà la coscienza di un amore paterno efficace.<br />

Allora il Dio lontano si mostrerà vicino.<br />

• «Da lontano»: il popolo si era allontanato, Dio appare «il Lontano» (23,23: «Sono forse<br />

io Dio solo da vicino – dice il Signore – e non anche il Dio Lontano?»; il termine sembra<br />

echeggiare un titolo divino 24 ). Nel deserto, Dio si manifesta e attrae nuovamente<br />

con amore (cf. 2,2), riprende la relazione (Os 2,16-17).<br />

• Tre parole sono in relazione: amore eterno (fondamento dell’alleanza eterna, 32,40) che<br />

si traduce in דֶסֶח (lealtà, fedeltà, pietà, misericordia) e in ןֵח (favore a tempo opportuno).<br />

La novità (vv.4-5: tre volte דוֹע)<br />

I tre verbi della novità: costruire, piantare (cf Ger 1,10; Am 9,11-14), ornare, corrispondono<br />

a tre schemi:<br />

• Urbano: simbolo del riposo, richiama l’abitare (v.2); la capitale è simbolo di tutto il<br />

popolo.<br />

• Agricolo: lavoro e fecondità; l’attività agricola suona anche come popolo «vigna» del<br />

Signore.<br />

• Antropologico: festa. Si potrebbe pensare a una festa di vendemmia (festa delle Capanne)<br />

o di matrimonio (cf il linguaggio dei vv.2-3) dove torna a risuonare « grido di<br />

letizia, grido di gioia, voce dello sposo, voce della sposa» (cf Ger 7,34; 16,9; 25,10;<br />

33,11: hL'_K; lAqåw> !t'Þx' lAqï hx'êm.fi lAqåw> ‘!Aff' lAqÜ). La vergine di Israele riceve gioia<br />

23 L. ALONSO SCHÖKEL- J.L. SICRE DIAZ, I Profeti, pp.638s.<br />

24 Cf. L. VIGANÒ, Nomi e titoli di YHWH alla luce del semitico del nord-ovest (Biblica et Orientalia 31), PIB,<br />

Roma 1976, p.196 n.66 e p.205.<br />

179


come fidanzata (2,32) dal Signore suo sposo e non dagli amanti (4,30). È probabile, nel<br />

contesto del nuovo esodo, l’allusione a Es 15,20s (il corteo di Myriam e delle donne).<br />

Pellegrinaggio all’unico santuario (vv.6-7)<br />

• Le sentinelle svegliano i pellegrini (cf. Sal 130,6: la sentinella attende l’aurora)<br />

• Dal nord scendono a Gerusalemmee e un gruppo non ben identificato, forse Giuda, si<br />

rallegra per il ritorno del fratello e l’accoglie (v.7, cf Mi 5,2).<br />

Secondo 2Cr 30, Ezechia convocò anche il nord nel tempio di Gerusalemme; a tale<br />

scopo fece la riforma Giosia. Nella restaurazione si prevede la nuova fusione dei due<br />

regni. Possiamo pensare ai pellegrinaggi autunnali in occasione della festa delle capanne<br />

nella quale si rinnovava ritualmente l’abitazione nel deserto. Conducevano a<br />

Sion centro spirituale (cf. Dt). Il tema della salita al tempio diverrà un motivo escatologico<br />

con prospettive universali (cf Is 2,2-5; Is 66).<br />

Nuovo esodo (vv.8-9) rappresentato in tre schemi: a) Schema di centro: “strada nel deserto”<br />

e ritorno in patria. È ritorno trionfale ispirato forse a Is 35; b) Schema materno nelle<br />

pregnanti, segno di dolore e fecondità (cf. vv. 15.22): è impaccio nel cammino, ma anche<br />

pegno del futuro; il parto attanaglia nel dolore, ma si risolve nella gioia (cf Gv<br />

16,21-23); c) Schema paterno nel rapporto padre-primogenito (Efraim, Gen 48,8-20; Es<br />

4,22; Dt 1,31; 8,5, cf. vv.18-20). Pianto/consolazione, acqua (cf. Sal 126,5-6; Is 40,3).<br />

Dio annuncia una novità: il ritorno del nord in un solenne esodo, con i segni del futuro<br />

(donne incinte, festa, matrimonio; ricostruzione e nuovo pellegrinaggio al tempio [=<br />

unità nazionale]). Il profeta invita Giuda ad accogliere i deportati di ritorno.<br />

b) SCENARIO UNIVERSALE: vv.10-14 – Esodo – pellegrinaggio – gioia<br />

Ai popoli (vv.10-11)<br />

• Destinatari del messaggio sono le «isole» (con il linguaggio del II Is: cf. Is 11,11; 41,1;<br />

42, 10.12; 49,1 e Ger 2,10). Israele è il primo destinatario dell’amore del Signore, ma<br />

la rivelazione è destinata a tutti.<br />

• Dio pastore e il gregge: è motivo tradizionale dell’esodo e del II Is (40, 11, cf. Sal 23),<br />

come «riscattare e redimere» (הָדָפּ e לאַָג) in v.11.<br />

• Il «più forte» è il dominatore, Assiria (per Giuda sarà Babilonia); la liberazione si<br />

compie come in Egitto: è il nuovo esodo.<br />

Il pellegrinaggio universale con gioia e danza (vv.12-14, cf. 4.6 e Is 2,2-5)<br />

