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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO<br />

Facoltà di Scienze M.F.N.<br />

Corso di Laurea Magistrale in Scienza dei Materiali<br />

A.A. 2007-2008<br />

TESI DI LAUREA<br />

Nuovo approccio per il monitoraggio<br />

dell’idratazione iniziale di un cemento<br />

Portland di Tipo I per mezzo di analisi<br />

XRD/Rietveld<br />

Relatore:<br />

Giovanni FERRARIS<br />

Candidato:<br />

Francesco ARDIZZONE


Se un uomo parte con delle certezze finirà con dei dubbi;<br />

ma se si accontenta di iniziare con qualche dubbio,<br />

arriverà alla fine con delle certezze.<br />

(Francis Bacon)


Indice<br />

PREFAZIONE 1<br />

Capitolo 1<br />

CHIMICA DEL CEMENTO<br />

1.1 Introduzione 7<br />

1.2 Produzione del cemento Portland 9<br />

1.3 Fasi mineralogiche del cemento Portland 15<br />

1.4 Minerali del clinker: analisi mineralogica 17<br />

1.4.1 Alite 19<br />

1.4.2 Belite 21<br />

1.4.3 Celite 23<br />

1.4.4 Alluminati 25<br />

1.5 Proprietà idrauliche delle singole fasi 27<br />

Capitolo 2<br />

PROCESSO DI IDRATAZIONE DEL CEMENTO<br />

PORTLAND<br />

2.1 Introduzione 28<br />

2.2 Idratazione dei silicati 30<br />

2.2.1 Generalità 30<br />

2.2.2 Idrossido di calcio 33<br />

2.2.3 C-S-H gel 33<br />

2.2.4 Fasi cristalline correlate alla struttura del C-S-H gel 34<br />

2.3 Idratazione dei solfo-alluminati 37<br />

2.3.1 Generalità 37<br />

2.3.2 Fasi AFm 38<br />

2.3.3 Fasi AFt 39<br />

2.4 Presa ed indurimento del cemento Portland 41<br />

2.5 Calore di idratazione 44<br />

i


Capitolo 3<br />

METODOLOGIE ANALITICHE UTILIZZATE NEL CORSO<br />

DEL LAVORO<br />

3.1 Introduzione 46<br />

3.2 Diffrazione dei raggi X 46<br />

3.2.1 Generalità 46<br />

3.2.2 Relazione di Bragg 48<br />

3.2.3 Fattore di struttura 49<br />

3.2.4 Metodo delle polveri 52<br />

3.2.5 Strumentazione 53<br />

3.3 Calorimetria isotermica 56<br />

3.3.1 Generalità, strumentazione e funzionamento 56<br />

3.4 Termogravimetria 57<br />

3.4.1 Generalità 57<br />

3.4.2 Strumentazione e funzionamento 57<br />

Capitolo 4<br />

CALCOLO DELLA COMPOSIZIONE MINERALOGICA DI<br />

UN CEMENTO PORTLAND<br />

4.1 Introduzione 59<br />

4.2 Metodo di affinamento di Rietveld 60<br />

4.2.1 Generalità 60<br />

4.2.2 Principi del metodo 61<br />

4.2.3 Software di calcolo 65<br />

4.2.4 Procedura di avvio dell’affinamento 68<br />

Capitolo 5<br />

METODO DI CALCOLO PER LA CORREZIONE<br />

DELL’ANALISI MINERALOGICA XRD in-situ<br />

5.1 Introduzione 69<br />

5.2 Metodo dello standard interno per la stima della componente<br />

amorfa 70<br />

5.3 Metodo di calcolo per la stima del prodotto di idratazione<br />

amorfo C-S-H e dell’acqua libera 71<br />

5.3.1 Stima stechiometrica C-S-H 71<br />

5.3.2 Stima acqua libera 72<br />

5.4 Determinazione del tenore di materiale amorfo 73<br />

5.5 Conclusioni 73<br />

ii


SEZIONE SPERIMENTALE<br />

INTRODUZIONE 75<br />

Capitolo 6<br />

MATERIALI<br />

6.1 Cementi 77<br />

6.2 Standard interni 78<br />

Capitolo 7<br />

METODI<br />

7.1 Diffrazione dei raggi X/Rietveld (XRD/Rietveld) 82<br />

7.1.1 Generalità 82<br />

7.1.2 Analisi XRPD/Rietveld 83<br />

7.1.2.1 Preparazione del campione per l’analisi XRPD 83<br />

7.1.3 Analisi XRD/Rietveld in-Situ 86<br />

7.1.3.1 Preparazione del campione per l’analisi<br />

XRD in-situ 86<br />

7.1.4 Affinamento di Rietveld dei dati XRD 87<br />

7.2 Calorimetria isotermica (TAM) 89<br />

7.2.1 Generalità 89<br />

7.2.2 Preparazione del campione per l’analisi TAM 89<br />

7.3 Termogravimetria (TGA) 90<br />

7.3.1 Generalità 90<br />

7.3.2 Preparazione del campione per l’analisi TGA 91<br />

Capitolo 8<br />

DEFINIZIONE DELLE CINETICHE DI IDRATAZIONE<br />

8.1 Generalità 92<br />

8.2 Risultati e commenti 92<br />

Capitolo 9<br />

SCELTA DELLO STANDARD INTERNO<br />

9.1 Effetti sulle cinetiche di idratazione 94<br />

9.1.1 Generalità 94<br />

9.1.2 Risultati e commenti 94<br />

9.2 Effetti sulle misure XRD/Rietveld 95<br />

9.2.1 Generalità 95<br />

9.2.2 Risultati e commenti 96<br />

9.3 Conclusioni 97<br />

iii


Capitolo 10<br />

ANALISI MINERALOGICA QUANTITATIVA<br />

XRPD/RIETVELD DEGLI IMPASTI<br />

10.1 Generalità 98<br />

10.2 Problematiche connesse con la preparazione del campione 98<br />

10.3 Conclusioni 101<br />

Capitolo11<br />

ANALISI MINERALOGICA QUANTITATIVA<br />

XRD/RIETVELD in-situ DEGLI IMPASTI<br />

11.1 Generalità 102<br />

11.2 Risultati e commenti 102<br />

11.3 Problematiche connesse con la misura 114<br />

Capitolo12<br />

ANALISI TERMOGRAVIMETRICA DEGLI IMPASTI<br />

12.1 Generalità 119<br />

12.2 Risultati e commenti 121<br />

CONCLUSIONI 125<br />

SVILUPPI FUTURI 128<br />

APPENDICE I<br />

I Analisi XRD/Rietveld in-situ – campione CemA I<br />

II Analisi XRD/Rietveld in-situ – campione Cemb XVI<br />

RINGRAZIAMENTI XXIV<br />

BIBLIOGRAFIA XXV<br />

iv


PREFAZIONE<br />

L<br />

a conoscenza delle proprietà microstrutturali e della<br />

composizione mineralogica di un cemento è di basilare<br />

interesse nella previsione delle proprietà chimico-fisiche da<br />

esso sviluppate; in questa ottica, le aziende produttrici fanno largo uso della<br />

tecnica di diffrazione di raggi X da polveri (XRPD) in abbinamento al metodo<br />

di affinamento di Rietveld, nei loro laboratori di ricerca e sviluppo.<br />

Tale metodo confronta un diffrattogramma digitale, osservato<br />

convenzionalmente, ed un difrattogramma calcolato che viene creato a partire<br />

dai dati strutturali delle fasi presenti nel sistema e dai parametri strutturali dello<br />

strumento. Questi dati vengono combinati in un file di controllo e vengono<br />

affinati per punti in maniera iterativa, normalmente con il metodo dei minimi<br />

quadrati.<br />

Il risultato è un sistema affidabile, preciso e altamente riproducibile per<br />

valutare l'abbondanza relativa delle fasi mineralogiche cristalline presenti in un<br />

cemento.<br />

Recentemente, questo metodo è stato impiegato per la determinazione<br />

quantitativa dell'evoluzione mineralogica di una pasta di cemento.<br />

Il metodo di analisi utilizzato tradizionalmente nei laboratori consiste nel<br />

preparare diverse aliquote di campione da un unico impasto di acqua e cemento<br />

(ad un determinato rapporto w/c, water-to-cement ratio), aliquote la cui<br />

idratazione verrà arrestata, a determinate scadenze, rimuovendo l'eccesso di<br />

acqua tramite lavaggio con un solvente organico (acetone o metanolo) e<br />

successiva essiccazione in stufa a circa 40 °C per 24 ore. Alcuni ricercatori<br />

sostengono però che i solventi organici ed il trattamento termico utilizzati per<br />

1


la disidratazione possano alterare la microstruttura di alcune delle fasi<br />

mineralogiche presenti nel cemento, particolarmente per quanto la fase idrata<br />

trisolfoalluminato di calcio (minerale conosciuto come ettringite) [Le Saoût et<br />

al., 2001].<br />

Questo metodo non permette inoltre di avere informazioni composizionali<br />

riguardanti i primi periodi dell’idratazione, non è infatti materialmente<br />

possibile effettuare il trattamento di preparazione del campione per l’analisi.<br />

Nelle prime ore successive al mescolamento con l’acqua la pasta di cemento è<br />

infatti priva di consistenza e si presenta come un fluido viscoso, che non può<br />

essere quindi frantumato e sottoposto al trattamento di disidratazione.<br />

Le prime ore di idratazione influenzano però fortemente le proprietà finali della<br />

pasta indurita, per questo l’analisi mineralogica dell’impasto risulta essere una<br />

chiave di lettura per capire i meccanismi che hanno luogo durante l’intero<br />

processo di idratazione. È quindi di basilare importanza seguire l’evoluzione<br />

della composizione mineralogica del sistema già nelle prime ore successive al<br />

contatto della polvere anidra con l’acqua di impasto.<br />

Una nuova tecnica di analisi che permette di monitorare in maniera<br />

pseudo-continua l'evoluzione della composizione mineralogica della pasta di<br />

cemento durante l'idratazione iniziale è la diffrazione di raggi X in-situ in<br />

abbinamento al metodo di Rietveld, si tratta cioè di eseguire misure di<br />

diffrazione di raggi X direttamente sull’impasto senza arrestarne l'idratazione.<br />

Tale analisi necessita di un porta campione stagno, che permetta di non avere<br />

evaporazione dell'acqua di impasto, e di un rilevatore che permetta di registrare<br />

l'intero spettro in tempi ragionevoli, trattandosi di un sistema in evoluzione.<br />

Una polvere di cemento anidro è costituita da una miscela di diverse<br />

fasi mineralogiche ad elevata cristallinità, si tratta di un sistema che si presta<br />

quindi molto bene ad essere analizzato con tecniche di diffrazione dei raggi X.<br />

Il problema, nei sistemi idratati, è la presenza di una rilevante frazione di<br />

materiale amorfo; come infatti vedremo nel capitolo dedicato al processo di<br />

idratazione, una pasta indurita di cemento Portland ordinario è costituita da una<br />

miscela di diverse fasi mineralogiche tra le quali predominano un silicato di<br />

calcio idrato scarsamente cristallino (C-S-H, calcium silicate hydrate).<br />

La presenza di una rilevante frazione di materiale amorfo causa un generale<br />

allargamento dei picchi e l’aumento del rumore di fondo nei diffrattogrammi<br />

2


misurati. In Figura 1, relativa ad una pasta di cemento a 28 giorni<br />

dall’idratazione, si può notare come nello spettro siano presenti due gibbosità a<br />

circa 29° e 50° (2θ Cu Kα) corrispondenti alla fase C-S-H. Queste non<br />

vengono interpolate dal software di calcolo utilizzato per l’analisi di Rietveld,<br />

non potendo includere il pattern del C-S-H nel file di controllo, a causa della<br />

mancanza di dati strutturali.<br />

Questo determina errori di misura, in particolare si riflette in una sovrastima<br />

sulle quantità percentuali delle fasi mineralogiche cristalline inserite nel file di<br />

controllo per l’affinamento di Rietveld. Il software per di analisi fornisce infatti<br />

una stima quantitativa normalizzata a 1 sulle fasi cristalline inserite<br />

nell’affinamento. È perciò necessario utilizzare uno standard interno cristallino<br />

aggiunto in quantità nota, in modo da stimare l'ammontare di materiale amorfo<br />

e correggere così le percentuali delle fasi cristalline costituenti il sistema.<br />

Figura 1 Spettro di diffrazione osservato e calcolato di una pasta di<br />

cemento a 28 giorni dall’idratazione, la curva in basso mostra la differenza tra i<br />

dati misurati e calcolati. [Le Saoût et al., 2001]<br />

La fase C-S-H costituisce il più abbondante prodotto di idratazione di un<br />

cemento Portland ordinario (OPC). Seppur questa fase non sia rilevabile<br />

tramite tecniche XRD, si può aggirare il problema della sua quantificazione<br />

3


stimandone l’abbondanza in maniera stechiometrica, a partire dalla fase<br />

cristallina idrata ad essa correlata, l’idrossido di calcio. In questo modo risulta<br />

possibile correggere ulteriormente la frazione di amorfo fin qui calcolata.<br />

Per la tecnica in-situ nasce un'ulteriore complicazione: oltre ai prodotti<br />

di idratazione scarsamente cristallini c'è da considerare l'acqua libera, cioè<br />

l'acqua che non ha ancora preso parte alle reazioni di idratazione, questa si<br />

comporta come le altre fasi amorfe e contribuisce al rumore di fondo della<br />

misura, concorrendo ad aumentare l'imprecisione dell'analisi di Rietveld.<br />

Per avere dei risultati ragionevoli da un'analisi mineralogica quantitativa<br />

XRD/Rietveld in-situ su campioni di cemento idratati è quindi necessario<br />

discriminare l'acqua libera dall'acqua legata nei prodotti di idratazione (o acqua<br />

cristallina), in modo da poterla così sottrarre alla percentuale di materiale<br />

amorfo, ottenuta con il metodo dello standard interno.<br />

La procedura, nel suo complesso, richiede diversi passi e risulta in fine in una<br />

quantificazione percentuale in peso (normalizzata a 1) di fasi mineralogiche<br />

cristalline (anidre ed idrate), fasi mineralogiche amorfe, acqua libera e<br />

materiale amorfo non identificato.<br />

Nel corso della Tesi vengono trattati i due metodi di analisi<br />

mineralogica quantitativa su cementi idratati; il metodo tradizionale è stato<br />

abbandonato a favore della tecnica in-situ, dopo aver verificato che la<br />

procedura di preparazione del campione per l’analisi ne alterava le<br />

caratteristiche.<br />

Il corpo del progetto di Tesi consiste nell’applicazione del metodo<br />

XRD/Rietveld in-situ a paste di cemento, attraverso lo sviluppo di un metodo<br />

di calcolo che consenta la correzione dei risultati sperimentali, affetti dai già<br />

accennati errori sistematicamente connessi alla misura.<br />

L’aspetto innovativo di questo lavoro risiede nell’integrazione,<br />

all’interno di un’unica procedura analitica, di diversi accorgimenti, finora<br />

trattati separatamente in letteratura - [Le Saoût et al., 2001], (Metodo dello<br />

standard interno); [Goetz-Neunhoeffer et al. 2006], [Neubauer et al., 2006]<br />

(stima C-S-H e acqua libera) - necessari al fine di permettere l’applicazione<br />

dell’analisi XRD/Rietveld a sistemi di cemento idratati.<br />

4


Al fine di verificare la consistenza dei risultati ottenuti, sono state eseguite<br />

delle analisi incrociate, tramite misure termogravimetriche (TGA).<br />

Nel seguito viene affrontata una breve discussione sul contenuto dei<br />

capitoli, al fine di illustrare la struttura della Tesi.<br />

• Capitolo 1. Introduzione alla chimica del cemento Portland: materie<br />

prime, produzione e costituenti mineralogici.<br />

• Capitolo 2. Descrizione del processo di idratazione del cemento:<br />

reazioni, cinetica e prodotti di idratazione.<br />

• Capitolo 3 Cenni teorici riguardanti le tecniche sperimentali utilizzate<br />

nel corso del lavoro, particolare attenzione viene posta sulla tecnica di<br />

diffrazione dei raggi X..<br />

• Capitolo 4. Trattazione dei metodi di analisi per la conoscenza della<br />

composizione mineralogica quantitativa di un cemento: principi del<br />

metodo di affinamento di Rietveld.<br />

• Capitolo 5. Sviluppo della procedura analitica per la correzione<br />

dell’analisi di Rietveld applicata a campioni di cemento idratato:<br />

determinazione del materiale amorfo, stima del quantitativo di fase<br />

amorfa C-S-H e dell’acqua libera presenti nel sistema.<br />

• Capitolo 6. Specifiche dei materiali oggetto di indagine.<br />

• Capitolo 7. Metodologie analitiche utilizzate nel corso del lavoro:<br />

generalità e preparazione dei campioni.<br />

• Capitolo 8. Studio cinetico del processo di idratazione del cemento:<br />

individuazione dei periodi di maturazione di interesse analitico per il<br />

monitoraggio dell’evoluzione mineralogica del sistema, nel corso del<br />

processo di idratazione.<br />

5


• Capitolo 9. Scelta dello standard interno da utilizzare per la valutazione<br />

del quantitativo di materiale amorfo presente nella pasta di cemento.<br />

• Capitolo 10. Analisi mineralogica quantitativa XRPD su cementi<br />

idratati: verifica delle problematiche connesse con il metodo.<br />

• Capitolo 11. Applicazione della tecnica XRD in-situ con l’ausilio del<br />

metodo di calcolo per la correzione dei risultati.<br />

• Capitolo 12. Analisi termogravimetrica dei campioni idratati:<br />

quantificazione di uno dei principali prodotti di idratazione (idrossido<br />

di calcio, CH) e confronto con i risultati ottenuti dalle analisi riportate<br />

nel capitolo 11.<br />

• Conclusioni. Vantaggi derivanti dall’utilizzo del metodo XRD/Rietveld<br />

in-situ, considerazioni critiche sui limiti delle metodologie utilizzate e<br />

possibili sviluppi futuri.<br />

6


Capitolo 1<br />

CHIMICA DEL CEMENTO<br />

1.1 Introduzione<br />

Un settore ben attivo nell’ ambito della ricerca scientifica è rappresentato dallo<br />

sviluppo di nuovi materiali per un vasto campo di applicazioni. In questo<br />

contesto si rischia di perdere di vista l’importanza di materiali comuni che<br />

sono di vitale importanza in molti ambiti della vita quotidiana.<br />

Il cemento fa parte di questi materiali ed i connessi problemi chimici e<br />

strutturali coinvolgono numerosi aspetti propri della moderna scienza dei<br />

materiali.<br />

Cemento e materiali da esso derivati costituiscono alcuni dei primi materiali<br />

strutturali sfruttati dall’ uomo. I precursori del cemento sono materiali naturali<br />

(sabbia, ossido di calcio e acqua) che, una volta miscelati, danno origine ad una<br />

pasta di silicati di calcio idrati ed essenzialmente cristallini formanti una densa<br />

matrice, la cui principale proprietà prende il nome di idraulicità - ovvero<br />

capacità di fare presa e rimanere insolubile a contatto con l’acqua.<br />

Il cemento può essere utilizzato come malta per legare unità costruttive oppure<br />

in combinazione con una miscela adeguatamente proporzionata di sabbia ed<br />

aggregati per dare luogo ad un composito chiamato calcestruzzo.<br />

Le prime applicazioni del cemento risalgono agli antichi Romani, i<br />

quali producevano malte da una miscela di ossido di calcio, ceneri vulcaniche<br />

(pozzolane) e argilla frantumata.


