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Tale cemento, detto Pozzolanico, deve la sua tenacità all’elevato tenore di fasi<br />

alluminate che ne promuovono un’efficiente idratazione. La fine macinazione e<br />

l’attenzione alla composizione furono fondamentali per il successo del cemento<br />

romano resistente ancora oggi in imponenti strutture, quali ad esempio la<br />

Basilica di Costantinopoli o gli acquedotti.<br />

Figura 1.1 Acquedotto romano costruito a Segovia, Spagna.<br />

In Europa, con la caduta del Romano Impero, l’arte della produzione del<br />

cemento venne meno, ed esso fu sostituito da altri leganti idraulici quali calce e<br />

gesso..<br />

Non ci furono significativi passi avanti nello sviluppo della chimica del<br />

cemento fino al 1756, quando all’ingegnere John Smeaton fu commissionata la<br />

ricostruzione del faro di Eddistone in Cornovaglia, Inghilterra. Contrariamente<br />

ai materiali usati dai suoi contemporanei, Smeaton raggiunse risultati migliori<br />

attraverso l’uso di calce impura, ottenendo un prodotto estremamente<br />

resistente.<br />

Nel 1824, il muratore Joseph Aspdin depositò il brevetto di tale cemento (brev.<br />

BP 5022: 1824 “An Improvement in the Modes of Production an Artificial<br />

Stone”) che venne ufficialmente riconosciuto come cemento Portland grazie<br />

alla somiglianza nell’aspetto alla roccia di Portland, un’isola della contea di<br />

Dorset in Inghilterra.<br />

Nel corso del 20° secolo, la produzione di cemento divenne comune, ma era<br />

ancora vista più come arte che come scienza: l’ attenzione era focalizzata sulla<br />

produzione di massa più che sul controllo di composizione e qualità. Presto<br />

però, grazie allo sviluppo scientifico in corso nel campo chimico-fisico, (le<br />

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