• I beni riassumono l’economia dei rimpatriati;<br />

• si allude a un sacrificio, con banchetto, festa, sazietà.<br />

• uniche autorità menzionate sono i sacerdoti.<br />

2. Reazione del popolo: vv.15-22 – Obiezioni (sfiducia e lamento) / risposta divina<br />

Di fronte al messaggio, Efraim e Rachele, la matriarca simbolo del popolo, ritengono le parole<br />

troppo belle per essere vere. Presentano perciò tre obiezioni (esplicite o implicite) di<br />

sfiducia e lamento, per diverse ragioni (l’esilio, la morte dei figli, i propri peccati). Seguono<br />

tre risposte da parte di Dio, che appellano all’amore (cf. v.3) e riaffermano la promessa<br />

di fecondità con la ripresa delle relazioni d’amore: 15-17.18-20.21-22.<br />

Prima obiezione - lamento di Rachele (vv.15-17)<br />

Rachele rappresenta il regno del nord; la sua morte tragica (Gen 35, 19) fa da sfondo al lamento:<br />

compie l’ufficio di «lamentatrice» funebre (v.15, cf. 9,16-20).<br />

180


• I figli «non sono più», sono morti (cf. il lutto di Giacobbe per Giuseppe); forse perché<br />

non sono più in patria, ma in esilio (cf. Sal 77,8-9).<br />

• Ambientazione storica. I superstiti di Gerusalemme, tra i quali Geremia, sono radunati<br />

in Rama (er-Ram, 10 Km a nord di Gerusalemme), per essere tradotti a Babilonia. Il<br />

profeta, separato poi dai deportati, potrà rimanere in patria. Alla partenza dei compatrioti<br />

fu preso da una sofferenza simile alla madre.<br />

Rachele, matriarca del nord (cf. Giuseppe con i figli Efraim e Manasse) e del sud (Beniamino)<br />

era sepolta nelle vicinanze di Rama (1Sam 10,2). La menzione di Betlemme<br />

in Gen 35,15 e 48,7 è una precisazione tardiva dovuta a qualche confusione di nome:<br />

se ne serve Mt 2,17.18 per la strage degli innocenti.<br />

La risposta è nei vv.16-17.<br />

• ךְֵתָלּעְפִּל רָכָ ֹ ש può essere inteso in due modi. «C’è un compenso per le tue pene» (del<br />

parto): la sua azione come madre non è inutile; oppure allude alla fatica di Giacobbe<br />

per acquistarsela: «il lavoro fatto per te», cioè i 7 anni di lavoro per poterla avere in<br />

Il moglie. senso è spiegato al v.17: ci saranno figli, non sarà un “lavoro” senza frutto. Il salario è<br />

costituito dai figli (cf. Sal 127,3: «suo salario è il frutto del ventre»). Un resto dei figli sopravviverà<br />

e tornerà in patria. Il segno della speranza era rappresentato nelle donne incinte<br />

rammentate al v.8.<br />

Seconda obiezione espressa da Dio (vv.18-20)<br />

• Efraim piange: il pianto non è vano, Dio ascolta.<br />

• Efraim confessa: si è corretto, ha imparato, si pente. Ma restano i fatti negativi: smarrimento,<br />

ribellione (immagine del giovenco non domato), la catena dei delitti fin dalla<br />

giovinezza. Solo Dio può far tornare. Perciò il popolo invoca: «Fammi ritornare e io ritornerò».<br />

• Il v.20 fa appello alla elezione. Dio è padre e madre: figlio, viscere (Cei «profonda tenerezza»,<br />

cf. Os 11 e Ger 31,9: là è enunciato, qui è sfogo ed effusione), «figlio caro»<br />

(cf. Is 43,4), «prediletto» (cf. Is 5,7). Dio che «si ricorda» indica salvezza (cf. Gen 8,1)<br />

e relazione personale (cfr. Sal 8,5).<br />

Terza obiezione, implicita, immagine matrimoniale (vv.21-22)<br />

La vergine d’Israele (popolo o capitale) dubitava a ragione. Dopo l’infedeltà il ritorno è<br />

impossibile (cf. 3,1), ma Dio stesso invitava al ritorno (cf. 3,12ss).<br />

• Ora l’invito si fa urgente : «fino a quando andrai vagando?». Segni della conversione<br />

sono i paletti indicatori di strada e il superamento del cammino incerto, per l’unica<br />

strada e l’unico cuore (cf. 32,39).<br />

• Non si tratta di un ritorno al passato, ma di proiezione al futuro, nuova creazione (cf.<br />

Gen 1,27; 5,2):<br />

Ecco creo (א ָרָב) una cosa nuova,<br />

la femmina (הָבֵקְנ) abbraccerà il maschio (רֶבָג).<br />

Dio ridona fecondità. Dall’abbraccio coniugale nasceranno nuovi figli. Ogni donna israelita<br />

diviene madre e nasce un nuovo popolo (cf. v.8) o, più probabilmente, tutto il «popolo<br />

sposa di Dio» riabbraccerà il marito. Così raggiunge il culmine il tema dell’amore (v.3) e<br />

della fecondità (v.8).<br />

Sintesi<br />

Alla base del testo si profilano gli schemi di esodo e materno-sponsale con amore e fecondità.<br />

I simboli proiettano la storia verso il futuro.<br />

181


ESODO: liberazione – cammino – entrata nella terra. La minaccia di morte è mutata in liberazione.<br />