Tale cemento, detto Pozzolanico, deve la sua tenacità all’elevato tenore di fasi<br />

alluminate che ne promuovono un’efficiente idratazione. La fine macinazione e<br />

l’attenzione alla composizione furono fondamentali per il successo del cemento<br />

romano resistente ancora oggi in imponenti strutture, quali ad esempio la<br />

Basilica di Costantinopoli o gli acquedotti.<br />

Figura 1.1 Acquedotto romano costruito a Segovia, Spagna.<br />

In Europa, con la caduta del Romano Impero, l’arte della produzione del<br />

cemento venne meno, ed esso fu sostituito da altri leganti idraulici quali calce e<br />

gesso..<br />

Non ci furono significativi passi avanti nello sviluppo della chimica del<br />

cemento fino al 1756, quando all’ingegnere John Smeaton fu commissionata la<br />

ricostruzione del faro di Eddistone in Cornovaglia, Inghilterra. Contrariamente<br />

ai materiali usati dai suoi contemporanei, Smeaton raggiunse risultati migliori<br />

attraverso l’uso di calce impura, ottenendo un prodotto estremamente<br />

resistente.<br />

Nel 1824, il muratore Joseph Aspdin depositò il brevetto di tale cemento (brev.<br />

BP 5022: 1824 “An Improvement in the Modes of Production an Artificial<br />

Stone”) che venne ufficialmente riconosciuto come cemento Portland grazie<br />

alla somiglianza nell’aspetto alla roccia di Portland, un’isola della contea di<br />

Dorset in Inghilterra.<br />

Nel corso del 20° secolo, la produzione di cemento divenne comune, ma era<br />

ancora vista più come arte che come scienza: l’ attenzione era focalizzata sulla<br />

produzione di massa più che sul controllo di composizione e qualità. Presto<br />

però, grazie allo sviluppo scientifico in corso nel campo chimico-fisico, (le<br />

8


nuove regole delle fasi di Gibbs, il principio di equilibrio di Le Châtelier per<br />

esempio) si ebbe un approccio più scientifico ed orientato alla ricerca.<br />

Più recentemente, lo sviluppo di tecniche di caratterizzazione dei materiali,<br />

come diffrazione di raggi-X, microscopia elettronica, risonanza magnetica<br />

nucleare, spettroscopia infrarossa e analisi termica, ha permesso un’analisi<br />

sistematica della chimica e delle fasi del cemento nonchè dei complicati<br />

processi riguardanti la sua produzione e idratazione.<br />

1.2 Produzione del cemento Portland<br />

La fabbricazione di cemento Portland avviene secondo un processo a 3 stadi:<br />

1. preparazione della miscela grezza delle materie prime (ossido di calcio<br />

sabbia e argilla);<br />

2. produzione del clinker (materiale granulato precursore della polvere di<br />

cemento); il termine è derivato dall’industria del carbone che nel XIX<br />

secolo così descriveva il materiale, simile a pietre, derivante dalla<br />

combustione del carbone;<br />

3. preparazione del cemento.<br />

La frazione secca di un clinker Portland è composta da circa: 60% di ossido di<br />

calcio, 20% di ossido di silicio, 6% di ossido di alluminio, 3% di ossido di<br />

ferro e piccole quantità di elementi minori, incluse delle possibili impurezze.<br />

Silicati e alluminati di calcio dominano comunque la struttura.<br />

La letteratura del cemento fa uso di abbreviazioni per i vari costituenti<br />

mineralogici, come illustrato in Tabella 1.1.<br />

9


Tabella 1.1 Costituenti mineralogici di un cemento e relativa nomenclatura.<br />

[MacLaren et al., 2003]<br />

I precursori utilizzati per la produzione del clinker di Portland<br />

comprendono minerali calcarei e argillosi, cioè minerali contenenti<br />

principalmente ossidi di calcio, silice, alluminio, ferro e magnesio.<br />

Le argille sono fonte di alluminio e silicio e possono contenere uno o più tipi di<br />

minerali argillosi, riconducibili ai gruppi di Caolinite, Montmorillonite, Illite,<br />

Cloriti, Mica, Anfiboli. . Altre fonti di silice sono quarzo, opale, feldspati, etc.<br />

in Tabella 1.2 vengono elencati i tipi di minerali argillosi utilizzati per la<br />

manifattura del cemento.<br />

Come precursori dell'ossido di calcio viene solitamente utilizzato il calcare,<br />

ulteriori fonti sono gesso o altri depositi contenenti principalmente calcite o<br />

dolomite.<br />

Ordinariamente si utilizzano calcare e argilla, estratti in cave poste in<br />

prossimità degli stabilimenti; talvolta, quando la composizione delle materie<br />

prime individuate in prossimità dello stabilimento non è soddisfacente, è<br />

necessario correggerne la composizione aggiungendo materiali alternativi quali<br />

ad esempio bauxite o scarti di lavorazione di fonderia.


Tabella 1.2 Minerali argillosi per la manifattura del cemento.<br />

Caolinite<br />

Montmorillonite<br />

Gruppo Minerali<br />

11<br />

Caolinite<br />

Halloysite<br />

Dickite<br />

Montmorillonite<br />

Beidellite<br />

Nontronite<br />

Illite Illite<br />

Cloriti<br />

Cloriti a diverso<br />

tenore di ferro<br />

Mica<br />

Muscovite<br />

Biotite<br />

Glauconite<br />

Sepiolite<br />

Palykorskite<br />

La miscela viene quindi macinata, essiccata e cotta ad elevate temperature<br />

(superiori a 1500°C) in grandi forni cilindrici orizzontali aventi una leggera<br />

inclinazione (circa 6°) e posti in lenta rotazione.<br />

In Figura 1.2 è mostrata una rappresentazione dell’intero processo di<br />

produzione del cemento; dall’estrazione delle materie prime per la produzione<br />

del clinker all’imballaggio del cemento finito.<br />

Figura 1.2 Flow-chart del processo di produzione del cemento. [Buzzi<br />

Unicem]<br />

Inizialmente il progressivo riscaldamento libera acqua e biossido di<br />

carbonio quindi hanno luogo le vere e proprie reazioni di clinkerizzazione che<br />

avvengono in prossimità di parziale fusione del materiale. Calcare (carbonato<br />

di calcio), quarzo e argilla, rispettivamente precursori di ossido di calcio,


ossido di silicio e ossido di alluminio, vengono combinati e sottoposti a<br />

trattamento termico; gli ossidi di ferro ed altri componenti minoritari verranno<br />

omessi per questa discussione in quanto hanno un effetto quasi trascurabile<br />

sulle proprietà finali del cemento; il loro utilizzo è dovuto ad un ulteriore<br />

decremento della temperatura di cottura.<br />

Figura 1.3 Costituenti di un clinker di cemento Portland, loro reazioni, e<br />

prodotti formati con l’aumento della temperatura del sistema. [MacLaren et al.,<br />

2003]<br />

Come si può osservare in Figura 1.3 al crescere della temperatura si ha<br />

una prima perdita di acqua e, al raggiungimento di circa 900°C, si ha la<br />

decomposizione del carbonato di calcio in ossido di calcio e biossido di<br />

carbonio. L’ossido di calcio a questo punto può reagire sia con l’ossido di<br />

silicio, per formare il silicato bicalcico, che con l’ossido di alluminio, per<br />

formare alluminati di calcio. La formazione dello stato liquido è associata ad<br />

una rapida produzione di C3S a spese del silicato bicalcico e dell’ossido di<br />

calcio residuo. La composizione finale a 1500°C è principalmente costituita da<br />

silicato tricalcico con porzioni minori di C2S, ossido di alluminio ed<br />

alluminoferriti.<br />

Il materiale che esce dal forno (il clinker) si presenta sottoforma di duri<br />

aggregati mammellonati (Figura 1.4).<br />

12


Figura 1.3 Clinker di un cemento Portland. [Buzzi Unicem]<br />

Un clinker di Portland richiede la presenza di due componenti chimico-<br />

mineralogici maggioritari, responsabili delle reattività nei confronti dell’acqua:<br />

il silicato tricalcico (C3S) ed il silicato bicalcico (C2S). Queste fasi hanno la<br />

proprietà di reagire vigorosamente con l’acqua dando come risultato una<br />

matrice inizialmente geliforme che poi, indurendo, costituirà il prodotto finale.<br />

Delle due fasi, il silicato tricalcico è il più desiderabile perché presenta<br />

un’idratazione ed una presa più rapide (ore per C3S, alcuni giorni per C2S).<br />

Il clinker cosi ottenuto subisce una rapida tempra e quindi viene co-macinato<br />

con gesso (nella misura del 5% circa), che agirà da regolatore di presa, in<br />

mulini (a sfere, Horomill o verticali), con l’eventuale aggiunta di svariati<br />

materiali come: calcare, pozzolana, ceneri volanti, polveri da elettrofiltro,<br />

originando cosi la polvere di cemento.<br />

Questi materiali additivi vengono usati sia come materiali riempitivi (filler) che<br />

come materiali di aggiunta attivi ed hanno il vantaggio di ridurre il costo del<br />

prodotto senza peggiorarne le caratteristiche fisico-meccaniche. A seconda del<br />

loro contributo all’idraulicità vengono distinti in attivi e passivi: il calcare è un<br />

filler passivo, non ha cioè comportamento idraulico; le pozzolane sono rocce<br />

naturali che presentano proprietà attive e migliorano quindi l’idraulicità e la<br />

durabilità del prodotto finale; le ceneri volanti presentano una blanda<br />

pozzolanicità ed essendo scarti industriali hanno il grande vantaggio di essere a<br />

basso costo; infine, le polveri da elettrofiltro sono un materiale di recupero del<br />

cementificio stesso in quanto trattasi di polveri depositatesi nei filtri di<br />

depolverazione.<br />

13


I cementi Portland vengono classificati in base alle caratteristiche<br />

derivanti dalla loro composizione mineralogica. In Tabella 1.3 viene riportata<br />

la classificazione per i cementi Portland. Il Tipo I è il più importante, gli altri<br />

vengono impiegati per applicazioni speciali.<br />

Tabella 1.3<br />

medie<br />

Tipi di cemento Portland e relative composizionii mineralogiche<br />

Tipo Caratteristiche Composizione mineralogica [%]<br />

C3S C2S C3A C4AF MgO CaO CaSO4<br />

Totale<br />

[%]<br />

I Uso generale 45 27 11 8 2.9 0.5 3.1 98<br />

II<br />

III<br />

IV<br />

Moderato calore di<br />

idratazione<br />

Elevata resistenza<br />

iniziale<br />

Basso calore di<br />

idratazione<br />

44 31 5 13 2.5 0.4 2.8 99<br />

53 19 11 9 2.0 0.7 4.0 99<br />

28 49 4 12 1.8 0.2 3.2 98<br />

V Resistenza ai solfati 38 43 4 9 1.9 0.5 2.7 99<br />

La rimanenza del totale (1–2 %) è composta prevalentemente da umidità e ossidi alcalini.<br />

È opportuno a questo punto aggiungere due parole anche sui<br />

combustibili utilizzati per il raggiungimento delle temperature di cottura nel<br />

forno. Tradizionalmente si utilizzano combustibili fossili, in miscela con<br />

materiali combustibili di scarto quali pneumatici usati, plastiche, solventi,<br />

farine animali o qualsiasi altro materiale disponibile in forma solida liquida o<br />

gassosa, caratterizzato da alto potere calorico e da composizione chimica<br />

appropriata.<br />

Particolare attenzione è posta nel monitoraggio dei cloruri e dei solfati presenti<br />

nei combustibili, in quanto la loro presenza all’interno dell’impianto o del<br />

cemento stesso può essere fonte di problemi di corrosione o intasamento<br />

(principalmente i solfati alcalini, che volatilizzano a temperatura prossime ai<br />

1000°C formando pericolose croste che si depositano sui mattoni refrattari<br />

posti all’interno del forno). Alcuni cementifici sono dotati di impianti per il<br />

ricircolo dei solfati alcalini.


1.3 Fasi mineralogiche del clinker di Portland<br />

Osserveremo ora, sulla base dei diagrammi di stato, i campi di esistenza delle<br />

varie fasi mineralogiche presenti nel clinker di Portland.<br />

Dal diagramma di stato binario ossido di silicio/ossido di calcio mostrato in<br />

Figura 1.5, si individua una regione di basilare importanza, compresa in un<br />

intervallo di composizione del 0-30% in peso di ossido di silicio, zona dove si<br />

forma il silicato tricalcico (stabile in un intervallo di temperature compreso tra i<br />

1250 e i 2200°C).<br />

Figura 1.5 Diagramma di stato binario CaO/SiO2. la regione di interesse è<br />

quella compresa tra 0 e 30% in massa di SiO2, dove si ha la formazione di<br />

silicato tricalcico. [MacLaren et al., 2003]<br />

Al limite inferiore di questo intervallo di temperature, la formazione di silicato<br />

tricalcico avviene con una cinetica estremamente lenta, in quanto la reazione<br />

coinvolge due fasi solide (la formazione di questa fase a temperature attorno ai<br />

1200-1400°C può richiedere giorni di cottura, con ovvi svantaggi economici).<br />

Per contro, al limite superiore di tale diagramma, si produce un fuso ad una<br />

temperatura di 2200°C, limite decisamente poco realizzabile con impianti<br />

comuni.<br />

Per questi motivi, il sistema viene addizionato di un terzo componente, l’ossido<br />

di alluminio, che all’interno del sistema funge da fondente, con lo scopo di<br />

abbassare la temperatura di formazione del silicato tricalcico: infatti si forma<br />

una nuova struttura cristallina, dove il C3S è in grado di accogliere dal 4 al 7%<br />

di ossido di alluminio (come isomorfo dell’ossido di silicio, C3A); la stabilità


del sistema risulterà quindi mutata e si avrà un abbassamento della temperatura<br />

di fusione, grazie ad un effetto mineralizzante apportato dall’aggiunta di<br />

allumina.<br />

Il confronto con il diagramma di stato ternario mostrato in Figura 1.6 mostra<br />

appunto come l’aggiunta di ossido di alluminio abbassi la temperatura del<br />

campo di stabilità del silicato tricalcico.<br />

Per gli scopi della nostra trattazione, la regione di interesse del diagramma<br />

ternario è il campo di esistenza delle fasi C3S/C2S/C3A, quella vicina al vertice<br />

CaO.<br />

Figura 1.6 Diagramma di stato CaO/SiO2/Al2O3. La regione vicina al<br />

vertice CaO rappresenta il campo di fase per la formazione del silicato<br />

tricalcico. Le temperature sono indicate in °C. [MacLaren et al., 2003]<br />

16


1.4 Minerali del clinker: analisi mineralogica<br />

Le proprietà tecniche di un cemento Portland non dipendono esclusivamente<br />

dalla composizione chimica, ma sono legate in fortissima misura alla<br />

composizione mineralogica: è fondamentale stabilire se un clinker sia<br />

composto da una data quantità di silicato tricalcico o della corrispondente<br />

quantità di silicato bicalcico e ossido di calcio; cosi come è importante<br />

conoscere la struttura cristallografica di tali fasi in quanto la reattività idraulica<br />

ne è spesso strettamente dipendente.<br />

Le ricerche fondamentali in questo campo risalgono a Le Châtelier e a<br />

Törnebohm (1880-1890), a quest’ultimo si devono le denominazioni di alite,<br />

belite e celite per i minerali di un clinker che corrispondono rispettivamente a:<br />

C3S, C2S e C4AF.<br />

Come si rileva da un esame al microscopio ottico di sezioni lucide decorate e<br />

levigate (Figura 1.7), il clinker di Portland possiede una costituzione<br />

prevalentemente cristallina, con una serie di fasi minerali immerse in una<br />

piccola quantità di una massa di fondo vetrosa.<br />

Ai tre minerali già citati (alite, belite e celite) si aggiungono alluminati, calce<br />

libera, magnesia libera, ed alcali prevalentemente come solfati; sono inoltre<br />

quasi sempre presenti una massa interstiziale chiara ed una massa interstiziale<br />

scura di composizione complessa.


C3S-alite CaO libera C2S-belite belite alite<br />

Porosità<br />

Cristalli di alite<br />

Cristalli di belite<br />

poro<br />

alite<br />

Fase liquida<br />

belite<br />

CaO libera Fase liqida-C3A e C4AF C3A<br />

C4AF<br />

Figura 1.7 Immagini del clinker al microscopio ottico. [Buzzi Unicem S.p.A.]


1.4.1 Alite<br />

La sostanza base dell’alite è il silicato tricalcico, che per riscaldamento subisce<br />

una serie di transizioni di fase reversibili:<br />

620°<br />

C<br />

920°<br />

C<br />

980°<br />

C<br />

990°<br />

C<br />

1060°<br />

C<br />

1070°<br />

C<br />

T ←⎯<br />

⎯ →T<br />

←⎯<br />

⎯ →T<br />

←⎯<br />

⎯ → M ←⎯<br />

⎯ → M ←⎯⎯→<br />

M ←⎯⎯→<br />

R<br />

1<br />

2<br />

3<br />

1<br />

Il composto puro, quando viene raffreddato a temperatura ambiente,<br />

corrisponde al polimorfo T1; nella produzione del clinker, data l'incorporazione<br />

di ioni sostituenti, la forma presente a temperatura ambiente normalmente è<br />

approssimabile a M1 o M3, o una miscela di esse. Diversi studi hanno avuto<br />

come oggetto la determinazione della struttura cristallina dei polimorfi, si è<br />

osservato che R, T1 e M3 hanno strutture molto simili.<br />

Figura 1.8 Struttura cristallina del polimorfo R del C3S [Taylor, 1997]<br />

Gli atomi Ca sono rappresentati da cerchi vuoti grandi, gli atomi Si<br />

corrispondono ai cerchi vuoti piccoli, gli ioni ossido sono i cerchi pieni e i<br />

tetraedri ossigeno i triangoli. Le altezze degli atomi sono indicate in millesimi<br />

dell’altezza di cella (c = 2.5586nm), le sbarre rappresentano le alternative<br />

statistiche. I tetraedri ossigeno sono disegnati nella loro orientazione media, in<br />

19<br />

2<br />

3


ealtà risultano inclinati statisticamente nelle tre dimensioni attorno all’atomo<br />

Si racchiuso in essi, in modo da preservare la simmetria ternaria (Figura 1.8).<br />

Le strutture conosciute sono quasi del tutto analoghe per quanto riguarda le<br />

posizioni degli ioni Ca 2+ e O 2- e degli atomi Si, ma marcatamente differenti<br />

nelle orientazioni dei tetraedri SiO4 4- , che mostrano vari gradi di disordine.<br />

In Tabella 1.4 vengono riportati i dati cristallografici per i polimorfi del C3S,<br />

ottenuti utilizzando metodi a cristallo singolo.<br />

Tabella 1.4 Dati cristallografici per polimorfi del C3S<br />

Polimorfo Parametri di cella (nm)<br />

a b c<br />

20<br />

Angolo<br />

α β γ<br />

Gruppo<br />

spaziale<br />

Pseudostruttura 0.70 2.50 120° R3m<br />

R 0.7135 0.559 2.5586 R 3m<br />

M3 3.3083 0.7027 1.8499 94.12° Cm<br />

T1 1.167 1.424 1.372 105.5° 94.3° 90.0° P-1<br />

Lo ione Ca 2+ può essere parzialmente sostituito da Mg 2+ , mentre sia Ca 2+<br />

che Si 4+ possono essere parzialmente sostituiti da Al 3+ o Fe 3+ . Hahn et al.<br />

(1969) hanno determinato che il massimo contenuto di MgO risulta essere tra il<br />

2.0 e l'1.5 %; i limiti per Al2O3 e Fe2O3 sono rispettivamente 1.0 e 1.1 %, ma i<br />

due ioni sono in competizione per l'occupazione dei siti ed il limite di<br />

sostituzione di ognuno viene abbassato dalla presenza dell'altro.<br />

L'incorporazione di questi ioni in sufficiente quantità stabilizza a temperatura<br />

ambiente i polimorfi a più alta temperatura.<br />

Il C3S puro contiene il 73.7 % di CaO e il 26.3 % di SiO2, l'Alite nel clinker<br />

contiene tipicamente il 3 – 4 % di ossidi sostituenti (Tabella 1.5).<br />

L’alite forma solitamente dei cristalli incolori pseudoesagonali a forma di<br />

lastrine per lo più a sei spigoli.


Tabella 1.5 Composizione chimica delle fasi presenti in un clinker di<br />

cemento Portland (percentuali in peso).<br />

Na2OMgO Al2O3SiO2 P2O3 SO3 K2O CaO TiO2 Mn2O3Fe2O<br />

Alite 0.1 1.1 1.0 25.2 0.1 0.1 0.1 71.6 0.0 0.0 0.7<br />

Belite 0.1 0.5 2.1 31.5 0.2 0.2 0.9 63.5 0.2 0.0 0.9<br />

Alluminati (cubici) 1.0 1.4 31.3 3.7 0.0 0.0 0.7 56.6 0.2 0.0 5.1<br />

Ferriti 0.1 3.0 21.9 3.6 0.0 0.0 0.2 47.5 1.6 0.7 21.4<br />

Alluminati<br />

(ortorombici)<br />

Alluminati (basso<br />

tenore di ferro)<br />

Ferriti (basso tenore<br />

di alluminio)<br />

1.4.2 Belite<br />

0.6 1.2 28.9 4.3 0.0 0.0 4.0 53.9 0.5 0.0 6.6<br />

0.4 1.0 33.8 4.6 0.0 0.0 0.5 58.1 0.6 0.0 1.0<br />

0.4 3.7 16.2 5.0 0.3 0.3 0.2 47.8 0.6 1.0 25.4<br />

Costituita da silicato bicalcico, la belite esiste in 4 modificazioni:<br />

1425°<br />

C ' 1160°<br />

C ' 630−680°<br />

C<br />

< 500°<br />

C<br />

α ←⎯⎯→<br />

α ←⎯⎯→<br />

α ←⎯⎯⎯→<br />

β ←⎯⎯→<br />

γ<br />

H<br />

L<br />

[Taylor, 1997]<br />

Le distribuzioni anionica e cationica sono molto simili per i polimorfi α (3) e γ,<br />

ma alquanto differenti per la forma β. L’unica forma stabile a temperatura<br />

ambiente è quella γ che non presenta però proprietà idrauliche. Come per il C3S<br />

i polimorfi a più alta temperatura possono essere stabilizzati da ioni sostituenti.<br />

Le strutture dei polimorfi α e di quello β appartengono alla famiglia<br />

caratterizzata dalla struttura della glaserite (K3Na(SO4)2.<br />

Le strutture α ' H, α ' L e β sono derivate da quella dell' α-C2S con una progressiva<br />

riduzione della simmetria, operata da una variazione delle orientazioni dei<br />

tetraedri SiO4 4- e da piccoli movimenti degli iono Ca 2+ .<br />

La struttura cristallina del γ-C2S è similare a quella delle Oivine (Mg,Fe)2SiO4.<br />

In Tabella 1.6 e Figura 1.8 sono mostrati rispettivamente i dati cristallografici e<br />

le strutture cristalline dei polimorfi del C2S.<br />

Evidenze XRPD dimostrano che nella maggioranza dei clinker la belite è<br />

principalmente o interamente composta dalla struttura β-C2S.<br />

In Figura 1.9, i cerchi aperti grandi rappresentano gli atomi di calcio, i cerchi<br />

pieni piccoli sono atomi di silicio, i triangoli indicano i tetraedri di atomi<br />

ossigeno. Le altezze degli atomi sono date in centesimi dell’altezza di cella<br />

(0.68-0.71 nm).


Tabella 1.6 Dati cristallografici per polimorfi del C2S<br />

Polimorfo<br />

Parametri di cella (nm)<br />

a b c Angolo<br />

Gruppo<br />

spaziale<br />

α 0.5579 0.7150 γ = 120° P63/mmc<br />

α ' H 0.949 0.559 0.685 Pcmn<br />

α ' L 2.0871 0.9496 0.5600 Pna2I<br />

β 0.5502 0.6745 0.9297 β = 94.59° P2I/n<br />

γ 0.5081 1.1224 0.6778 Pbnm<br />

Figura 1.9 Struttura cristallina dei polimorfi del C2S. [Taylor, 1997]


Il C2S puro contiene il 34.9 % di SiO2 ed il 65.1 % di CaO. La Belite in<br />

un clinker contiene tipicamente un 4–6 % di ossidi sostituenti, i più importanti<br />

dei quali sono Al2O3 e Fe2O3 (Tabella1.4).<br />

La belite che si forma nel clinker raffreddato rapidamente, è riconoscibile dalle<br />

striature incrociantisi dei cristalli tondeggianti, spesso anche a forma di<br />

nebulose. Essa può essere anche notata come un’orlatura a frange in cristalli di<br />

alite.<br />

1.4.3 Celite<br />

Detta anche Brownmillerite dal nome del suo scopritore, può in prima<br />

approssimazione essere considerata come ossi-ferrito di alluminio tetracalcico;<br />

in particolare si tratta di un cristallo misto di ossi-ferrito di alluminio e di<br />

ossido di calcio che può accogliere ossido di alluminio tricalcico ed altri<br />

componenti in soluzione solida.<br />

La composizione C4AF è solo un termine della serie Ca2(AlxFe1-x)2O5, dove 0 <<br />

x < 0.7. In Tabella 1.7 vengono riportati i dati cristallografici per le varie<br />

composizioni.<br />

Tabella 1.7 Dati cristallografici per la serie Ca2(AlxFe1-x)2O5<br />

Parametri di cella (nm) * Gruppo<br />

spaziale<br />

x a b c<br />

0 0.55980 1.47687 0.54253 Pcmn<br />

0.285 0.5588 1.461 0.5380 Ibm2<br />

0.36 0.5583 1.458 0.5374 Ibm2<br />

0.50 0.55672 1.4521 0.5349 Ibm2<br />

1 0.541 1.445 0.5238 Ibm2<br />

* La cella elementare è ortorombica, con Z = 4<br />

In Figura 1.10 è rappresentata la struttura per l'intervallo composizionale con<br />

0.33 < x < 0.7, che è derivata da quella della perovskite (CaTiO3) per<br />

23


sostituzione del Ti da parte di Al e Fe. La composizione empirica può essere<br />

scritta come Ca2M2T2O5, dove M e T rappresentano cationi ottaedrici e<br />

tetraedrici rispettivamente; gli atomi di alluminio e ferro sono entrambi<br />

distribuiti tra siti ottaedrici e tetraedrici.<br />

Figura 1.10 Struttura cristallina del C4AF. [Taylor, 1997]<br />

Gli atomi di calcio sono rappresentati dai cerchi vuoti, i tetraedri (Al, Fe)O4 dai<br />

triangoli e gli ottaedri (Fe,Al)O6 dai quadrati tratteggiati. Le altezze degli atomi<br />

vengono riportate in centesimi dell’altezza di cella (b= 1.452 nm).<br />

Generalmente, data la similarità nei parametri di cella, la celite è concresciuta<br />

in modo orientato con gli alluminati.<br />

È stata osservata una piccola o quasi nulla sostituzione per gli ioni Ca 2+<br />

(Tabella 1.5), gli ioni sostituenti si accomodano essenzialmente in siti<br />

ottaedrici e tetraedrici.<br />

La composizione tipica del C4AF puro è: 46.1 % CaO, 21.0 % Al2O3, 32.9<br />

Fe2O3; nel clinker può contenere circa il 10 % di ossidi sostituenti ed avere<br />

quindi tenori di Fe2O3 decisamente inferiori. Parte del Fe 3+ viene sostituito<br />

nella struttura da Mg 2+ , Si 4+ e Ti 4+ ; tramite la sostituzione<br />

2Fe 3+ →Si 4+ (Ti 4+ )+Mg 2+<br />

La celite appare in parte come fase cristallina (brownmillerite), ma per lo più<br />

come una massa vetrosa di riempimento fra i cristalli di silicati. In questa<br />

24


forma essa viene indicata con il nome di massa interstiziale chiara. In clinker<br />

raffreddati lentamente, i cristalli della brownmillerite hanno morfologie<br />

prismatiche; se il raffreddamento è moderatamente veloce, i cristalli sono<br />

dendridici (cioè con una morfologia ramificata); se il raffreddamento è molto<br />

rapido, la massa fusa di ferrite si solidifica in forma vetrosa.<br />

1.4.4 Alluminati<br />

Sono costituiti essenzialmente da C3A, che non manifesta polimorfismo. Il C3A<br />

ha reticolo cubico, la struttura è costituita da ioni Ca 2+ e anelli formati da sei<br />

tetraedri AlO4, di formula Al6O18 18- . Tali anelli sono fortemente ripiegati, di<br />

conseguenza gli atomi Al sono situati vicino a sei degli spigoli di un cubo<br />

(Figura 1.11).<br />

Figura 1.11 Anelli Al6O18 nella struttura del C3A. [Taylor, 1997]<br />

La cella elementare è composta da 64 (4 3 ) sottocelle, delle quali 8 sono<br />

occupate da anelli Al6O18; gli ioni Ca 2+ sono situati al centro di alcune delle<br />

sottocelle rimanenti e vicino agli spigoli delle altre.<br />

Il C3A può incorporare Na + per sostituzione del Ca 2+ con inclusione di un<br />

secondo ione Na + in un ulteriore sito vacante., formando una soluzione solida<br />

di formula generale Na2xCa3-xAl2O6. la sostituzione avviene senza<br />

modificazioni strutturali fino a circa l'1 % di Na2O (x ≈ 0.04), gradi di<br />

sostituzione più elevati generano una serie di varianti della struttura (Tabella<br />

1.8).<br />

25


Tabella 1.8 Modificazioni nella struttura del C3A, di formula<br />

generale Na2xCa3-xAl2O6<br />

Na2O [%]<br />

Intervallo<br />

composizionale (x)<br />

26<br />

Sistema<br />

cristallino<br />

Gruppo<br />

spaziale<br />

0 - 1.0 0 – 0.04 cubico Pa3<br />

1.0 – 2.4 0.04 – 0.10 cubico P2I3<br />

2.4 – 3.7 0.10 – 0.16 - -<br />

3.7 – 4.6 0.16 – 0.20 ortorombico Pbca<br />

4.6 – 5.7 0.20 – 0.25 monoclino P2I/a<br />

L'alluminio può essere sostituito da altri ioni nella struttura, Fe 3+ e Si 4+ sono i<br />

più importanti. I limiti di sostituzione, in condizioni di equilibrio, si aggirano<br />

attorno al 2 % per SiO2 e 3-4 % per Fe2O3; maggiori gradi di sostituzione sono<br />

ottenibili in condizioni di non equilibrio, come cristallizzazione da un fuso<br />

sottoraffreddato.<br />

Nel clinker si trovano le forme cubica ed ortorombica degli alluminati, da sole<br />

o in combinazione; la fase monoclina non è presente.<br />

Il C3A puro contiene il 62.3 % di CaO ed il 37.7 % di Al2O3. Sostanziali<br />

quantità di calcio ed alluminio subiscono sostituzione, il contenuto totale di<br />

ossidi sostituenti si aggira tipicamente attorno al 13 % per la modificazione<br />

cubica e al 20 % per la struttura ortorombica.<br />

1.4.5 Massa interstiziale scura<br />

Consiste di parecchie fasi, per lo più C3A ed una fase vitrea di composizione<br />

variabile e complessa.<br />

La massa interstiziale rettangolare si trova in clinker raffreddati lentamente e<br />

contiene C3A regolare e quindi isotropo; la massa interstiziale prismatica è<br />

costituita da una modificazione instabile del C3A; la massa interstiziale amorfa<br />

infine consiste di vetro con composizione variabile.


1.5 Proprietà idrauliche delle singole fasi mineralogiche<br />

Per tutti i minerali di un clinker è degno di nota il fatto che essi, utilizzati<br />

singolarmente in malta, raggiungono resistenze piuttosto scarse; lo stesso C3S,<br />

che sviluppa eccellenti proprietà nel cemento, se lavorato da solo ne fornisce<br />

appena la metà. [Petzold]<br />

• C3S: è importante per elevate resistenze iniziali, agisce favorevolmente<br />

sull’indurimento successivo; ha un moderato calore di idratazione ed<br />

uno scarso ritiro.<br />

• C2S: possiede discrete proprietà idrauliche, presa e indurimento si<br />

svolgono lentamente, ma col tempo raggiungono le medesime<br />

resistenze del C3S. Anche lo scarso calore di idratazione si distribuisce<br />

su un lungo intervallo di tempo, il che risulta desiderabile in lavori di<br />

costruzione.<br />

• C3A: si idrata molto rapidamente, liberando grandi quantità di calore.<br />

Le resistenze finali vengono raggiunte dopo breve tempo, come<br />

svantaggi devono essere considerati la rapida presa, il forte ritiro e la<br />

scarsa stabilita all’attacco solfatico.<br />

• C4AF: dà luogo ad una reazione moderatamente rapida con l’acqua e<br />

presenta uno scarso ritiro.<br />

• CaO ed MgO (liberi): se presenti in grandi quantità danno origine a<br />

fenomeni di espansone, che possono portare alla distruzione del<br />

manufatto.


Capitolo 2<br />

PROCESSO DI IDRATAZIONE DEL<br />

CEMENTO PORTLAND<br />

2.1 Introduzione<br />

Nella chimica del cemento, il termine “idratazione” denota la totalità delle<br />

trasformazioni che avvengono quando un cemento anidro, o una delle sue fasi<br />

costituenti, viene miscelato con acqua.<br />

La miscela di cemento e acqua viene chiamata “pasta”, tale termine si estende<br />

anche al materiale indurito. Il rapporto ponderale acqua / cemento (w / c) è<br />

tipicamente 0.3 – 0.6.<br />

Sebbene possa apparire semplice, l’idratazione del cemento consiste in una<br />

serie di complesse reazioni chimiche, che non sono ancora del tutto state<br />

chiarite; il processo di idratazione del cemento Portland si costituisce infatti di<br />

un insieme di reazioni, alcune simultanee, altre in successione, nelle quali sono<br />

coinvolti: i costituenti anidri del clinker, il gesso e l’acqua di impasto.<br />

Da un punto di vista fisico-chimico il sistema in esame è instabile; lo<br />

stato di equilibrio (stabile o metastabile) è rappresentato da uno o più composti<br />

idrati e da una fase acquosa nella quale sono disciolti ioni o gruppi ionici<br />

presenti nelle fasi solide.<br />

Il sistema evolve irreversibilmente verso lo stato di equilibrio e, se è presente<br />

una sufficiente quantità di acqua, il processo dovrebbe proseguire fino alla<br />

scomparsa delle fasi idratabili. In pratica ciò viene impedito dall’addensamento<br />

dei prodotti di idratazione intorno ai nuclei anidri durante l’idratazione; si ha<br />

un decremento nella diffusione delle molecole di acqua e nel volgere di<br />

qualche mese tale fenomeno diventa talmente significativo da diventare il<br />

28


parametro preminente nel controllo del grado di idratazione del sistema. Nel<br />

caso di manufatti in aria, il raggiungimento dello stato finale di equilibrio è<br />

ulteriormente sfavorito dall’evaporazione di una parte dell’acqua di impasto.<br />

Come conseguenza al mescolamento dell’acqua con il cemento si ha<br />

una immediata dissoluzione dei sali inorganici solubili come il solfato di<br />

calcio,i solfati alcalini (sodio e potassio), la calce (CaO) e il periclasio (MgO).<br />

Intanto l’acqua inizia ad interagire con le particelle di cemento, adsorbendosi<br />

sui minerali costituenti il cemento, dapprima il C3A ed il C3S ed in seguito il<br />

C2S ed il C4AF. Questi primi momenti sono accompagnati da un vigoroso<br />

sviluppo di calore, come conseguenza della liberazione dell’energia di<br />

dissoluzione delle principali fasi inorganiche presenti nel sistema.<br />

A questo punto hanno inizio le prime reazioni tra l’acqua di impasto (ormai<br />

satura dei sali disciolti) ed le fasi mineralogiche del cemento che causano<br />

prevalentemente la formazione e la successiva cristallizzazione di solfo-<br />

alluminati di calcio idrati (ettringite), idrossido di calcio (portlandite) e silicati<br />

di calcio idrati (CSH).<br />

In questa fase giocano un ruolo fondamentale e specifico per governare la<br />

cinetica di idratazione i seguenti aspetti:<br />

• Contenuto e reattività di C3A nel clinker/cemento<br />

• Contenuto in sali solubili (solfati alcalini principalmente) nel<br />

cemento<br />

• Contenuto e reattività del C3S/C2S<br />

• Granulometria del cemento<br />

Le prime ore di idratazione di un OPC possono essere ricondotte<br />

principalmente a due gruppi di reazioni:<br />

• Reazioni dei silicati<br />

• Reazioni di alluminati e solfati<br />

29


2.2 Idratazione dei silicati<br />

2.2.1 Generalità<br />

Le più importanti caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche delle paste<br />

indurite di cemento Portland, sono riconducibili in gran parte ai silicati di<br />

calcio idrati, formati per idratazione di C3S e C2S.<br />

Velocità e stechiometria delle reazioni delle due fasi mineralogiche con l’acqua<br />

di impasto sono piuttosto diverse, ma i prodotti finali di idratazione presentano<br />

analogie in termini composizionali, morfologici e superficiali.<br />

Dall’idratazione dei silicati di calcio si formano idrossido di calcio (CH) e un<br />

silicato di calcio idrato quasi amorfo, chiamato C-S-H, che ha le proprietà di un<br />

gel rigido.<br />

Tali geli vengono indicati genericamente con il simbolo C-S-H (calcio-silicati-<br />

idrati), intendendo un intervallo composizionale continuo nel quale si ha la<br />

variazione di alcuni parametri come: rapporto molare CaO/SiO2 e H2O/SiO2,<br />

morfologia, porosità, ecc. I trattini sono necessari perché CSH, nella<br />

nomenclatura chimica del cemento, indica un composto di composizione<br />

specifica CaO SiO2 H2O.<br />

Le reazioni dei silicati, nelle prime ore di idratazione, possono essere ridotte<br />

all'idratazione dell'alite (C3S, ss). La belite (C2S, ss) non apporta contributi<br />

significativi alle reazioni di idratazione durante le prime 24 ore dall’impasto e<br />

si ritiene che ciò sia dovuto alla maggiore compattezza della sua struttura<br />

cristallina, che non favorisce l’ingresso delle molecole d’acqua.<br />

Esistono diverse teorie relativamente all’idratazione del cemento. Le<br />

più autorevoli, condividono l’idea di un processo caratterizzato da cicli di<br />

idratazione ed di interruzione dell’idratazione dipendenti dalla velocità di<br />

diffusione dell’acqua all’interno degli strati di silicati idrati formatesi.<br />

Le opinioni discordanti sono relative a come iniziano questi processi, cioè se la<br />

fase iniziale avviene per nucleazione di silicati idrati da una soluzione satura<br />

oppure per formazione di strati idrati sulla superficie dei grani.<br />

In Figura 2.1 è mostrato l’andamento della velocità di idratazione del C3S in<br />

funzione del tempo.<br />

Immediatamente dopo il contatto con l’acqua, esso subisce una reazione<br />

intensa e di breve durata, chiamata periodo di pre-induzione (I).<br />

30


Figura 2.1 Velocità di idratazione del silicato tricalcico in funzione del tempo.<br />

[MacLaren et al., 2003]<br />

L’ idratazione del C3S avviene secondo la seguente reazione, anche se la<br />

stechiometria può non essere esattamente quella indicata:<br />

3<br />

5<br />

2<br />

31<br />

2<br />

2<br />

( ) 2<br />

2Ca SiO + 6H<br />

O → 3CaO<br />

⋅ 2SiO<br />

⋅3H<br />

O + 3Ca<br />

OH , (eq.2.1)<br />

In pratica le molecole d’acqua penetrano nella struttura del silicato e sui granuli<br />

si forma una pellicola di struttura che separa la fase anidra dalla fase liquida.<br />

Man mano che lo spessore della pellicola aumenta, la sua permeabilità<br />

decresce e ciò si traduce in una significativa riduzione della velocità di<br />

reazione (dα/dt ≈ 0,01 gg -1 , α: frazione C3S idratato); si parla di periodo di<br />

induzione (II). Questo periodo di induzione, variabile in funzione del tipo di<br />

cemento, è solitamente quantificabile nell’ordine di alcune ore. Questa<br />

proprietà dell’idratazione del cemento è ciò che lo rende adatto ad applicazioni<br />

costruttive, esso si mantiene semi-solido e per questo può essere lavorato per<br />

ottenere la forma desiderata.