Il cammino-pellegrinaggio è riscoperta dell’amore (Dio pastore). Si conclude nella<br />

dimora pacifica.<br />

AMORE-ALLEANZA: È amore sponsale fedele che fonda la relazione (הָבֲהאַ – דֶסֶח) e concede<br />

il favore al tempo opportuno (ןֶח). Amore fecondo che genera figli (abbraccio sponsale,<br />

«lavoro» fruttuoso). Nella coreografia di danza e gioia, abitazione serena (le nozze).<br />

Dopo queste premesse ci si attende logicamente il giuramento di conferma (cf. vv.35-<br />

37). Si inseriscono invece due serie (23-26 e 27-34), che disturbano il ritmo logico e servono<br />

da complemento dello schema di alleanza accennato all’inizio (v.1) e alla fine (v.22).<br />

3. PROMESSA E GIURAMENTO DIVINO: vv.23-36<br />

a) 23-26: descrizione (prosa) - restaurazione<br />

• La menzione di Giuda (commentario a v.7?) è una probabile inserzione del Redattore<br />

che, dopo il 587 a.C., accomuna i due regni nella restaurazione.<br />

• La restaurazione (cf. Os 6,11; Am 9,14; Sal 14,7; 53,7. Ger 8 volte la riferisce al popolo,<br />

3 volte ad altri popoli) consiste in:<br />

- Benedizione, che appella a Gerusalemme «dimora di giustizia» o «legittima» (קֶדֶצ הֶוְּנ,<br />

cf. Is 1,26ss), «monte santo». Sarà il territorio posseduto da Dio al cui centro si erge il<br />

tempio del Signore.<br />

- Concordia (v.24) tra agricoltori e nomadi (vi abiteranno insieme): rammenta la rivalità<br />

tra Caino e Abele e il contrasto, attuale, con i recabiti (Ger 35).<br />

- Sazietà: «disseterò la gola estenuata, ogni stomaco che langue» (שֶׁפֶנ, «anima, vita», ma<br />

anche «gola, stomaco, desiderio», cf. v.12; Sal 23,3). Il verso sintetizza i doni del cibo e<br />

della bevanda.<br />

• v.26: reazione del profeta (cf. Sal 126,1: «Quando tornammo, ci sembrava di sognare»).<br />

b) 27-34: triplice promessa, in crescendo<br />

1) 27-28 = fecondità: 3 volte «seminare-seme» (cf. Os 2,25 paronomasia con yezra’el, e<br />

Ger 2,21; 31,36 «progenie»); Le due case riunite, a segnalare l’integrità di Israele (cf. Ez<br />

37,15-23); Sette verbi di vocazione (5 negativi, 2 positivi).<br />

2) 29-30 = retribuzione personale: È implicita un’obiezione in forma di proverbio (cf. Ez<br />

18,2). Significato: se siamo carichi dell’iniquità passata è impossibile la restaurazione. Dio<br />

annuncia invece una nuova era descritta nei vv. segg.<br />

3) 31-34 = la nuova alleanza: È l’atto finale, una volta superate le obiezioni. La nuova alleanza<br />

sigilla la riconciliazione tra Dio e il suo popolo (esegesi sotto).<br />

c) 35-36.37: impegno divino con due giuramenti<br />

• Il primo appella all’attività creatrice (cf. Gen 1,14 e 2,1): come controlla lo spazio, così<br />

controlla la storia (v.35 con Is 51,15);<br />

• Il secondo appella all’amore e usa il seguente schema logico: come è impossibile A così<br />

è impossibile B. L’amore di Dio è immenso, le misure umane non possono definirlo né i<br />

suoi limiti imprigionarlo: ogni merito umano è escluso, amore ed elezione sono gratuiti<br />

(cf. Ger 33,20-21; «per tutto quello che fece», Dt 7,7; 9,4-6).<br />

Conclusione (v.38). Aggiunge la predizione di un futuro stabile. Minuziosa nei dati che adduce,<br />

assomiglia nel genere alla descrizione topografica del finale di Ezechiele.<br />

Storicamente, il messaggio per il nord (vv. 15-16) è riletto e applicato al sud, attualizzando;<br />

la speranza è fondata sulla rivelazione dell’amore divino (cf. Eb 8,8ss; 10,16).<br />

182


La Nuova Alleanza in Geremia: Ger 31,31-34 [LXX 38,31-34]<br />

ANALISI LETTERARIA<br />

hw"+hy>-~aun> ~yaiÞB' ~ymiîy" hNE±hi<br />

`hv'(d"x] tyrIïB. hd"ßWhy> tyBeî-ta,w> lae²r"f.yI<br />

tyBeó-ta, yTiªr:k'w><br />

31 Ecco verranno giorni - ORACOLO DEL SIGNORE -<br />

e taglierò con la casa di Israele e con la casa di Giuda una nuova alleanza.<br />

~t'êAba]-ta, ‘yTi“r:K'<br />

rv,Ûa] tyrIªB.k;<br />

al{å<br />

~yIr"+c.mi #r<br />

`~['(l. yliî-Wyh.yI) hM'heÞw> ~yhiêl{ale( ‘~h,l' ytiyyIÜh'w><br />

Pongo (porrò) la mia Torah nel loro intimo,<br />

sul loro cuore la scriverò,<br />

e sarò per loro Dio (il loro Dio), ed essi saranno per me popolo (mio popolo).<br />