Contemporaneamente, sia nella soluzione che nella pellicola, si iniziano a<br />

formare ed accrescere nuclei di cristallizzazione dei geli C-S-H. La ridotta<br />

permeabilità della pellicola determina, con l’avanzare della reazione, una<br />

marcata differenza di concentrazione tra la fase liquida esterna e l’interfaccia<br />

con il substrato anidro; ciò origina una pressione osmotica a causa della quale<br />

ad un certo punto si verifica la rottura della pellicola. I frammenti passano nella<br />

fase liquida circostante, dove subiscono una rapida demolizione idrolitica. Gli<br />

ioni così prodotti contribuiscono ad aumentare il numero di germi di<br />

cristallizzazione dei geli C-S-H e a favorirne un rapido accrescimento.<br />

La precipitazione del gelo diventa competitiva con la formazione della<br />

pellicola e si osserva un netto incremento nella velocità di idratazione, che si<br />

porta a valori dα/dt ≈ 1 gg -1 . (periodo di accelerazione, III). A questo punto il<br />

processo è limitato dalla nucleazione e dalla crescita dei prodotti di idratazione.<br />

Sempre nello stesso periodo è situata la nucleazione dei cristalli di idrossido di<br />

calcio, che raggiunge la sua massima concentrazione nella soluzione ed inizia<br />

quindi a precipitare come idrossido di calcio cristallino, chiamato Portlandite.<br />

Con il procedere delle reazione, lo spazio inizialmente occupato<br />

dall’acqua viene riempito di gelo C-S-H e la velocità di idratazione rallenta<br />

nuovamente, a causa dell’aumento della concentrazione dei prodotti solidi in<br />

soluzione. La reazione è controllata dalla diffusione delle molecole d’acqua<br />

attraverso il gelo, inizia quindi un periodo di diffusione controllata (IV) dove la<br />

reazione raggiunge velocità trascurabili, pur continuando per settimane, mesi,<br />

anni (fenomeno di invecchiamento).<br />

32


2.2.2 Idrossido di calcio<br />

L'idrossido di calcio (CH) ha una struttura a struttura a strati (Figura 2.2), gli<br />

atomi di calcio sono in coordinati all'interno di un fogli triottaedrici di tipo<br />

brucitico, mentre l'ossigeno è in coordinazione tetraedrica. Le forze interstrato<br />

sono deboli e determinano una buona sfaldatura (0001). La cella unitaria è<br />

esagonale, con a = 0.3593 nm, c = 0.4909 nm e gruppo spaziale P-3m1.<br />

Figura 2.2 Struttura di un singolo strato di Ca(OH)2. [Taylor, 1997]<br />

In Figura 2.2, gli atomi Ca corrispondono ai cerchi neri piccoli, i cerchi grigi e<br />

vuoti sono atomi di ossigeno; un atomo di idrogeno, non rappresentato,<br />

completa la coordinazione tetraedrica di ogni atomo di ossigeno.<br />

2.2.3 C-S-H gel<br />

Diamond ha distinto quattro varianti morfologiche di C-S-H gel tramite analisi<br />

SEM delle superfici di frattura di paste di cemento, morfologie simili sono<br />

state osservate; tramite analisi S.E.M. in paste di silicato di calcio (Figura 2.3).<br />

33


A B C D<br />

Figura 2.3 Morfologie dei C-S-H gel. A: C-S-H (I); B: C-S-H (II); D: C-S-H<br />

(III); D: C-S-H (IV). [Diamond, 1976]<br />

• C-S-H (I): formato prevalentemente durante l'idratazione iniziale, è un<br />

materiale fibroso con lunghezza delle fibre di circa 2µm<br />

• C-S-H(II): forma una impalcatura di celle alveolari<br />

• C-S-H(III): presente principalmente in paste invecchiate, è più massivo<br />

ed appare formato da grani altamente impaccati<br />

• C-S-H(IV): ancora più indistinto e massivo, presente anch'esso in paste<br />

invecchiate.<br />

2.2.4 Fasi cristalline connesse alla struttura del C-S-H gel<br />

La struttura del C-S-H gel è caratterizzata dall'assenza di ordine a lungo raggio,<br />

il concetto di struttura cristallina risulta quindi inapplicabile a tale sistema, è<br />

più appropriato parlare di "nanostruttura".<br />

Le prime indicazioni sulle sue caratteristiche nanostrutturali sono state ottenute<br />

per confronto con silicati di calcio idrati cristallini. Si assume che la struttura<br />

locale nel C-S-H gel ricalchi quella di tali composti cristallini.<br />

Le reazioni che coinvolgono i calcio-silicati generano prodotti che sono<br />

intermedi tra il C-S-H gel ed i CSH cristallini. Di queste fasi semicristalline,<br />

quelle più chiaramente definite sono C-S-H (I) e C-S-H (II), che sono forme<br />

strutturalmente imperfette delle fasi 1.4 nm tobermorite e jennite,<br />

rispettivamente (di cui sono riportati i dati cristallografici in Tabella 2.1).<br />

34


Tabella 2.1 Dati cristallografici per tobermorite e jennite e fasi correlate<br />

Fase<br />

Frazione molare<br />

1.4 nm<br />

tobermorite<br />

C-S-H (I) Jennite C-S-H (II)<br />

Parametri pseudocella<br />

1.4 nm tobermorite<br />

CaO 5 5 9 9<br />

SiO2 5.5 5 6 5<br />

H2O 9 6 11 11<br />

a (nm) 0.5624 0.560 0.996 0.993<br />

b (nm) 0.3670 0.364 0.364 0.364<br />

c (nm) 2.797 2.5 2.136 2.036<br />

α 90.0° 90.0° 91.8° 90.0°<br />

β 90.0° 90.0° 101.8° 106.1°<br />

γ 90.0° 90.0° 89.6° 90.0°<br />

Presenta una struttura a strati, il prefisso si riferisce allo spessore dello strato.<br />

Se sottoposta a riscaldamento perde l'acqua interstrato (55 °C) e subisce una<br />

contrazione reticolare unidimensionale, trasformandosi in 1.1 nm tobermorite.<br />

Ogni strato consiste di una parte centrale di formula empirica CaO2, di cui tutti<br />

gli atomi di ossigeno sono condivisi con le catene Si-O. Alcune delle molecole<br />

d'acqua sono legate anche con gli atomi di calcio nella parte centrale dello<br />

strato (Figura 2.4).<br />

I cerchi pieni rappresentano atomi Ca, le molecole di acqua sono i cerchi vuoti,<br />

P i tetraedri accoppiati e B i tetraedri a ponte.<br />

La formula costituzionale può essere idealmente scritta come<br />

Ca5(SiO18H2)·8H2O.<br />

La parte Ca-O dello strato ha un reticolo centrato pseudoesagonale, con a =<br />

0.56 nm, b = 0.36 nm e può essere vista come uno strato di CH estremamente<br />

distorto in seguito alla sostituzione dei gruppi OH da parte delle catene di<br />

silicati<br />

35


Figura 2.4 Porzione di un singolo strato di !.4 tobermorite visualizzato nelle<br />

proiezioni bc e ac. [Taylor, 1997]<br />

Jennite<br />

Come per la fase 1.4 nm tobermorite, si tratta di una struttura a strati e perde<br />

l'acqua interstrato a 70-90 °C, subendo una contrazione reticolare<br />

unidimensionale trasformandosi in metajennite.<br />

Lo spessore dello strato è di 1.05 nm per la jennite e 0.87 nm per la<br />

metajennite.<br />

La formula costituzionale può essere scritta come Ca9(Si6O18H2)(OH)8·6H2O.<br />

La struttura è riconducibile a quella della tobermorite, con due importanti<br />

differenze. Una è che, per un dato numero di atomi di calcio nella parte<br />

centrale dello strato, sono presenti solo metà delle catene di silicati, l'altra metà<br />

è rimpiazzata da ioni idrossile; l'altra è che la parte Ca-O centrale dello strato<br />

risulta distorta rispetto a quella del CH in modo diverso da quanto visto per la<br />

struttura della tobermorite. Per la parte Ca-O della struttura la distanza di<br />

ripetizione è approssimativamente 0.50 nm per la jennite, valore inferiore a<br />

quello osservato per la tobermorite; di conseguenza questa parte dello strato<br />

potrebbe essere corrugata.<br />

36


2.3 Idratazione dei solfo-alluminati<br />

2.3.1 Generalità<br />

Le reazioni dei solfo-alluminati dipendono dalla reattività della soluzione<br />

solida di C3A (C3A, ss) e dalla reattività dell'acqua di impasto satura dei sali<br />

disciolti (cinetica e costante di solubilità dei solfati). Si possono creare<br />

differenti situazioni che danno luogo a diversi prodotti, a seconda delle<br />

reattività relative.<br />

Se la reattività di solfati e C3A (ss) corrispondono esattamente durante<br />

l'idratazione iniziale, allora ha luogo la reazione:<br />

3CaO ⋅ Al2O3<br />

+ 3CaSO4<br />

+ 32H<br />

2O<br />

→ 3CaO<br />

⋅ Al2O3<br />

⋅3CaSO<br />

4 ⋅32H<br />

2O<br />

(ettringite, AFt), (eq.2.2)<br />

Quando i solfati mostrano una reattività maggiore del C3A (ss), la seguente<br />

reazione avviene simultaneamente alla formazione di ettringite:<br />

CaSO4 2<br />

4 2<br />

( anhydrite)<br />

+ 2H<br />

O → CaSO ⋅ 2H<br />

O , (eq.2.3).<br />

Infine, se il C3A (ss) presenta reattività maggiore dei solfati, la formazione di<br />

ettringite è accompagnata dalla produzione di monosolfoalluminato di calcio<br />

idrato:<br />

3CaO ⋅ Al2O3<br />

+ CaSO4<br />

+ 14H<br />

2O<br />

→ 3CaO<br />

⋅ Al2O3<br />

⋅ CaSO4<br />

⋅14H<br />

2O<br />

(monosolfato, AFm), (eq.2.4).<br />

Sostanzialmente l'aggiunta di gesso ritarda l'idratazione del C3A, questo effetto<br />

è attribuibile ad una azione ritardante dello strato di ettringite formata sui grani<br />

di alluminato tricalcico.<br />

L’ettringite si forma durante gli stadi iniziali del processo di idratazione dei<br />

cementi Portland, una volta consumato tutto il gesso, l’ettringite reagisce con il<br />

C3A residuo trasformandosi monosolfato. L’equilibrio tra le due fasi è stabile<br />

per manufatti non esposti a fonti esterne di solfati, in questi sistemi si ha infatti<br />

la riconversione del monosolfato in ettringite con conseguenti fenomeni di<br />

37


espansione che causano crepe nella struttura. La precipitazione di ettringite<br />

durante l’idratazione iniziale non causa questo tipo di problemi, dato che la<br />

matrice della pasta di cemento, ancora porosa e flessibile, è in grado di<br />

accomodare l’espansione.<br />

2.3.2 Fasi AFm<br />

Le fasi AFm (Al2O3-Fe2O3–mono) hanno formula generale<br />

[Ca2(Al,Fe)(OH)6]·X·xH2O, dove X indica un gruppo anionico a carica singola<br />

o la metà di un gruppo anionico a carica doppia. Il termine “mono” si riferisce<br />

alla singola unità CaX2<br />

Nell’idratazione del cemento Portland i gruppi anionici più importanti sono<br />

OH - , SO4 2- , CO3 2- .<br />

Le fasi AFm hanno una struttura a strati derivante da quella del CH (Paragrafo<br />

2.2.2) per sostituzione ordinata di uno ione Ca 2+ ogni tre da Al 3+ o Fe 3+ ,<br />

conseguentemente lo strato risulta carico (Figura 2.5).<br />

Figura 2.5 Struttura di un singolo strato principale di composizione<br />

[Ca2Al(OH)6] + in una fase AFm, nella proiezione ab. [Taylor, 1997]<br />

In Figura 2.5, le distanze degli atomi di calcio, alluminio e ossigeno al di sopra<br />

o al di sotto il piano centrale dello strato sono indicate in pm. Gli atomi di<br />

idrogeno non sono rappresentati. I cerchi grandi illustrano la distorsione<br />

dell’ottaedro CaO6, distorsione che permette di far salire a 7 la coordinazione<br />

di ogni atomo di calcio, attraverso l'aggiunta di molecole di acqua (non<br />

rappresentate) direttamente al di sopra o al di sotto di essi, in questa proiezione.<br />

38


Gli strati principali sono alternati con interstrati contenenti gli anioni X, che<br />

bilanciano la carica, e molecole di acqua. La sostituzione dello ione Ca 2+ con<br />

ioni più piccoli causa la distorsione dello strato principale; la cui composizione,<br />

insieme alle molecole d’acqua legate allo ione Ca 2+ risulta essere<br />

[Ca2(Al,Fe)(OH)6·2H2O] + .<br />

Nelle strutture AFm più semplici tali unità sono impilate in maniera da<br />

generare cavità circondate da tre molecole di acqua degli strati adiacenti;<br />

queste cavità possono accomodare anioni X e/o molecole di acqua.<br />

Non ci sono sostanziali restrizioni per quanto riguarda la separazione tra strati<br />

adiacenti, nei siti interstrato possono essere accomodati anioni grandi e<br />

possono essere intercalate molecole neutre.<br />

La cella unitaria comune a tutte le fasi AFm è basata su elementi strutturali<br />

esagonali con parametro di cella a = 0.57 – 0.59 nm (valore di √3 volte minore<br />

di quello del CH). Lo spessore dello strato c’ dipende dalla natura dell’anione<br />

X e dalla quantità di acqua nell’interstrato.<br />

Le fasi AFm mostrano politipismo, derivato da differenze nell’impilamento<br />

degli strati.<br />

2.3.3 Fasi AFt<br />

Le fasi AFt (Al2O3-Fe2O3–tri) hanno formula generale<br />

[Ca3(Al,Fe)(OH)6·12H2O]2·X3·xH2O, dove x è normalmente ≤2 e X<br />

rappresenta un gruppo anionico bivalente o un doppio gruppo anionico a carica<br />

singola. Il termine “tri” è riferito alle tre unità CX. La fase AFt più importante<br />

è l’ettringite, [Ca3Al(OH)6·12H2O]2·(SO4)3·2H2O oppure C3A·3CaSO4·32 H2O.<br />

Durante l’idratazione iniziale di un cemento Portland si forma una fase vicina a<br />

tale composizione.<br />

Queste fasi formano cristalli esagonali prismatici o aciculari; la loro struttura è<br />

basata su colonne in disposizione esagonale, allineate lungo l’asse (c) del<br />

prisma, con gli anioni X e molecole di acqua nei canali intermedi (Figura 2.6).<br />

39


Figura 2.6 Struttura cristallina dell'ettringite: (A) porzione di una singola<br />

colonna nella proiezione (11-20); (B) proiezione sul piano ab mostrante le<br />

colonne (cerchi grandi), i canali (cerchi piccoli) e la cella unitaria, con a = 1.123<br />

nm. [Taylor, 1997]<br />

In Figura 2.5 (A): A = Al, C = Ca, H= O di un gruppo OH, W = O di una<br />

molecola di acqua; gli atomi di idrogeno e le molecole di acqua legate agli<br />

atomi Ca disposti lungo la linea verticale al centro della figura vengono omessi<br />

Le colonne, che hanno formula empirica [Ca3Al(OH)6·12H2O] 3+ , sono<br />

composte da ottaedri (Al,Fe)(OH)6 alternati con gruppi triangolari di poliedri<br />

CaO8 che condividono gli spigoli, con i quali condividono gli ioni OH - .<br />

Ogni atomo di calcio è coordinato da quattro molecole di acqua, i cui atomi di<br />

idrogeno formano la superficie pressoché cilindrica delle colonne. Per unità di<br />

formula con sei atomi di calcio, i canali contengono quattro siti tre dei quali,<br />

nell’ettringite, sono occupati da gruppi solfato e due da molecole di acqua. La<br />

spaziatura tra le colonne è circa 1.07 nm.<br />

L’ettringite è trigonale, con a = 1.123 nm, c = 2.150 nm; il gruppo spaziale è<br />

P31c.<br />

A B<br />

40


2.4 Presa ed indurimento del cemento Portland<br />

Nell’istante in cui avviene la miscelazione di acqua e cemento, C3A e C3S<br />

iniziano immediatamente ad idrolizzarsi per formare i relativi prodotti di<br />

idratazione, dopodichè si osserva un rallentamento nel processo di idratazione<br />

attribuibile alla bassa permeabilità delle pellicole di trisolfati e di silicati<br />

parzialmente idrati che si formano rispettivamente sui granuli di C3A e C3S.<br />

durante queste fasi è ragionevole trascurare i contributi di C2S e C4AF.<br />

In questo lasso di tempo le pellicole che ricoprono i granuli anidri si<br />

ispessiscono perdendo ulteriormente di permeabilità, compaiono ed aumentano<br />

i nuclei di cristallizzazione di C-S-H e di Ca(OH)2, mentre cresce la viscosità<br />

dell’impasto.<br />

Dopo un certo tempo detto “critico”, si osserva un significativo aumento della<br />

velocità di reazione, accompagnato da sviluppo di calore ed aumento di<br />

consistenza dell’impasto. Il tempo definito critico rappresenta il limite al di là<br />

del quale ogni azione di deformazione plastica sull’impasto risulta dannosa ai<br />

fini della resistenza meccanica della pasta indurita.<br />

L’accelerazione della reazione è determinata come già detto dalla rottura delle<br />

pellicole protettive, che determina una ripresa nella formazione dei trisolfati ed<br />

un aumento nella velocità di formazione e di accrescimento dei nuclei di<br />

cristallizzazione di C-S-H e Ca(OH)2.<br />

La formazione del gelo C-S-H e dei cristalli di Ca(OH)2 diventano a questo<br />

punto i processi che controllano il grado di idratazione del C3S, impedendo alla<br />

pellicola instabile di raggiungere spessori apprezzabili.<br />

Gli aghi di trisolfato (Figura 2.7) e gli elementi del gelo C-S-H (Figura<br />

2.3) costituiscono una “struttura” di cristallizzazione che si diffonde attraverso<br />

l’impasto, creando uno scheletro resistente e dando luogo prima all’inizio e in<br />

un secondo tempo alla fine della presa.<br />

È ragionevole ritenere l’inizio della presa sia situato poco al di là del brusco<br />

aumento della velocità di reazione; l’aumento di consistenza è progressivo<br />

essendo legato alla velocità di nucleazione e accrescimento delle fasi idrate.<br />