Wh[eørE-ta,<br />

vyaiä dA[ª WdåM.l;y> al{ôw><br />

hw"+hy>-ta, W[ßD> rmoêale<br />

hw"ëhy>-~aun> ‘~l'AdG>-d[;w> ~N"Üj;q.mil. ytiøAa<br />

W[’d>yE •~L'Wk-yKi(<br />

`dA[)-rK'z>a, al{ï ~t'ÞaJ'x;l.W ~n"ëwO[]l;( ‘xl;s.a, yKiÛ<br />

34 E non istruiranno più ciascuno il suo prossimo, ciascuno suo fratello,<br />

dicendo: «(Ri-)conoscete il Signore!».<br />

Perché (kî) tutti mi riconosceranno, dal più piccolo al più grande - ORACOLO DEL SIGNORE -<br />

Quando (kî) perdonerò le loro colpe e i loro peccati non ricorderò più.<br />

3. STRUTTURA. È testo in prosa ritmica, con aggiunte (v.31: bet yehudah, cf. v.33).<br />

- frase positiva, v.31: titolo, nuova alleanza;<br />

- frase negativa, v.32: תי ִרְבּכ ֺאל, fallimento dell’alleanza sinaitica;<br />

- frase positiva, vv.33-34: la nuova alleanza realizzata e suoi ncaratteri.<br />

Esegesi<br />

TITOLO: «alleanza nuova» – הָשָׁדֲח ת י ׅרְבּ (v.31)<br />

«Ecco verranno giorni in cui stipulerò una nuova berit» rappresenta il titolo, manifesta<br />

l’intenzione di Dio con il verbo al futuro.<br />

• Indica il futuro escatologico (cf.v. 33, formula e futuro)<br />

• «Nuovo» rappresenta un giudizio negativo sul passato (v.32), l'alleanza sinaitica e i<br />

suoi ordinamenti salvifici. La loro forza si è esaurita? Von Rad afferma che «Israele<br />

potrà trovare salvezza solo nelle nuove disposizioni future di Jahve» 25 . Ma Dio non<br />

25 G. VON RAD, Teologia, vol.II, p. 316.<br />

183


viene meno al suo impegno, resta Signore/Sposo ed è disposto a rinnovare e “tagliare”<br />

un «nuovo impegno» (berit), futuro, di altro stile, attaccando alla radice le cause del<br />

fallimento precedente: rinnoverà l’intimo dell’uomo, il cuore. Diversamente da Dt non<br />

si tratta di «restaurare», ma di fondare il «nuovo», però sullo schema e le figure<br />

dell’antico.<br />

FALLIMENTO DELL’ANTICA ALLEANZA SINAITICA (v.32)<br />

- Motivo: il popolo (i padri di Israele e Giuda) ha infranto l’alleanza (ר ַרָפּ, «infrangere,<br />

render nulla, violare»). In 23,7 con appello al «nuovo esodo», afferma: non ci sarà più la<br />

formula di confessione «come è vero che JHWH ha condotto Israele fuori dall’Egitto», ma<br />

che «ha ricondotto dalla terra del settentrione» (cf. Is 43,18s). In questo momento Israele<br />

sembra senza patto, secondo LXX e Siriaco (= ga‘alti, «abbandonare, ripudiare»). Però<br />

Dio afferma il contrario. Del resto, Ezechiele pensa a «una certa» presenza di Dio anche<br />

nell’esilio (Ez 11,16). Si tratta non di ripudio definitivo, quanto piuttosto di insufficienza<br />

e superamento. Is 54,4-8, parla di temporanea separazione da Sion-sposa, per riprenderla,<br />

dopo breve tempo, con amore eterno. Il fatto è confermato dalla lettura del TM: «Ma io<br />

sono il loro Signore/Sposo» (waw avversativo). A differenza del popolo, Dio mantiene<br />

fede al patto e non viene meno. La novità consisterà nel rendere l’uomo fedele.<br />

• יתְלַעָבּ, ׅ contiene una doppia simbologia: sovrano-vassallo e sposo-sposa: fedele è Dio,<br />

mentre il popolo anziché «conoscere Dio» (v.34), ha «conosciuto» Baal (cf. 9,3:<br />

«Hanno seguito la caparbietà del loro cuore e i Baal che i loro padri avevano fatto conoscere<br />

loro»). La tradizione testuale presenta problemi. Il TM è confermato da Vg<br />

dominatus sum, ma Siriano bsjt = ga‘alti (?), “rigettare, ripudiare, disprezzare”, e<br />

LXX καὶ ἐγὼ ἠµέλησα αὐτῶν, «e io li ho disprezzati».<br />

REALIZZAZIONE DELLA NUOVA ALLEANZA (vv.33-34)<br />

«Ma questa»<br />

• «Dopo quei giorni», dopo la deportazione (cf. 24,5-7; 32,37-41); ma qui l’indicazione<br />

rappresenta la salvezza escatologica (cf. v.31).<br />

• La formula ribadisce il contenuto della rivelazione e alleanza sinaitica: il reciproco riconoscimento<br />

tra Dio e il suo popolo, l’adesione esclusiva al Signore, l’adempimento<br />

integro della legge. La novità sarà antropologica esplicata nei caratteri.<br />

1) Interiorità (cf. 24,5-7). La realtà nuova è interiore all’uomo: dalla torah sulla pietra alla<br />

torah nel cuore: la legge nell’intimo, scritta nel cuore.<br />

Prima la legge era una realtà esterna, scritta sulla pietra e spesso non in sintonia con la<br />

coscienza (cuore) dell’uomo. Al Sinai Dio parlava dall'alto del monte con un intermediario,<br />