41


Figura2.7 Foto SEM di un campione di ettringite. [Buzzi Unicem]<br />

Il successivo indurimento è attribuibile prevalentemente alla<br />

formazione di gelo C-S-H dai calcio-silicati, che rafforza ulteriormente lo<br />

scheletro di cristallizzazione inizialmente formatosi, rendendolo più compatto e<br />

riempiendo la maggior parte del volume inizialmente occupato dall’acqua di<br />

impasto.<br />

Si suppone che con il passare del tempo il gelo tenda a passare in uno stato di<br />

maggiore stabilità attraverso processi locali di ricristallizzazione, tramite<br />

reazioni di policondensazione dei gruppi SiO4 4- e per accrescimento dei nuclei<br />

più grossi a spese di quelli più piccoli; questi fenomeni sono conosciuti come<br />

invecchiamento del gelo e sono accompagnati da una contrazione dello<br />

scheletro tridimensionale (fenomeni di ritiro).<br />

Considerando i possibili modi in cui ioni e atomi possono essere legati tra loro<br />

in questa fase, è possibile costruire un modello per la formazione dei legami<br />

nel C-S-H gel.<br />

In Figura 2.8 sono rappresentate alcune delle possibili modalità in cui i gruppi<br />

silossanici, le molecole d'acqua e gli ioni calcio contribuiscono ai legami. In<br />

questo modello, gli spigoli vacanti dei tetraedri sono assegnati a cationi, come<br />

Ca 2+ .<br />

42


Figura2.8 Modello suggerito per la struttura del C-S-H gel.<br />

[Ramachandran, 1981]<br />

Studi recenti hanno osservato che il monomero presente in C3S e C2S (il<br />

tetraedro SiO4 4- ) polimerizza per formare dimeri e ioni silicato di dimensioni<br />

maggiori. Misure cromatografiche hanno inoltre dimostrato l’assenza di anioni<br />

a 3 o 4 atomi di silicio. Il contenuto in polimeri con cinque o più atomi di<br />

silicio aumenta con il procedere dell’idratazione, mentre la concentrazione dei<br />

dimeri diminuisce.<br />

In conclusione una pasta indurita di cemento Portland ordinario è<br />

costituita da una miscela di diverse fasi mineralogiche tra le quali predomina<br />

un silicato di calcio idrato di composizione variabile e dimensioni colloidali, al<br />

quale sono attribuibili le principali caratteristiche fisiche e meccaniche della<br />

pasta stessa. Il gelo del cemento nel suo insieme è assimilabile ad un solido<br />

poroso, costituito dalla aggregazione di particelle C-S-H contenenti ognuna da<br />

30.000 a 50.000 unità di formula. Le singole particelle hanno prevalentemente<br />

forma laminare molto sottile (30 – 40 Å: tre o quattro unità di formula), le<br />

lamine si estendono in due dimensioni fino a circa un centinaio di volte lo<br />

spessore.<br />

Il secondo maggior componente è l’idrossido di calcio, proveniente dall’idrolisi<br />

dei silicati e contenuto in cristalli ben sviluppati; la sua quantità, a 28 giorni<br />

dall’impasto si aggira tra il 10 e il 14 % in peso.<br />

Le fasi rimanenti sono i prodotti di idratazione dell’alluminato e del ferrito di<br />

calcio<br />

43


2.5 Calore di idratazione<br />

La reazione di idratazione di un cemento Portland è esotermica e sviluppa una<br />

quantità considerevole di calore (fino a circa 120 cal/g).<br />

La misura del calore di idratazione in funzione del tempo consente di seguire<br />

l’andamento del processo di idratazione perché fornisce informazioni sulla<br />

natura delle reazioni che stanno avvenendo.<br />

I problemi associati all’entità e velocità del flusso termico sono<br />

particolarmente critici in caso di manufatti di grosse dimensioni nei quali si ha<br />

un basso rapporto superficie/volume, che risulta sfavorevole ad una efficace<br />

dissipazione del calore svolto durante presa ed indurimento. Inoltre, poiché il<br />

calcestruzzo raffreddandosi subisce un ritiro, se il raffreddamento non avviene<br />

in modo uniforme si creano zone a ritiro differenziale e ciò dà luogo a tensioni<br />

in grado di provocare fessurazioni anche molto profonde.<br />

Come è mostrato in Figura 2.9, alle brevi stagionature il cemento Portland<br />

mostra due diversi periodi di sviluppo di calore.<br />

Il primo inizia all’atto dell’aggiunta di acqua, il flusso di calore diventa<br />

massimo entro i primi cinque minuti dopodichè decade ad un valore molto<br />

basso.<br />

Il picco è attribuito alla somma di due contributi: il calore di dissoluzione dei<br />

sali inorganici solubili e la rapida idratazione iniziale del C3A prima che si<br />

stabilisca una sufficiente concentrazione di solfato di calcio nella fase acquosa.<br />

Per un periodo variabile da 1 a 3 ore in funzione del tipo di cemento, il flusso<br />

di calore è moderato e non si hanno variazioni significative nella plasticità<br />

dell’impasto.<br />

Trascorso tale periodo si osserva un nuovo picco che raggiunge il suo massimo<br />

a circa 10 – 15 ore, sempre a seconda del tipo di cemento. Questo secondo<br />

picco termico è associato alla rottura delle pellicole sui grani di C3S e C3A che<br />

determina un aumento della velocità di reazione.<br />

Nei cementi ad alto tenore di alluminati può manifestarsi un terzo ciclo<br />

termico, individuato da un terzo picco o da una spalla nel tratto discendente del<br />

secondo, intorno alle 12 – 18 ore. Si ritiene che questo picco sia riconducibile<br />

ad una troppo rapida scomparsa del solfato di calcio dalla fase acquosa, prima<br />

ancora che si sia formata una quantità di gelo C-S-H sufficiente a rallentare la<br />

44


eazione per diffusione. Aggiungendo una maggiore quantità di gesso è<br />

possibile eliminare questo terzo ciclo termico.<br />

Figura 2.9 Flusso di calore specifico di un tipico cemento portland, w/c =<br />

0.325 a 23 °C [Neubauer, 2007]<br />

45


Capitolo 3<br />

METODOLOGIE ANALITICHE UTILIZZATE<br />

NEL CORSO DEL LAVORO DI TESI<br />

3.1 Introduzione<br />

Lo studio svolto in questa Tesi è basato sull'applicazione della tecnica di<br />

diffrazione dei raggi X in-situ a paste di cemento; a causa di una serie di<br />

problematiche già brevemente accennate nella prefazione (e che verranno<br />

trattate più approfonditamente nel Capitolo 5), l'applicazione del metodo a tali<br />

sistemi necessita di una correzione dei risultati analitici, operata tramite un<br />

sistema di calcolo sviluppato a partire da considerazioni empiriche. Per<br />

verificare la consistenza di tali considerazioni e conseguentemente del metodo<br />

stesso, sono state condotte analisi complementari sugli stessi campioni.<br />

Nel seguito verrà trattata una descrizione della tecnica di diffrazione dei raggi<br />

X e verranno presentate sotto un punto di vista puramente generale le altre<br />

metodologie di misura utilizzate a supporto di essa.<br />

3.2 Diffrazione dei raggi X<br />

3.2.1 Generalità<br />

I raggi X costituiscono una gamma di radiazioni elettromagnetiche<br />

estremamente penetranti, caratterizzata da lunghezze d'onda minori di quella<br />

della luce visibile, comprese tra circa 10 nm e 0,01 nm.<br />

46


Il fenomeno della diffrazione dei raggi X ad opera dei cristalli deriva da un<br />

processo di interazione tra l’energia della radiazione incidente e la materia<br />

cristallina. Gli elettroni degli atomi diventano centri diffusori di radiazione X<br />

della stessa lunghezza d’onda di quella incidente (diffusione coerente).<br />

Questa diffusione produce un raggio diffratto solo nelle direzioni in cui le onde<br />

diffuse da tutti gli atomi appartenenti ad uno stesso reticolo sono in<br />

coincidenza di fase; devono cioè essere soddisfatte certe condizioni<br />

geometriche che possono essere matematicamente espresse in due forme: le<br />

equazioni di Laue e la legge di Bragg. La trattazione completa di tali relazioni,<br />

che risulta abbastanza laboriosa e di puro interesse matematico, viene omessa<br />

da questa descrizione.<br />

RX<br />

Interferenza<br />

Figura 3.1 Interferenza costruttiva nell’interazione radiazione – materia<br />

cristallina (spettro da polveri).<br />

Il risultante spettro di diffrazione, comprendente sia le posizioni che le intensità<br />

degli effetti della diffrazione, è una proprietà fisica fondamentale della<br />

sostanza, utile non solo per una sua rapida identificazione, ma anche per una<br />

completa interpretazione della sua struttura. L’analisi delle posizioni degli<br />

effetti della diffrazione porta alla conoscenza della misura, della forma e<br />

dell’orientamento della cella elementare. Per stabilire le posizioni degli atomi<br />

individuali nella cella, debbono essere misurate ed analizzate le intensità dei<br />

picchi costituenti lo spettro di diffrazione. La cosa più importante, per stabilire<br />

47


una relazione tra le posizioni atomiche e l’intensità della diffrazione, è<br />

l’equazione del fattore di struttura (Paragrafo 3.2.3).<br />

3.2.2 Relazione di Bragg<br />

Una dimostrazione elementare della legge di Bragg può essere ricavata,<br />

indipendentemente dalle equazioni di Laue, ammettendo per ipotesi che i piani<br />

reticolari diffondano i raggi X.<br />

Si abbia un fascio di raggi X paralleli e monocromatici che incide con un<br />

angolo θ sui piani (hkl), come mostrato in Figura 3.2.<br />

Figura 3.2 Rappresentazione geometrica della relazione di Bragg<br />

Consideriamo la direzione di diffusione AR1, che forma un angolo pari a quello<br />

di incidenza con i piani (hkl), ricordando però che la diffusione ha luogo in<br />

ogni possibile direzione.<br />

Affinché nella direzione di diffusione AR1 si abbia interferenza costruttiva, è<br />

necessario che la differenza di cammino NB + BN'<br />

tra il raggio I1AR1 e quello<br />

I2BR2 sia uguale ad un numero intero n di lunghezze d’onda.<br />

Poiché si ha = BN'<br />

= d senθ<br />

, si ricava:<br />

NB hkl<br />

λ = 2d<br />

senθ<br />

, (eq.3.1)<br />

n hkl<br />

dhkl che è appunto l’equazione di Bragg, poiché rappresenta l’equidistanza dei<br />

n<br />

piani reticolari di simbolo nh, nk, nl.<br />

48


Dall’equazione di Bragg risulta inoltre evidente che non tutti i piani reticolari<br />

possono “riflettere”, ma soltanto quelli che hanno una equidistanza<br />

infatti, poiché<br />

si ha<br />

λ<br />

d hkl ≥ , (eq.3.2)<br />

2<br />

sen θ ≤ 1 , (eq.3.3)<br />

λ<br />

2d<br />

hkl<br />

≤ 1 , (eq.3.4)<br />

Data cioè una famiglia di piani reticolari (hkl) con equidistanza dhkl, si ha<br />

“riflessione di raggi X” con lunghezza d’onda λ soltanto per un determinato<br />

valore dell’angolo di incidenza θ; il piano reticolare dà luogo quindi ad una<br />

riflessione selettiva.<br />

Grazie a queste ultime considerazioni è anche possibile scegliere la lunghezza<br />

d’onda dei raggi incidenti più opportuna per il campione in esame.<br />

3.2.3 Fattore di struttura<br />

Le equazioni di Laue, e quindi la relazione di Bragg, che determinano le<br />

direzioni dei massimi di interferenza, corrispondenti alle diffusioni dovute ai<br />

piani (hkl), sono state ricavate in base alla condizione fondamentale che si<br />

abbia concordanza di fase tra le onde diffuse da tutti gli atomi appartenenti ad<br />

uno stesso reticolo.<br />

In base alla natura e alla posizione degli atomi presenti nella cella elementare, è<br />

possibile calcolare le intensità delle riflessioni hkl, componendo nella<br />

direzione di diffusione le onde diffuse dai vari atomi contenuti nella cella<br />

elementare.<br />

Se f1, f2… e φ1, φ2… sono rispettivamente le ampiezze e le fasi delle onde<br />

diffuse dai vari atomi, l’ampiezza e la fase dell’onda risultante sono date dal<br />

49


modulo e dall’argomento del numero complesso F (Figura 3.3), che<br />

rappresenta la somma:<br />

Figura 3.3 Composizione del vettore rappresentante il fattore di struttura<br />

Le ampiezze f1, f2… corrispondono ai fattori atomici di diffusione dei<br />

vari atomi, che sono proporzionali ai relativi numeri atomici: il fattore atomico<br />

di diffusione f è uguale al numero degli elettroni dell’atomo quando l’angolo<br />

2θ tra la direzione del raggio incidente e quella del raggio riflesso è uguale a<br />

zero; all’aumentare di 2θ f decresce rapidamente poiché si hanno interferenze<br />

tra le onde diffuse dai vari elettroni di uno stesso atomo, essendo λ dello stesso<br />

ordine di grandezza delle dimensioni degli atomi (la curva di f in funzione di<br />

sen θ / λ ha un andamento di tipo gaussiano)<br />

Le fasi φ1, φ2… delle onde diffuse dipendono dalla posizione degli<br />

atomi nella cella elementare e si calcolano nel seguente modo.<br />

Si abbia l’atomo n-esimo, la cui posizione nella cella elementare è data dalle<br />

coordinate frazionarie (xn, yn, zn) espresse cioè come frazioni dei lati della<br />

cella; la sua distanza dall’origine sarà rappresentata dal vettore:<br />

rn xn<br />

r1<br />

+ yn<br />

r2<br />

+ zn<br />

= r , (eq.3.5)<br />

La differenza di cammino tra l’onda diffusa dall’atomo n-esimo e quella<br />

diffusa dall’origine è data da rn • S ; dove S è il vettore del reticolo reciproco<br />

(di base a * , b * , c * ) perpendicolare al piano hkl che ha generato la diffusione,<br />

definito come:<br />

S +<br />

* * *<br />

= ha + kb lc , (eq.3.6)<br />

50<br />

3


la differenza di fase è quindi:<br />

2π<br />

ϕn<br />

=<br />

λ<br />

da cui, sostituendo il valore di r n , si ottiene:<br />

r n<br />

• S , (eq.3.7)<br />

⎛<br />

⎞<br />

⎜ S S S<br />

ϕ = • + • + • ⎟<br />

n 2 π xn r1<br />

yn<br />

r2<br />

zn<br />

r3<br />

, (eq.3.8)<br />

⎜<br />

⎟<br />

⎝<br />

λ λ λ<br />

⎠<br />

Tenuto conto delle relazione vettoriali tra r1, r2, r3 ed a*, b* e c*, si ricava<br />

n<br />

( hx + ky + lz )<br />

ϕ = 2 π<br />

, (eq.3.9)<br />

n<br />

Quindi l’onda diffusa dall’atomo n-esimo è descritta in ampiezza e fase dal<br />

termine:<br />

f<br />

i<br />

ne 2π<br />

n<br />

( hx + ky + lz )<br />

n<br />

n<br />

51<br />

n<br />

n<br />

, (eq.3.10)<br />

Il contributo dato alla riflessione hkl dagli N atomi, presenti nella cella<br />

elementare, è rappresentato quindi dalla sommatoria di tutti i termini di tipo<br />

f<br />

i n<br />

ne ϕ<br />

relativi agli N atomi; si ha cioè:<br />

F<br />

hkl<br />

=<br />

∑<br />

N<br />

n=<br />

1<br />

f<br />

n<br />

e<br />

2πi<br />

( hx + ky + lz )<br />

n<br />

n<br />

n<br />

, (eq.3.11)<br />

Dove Fhkl prende il nome di fattore di struttura e rappresenta in modulo e fase<br />

l’onda diffratta dalla cella elementare per il riflesso hkl; il suo valore dipende<br />

dalla terna di indici h, k, l, dalla natura e dalla disposizione degli atomi della<br />

cella elementare.<br />

L’intensità del riflesso hkl è proporzionale a<br />

hkl<br />

2<br />

F . [Rigault, 1966]


3.2.4 Metodo delle polveri<br />

Dopo la grande intuizione di Laue ed Edwald riguardante la diffrazione di<br />

raggi X per opera di cristalli singoli, che vengono assimilati a “reticoli” con<br />

“fenditure” (gli atomi diffondenti) poste a distanze adatte a dare una figura di<br />

diffrazione che contenga memoria della struttura atomica del cristallo, vennero<br />

osservati fenomeni di diffrazione da parte di campioni cristallini, polverizzati<br />

in modo da ottenere un elevatissimo numero di individui cristallini con<br />

dimensione dell’ordine di grandezza di 0,01 mm. Poiché la popolazione degli<br />

individui cristallini è orientata statisticamente, ve ne saranno certamente alcuni<br />

disposti in modo tale da soddisfare la condizione di diffrazione di Bragg, cioè<br />

la relazione:<br />

λ = 2 senθ<br />

, (eq.3.12)<br />

d hkl<br />

I raggi diffratti formano un cono di apertura angolare 4θ (Figura 3.4), per ogni<br />

famiglia di piani reticolari si origina un cono di differente apertura angolare.<br />

Figura 3.4 Generazione del cono di diffrazione<br />

La formazione di questi coni può essere spiegata in termini di reticolo<br />

reciproco: poiché vi è un grandissimo numero di cristalliti orientati in tutte le<br />

direzioni possibili, i punti del reticolo reciproco relativi ad una stessa famiglia<br />

di piani hkl, appartenente a cristalliti diversi, si troveranno sulla superficie di<br />

una sfera di raggio<br />

1<br />

d hkl<br />

*<br />

= d , (eq.3.13)<br />

52


l’intersezione delle sfere relative ai vari piani hkl con la sfera di riflessione<br />

origina dei cerchi, perpendicolari alla direzione dei raggi X incidenti e con<br />

centro su di essa. Si formano quindi dei coni di riflessione con vertice in O e<br />

con apertura 4θ.<br />

Figura 3.5 Modello di reticolo reciproco di una riflessione prodotta da<br />

polveri. [Rigault, 1966]<br />

3.2.5 Strumentazione<br />

Un esperimento di diffrazione di raggi X da polveri richiede sostanzialmente:<br />

una sorgente di raggi X, il campione da investigare, ed un detector in grado di<br />

rilevare i raggi X diffratti; in Figura 3.6 è mostrato un diffrattometro a raggi X<br />

per polveri:<br />

La radiazione X comunemente usata è quella emessa dal rame (la cui<br />

lunghezza d’onda caratteristica della radiazione Kα è 1,5418 Å).<br />

Quando il raggio incidente colpisce il campione, la diffrazione ha luogo in tutte<br />

le possibili orientazioni di 2θ: i raggi diffratti possono essere rilevati usando un<br />

rilevatore mobile. Nelle normali applicazioni, il detector si muove sul<br />

campione a velocità costante (dell’ordine di pochi gradi al minuto) e copre<br />

solitamente un range di 2θ da 2 a 120°.<br />

53


Figura 3.6 Diffrattometro XRPD: (A) sorgente di raggi X; (B) campione;<br />

(C) rivelatore [Bruker AXS]<br />

La sorgente di raggi X consiste in un tubo di Coolidge; siccome il bersaglio<br />

(anticatodo) emette un fascio di raggi composto da una banda continua di<br />

fondo (radiazione bianca o “Bremstrahlung”) da cui emergono le righe<br />

caratteristiche dell’elemento bersaglio, per selezionare l’intervallo di lunghezze<br />

d’onda o la riga d’interesse di un fascio di raggi X si possono applicare dei<br />

filtri costituiti da sottili lamine di un metallo, il cui spettro d’assorbimento ha<br />

un intervallo di lunghezze d’onda, tale da tagliare la banda continua e alcune<br />

righe secondarie emesse dall’elemento del bersaglio (nello strumento utilizzato<br />

in questo lavoro si utilizza una lamina di nichel).<br />

I raggi X vengono poi collimati sul campione mediante slitte di Soller (serie di<br />

lamine metalliche parallele spaziate tra loro), o con un fascio di tubi metallici<br />

sottili, i quali assorbono tutti i fasci di radiazione, eccetto quelli paralleli ad<br />

essi.<br />

A<br />

Il campione è posizionato su un supporto posto in rotazione rispetto al suo asse,<br />

per aumentare il numero di individui cristallini investiti dal raggio incidente.<br />

Un goniometro misura l’angolo tra il raggio d’incidenza collimato e la<br />

superficie del campione.<br />

B<br />

Tra il campione ed il detector sono presentii slitte di Soller per la collimazione<br />

del fascio diffratto; tra queste ultime ed il detector è posizionato un<br />

54<br />

C


monocromatore a cristallo che ha il compito di sopprimere la radiazione di<br />

fluorescenza generata dal campione ed il fondo generato dallo spettro continuo<br />

e dalla radiazione K-beta prodotta dalla sorgente di raggi X (lo strumento<br />

utilizzato in questo lavoro monta un monocromatore secondario a cristallo di<br />

grafite).<br />

Per quanto riguarda il detector, i sistemi di rivelazione fotografica non sono<br />

quasi più usati per scopi quantitativi. Le tecniche di rivelazione attualmente in<br />

uso sono basate sul conteggio di fotoni generati dalla luminescenza indotta dai<br />

raggi X su cristalli scintillatori (scintillazione), dalla loro azione ionizzante su<br />

alcuni gas (ionizzazione), e sui semiconduttori a stato solido (come quello<br />

utilizzato in questo lavoro di Tesi).<br />

Un nuovo tipo di rilevatore, che permette l'acquisizione simultanea di tutti i<br />

riflessi provenienti dal campione, è il rilevatore ad area (Figura 3.7).<br />

Figura 3.7 Diffrattometro con rilevatore ad area [FCT-ACTech Pty Ltd]<br />

La moderna strumentazione a raggi X è gestita elettronicamente mediante<br />

appositi software messi a punto dalla casa produttrice, che provvedono alle<br />

impostazioni funzionali, al controllo operativo, all’acquisizione e al trattamento<br />

dei dati.<br />

55


3.3 Calorimetria isotermica<br />

3.3.1 Generalità , strumentazione e funzionamento<br />

Il principio di misura della tecnica è lo scambio termico, il metodo è<br />

caratterizzato dalla misura della differenza di temperatura tra il campione ed il<br />

suo intorno. Il flusso di calore generato dagli eventi termici che hanno luogo<br />

all'interno della cella di reazione può fluire liberamente verso l'intorno del<br />

campione, tramite uno scambiatore di calore in alluminio, in modo che il<br />

campione venga mantenuto ad una temperatura costante. Il flusso di calore così<br />

generato viene rilevato da sensori termici (tipicamente termopile) e trasdotto in<br />

un segnale elettrico, proporzionale al potere termico della reazione.<br />

Il calorimetro è costituito da due alloggiamenti gemelli: uno per il campione ed<br />

uno per il riferimento (Figura 3.8). In tal modo si abbassa il livello di rumore<br />

della misura, in quanto eventuali disturbi esterni agiranno su campione e<br />

riferimento allo stesso modo, e sarà possibile eliderne gli effetti.<br />

A B<br />

Figura 3.8 A - Cella di misura di un calorimetro isotermo; B – Particolare<br />

del'ampolla porta campione. [Setaram]<br />

Il sistema di controllo termostatico ad aria è in grado di mantenere il<br />

calorimetro a temperature tra 5 e 90°C. il riscaldamento / raffreddamento è<br />

operato da un elemento di Peltier, che garantisce fluttuazioni dell'ordine di<br />

±0.02 K su 24 ore.<br />

56


3.4 Termogravimetria<br />

3.4.1 Generalità<br />

L’analisi termogravimetrica misura in maniera continua la variazione<br />

ponderale di un campione, in atmosfera controllata e in funzione della<br />

temperatura. Il risultato analitico viene espresso solitamente con un<br />

termogramma che riporta in ascissa la temperatura ed in ordinata la variazione<br />

di massa come valore assoluto o percentuale (curva di decomposizione<br />

termica).<br />

3.4.2 Strumentazione e funzionamento<br />

Essenzialmente, un analizzatore termogravimetrico è composto<br />

sostanzialmente da quattro moduli: una microbilancia; una fornace; un sistema<br />

di gas di “spurgo” per assicurare un’atmosfera inerte o reattiva; il tutto gestito<br />

da un calcolatore per il controllo dei parametri strumentali (Figura 3.9). Le<br />

microbilance operano in un intervallo operativo compreso tra 5 e 20 mg, anche<br />

se esistono strumenti che arrivano fino a 100 mg.<br />

Figura 3.9 Schema di un analizzatore termogravimetrico. [TA Instruments]<br />

57


Il forno ha solitamente temperature di lavoro comprese tra temperatura<br />

ambiente e 1500 °C, con velocità di riscaldamento variabile da poco più di zero<br />

fino a 200 °C al minuto.<br />

I gas utilizzati per il controllo dell’atmosfera possono essere azoto, argo o aria;<br />

il loro scopo è di favorire lo svolgimento dei gas di decomposizione del<br />

campione, che altrimenti verrebbe ostacolato dalla saturazione dell’ambiente.<br />

Per avere un’atmosfera reattiva è possibile ad esempio alimentare l sistema ad<br />

ossigeno, in modo da studiare fenomeni di ossidazione.<br />

58


Capitolo 4<br />

CALCOLO DELLA COMPOSIZIONE<br />

MINERALOGICA DI UN CEMENTO PORTLAND<br />

4.1 Introduzione<br />

La conoscenza della composizione mineralogica di un cemento non è soltanto<br />

un dettaglio di interesse scientifico, ma una importante informazione per la<br />

valutazione di fattori come il fabbisogno termico teorico durante il processo<br />

produttivo, o per il controllo sulla qualità del prodotto.<br />

Il calcolo può essere fatto secondo diversi metodi: il più affidabile e<br />

universalmente riconosciuto è la conta per punti al microscopio ottico, metodo<br />

che risulta però altamente laborioso e richiede tempi relativamente lunghi (è<br />

necessaria infatti la conta di almeno 5000 – 10.000 punti per avere una<br />

sufficiente statistica) oltre a necessitare di operatori esperti. Per questi motivi,<br />

la conta per punti viene utilizzata soltanto in applicazioni particolari e verrà<br />

tralasciata in questa trattazione.<br />

La composizione mineralogica può essere calcolata anche con un metodo<br />

stechiometrico, sulla base dell’analisi chimica del clinker, con il cosiddetto<br />

metodo di Bogue [Bogue & Lerch, 1934]].<br />

Il metodo maggiormente all’avanguardia è il metodo di Rietveld, uno<br />

strumento di calcolo iterativo, basato sull’analisi di un diffrattogramma digitale<br />

ottenuto da esperimenti di diffrazione dei raggi X (Paragrafo 3.2) sul campione<br />

in esame.<br />

Il metodo risulta estremamente rapido rispetto agli altri due, in quanto tutte le<br />

operazioni di calcolo sono affidate ad un calcolatore elettronico. Per contro, i<br />

59


principali svantaggi del metodo di Rietveld derivano dall'impossibilità di<br />

quantificazione delle fasi amorfe e di distinzione dei polimorfi.<br />

Nel seguito viene descritto, da un punto di vista puramente generale e<br />

semplificato, il metodo di Rietveld.<br />

4.2 Metodo di affinamento di Rietveld<br />

4.2.1 Generalità<br />

Il Metodo di Rietveld è uno strumento di calcolo numerico iterativo che<br />

permette di analizzare simultaneamente tutti i picchi costituenti un<br />

diffrattogramma di raggi X da polveri e di fornire un’analisi quantitativa della<br />

composizione mineralogica del campione.<br />

Esso si sta progressivamente sostituendo nelle industria del cemento a quello<br />

tradizionale di calcolo delle fasi (metodo di Bogue), che basa la sua procedura<br />

di calcolo unicamente sulla composizione chimica di base (ottenibile da analisi<br />

chimica e fluorescenza di raggi X) e sui coefficienti stechiometrici che<br />

correlano le fasi mineralogiche caratteristiche di un cemento o di un clinker.<br />

Le equazioni utilizzate per il calcolo di Bogue sono infatti affette da una certa<br />

incertezza, in quanto non tengono conto della possibile esistenza di fasi<br />

mineralogiche presenti sotto forma di soluzioni solide.<br />

L’analisi di Rietveld risulta il metodo più vantaggioso per la determinazione<br />

della composizione mineralogica di un clinker o cemento, anche nei confronti<br />

della conta per punti al microscopio, che pur essendo il sistema più affidabile<br />

ed universalmente riconosciuto, non permette di accedere con accuratezza alla<br />

misura quantitativa di tutte le fasi mineralogiche e risulta piuttosto laboriosa in<br />

quanto necessita di una numerosità statistica sufficiente.<br />

Il calcolo secondo Rietveld inoltre non richiede curve di calibrazione, fornisce<br />

rapidamente i risultati e permette la determinazione simultanea del contenuto di<br />

tutte le fasi mineralogiche presenti nel campione investigato, oltre ad offrire la<br />

possibilità di essere facilmente integrato in un sistema di controllo di processo<br />

automatizzato.<br />

60


4.2.2 Principi del metodo<br />

Come già accennato, il metodo sfrutta un difrattogramma digitale da polveri,<br />

osservato convenzionalmente ed un difrattogramma calcolato che viene creato<br />

a partire dai dati strutturali delle fasi presenti nel clinker e dai parametri<br />

strutturali dello strumento. Questi dati vengono combinati per punti e vengono<br />

affinati in modi iterativo, normalmente con il metodo dei minimi quadrati. Il<br />

processo iterativo confronta continuamente il diffrattogramma misurato con<br />

quello calcolato, tenendo conto della presenza percentuale delle fasi presenti<br />

nel campione (parametro da affinare), e termina le iterazioni al raggiungimento<br />

del minimo scarto tra i due.<br />

È essenziale avere a disposizione i parametri strutturali di tutte le fasi presenti.<br />

Avendo a disposizione un modello strutturale, le intensità osservate (yio) al<br />

passo i-esimo possono essere confrontate con le corrispondenti intensità<br />

calcolate a partire dal modello (yic).<br />

Il modello viene affinato minimizzando con il metodo dei minimi quadrati il<br />

residuo<br />

dove wi, dato da<br />

S<br />

∑<br />

= i<br />

w<br />

i<br />

[ y − y ]<br />

io<br />

61<br />

ic<br />

2 , (eq.4.1)<br />

−1<br />

2 2 2<br />

( w ) = σ = σ + σ<br />

i<br />

i<br />

è il peso assegnato alle intensità. σip è la deviazione standard associata al picco<br />

i-esimo e σib è quella associata all'intensità del fondo (yib).<br />

L’intensità calcolata al passo i-esimo è determinata sommando i contributi<br />

dovuti al fondo ed ai riflessi di Bragg confinanti (k) per ogni fase (p) presente<br />

nel sistema<br />

ip<br />

ib<br />

( Δ )<br />

2<br />

∑ S p∑<br />

mkLk<br />

Fk<br />

G ik Pk<br />

+<br />

y θ<br />

ic =<br />

p k<br />

dove S è il fattore di scala (un fattore di proporzionamento dell’intensità del<br />

picco, correlato alla percentuale in peso della fase mineralogica in questione),<br />

Lk è il fattore di polarizzazione-Lorentz per la riflessione k-esima, Fk è il fattore<br />

di struttura della riflessione k-esima, mk è il fattore di molteplicità, ∆θik = 2θi-<br />

2θk, dove 2θk è la posizione calcolata del picco di Bragg, e G(∆θik) è la<br />

funzione del profilo di riflessione, Pk è la funzione relativa alle orientazioni<br />

preferenziali, e yib è il fondo affinato..<br />

y<br />

ib


Nell’analisi quantitativa di Rietveld, i singoli fattori di scala ed i parametri<br />

relativi al profilo dei picchi per ogni fase, vengono variati congiuntamente con<br />

il fondo ed i parametri di cella.<br />

Le informazioni sulla frazione in peso (Wi) delle fasi presenti in un sistema<br />

polifasico vengono calcolate dai fattori di scala, ottenuti dall’affinamento,<br />

relativi alle singole fasi:<br />

2<br />

Si<br />

ρ iVi<br />

Wi = . 2<br />

S ρ V<br />

∑<br />

i<br />

Dove Si, ρi, Vi sono rispettivamente fattore di scala, densità e volume della<br />

cella elementare della fase i-esima, e la sommatoria è estesa a tutte le fasi<br />

presenti nel sistema.<br />

Uno dei problemi principali nell'analisi di Rietveld è la definizione di un<br />

modello accurato per la funzione G(∆θik).<br />

62<br />

i<br />

La forma di un picco di diffrazione dipende da svariati parametri:<br />

sorgente della radiazione, distribuzione delle lunghezze d'onda nel fascio<br />

primario, caratteristiche del fascio (influenzate dalla configurazione di<br />

collimatori e slitte di Soller posti tra sorgente e monocromatore,<br />

monocromatore e campione, campione e rivelatore), sistema di rilevazione.<br />

Esistono diversi tipi di funzioni analitiche per descrivere la forma del picco,<br />

nella fattispecie si utilizza una miscela di funzioni Gaussiane (G) e Lorentziane<br />

(L), con gradi di miscelazione affinabili, denominata funzione pseudo-Voigt<br />

(pV):<br />

i<br />

( G)<br />

pV = ηL + 1 −η<br />

dove η rappresenta il parametro di mescolamento (0


Per quanto riguarda la definizione del fondo, non esiste un approccio<br />

ben definito. Questo è dovuto principalmente a schermatura insufficiente,<br />

scattering diffuso, scattering incoerente, rumore elettronico del sistema di<br />

rilevazione e presenza di materiale amorfo.<br />

Solitamente il fondo e la sua variazione con l'angolo vengono definiti tramite<br />

l'affinamento dei coefficienti della serie di potenze in 2θ (polinomi di<br />

Chebichev):<br />

∑<br />

ib =<br />

n<br />

n<br />

63<br />

( )<br />

y b 2 θ .<br />

Tutti i parametri fin qui descritti vengono inseriti nel processo di<br />

affinamento in accordo con l'equazione 4.1.<br />

La concordanza tra l'osservazione sperimentale ed il modello viene stimata<br />

tramite i seguenti indicatori:<br />

• Profilo p = ∑ yio<br />

− yic<br />

( ∑ yio<br />

)<br />

R / .<br />

[ ] 2 / 1<br />

2<br />

w y<br />

2<br />

wp = ∑ i io ic /∑ i io<br />

• Profilo pesato w ( y − y )<br />

R .<br />

• Bragg B = ∑ Iko<br />

− Ikc<br />

( ∑ Iko<br />

)<br />

R / .<br />

2<br />

• Bontà del fit = w ( y − y ) / ( N − P)<br />

∑<br />

GofF i io ic<br />

i<br />

n<br />

, dove N e P sono<br />

rispettivamente il numero di punti del profilo e dei parametri affinati,<br />

che deve idealmente avvicinarsi all'unità.<br />

Gli indici maggiormente significativi per stimare il progresso dell'affinamento<br />

sono Rwp e GofF, in quanto contengono la quantità che deve essere<br />

minimizzata nel numeratore.<br />

Valori di RWP inferiori a 10 garantiscono una completa convergenza del<br />

calcolo iterativo svolto dal software.<br />

Valore di GofF inferiori ad 1 non sono accettabili, si ha una buona qualità di<br />

interpolazione per GofF


• Distribuzione statistica degli individui cristallini: utilizzando un<br />

portacampione rotante, le orientazioni preferenziali possono essere<br />

caratterizzate con pochi parametri e possono quindi essere introdotte<br />

piuttosto facilmente nello schema di interpolazione e nell'affinamento<br />

di Rietveld. Il non tener conto dell’effetto delle orientazioni<br />

preferenziali determina una limitazione nell’accuratezza del processo di<br />

affinamento, in quanto possono insorgere errori nelle intensità relative<br />

dei picchi. La via più semplice per correggere le intensità calcolate dal<br />

modello strutturale è utilizzare una funzione empirica di correzione<br />

dipendente dall’angolo acuto (φ) tra il piano di diffrazione (k) e il piano<br />

di orientazione preferenziale:<br />

k<br />

( corr)<br />

I P ( ϕ)<br />

I =<br />

dove Pk è solitamente una funzione di tipo gaussiano.<br />

• Omogeneità della taglia dei cristalliti. Particelle di grandezza superiore<br />

ai 10 µm devono essere rimosse dal campione, così come quelle molto<br />

piccole (< 1 µm), in quanto responsabili dell’allargamento dei picchi.<br />

• Disponibilità di un modello di correzione per le aberrazioni strumentali;<br />

occorre definire la dipendenza angolare della forma del picco, il cui<br />

profilo può essere espresso come:<br />

( 2θ ) b(<br />

2θ<br />

) [ w(<br />

2θ<br />

) * g(<br />

2θ<br />

) ] * f ( 2θ<br />

)<br />

y = +<br />

, (eq. 4.2)<br />

dove b ( 2θ<br />

) è la funzione descrivente il fondo, ( 2θ<br />

)<br />

relativa al campione, e ( 2θ ) * g(<br />

2θ<br />

)<br />

64<br />

k<br />

k<br />

f è una funzione<br />

w è la cosiddetta funzione<br />

strumentale. Questa può essere considerata come la convoluzione di<br />

una funzione relativa all’ottica del diffrattometro, ( 2θ<br />

)<br />

g , con una<br />

seconda funzione rappresentante la distribuzione delle lunghezze<br />

d’onda della radiazione incidente, ( 2θ<br />

)<br />

La funzione ( 2θ<br />

)<br />

di 6 funzioni specifiche:<br />

w .<br />

g può essere vista come il risultato della convoluzione<br />

g = g * g K*<br />

g .<br />

1<br />

La funzione g 1 dipende dal profilo del punto focale proiettato, g 2 è<br />

dovuta allo spostamento della superficie piatta del campione dal cerchio<br />

focale, g 3 si riferisce alla divergenza assiale (collimata dalle slitte di<br />

2<br />

6


Soller), g 4 deriva dall’assorbimento ei raggi X da parte del campione,<br />

g 5 è relativa alla slit ricevente, 6<br />

disallineamento della configurazione strumentale.<br />

65<br />

g è dovuto al possibile<br />

Figura 4.1. Funzioni che definiscono la funzione strumentale g.<br />

Come è visibile in Figura 4.1, solamente g 1,<br />

5 g e 6<br />

g allargano il<br />

profilo simmetricamente, le altre tre funzioni generano uno spostamento<br />

del picco dalla posizione ideale.<br />

Gli effetti deleteri dovuti alle aberrazioni strumentali possono essere<br />

minimizzati utilizzando funzioni analitiche appropriate nell’affinamento<br />

o tramite un attento allineamento strumentale, realizzato con dei<br />

campioni standard di riferimento.<br />

I limiti del metodo risiedono negli aspetti strumentali (preparazione del<br />

campione, risoluzione, etc.) e dai modelli strutturali di partenza. [Giacovazzo,<br />