Mosè (Es 20,18ss; Dt 5,23ss). Esisteva dunque un processo di discorso divino e di ascolto.<br />

Ora non si tratta di opporre l’obbedienza esteriore a quella interiore, come in Dt (obbedienza<br />

interiore e coscienziosa, «con tutto il cuore e con tutta l’anima»). Dio crea un nuovo<br />

uomo, interiormente rinnovato, capace di una perfetta obbedienza alla legge, ponendo la<br />

sua volontà direttamente nel cuore, cioè nella sede degli atteggiamenti e radice delle decisioni<br />

e azioni. Non esiste più il discorso-azione, maestro-discepolo, perché ciascuno e tutti<br />

da se stessi «conosceranno-riconosceranno» il Signore. La novità di Geremia è dunque a livello<br />

antropologico: Dio renderà nuovo l’intimo dell’uomo. In ciò si discosta anche da Osea<br />

e Isaia, dove pure il ravvedimento era a livello di promessa. Infatti, Geremia ritorna<br />

spesso sull’impossibilità umana riguardo alla comunione e alla fedeltà a Dio: l’uomo immerso<br />

nella propria colpa (2,21-22), il cuore perfido (בוּקָע), incurabile (סוּנָע, 17,9), ostinato<br />

(9,13; 13,10; 23,17), cattivo (3,17; 7,24; 11,8; 16,12; 18,12: sherîrût, cf. Sal 29,18; 81,13).<br />

Il peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro,<br />

184


con una punta di diamante è inciso<br />

sulla tavola del loro cuore e sugli angoli dei loro altari (Ger 17,1).<br />

Ora Dio cancella il peccato e vi scrive la legge, tocca il cuore. In tal modo, Geremia anticipa<br />

Ezechiele sull’effusione dello spirito di Dio nei “cuori di pietra”, che rende l’uomo<br />

capace di «conoscere» Dio (cf. Sal 51,12; Ger 4,4 e anche Ger 24,7 e 32, 39 sull’unità interiore<br />

26 ).<br />

2) Universalità o universale conoscenza di Dio: è compimento del primo carattere.<br />

Frase negativa/positiva, seguita da due kî 27 . Conoscere equivale a riconoscimento, relazione,<br />

familiarità con Dio; gli dei stranieri sono «sconosciuti» nella tradizione di Dt (cf.<br />

11,28; 13,3.14); adesione-obbedienza ai suoi comandi (Os 6). Ger aveva trovato assente tale<br />

conoscenza nei sacerdoti custodi della legge (2,8) e in generale nel popolo (4,22; 9,2).<br />

Stolto è il mio popolo: non mi conoscono,<br />

sono figli insipienti, senza intelligenza;<br />

sono esperti nel fare il male, ma non sanno compiere il bene» (Ger 4,22).<br />

Aveva spiegato al re Joiakim in che cosa essa consiste: praticare il diritto e la giustizia,<br />

tutelare la casa del povero e del misero. Suo padre Giosia «conosceva» il Signore, praticava<br />

queste cose, diversamente dal figlio.<br />

I tuoi occhi e il tuo cuore non badano che al tuo interesse,<br />

spargere il sangue innocente, commettere violenze e angherie (Ger 22,15-16).<br />

Ora la promette come dono istintivo (cf. anche 24,7), non una lezione imparata: ogni uomo<br />

avrà in cuore la volontà di Dio e vorrà unicamente il suo volere, sarà capace di una<br />

perfetta obbedienza.<br />

3) Perdono generale<br />

Dio offre un perdono pieno, un’amnistia («non ricordo»). La coscienza del peccato contristava<br />

Efraim (cf. 31,18-20) e ingenerava sfiducia nelle promesse. Un perdono totale,<br />

senza riserve, è il primo atto della riconciliazione: la grazia precede la conversione. Così<br />

si manifesta l’«amore eterno» sul quale la promessa del Signore si fonda (cf. 31,2-3).<br />

Così Egli rimane sempre «il Signore»(v.32). L’alleanza resta dono, sul modello antico,<br />

ma con un uomo rinnovato nell’intimo (nel cuore) e in grado di realizzarne il contenuto<br />

(v.33). L'attuazione si fonda in Dio che non rinuncia ad essere «Signore e Sposo».<br />

PASSI PARALLELI: Ger 24,5-7; 32,37-41<br />

Geremia 24,5-7: Il rinnovamento del cuore<br />

Il profeta vede due cesti di fichi, buoni e cattivi... Dio ha in serbo la salvezza escatologica<br />

per il suo popolo, il cui fondamento sarà la benevolenza divina: Dio guarderà gli esuli «per<br />

il loro bene», non più per punirli; ciò che compie è un dono. La salvezza ha due aspetti:<br />

• Un aspetto esterno: il ritorno degli esuli (quelli del 721 e del 587); ma il motivo storico<br />

si allarga a dimensione simbolico - escatologica. È descritto con i termini positivi della<br />

vocazione: stabilire non demolire, piantare non sradicare. Ogni aspetto negativo è eliminato.<br />