1992]<br />

4.2.3 Software di calcolo<br />

Prima di effettuare un‘analisi quantitativa è necessaria un’indagine qualitativa,<br />

facilmente realizzabile con un software commerciale tipo quello utilizzato in<br />

questo studio (EVA ® , Bruxer Axs). Il software è di tipo manuale, occorre<br />

indicare quali elementi chimici sono presenti nel campione (è possibile<br />

etichettare i vari elementi come sicuramente o probabilmente presenti); il<br />

software individuerà all’interno delle combinazioni di tali elementi le fasi


mineralogiche che meglio approssimano il diffrattogramma misurato,<br />

scegliendo tra quelle archiviate in apposite librerie standard.<br />

In questo modo si determina qualitativamente la composizione mineralogica<br />

costituente il campione ed i relativi parametri strutturali, dati che serviranno<br />

per l’analisi di Rietveld vera e propria, affidata ad un software automatico.<br />

Il software utilizzato per svolgere l’analisi di Rietveld in questo lavoro di Tesi<br />

è il TOPAS ® 2.1 (Bruker Axs) [Topas].<br />

Durante un esperimento di diffrazione possono verificarsi diversi fenomeni<br />

che influiscono sulla misura determinando le intensità relative dei riflessi di<br />

Bragg; nel seguito è riportata una descrizione sommaria di tali fenomeni e delle<br />

opportune correzioni che il software di analisi dei dati deve considerare.<br />

Correzione di Lorentz<br />

I fenomeni di diffrazione hanno luogo ogni qual volta i nodi del reticolo<br />

reciproco, aventi un volume non trascurabile, attraversano la sfera di<br />

riflessione. Se un nodo si trova in posizione di diffrazione per un tempo più<br />

lungo, l’intensità della riflessione corrispondente sarà proporzionalmente più<br />

elevata. A seconda del metodo utilizzato per acquisire le intensità delle varie<br />

riflessioni e delle posizioni dei nodi del reticolo reciproco, i tempi necessari ai<br />

differenti nodi per attraversare la sfera di Edwald saranno diversi.<br />

La correzione di Lorentz, la cui trattazione specifica viene tralasciata, tiene<br />

semplicemente conto di questo fattore. [Monaco, 1992]<br />

Correzione di polarizzazione<br />

La correzione di polarizzazione dipende dallo stato di polarizzazione del fascio<br />

di raggi X incidente e dall’angolo di scattering del fascio diffratto.<br />

Quando un fascio non totalmente polarizzato viene diffratto da un cristallo,<br />

l’intensità della riflessione è affetta da un fattore, chiamato fattore di<br />

polarizzazione.<br />

Nel semplice caso di raggi X incidenti non polarizzati, cioè quando essi sono<br />

prodotti da una sorgente convenzionale e monocromatizzati utilizzando un<br />

filtro appropriato, il fattore di polarizzazione può essere scritto come:<br />

( 1 + cos 2θ<br />

)<br />

1 2<br />

P =<br />

,<br />

2<br />

66


dove θ è l’angolo di Bragg della riflessione considerata, ed il cristallo<br />

diffrangente viene considerato a mosaicità ideale.<br />

Seppure in teoria questo fattore può assumere valori compresi tra 1.0 e 0.5 a<br />

seconda dell’angolo di scattering, in pratica la sua variazione è meno<br />

sostanziale.<br />

La correzione di polarizzazione viene frequentemente raggruppata con la<br />

correzione di Lorentz in un unico fattore detto correzione LP. [Monaco, 1992]<br />

Correzione di assorbimento<br />

In accordo con la legge di Beer’s, l’assorbimento riduce l’intensità di un fascio<br />

di raggi X che viaggia attraverso un mezzo. L’entità di tale attenuazione<br />

dipende dal materiale e dalla lunghezza percorsa dalla radiazione in esso.<br />

Quest’ultima dipende dalla posizione del punto di scattering all’interno del<br />

cristallo e dall’angolo di incidenza e di diffrazione della riflessione considerata.<br />

L’intensità del fascio diffratto viene quindi ridotta, rispetto all’intensità in<br />

assenza di assorbimento, dal fattore:<br />

I −μx<br />

= e ,<br />

I<br />

0<br />

dove x è il cammino totale della radiazione e µ è il coefficiente di assorbimento<br />

lineare del cristallo. Tale coefficiente può essere calcolato a partire dai<br />

coefficienti di assorbimento di massa (µm) degli atomi presenti nella cella<br />

elementare. Dai valori di µm per una determinata lunghezza d’onda, il<br />

coefficiente di assorbimento lineare può essere ricavato dall’equazione:<br />

∑<br />

i<br />

μ = ρ g μ ,<br />

i<br />

dove g i e la frazione di massa dell’i-esimo elemento presente nella cella<br />

i<br />

elementare, μ m è il suo coefficiente di assorbimento di massa, e ρ è la densità<br />

del cristallo.<br />

Il fenomeno dell’assorbimento resta una delle più importanti, se non la<br />

principale, fonte di errori nella determinazione sperimentale delle intensità<br />

relative. [Monaco, 1992]<br />

67<br />

i<br />

m


4.4.2 Procedura di avvio dell’affinamento<br />

Per far eseguire al software le operazioni di affinamento è necessario:<br />

1. Importare il file contenente il diffrattogramma misurato<br />

2. Introdurre tramite un file di controllo le informazioni riguardanti:<br />

a) profilo di emissione della sorgente di raggi X:<br />

b) fattori strumentali: raggio goniometro ampiezza fenditure,<br />

lunghezza fenditure, angolo delle slitte di Soller primaria e<br />

secondaria.<br />

c) fattori relativi ai dati strutturali delle fasi mineralogiche, da<br />

includere nell’affinamento<br />

3. Definire i parametri da affinare durante il calcolo<br />

4.<br />

5. Definire il profilo del picco attraverso funzioni analitiche (lorentziane,<br />

gaussiane, pV…) o discriminazione esplicita dei contributi strumentali e<br />

del campione (Fundamental parameter approach [Kern & Coelho, 1998])<br />

68


Capitolo 5<br />

METODO DI CALCOLO PER LA CORREZIONE<br />

DELL'ANALISI MINERALOGICA XRD in-situ<br />

5.1 Introduzione<br />

L'analisi XRD/Rietveld in-situ (Paragrafo 7.1.3) è un metodo introdotto<br />

recentemente che permette di monitorare in maniera pseudo–continua la<br />

composizione mineralogica di una pasta di cemento durante la sua idratazione.<br />

Il sistema è pratico e veloce, non richiede infatti ulteriori trattamenti del<br />

campione per l'analisi in seguito alla miscelazione con l'acqua, inoltre i tempi<br />

di acquisizione sono dettati solamente dall’efficienza del rivelatore.<br />

Il principale problema di questo sistema è la presenza di una rilevante frazione<br />

di materiale amorfo nel campione; oltre ai prodotti di idratazione amorfi (quali<br />

i geli C-S-H), è presente anche l’acqua di impasto, la cosiddetta “acqua libera”.<br />

Siccome l’analisi di Rietveld fornisce come risultato una stima sulle quantità<br />

percentuali in peso delle varie fasi cristalline inserite nell’affinamento, la<br />

presenza di materiale che non contribuisce alla diffrazione falsa l’analisi,<br />

determinando una sovrastima nel tenore percentuale di ciascuna fase. Dovendo<br />

“chiudere” al 100%, il software di calcolo normalizza infatti le abbondanze<br />

percentuali delle varie fasi, ignorando la presenza di materiale amorfo nel<br />

campione.<br />

Per risolvere queste problematiche accennate, le analisi sono state condotte<br />

utilizzando uno standard interno per la valutazione del materiale amorfo<br />

presente nel campione, implementando successivamente un sistema di calcolo<br />

che permette in fine di ricavare una stima quantitativa sui tenori di fasi<br />

69


mineralogiche cristalline anidre e idratate; prodotto di idratazione amorfo C-S-<br />

H; materiale amorfo ed acqua libera.<br />

5.2 Metodo dello standard interno per la stima della<br />

componente amorfa<br />

Il principio del metodo è aggiungere una quantità nota di standard cristallino<br />

per ricavare, dalla sovrastima fatta sulla sua percentuale, l’ammontare della<br />

frazione amorfa "lorda" presente nel campione, comprensiva cioè anche<br />

dell’acqua libera.<br />

Il calcolo viene effettuato tramite la seguente equazione:<br />

A L<br />

[ X1(%)<br />

− X 0(%)<br />

]<br />

* 100<br />

(%) = , (eq.5.1)<br />

X (%)<br />

1<br />

dove: AL = amorfo lordo; X0 = quantità di standard aggiunto; X1 = quantità<br />

standard rivelata dal metodo di Rietveld.<br />

Alla luce del tenore di materiale amorfo, viene effettuata la correzione sulle<br />

percentuali di ogni singola fase cristallina, secondo l’equazione:<br />

70<br />

[ 100 − A (%) ]<br />

wtR<br />

(%) *<br />

L<br />

Fase(%)<br />

= ,(eq 5.2)<br />

100<br />

dove: wtR(%) è la percentuale in peso rivelata dal metodo di Rietveld relativa<br />

alla fase in esame.<br />

In altre parole la correzione apportata, in termini di percentuale relativa,<br />

coincide per ciascuna fase.<br />

A questo punto si conoscono le percentuali in peso effettive delle fasi<br />

mineralogiche inserite nel software per l’analisi di Rietveld, oltre al tenore<br />

percentuale di materiale amorfo presente nel campione.


5.3 Metodo di calcolo per la stima del prodotto di<br />

idratazione amorfo C-S-H e dell'acqua libera<br />

All’ammontare di materiale amorfo ottenuto con il metodo dello standard<br />

interno concorrono diversi contributi, in esso sono infatti compresi acqua libera<br />

e fasi amorfe anidre e idrate. Tali contributi sono stati discriminati tramite un<br />

sistema di calcolo stechiometrico.<br />

Il metodo di calcolo è composto nel suo complesso da diversi passi che<br />

risultano in un’analisi quantitativa percentuale comprendente: fasi<br />

mineralogiche (anidre e idrate), fase idrata amorfa C-S-H, acqua libera e<br />

materiale amorfo non identificato.<br />

Il materiale non identificato è comprensivo di tutto ciò che non contribuisce<br />

alla diffrazione, nella fattispecie fasi amorfe anidre e idrate del cemento.<br />

5.3.1 Stima stechiometrica C-S-H<br />

L’idea di base è quella di stimare stechiometricamente la quantità di C-S-H<br />

potenzialmente formato, dalla quantità di CH prodotto nella reazione di<br />

idratazione del C3S.<br />

Secondo Fuji e Kondo il rapporto tra CaO (C) e SiO2 (S) per le fasi C-S-H<br />

formate durante l'idratazione iniziale (prime 24 ore) è risultato essere 1.7;<br />

l'equazione per la reazione del silicato tricalcico può quindi essere scritta come:<br />

C S + , 4H<br />

O → C SH + 1,<br />

3CH<br />

, (eq.5.3).<br />

3<br />

3 2 1,<br />

7 2,<br />

1<br />

[Fujii & Kondo 1983]<br />

Il computo viene svolto secondo il seguente schema:<br />

• Calcolo quantità in moli di CH dalla percentuale in peso ottenuta<br />

dopo la correzione apportata con il metodo dello standard interno,<br />

secondo la seguente equazione:<br />

dove: 74 = P.M. (CH).<br />

moli ( CH ) = CH (%) 74 , (eq.5.4)<br />

71


• Stima stechiometrica della quantità di CSH formato:<br />

moli(<br />

CSH ) = 0.<br />

77*<br />

moli(<br />

CH )<br />

, (eq.5.5)<br />

CSH (%) = moli(<br />

CSH ) * 227.<br />

2<br />

dove: 0.77 = rapporto molare CSH/CH (eq. 5.3); 227,2 =<br />

P.M.(CSH)<br />

5.3.2 Stima acqua libera<br />

A partire dalle percentuali in peso delle fasi idrate è ora possibile calcolare la<br />

quantità di acqua “combinata” in esse, cioè l’acqua inglobata nella struttura<br />

cristallina di ciascuna fase mineralogica idrata. Dalla differenza tra l’acqua<br />

combinata totale (in tutte le fasi idrate) e l’acqua di impasto, si ottiene la<br />

percentuale in peso dell’acqua libera o non legata. Il calcolo viene svolto<br />

secondo lo schema seguente:<br />

• Calcolo quantità in moli delle fasi idratate dalle percentuali in<br />

peso ricavate con il metodo dello standard interno (ettringite e CH)<br />

e con la stima stechiometrica della fase CSH:<br />

( % ) P.<br />

M.(<br />

)<br />

moli ( Fase)<br />

= Fase Fase , (eq.5.6)<br />

• Stima stechiometrica H2O combinata nelle fasi idrate cristalline<br />

(ettringite e CH) e amorfa (C-S-H):<br />

H<br />

H<br />

H<br />

2<br />

2<br />

2<br />

O<br />

O<br />

O<br />

CH<br />

Ettr<br />

CSH<br />

(%) = moli(<br />

CH ) * 1*<br />

18<br />

(%) = moli(<br />

Ettr)<br />

* 32*<br />

18 , (eq.5.7)<br />

(%) = moli(<br />

CSH ) * 4*<br />

18<br />

dove: 1 = moli H2O (CH); 32 = moli H2O (ettringite); 4 = moli H2O<br />

(C-S-H); 18 = P.M. (H2O).<br />

• Calcolo H2O combinata totale:<br />

[ H O (%) + H O (%) H O (%) ]<br />

H O = +<br />

, (eq.5.8)<br />

2 Combinata (%) 2 CH<br />

2 Ettr<br />

2 CSH<br />

• Calcolo acqua libera per differenza tra acqua di impasto ed acqua<br />

combinata totale:<br />

[ H O (%) H O (%) ]<br />

H O = −<br />

, (eq5.9)<br />

2 Libea1(%)<br />

2 Im pasto<br />

2 Combinata<br />

72


5.4 Determinazione del tenore di materiale amorfo<br />

Alla luce delle quantità di fase amorfa C-S-H e acqua libera, cioè delle<br />

componenti del sistema che non prendono parte ai fenomeni di diffrazione, è<br />

possibile determinare il tenore di materiale amorfo non identificato, per<br />

differenza con la quantità di amorfo “lordo” determinata con il metodo dello<br />

standard interno. Questo materiale amorfo è costituito essenzialmente dalle<br />

frazioni non cristalline anidre ed idratate delle fasi mineralogiche presenti nel<br />

cemento, ad eccezione della fase amorfa C-S-H avente la stechiometria<br />

indicata nell’eq.5.3.<br />

Come già accennato, il calcolo viene effettuato per differenza tra amorfo lordo,<br />

fase amorfa C-S-H ed acqua libera:<br />

[ A (%) − C − S − H (%) H O (%) ]<br />

A = −<br />

, (eq5.10)<br />

5.5 Conclusioni<br />

(%) L<br />

2 Libera<br />

Al termine di tale sistema di calcolo, oltre alle quantità percentuali in peso<br />

delle fasi mineralogiche cristalline, corrette grazie al metodo dello standard<br />

interno, si ottiene quindi una stima sui tenori (espressi sempre come percentuali<br />

in peso) di: fase amorfa C-S-H, acqua libera, e materiale amorfo presenti nel<br />

campione.<br />

73


Sezione<br />

Sperimentale<br />

74


INTRODUZIONE<br />

Questa Tesi è focalizzata sullo sviluppo di una procedura analitica innovativa,<br />

che integra diverse strategie già trattate separatamente in pubblicazioni<br />

precedenti, allo scopo di rendere applicabile la tecnica XRD/Rietveld in-situ<br />

per il monitoraggio dell’evoluzione mineralogica in paste di cemento.<br />

Lo studio si è concentrato sull'idratazione iniziale (prime 24 ore dall’impasto)<br />

di due diversi cementi Portland ordinari (OPC).<br />

Sui due campioni sono state dapprima svolte delle analisi calorimetriche, per<br />

determinare le dinamiche delle reazioni di idratazione e capire cosi i tempi di<br />

evoluzione del sistema; oltre che per verificare l'effettiva inerzia idraulica dello<br />

standard interno.<br />

È stata quindi effettuata un'analisi quantitativa della composizione<br />

mineralogica dei campioni anidri e idratati, tramite tecniche di diffrazione dei<br />

raggi X.<br />

Per quanto riguarda i campioni idratati, è stata dapprima effettuata l’analisi<br />

XRPD tradizionale (con arresto dell’idratazione), per verificare le effettive<br />

problematiche connesse con il metodo; dopodichè si è passati all’analisi XRD<br />

in-situ.<br />

I dati così ottenuti sono stati elaborati secondo il sistema di calcolo descritto<br />

precedentemente (Capitolo 5), al fine di correggere i risultati e ricavare le<br />

percentuali in peso di: prodotto di idratazione amorfo C-S-H, acqua libera e<br />

materiale amorfo.<br />

Allo scopo di verificare la consistenza del metodo e l’esattezza delle stime fatte<br />

nelle elaborazioni dei dati XRD-Rietveld, sono state infine eseguite delle<br />

75


analisi termogravimetriche sugli stessi campioni, confrontando i risultati<br />

ottenuti.<br />

Le misure hanno avuto luogo in diversi siti: le analisi di caratterizzazione<br />

chimico fisica dei materiali (XRF granulometrie, resistenza a compressione), e<br />

le misure XRD nei laboratori R&D dello stabilimento Buzzi Unicem di Trino<br />

(Vc); le analisi calorimetriche nel Centro Ricerche dello stabilimento Buzzi<br />

Unicem di Guidonia (Rm); le analisi termogravimetriche presso i laboratori<br />

della Facoltà di Scienze M.F.N. dell’Università del Piemonte Orientale<br />

“Amedeo Avogadro” di Alessandria.<br />

76


Capitolo 6<br />

MATERIALI<br />

6.1 Cementi<br />

Le analisi hanno interessato 2 diversi cementi OPC di tipo I 52,5 R le cui<br />

composizioni chimica (XRF) e mineralogica (XRPD/Rietveld) sono mostrate<br />

rispettivamente in Tabella 6.1 e 6.2.<br />

Tabella 6.1 Analisi chimica XRF dei due cementi<br />

Ossidi costituenti (%)<br />

SiO2 Al2O3 Fe2O3 CaO MgO SO3 K2O Na2O P2O5 TiO2 MnO Totale<br />

CemA 19.57 4.35 3.73 61.75 1.95 2.87 0.54 0.17 0.07 0.14 0.07 96.0<br />

CemB 21.43 5.48 1.86 63.67 1.07 2.54 0.39 0.14 0.03 0.18 0.08 96.9<br />

Tabella 6.2 Composizione mineralogica dei due cementi<br />

Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A CaO Gesso Toale GofF Rwp<br />

CemA 67.8 10.2 11.6 5.2 1.1 3.2 100 2,09 11,36<br />

CemB 66.2 14.0 4.2 10.6 1.4 3,0 100 1,87 10,24<br />

Le sostanziali differenze tra i due cementi sono il più alto tenore in ossidi di<br />

silicio, alluminio e calcio del campione CemB, per quanto riguarda la<br />

composizione chimica.<br />

Relativamente alla composizione mineralogica, il campione CemB presenta un<br />

tenore di C3A doppio rispetto al campione CemB, il quale ha per contro un<br />

maggiore tenore di C4AF.<br />

In tabella 6.3 sono riportate i valori granulometrici per i due cementi.<br />

77


Tabella 6.3 Distribuzione granulometrica dei due cementi<br />

Diametro medio [µm] Diametro [µm] Valori cumulati [%]<br />

CemA 16.62<br />

CemB 13.73<br />

78<br />

8 56.80<br />

24 30.43<br />

40 9.89<br />

8 53.80<br />

24 23.48<br />

40 2.77<br />

Dal punto di vista granulometrico, il campione CemB mostra un diametro<br />

medio minore ed una distribuzione spostata verso valori inferiori, rispetto al<br />

secondo campione.<br />

Riportiamo anche i valori di resistenza a compressione degli impasti in<br />

funzione del tempo di idratazione (Tabella 6.4).<br />

Tabella 6.4 Reistenza a compressione degli impasti [MPa]<br />

2gg 7gg 28gg<br />

CemA 24.98 46.87 45.61<br />

CemB 34.48 48.43 57.18<br />

Il campione CemB risulta essere sistematicamente più performante, sia alle<br />

brevi scadenze (in virtù del più elevato tenore di C3A), che a 28 giorni<br />

dall’impasto, probabilmente grazie alla sua granulometria più fine.<br />

6.2 Standard interni<br />

Per la valutazione della frazione amorfa si è utilizzato come già detto il metodo<br />

dello standard interno. È stata quindi addizionata alla polvere di cemento una<br />

quantità nota di materiale cristallino non-idraulico (standard interno); nella<br />

fattispecie le fasi anatasio (TiO2) e corindone (Al2O3), le cui effettive<br />

composizioni mineralogiche sono state verificate tramite analisi di Rietveld (i<br />

diffrattogrammi misurati vengono riportati in Figura 6.1 e 6.2).<br />

Dai diffattogrammi degli standard si può osservare un’elevato grado di<br />

cristallinità (probabilmente maggiore per l'anatasio, si veda a tal proposito la<br />

curva grigia relativa alla differenza tra il diffrattogramma misurato e quello<br />

calcolato); per il biossido di titanio è stata inoltre verificata l'assenza delle fasi<br />

rutilo e brookite.