• La novità interiore: non sarà un ritorno alla condizione precedente. Tra il prima e il dopo<br />

esiste un abisso: il cuore umano sarà in grado di riconoscere JHWH (v.7); la comunità<br />

sarà composta di veri «fedeli».<br />

26 Ger 24,7: «Darò loro un cuore capace di conoscere che io sono il Signore»; 32,39: «darò loro un solo cuore e<br />

un solo modo di comportarsi», cioè un sentire e pensare unitari, una condotta morale coerente.<br />

27 Il testo: inizia con un doppio kî, che può avere significati diversi, es.: «conosceranno che io perdono» (sembra<br />

da escludersi), «mi riconosceranno quando/perché perdono)».<br />

185


Ger 32,37-41: il patto eterno - il timor di Dio nel cuore<br />

• Contesto: il campo comprato dal profeta è segno di speranza e liberazione.<br />

• Il risultato è il medesimo di Ger 31,31-34: le condizioni esterne di vita torneranno ad<br />

essere normali (vv.43-44), ma si avvera una situazione nuova (vv.37-41). La differenza<br />

è terminologica:<br />

a) Dio porrà nel cuore degli uomini il suo «timore»;<br />

b) Accentua l’aspetto comunitario: la comunità nuova, fedele;<br />

c) Manca il perdono dei peccati.<br />

Brevi osservazioni sul testo:<br />

Introduzione (v.36): we‘attah, «e ora». Entra una logica nuova, che Dio realizzerà in due tempi:<br />

1° tempo - azione esterna (vv.37-38)<br />

- inizio enfatico-annuncio.<br />

• Raccolta (צַבָק/בַצָק: assonanza tra «raccogliere» e «furore»)<br />

• Nuovo esodo: Dio «fa ritornare» (hašîbôtîm) - «fa abitare» hôšabtîm))<br />

• Formula di alleanza: suo ristabilimento come fatto giuridico<br />

2° tempo - trasformazione interiore (vv.39-41)<br />

- v.39: cuore e condotta integri (leb ’ehād derek ’ehad, «unico cuore, unica strada»). È l’unità della<br />

persona nella coscienza o capacità di decisione e nella forza morale coerente (il contrario in Sir<br />

1,28-30). Israele non sarà più un popolo diviso tra vari dei e fedeltà divergenti (cf. Ger 9,3). Così<br />

dice anche Elia:<br />

Fino a quando zoppicherete con due piedi?<br />

Se il Signore è Dio, seguitelo!<br />

Se, invece, lo è Baal, seguitelo! (1Re 18,21)<br />

È imposto l’aut aut, che si realizza nell’intimo dell’uomo (carattere interiore della nuova legge,<br />

31,33; 24,5-7) e nella pratica morale.<br />

Luca vede realizzata tale unità nella primitiva comunità cristiana: «un cuore solo e un anima sola»<br />

(At 4,32).<br />

- v.40: patto eterno nel cuore, espresso in termini dinamici: convergere o allontanarsi («non mi allontanerò»<br />

(di Dio) / non si allontaneranno (del popolo)»<br />

• «Il timore»: il termine significa obbedienza alla volontà di Dio 28 . È riverenza profonda, rispetto<br />

(non terrore) che mantiene il legame e include l’amore (cf. Dt 10,12-11,12; Sal 130,). Dio opera<br />

una specie di trapianto della sua volontà nel cuore dell’uomo.<br />

- v.41: impegno totale di Dio (cf. il giuramento in 31,35ss), «con tutto il mio cuore e la mia anima».<br />

È una audacia letteraria per esprimere l’azione salvatrice. È terminologia Deuteronomistica riferita<br />

a Dio. In Dt 6,5 è applicata all’uomo: «con tutto l’animo e con tutta l’intensità» (trad. Lohfink).<br />

L’intera persona con le sue capacità è coinvolta; esprime l’orientamento totale dell’esistenza verso<br />

il mistero divino 29 .<br />

L’insieme delle immagini esprime totalità e integrità: «patto eterno» (berît ‘ôlâm), «tutti i giorni»,<br />

«i figli che verranno dopo di loro» (= tutte le generazioni), «con tutto il cuore, con tutta l’anima».<br />

Giovanni parlerà di «pienezza» (Gv 1,14.16): Dio non risparmia il proprio figlio. L’iniziativa è sempre<br />

sua: parla, promette, si impegna con tutta la sua persona.<br />

Allo schema di esodo (v.37) corrisponde ora: un cuore solo (persona che ritrova la sua unità);<br />

un’unica strada nell’alleanza eterna dalla quale nessuno più si allontanerà (nessuna deviazione);<br />

l’essere «piantati» nella terra (cf. 1,10, verbo di vocazione). Si tratta quasi di un «esodo interiore»<br />

compiuto nell’intimo dell’uomo per dono del Signore.<br />

28 Cf. JENNI-WESTERMANN, Dizionario teologico dell’AT, p. 661ss.<br />

29 Cf. N. LOHFINK, Ascolta Israele. Esegesi di testi del Deuteronomio (Studi Biblici 2), Paideia, p. 42ss.<br />

186


La nuova alleanza in Ezechiele<br />

Premessa<br />

Quando parla del nuovo Israele Ezechiele prevede un’esistenza di carattere storico e anche<br />

politico nella terra: ritorno, fecondità del popolo e della terra nuovamente coltivata (cf.<br />

36,9.29. 35.37; cc.40-48). Ma, per quanto importanti siano le circostanze esteriori, il mutamento<br />

avviene nella interiorità dell’uomo che corrisponde a una nuova creazione.<br />

Ez 36,26-38<br />

CONTESTO. 36,1-15 narra la rivincita dei monti di Israele su Edom (cf. c.35); 36,16-38 è un<br />

oracolo di restaurazione (castigo e riconciliazione)<br />

vv.16-21: Il passato - peccato e castigo<br />

• Esilio e diffamazione di Dio; liberazione per il suo «buon Nome»<br />

• stile: riassunto storico - liturgia penitenziale<br />

vv.22-38: Il futuro - restaurazione<br />

- vv.22-24: dall’ira alla grazia - azione esterna: il ritorno inizia la restaurazione;<br />

- vv.25-28: trasformazione interiore (nuova alleanza)<br />

- vv.29-38: benedizioni varie<br />

ANALISI<br />

Azione esterna: il ritorno degli esiliati (vv.22-24)<br />

- Alla base della liberazione è il «Nome» di Dio, la sua fama, come davanti al Mar Rosso<br />

(Sal 106,8, cf. Ez 20,8-9.14; 39,25). Dio ritorna alle origini, ma la sua azione è ora esaltata<br />

dall’infedeltà precedente.<br />

- Castigo e liberazione avvengono in un un’orizzonte internazionale. Dio compromette il<br />

suo nome nei fatti della storia, scegliendo Israele. La rivelazione passa attraverso le vicissitudini<br />

di un popolo che egli si è scelto: «in voi», o «per mezzo vostro».<br />

- Sullo sfondo percepiamo le difficoltà storiche del ritorno.<br />

Trasformazione interiore (vv.25-28)<br />

- Ez 36,25s e Sal 51 riportano il medesimo schema, il primo in forma di promessa, in forma<br />

di supplica il secondo: purificazione totale (v.25 e Sal 51,4.9 lavare 3.11 (cancellare);<br />

cuore nuovo (v.26 e Sal 51,12); spirito nuovo (v.27 e Sal 51,12-14 spirito saldo, santo, generoso,<br />

v.19 spirito contrito).<br />

• Purificazione (v.25) con rito liturgico che segna il passaggio dal disordine a una<br />

nuova fase della vita. L’autore usa una terminologia cultuale: l'aspersione con acqua<br />

pura (mayyim tehôrîm, cf mê niddâ Nm 19,20-22, acqua di purificazione), per purificare<br />

da tûmāh (sozzura) e gillûl (idoli). È Dio che asperge, non un sacerdote, perché<br />

nessuno è puro.<br />

• Cuore nuovo (v.26). Spirito e cuore nuovi – la nuova creazione.<br />

Darò loro un nuovo cuore e metterò nel loro intimo un ruăH nuovo;<br />

toglierò dal loro petto il cuore di pietra, e darò loro un cuore di carne.<br />

187


«Cuore» designa la realtà razionale dell’uomo (conoscenza e volontà 30 ): Dio dà una<br />

nuova coscienza, conoscenza e orientamento nuovi, uniti a capacità di decisione (cf.<br />

v. 27 e 11,20: seguire, osservare, mettere in pratica). È superamento di Gen 6,5; 8,21.<br />

La parenesi deuteronomistica esortava all'interiorità, sincerità, lealtà totale (cf. Dt<br />

4,29: cercare il Signore con tutto il cuore; 6,5: amare con tutto il cuore; 10,12: tutto il<br />

cuore e tutta l’anima; 10,16: circoncidere il cuore; 30,2.6. 10.4: bocca e cuore). Ora<br />

l’idea è più radicale: occorre un «trapianto» che modifichi l’uomo per garantire l'obbedienza<br />

piena. È una nuova creazione (cf. 11,19; Ger 31,31ss).<br />

Il «cuore di pietra» è un cuore morto (cf. 1Sam 25,37), sclerotico, che ha perso ogni<br />

recettività e rende le altre membra incapaci di funzionare. Il «cuore di carne», al contrario,<br />

è un cuore vivo, pieno di intelligenza e capace di indurre a un agire nuovo<br />

(«carne»-רָשָׂבּ in senso positivo).<br />

• Spirito nuovo (v.27). È terminologia <strong>profeti</strong>ca: lo spirito è il principio vitale della<br />

nuova esistenza, che dà al cuore la capacità di conoscere e la forza per la piena obbedienza<br />

(cf. Ger 32,39: il «timore»; Ez 11,19-20; 18,31: l’invito, «formatevi un cuore<br />

nuovo»). Sal 51 implora uno spirito nuovo, santo e generoso, e apprezza il cuore contrito<br />

o spezzato. Come il «respiro del Signore» introduceva il principio vitale nella<br />

«polvere» rendendo l’uomo «essere/שֶׁפֶנ vivente» (Gn 2,7), così il nuovo intervento di<br />

Dio crea una realtà nuova nel cuore dell’uomo, introduce un nuovo dinamismo e<br />

principio vitale nella sua esistenza.<br />

Allora la formula di alleanza (v.28) tante volte invalidata dal popolo comincerà ad<br />

essere realtà. Del passato resterà solo il disgusto e il disprezzo (vv.31-32). La terra<br />

non sarà più contaminata grazie all'osservanza della torah. Da questo fatto derivano le<br />

benedizioni.<br />

• Benedizioni ed effetti (vv.29-38): la terra “Nuovo Eden” contrassegnato dalla fecondità,<br />

che si riflette in campi, città e popolazione:<br />

- fecondità (vv.29-30), schematizzata in tre elementi: grano (opposto a carestia), frutti<br />

degli alberi e prodotto dei campi (opposti a fame);<br />

- campi e città (vv.33-36), schema agricolo e urbano;<br />

- popolazione numerosa, popolo consacrato (vv.37-38: aggiunte, cf. la conclusione al<br />

v.36).<br />

Il ritorno nella terra, resa pura e feconda, rappresenta la realizzazione dell’Eden del<br />

quale è simbolo (vv.28-36). E il popolo «gregge consacrato» (vv.37-38, inclusione<br />

con 34) è la nuova comunità espressa in terminologia sacerdotali.<br />

Il risultato finale è una nuova creazione che tocca la dimensione personale dell'uomo<br />

(cuore e spirito) e comunitaria (la nuova comunità del popolo fedele e consacrato); la<br />

nuova creazione coinvolge il cosmo come l’alleanza di Noè (la Terra nuovo Eden, cf<br />

anche Is 55).<br />

Ez 11,17-20<br />

Ritroviamo lo schema di Ez 36: ritorno ed eliminazione degli idoli (vv.17-18, cuore e spirito<br />

nuovi, che permettono piena obbedienza alla legge (v.19), formula di alleanza (v.20). Ritorna<br />

l’uso positivo di רָשָׂבּ a indicare l’essere vivente con una valutazione positiva del<br />

comportamento umano: il cuore vivo opposto a quello di pietra.<br />

Io allontanerò dalla loro carne il cuore di pietra<br />

e darò loro un cuore di carne.<br />

30 Per il concetto di “cuore”, cf. H.W. WOLFF, Antropologia dell’AT, Queriniana, Brescia 1975, pp. 58-83.<br />

188


Osservazioni conclusive<br />

1. Linguaggio sacerdotale e <strong>profeti</strong>co di Ezechiele. La trasformazione che Dio opera avviene<br />

in base a due principi: acqua pura delle abluzioni rituali e dono dello spirito, tema caro<br />

alle correnti <strong>profeti</strong>che. Questo unisce Dio e il popolo (36,27 e 39,29) in quanto segno di<br />

stretta e immediata relazione, ma vi è anche la relazione cultuale, dove il popolo incontra<br />

Dio per mezzo di un mediatore legato a precise regole liturgiche.<br />

2. Confronto tra Geremia ed Ezechiele<br />

a) parallelismo. Sembra quasi che Ezechiele abbia avuto presente il testo di Geremia, soprattutto<br />

32,37ss:<br />

• Il fine dell’azione divina è lo stesso: la creazione di un nuovo popolo fedele;<br />

• La purificazione e perdono dei peccati: Ger 31,34b = Ez 36,25<br />

• Intervento sul cuore umano, «trapianto», per renderlo capace di obbedienza. È una<br />

specie di «azione sacramentale», che produce ciò che significa, come nelle vocazioni<br />

dei <strong>profeti</strong> (Is 6: il carbone acceso; 1Gv: il battesimo nell’acqua, spirito e fuoco).<br />

b) divergenze:<br />

• Alleanza. In Ger il richiamo è esplicito (alleanza nuova, eterna), implicito in Ez, ma<br />

contiene la formula di alleanza in 36,28 e 11,20 (cf. del resto, 34,25 e 37,26);<br />

• Ez è più ricco di particolari. Dio toglie il cuore indurito (di pietra), pone un cuore nuovo,<br />

di carne (trapianto); aggiunge lo spirito;<br />

• Nelle conseguenze Ez è più spinto. Quando Israele si ricorderà della condizione passata<br />

proverà vergogna e orrore di se stesso (36,31). La nuova creazione realizza il progetto<br />

paradisiaco dell’Eden, coinvolgendo l’uomo e il cosmo, e si riversa nella nuova comunità.<br />

3. Osservazioni più generali<br />

L’intervento gratuito di Dio (amore eterno/buon nome) risponde alla situazione umana ritenuta<br />

insuperabile e significa che la grazia precede l’azione umana. Oggi il messaggio<br />

continua ad alimentare una speranza fondata sull'amore divino, che il NT attualizza in Eb<br />

8,8ss; 10,16.<br />

Nasce l’uomo nuovo e avviene una «nuova creazione» mediante (a) una purificazione<br />

generale (acqua, amnistia), (b) un intervento nell’intimo dell'uomo (cuore: coscienza, conoscenza,<br />

capacità di decisione: Ger 24,7; 32,39; Ez 36,26; 11,19-20), che determina una<br />

nuova capacità (il cuore di pietra diviene cuore di carne); (c) l’infusione di un nuovo principio<br />

dinamico e vitale: il ruăḥ di Dio che muoveva i <strong>profeti</strong> e il servo del Signore determina<br />

il principio della vita religiosa, il timore del Signore.<br />

Rinnovato interiormente, l’uomo ritrova l’unità interiore ed è in grado di accogliere<br />

l’alleanza. Alla fedeltà di Dio risponde la fedeltà dell’uomo (דֶסֶח). Il frutto si restende a<br />

una nuova dimensione comunitaria.e al nuovo cosmo rappresentato nella Terra. Il passato<br />

serve di modello. Ma emerge anche una nuova immagine di Dio: proietta e progetta il futuro,<br />

mondo e uomo nuovi (= escatologia e speranza), in prospettiva universale.<br />

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