I picchi a bassa intensità non interpolati dal software per l'analisi di Rietveld<br />

sono dovuti all'inquinamento dell'anodo in rame del tubo a raggi X da parte di<br />

atomi di tungsteno provenienti dal filamento utilizzato come catodo (a causa<br />

dell’usura del tubo). In altre parole, sono i riflessi dovuti agli stessi piani<br />

cristallini relativi ai picchi più intensi, ma eccitati da una differente lunghezza<br />

d'onda (quella del tungsteno appunto).<br />

Tale effetto di inquinamento, non determina errori nelle analisi XRD sui<br />

campioni CemA e CemB, in quanto le intensità relative dei picchi costituenti i<br />

diffrattogrammi sono notevolmente inferiori a quelle osservate per gli standard.<br />

Gli standard sono stati addizionati ai campioni anidri in quantità del 5%<br />

in peso della polvere di cemento ed il tutto è stato successivamente<br />

omogeneizzato meccanicamente per 30 minuti, con un omogeneizzatore<br />

meccanico a due bracci (Turbula).<br />

79


18.000<br />

17.000<br />

16.000<br />

15.000<br />

14.000<br />

13.000<br />

12.000<br />

11.000<br />

10.000<br />

9.000<br />

8.000<br />

7.000<br />

6.000<br />

5.000<br />

4.000<br />

3.000<br />

2.000<br />

1.000<br />

0<br />

-1.000<br />

-2.000<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

11<br />

12<br />

13<br />

14<br />

15<br />

16<br />

17<br />

18<br />

19<br />

20<br />

21<br />

22<br />

23<br />

24<br />

25<br />

26<br />

27<br />

Corindone.raw:1<br />

28<br />

Anatasio.raw:1 Anatase 98.55 %<br />

Rutile 0.81 %<br />

29<br />

Figura 6.1 Analisi mineralogica quantitativa ottenuta secondo l’analisi di Rietveld – Anatasio.<br />

80<br />

30<br />

31<br />

32<br />

33<br />

34<br />

35<br />

36<br />

37<br />

38<br />

39<br />

40<br />

41<br />

42<br />

43<br />

44<br />

45<br />

46<br />

47<br />

48<br />

49<br />

50<br />

51<br />

Brookite 0.63 %<br />

52<br />

53<br />

54<br />

55


3.000<br />

2.800<br />

2.600<br />

2.400<br />

2.200<br />

2.000<br />

1.800<br />

1.600<br />

1.400<br />

1.200<br />

1.000<br />

800<br />

600<br />

400<br />

200<br />

0<br />

-200<br />

-400<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

11<br />

12<br />

13<br />

14<br />

15<br />

16<br />

17<br />

18<br />

19<br />

20<br />

21<br />

22<br />

23<br />

24<br />

25<br />

26<br />

27<br />

28<br />

Corindone.raw:1 Corundum 100.00 %<br />

29<br />

Figura 6.2 Analisi mineralogica quantitativa ottenuta secondo l’analisi di Rietveld – Corindone.<br />

81<br />

30<br />

31<br />

32<br />

33<br />

34<br />

35<br />

36<br />

37<br />

38<br />

39<br />

40<br />

41<br />

42<br />

43<br />

44<br />

45<br />

46<br />

47<br />

48<br />

49<br />

50<br />

51<br />

52<br />

53<br />

54<br />

55


Capitolo 7<br />

METODI<br />

7.1 Diffrazione di raggi X/Rietveld (XRD/Rietveld)<br />

7.1.1 Generalità<br />

I dati di diffrazione dei raggi X sono stati registrati utilizzando un<br />

diffrattometro D4 ® Bruker AXS funzionante secondo la geometria strumentale<br />

Bragg-Brentano verticale θ-θ (nella quale sorgente e detector si muovono<br />

rispetto al campione con velocità angolari coincidenti), dotato di un<br />

alloggiamento per 60 campioni, manipolabili attraverso un sistema automatico<br />

di prelevamento (Fig. 7.1).<br />

7.1.2 Analisi XRPD<br />

a b<br />

Figura 7.1 a- diffrattometro D4 ® Bruker AXS; b- particolare dell’alloggiamento<br />

porta campioni.<br />

82


7.1.2 Analisi XRPD/Rietveld<br />

Per le analisi su polveri, cioè quelle relative ai campioni anidri e ai campioni in<br />

cui è stata arrestata l'idratazione, la configurazione strumentale scelta è<br />

mostrata in Tabella 7.1.<br />

Tabella 7.1 Parametri strumentali per l’analisi XRPD<br />

Sorgente: Cu Kα<br />

Rivelatore: Sol-X Detector<br />

Generatore: 30 mA, 40 KV Monocromatore secondario a cristallo di grafite<br />

Filtro Kβ: nichel Slitta di Soller detector: 0.1mm<br />

Scansione: 5-55° 2θ Slitta di Soller primaria: 4.3°<br />

Tipo scan: θ,2θ; Slitta di Soller secondaria: 4.3°<br />

Step size/time: 0.02° / 1 sec Temperatura media di misura: 23 °C<br />

Utilizzando tali parametri strumentali il tempo di acquisizione per ogni spettro<br />

è pari a 41 minuti, il che si rispecchia in un ottimo compromesso tra<br />

accuratezza e tempi di lavoro.<br />

7.1.2.1 Preparazione del campione per l’analisi XRPD<br />

Gli impasti sono stati preparati mescolando manualmente i campioni<br />

cemento/standard con acqua distillata per 2 minuti ad un rapporto w/p di 0,4 e<br />

successivamente sigillati in cilindri di materiale plastico, in attesa della<br />

successiva frantumazione (effettuata meccanicamente ad una granulometria di<br />

circa 2mm) e disidratazione, dopo la quale è necessario macinare il campione,<br />

per ottenere delle pastiglie le cui caratteristiche siano il più possibile<br />

riproducibili.<br />

L'unità di macinazione utilizzata è il modulo Polab ® APM (Automatisches<br />

Probenaufbereitungs-Modul), sviluppato dalla Polysius che funziona secondo il<br />

principio dei mulini cilindrici rotanti.<br />

Come si può vedere in Figura 7.2, la camera del mulino è cilindrica ed<br />

all’interno di essa è posto un cilindro rotante che macina il campione<br />

comprimendolo sulla parete interna del mulino; la camera è dotata di un<br />

apertura per la carica e la scarica del materiale.<br />

La scarica del materiale e la pulizia del circuito di macinazione vengono<br />

effettuati da un modulo di aspirazione-compressione collegato al Polab ® APM.<br />

83


Figura 7.2 principio di funzionamento di un mulino cilindrico rotante.<br />

Figura 7.3 pastiglie ottenute con il modulo di macinazione Polab ® APM.<br />

Il sistema produce pastiglie di materiale pressato, dotate di un’ottima planaria<br />

superficiale, supportate da un anello di acciaio.<br />

Al fine di garantire una ottimale orientazione statistica delle particelle, il<br />

campione deve essere adeguatamente macinato. La procedura di preparazione<br />

deve tenere conto della differente durezza dei minerali costituenti il cemento e<br />

della loro differente sfaldabilità; infatti durante il processo di macinazione, i<br />

minerali duri tendono a formare particelle piuttosto grossolane che possono di<br />

conseguenza influenzare le proprietà di assorbimento e scattering della<br />

radiazione da parte del campione, per materiali soffici invece, operando una<br />

macinazione troppo spinta, si presenta il problema dell’amorfizzazione.<br />

Il risultato, in ambedue i casi, è un campione disomogeneo che presenta<br />

un’orientazione non statistica delle particelle, falsando così il risultato della<br />

misura.<br />

Materiale<br />

Carica-scarica<br />

del materiale<br />

Un esempio particolarmente significativo è quello della macinazione di<br />

materiali contenenti gesso, come il cemento, la cui facile sfaldabilità lungo il<br />

piano (0 1 0) determina la progressiva riduzione dell’intensità del picco di<br />

diffrazione associato a quel piano; quindi per effettuare un’analisi quantitativa<br />

84<br />

Cilindro rotante


é necessario utilizzare funzioni correttive che tengano conto orientazioni<br />

preferenziali.<br />

In Figura 7.4 è mostrato un test di macinazione relativo al gesso; sono state<br />

effettuate analisi XRPD su campioni di cemento anidro, preparati con diversi<br />

tempi di macinazione: si può notare la progressiva riduzione di intensità del<br />

picco (0 1 0), all’aumentare del tempo di macinazione.<br />

Figura 7.4 Effetto delle orientazioni preferenziali (010) nel caso del gesso.<br />

Concludendo, i problemi da risolvere durante la preparazione del campione<br />

sono la ripetibilità, l’amorfizzazione del campione, e la disposizione non<br />

statistica delle particelle, causata da orientazioni preferenziali che modificano<br />

le intensità dei singoli picchi di diffrazione; in tal senso, dati di letteratura<br />

confermano che una dimensione delle particelle per il 90% inferiore a 25µm è<br />

sufficiente per una accurata analisi XRD su pastiglie pressate. [Enders, 2005]<br />

Il modulo di macinazione utilizzato nel corso di questo lavoro funziona quindi<br />

secondo un determinato programma di macinazione, appositamente studiato<br />

per risolvere i problemi di orientazioni preferenziali, perdita della cristallinità e<br />

taglia dei cristalliti.<br />

(010)<br />

85<br />

30 sec. Macinazione<br />

60 sec. Macinazione<br />

90 sec. Macinazione


7.1.3 Analisi XRD/Rietveld in-situ<br />

Per le analisi in-situ è necessario tenere conto dei tempi di evoluzione del<br />

sistema in esame, occorre quindi diminuire sensibilmente i tempi di misura,<br />

perdendo in accuratezza; sono stati dunque utilizzati i seguenti parametri<br />

strumentali:<br />

Tabella 7.2 Parametri strumentali per l’analisi XRPD<br />

Sorgente: Cu Kα<br />

Rivelatore: Sol-X Detector<br />

Generatore: 30 mA, 40 KV Monocromatore secondario a cristallo di grafite<br />

Filtro Kβ: nichel Slitta di Soller detector: 0.1mm<br />

Scansione: 5-55° 2θ Slitta di Soller primaria: 4.3°<br />

Tipo scan: θ,2θ; Slitta di Soller secondaria: 4.3°<br />

Step size/time: 0.03° / 0.3 sec Temperatura media di misura: 23 °C<br />

Tale configurazione permette non avere significative variazioni del sistema in<br />

esame durante la misura, facendo scendere a 8 minuti il tempo di acquisizione<br />

di ogni singolo spettro e mantenendo un livello di accuratezza accettabile.<br />

7.1.3.1 Preparazione del campione per l’analisi XRD in-situ<br />

Gli impasti sono stati preparati mescolando manualmente per 2 minuti la<br />

miscela cemento / standard con acqua deionizzata in un rapporto w / p = 0,4 e<br />

successivamente trasferiti in speciali anelli porta campione in PMMA (fig7.5).<br />

Figura 7.5: Kapton film e anello porta campione.<br />

86


Gli anelli sono stati quindi sigillati superficialmente da una pellicola di Kapton<br />

(una polimmide trasparente ai raggi X) di spessore pari a 7 µm, al fine di creare<br />

un ambiente saturo dell’acqua di impasto, non soggetto a perdite per<br />

evaporazione durante il processo di idratazione.<br />

7.1.4 Affinamento di rietveld dei dati XRD<br />

L'analisi mineralogica quantitativa sui campioni anidri e sugli impasti è stata<br />

effettuata utilizzando il software TOPAS ® 2.1 (Bruker Axs) [Topas]<br />

funzionante secondo l’approccio fundamental parameter [Kern & Coelho,<br />

1998].<br />

Lo schema di convoluzione utilizzato per la funzione descrivente il profilo dei<br />

picchi può essere rappresentato dalla seguente espressione:<br />

( ) = ( W ⊗ Geq ⊗ Gax)<br />

⊗ S Bkg<br />

Y 2θ + ,<br />

dove Y(2θ) rappresenta il profilo finale osservato, W è il profilo di emissione<br />

della sorgente di radiazione, Geq e Gax sono i contributi strumentali equatoriale<br />

ed assiale, S contiene vari contributi relativi al campione (assorbimento,<br />

spessore e lunghezza del campione, taglia dei cristalliti, eventuali stress<br />

meccanici..…) e Bkg è il fondo.<br />

Le fasi incluse nel file di controllo per i campioni anidri sono: C3S , C2S,<br />

C4AF, C3A e gesso; per i campioni idratati occorre aggiungere i prodotti di<br />

idratazione cristallini CH ed ettringite.<br />

I dati strutturali utilizzati per l'affinamento sono stati ricavati dal database delle<br />

strutture ICSD [Karlsruhe, 2005], ad eccezione di quelli relativi all'ettringite.<br />

Per questa fase è stato utilizzato un nuovo set di dati, che include le posizioni<br />

degli atomi di idrogeno nel modello strutturale. [Goetz-Neunhoeffer et al.].<br />

Tale set di dati è stato derivato dal modello strutturale di Moore e Taylor<br />

[Moore & Taylor, 1970], integrandolo con le posizioni degli atomi di idrogeno<br />

determinate da Berliner sulla base di misure di diffrazione di neutroni.<br />

[Berliner, 1998]<br />

L’assenza di picchi residui non interpolati dall’analisi di Rietveld permette di<br />

affermare che queste siano le sole fasi cristalline presenti nel sistema.<br />

Il fondo è stato trattato affinando un numero di coefficienti dei polinomi di<br />

Chebichev variabile da 8 a 15, a seconda della qualità dello spettro.<br />

87


L’analisi di Rietveld è stata fatta iniziare a valori 2θ pari a 7, in modo da<br />

eliminare la zona iniziale dei diffrattogrammi, priva di picchi e affetta da un<br />

elevato rumore di fondo (diffrazione a bassi angoli).<br />

Tabella 7.3 Parametri strumentali per l’affinamento di Rietveld<br />

Parametro Valore<br />

Raggio goniometro 200.5 mm<br />

Spessore slitta di Soller ricevente 0.1 mm<br />

Parametri assiali<br />

Lunghezza filamento 12 mm<br />

Lunghezza campione 15 mm<br />

Lunghezza slitte di Soller 12 mm<br />

Angolo Slitta di Soller primaria/secondaria 4.3°<br />

I parametri strumentali per l’affinamento di Rietveld sono riportati in Tabella<br />

7.3; nel nostro studio abbiamo scelto di permettere il libero affinamento di:<br />

coefficienti delle funzioni polinomiali descriventi il rumore di fondo; fattori di<br />

scala e taglia dei cristalliti di ogni singola fase; dimensioni di cella delle specie<br />

maggioritarie (C3S, C2S, C3A C4AF, CH, ettringite), orientazioni preferenziali<br />

di C3S, CH, ettringite, gesso tramite la funzione di correzione March-Dollase<br />

[Dollase, 1986].<br />

88


7.2 Calorimetria isotermica (TAM)<br />

7.2.1 Generalità<br />

Le analisi calorimetriche sono state effettuate tramite lo strumento TAM Air<br />

Thermometric (Figura 7.6), un calorimetro isotermico a 8 canali, in grado di<br />

rilevare il flusso di calore che si sviluppa durante il processo di idratazione; dal<br />

campione verso l’ambiente esterno (mantenuto a T costante). Ogni canale ha 2<br />

alloggiamenti gemelli, uno per il campione ed uno per il riferimento, entrambi<br />

con un volume di 20 ml.<br />

Figura 7.6 a- TAM Air; b-portacampioni da 20ml.<br />

Il programma di acquisizione dati è stato impostato per la rilevazione ogni 100<br />

secondi. Il sistema termostatico, che opera tra 5 e 90 °C, permette di mantenere<br />

stabile la temperatura in un intervallo di ±0,02 °C. Questa grande accuratezza<br />

rende il calorimetro adatto a misure di flusso termico su lunghi periodi<br />

(settimane). L'analisi dei dati raccolti è stata eseguita tramite il software Pico<br />

Log TM .<br />

a b<br />

7.2.2 Preparazione del campione per l’analisi TAM<br />

Le prove sono state condotte utilizzando il dispositivo per la miscelazione<br />

all’interno della cella, così da poter rilevare il flusso di calore fin dal momento<br />

zero (contatto acqua e cemento). Ciascuna prova è stata eseguita su un<br />

campione di 1 g con un rapporto aw/p = 0,40, ad una temperatura di 20°C; la<br />

miscelazione nell’ampolla è stata eseguita a mano per 60 secondi.<br />

89


7.3 Termogravimetria (TGA)<br />

7.3.1 Generalità<br />

Per le misure termogravimetriche si è utilizzato il modulo Setsys Evolution<br />

TGA Setaram (Fig.7.7-a); si tratta di una microbilancia a due bracci, con<br />

risoluzione di 0,03 µg, uno dei quali e posto all’interno di una fornace in grado<br />

di lavorare tra Tamb e 2400 °C.<br />

Il braccio all’interno della fornace ha due alloggiamenti in cui sono posizionati<br />

i crogioli per il porta campione e per il riferimento (Figura 7.7-b), entrambi in<br />

platino, le cui temperature vengono rivelate da termocoppie indipendenti.<br />

a b<br />

Figura 7.7 a - Analizzatore termogravimetrico Setsys Evolution TGA; b –<br />

Particolare del braccio portacampione. [Setaram]<br />

Le misure sui campioni idratati sono state condotte in aria con un flusso di 200<br />

ml/min, in un intervallo di temperatura di 30÷600 °C per poter osservare le<br />

perdite in peso di tutte le fasi idrate; la rampa di temperatura utilizzata consiste<br />

in un mantenimento isotermo a 30 °C per 5 minuti, seguito da una salita fino a<br />

600 °C con un rate di riscaldamento di 5 °C/min, ed infine una procedura di<br />

raffreddamento standard fino a 30°C.<br />

Per l’analisi della decomposizione dell’ettringite sintetica è stata usata una<br />

rampa analoga, ma con un rate di salita pari a 1 °C/min, al fine di ottenere una<br />

migliore risoluzione.<br />

90


Prima delle misure è stata effettuata la registrazione del “bianco” per le due<br />

diverse rampe di temperatura, tramite l’acquisizione in aria delle curve TG di<br />

un crogiolo porta campione vuoto.<br />

7.3.2 Preparazione del campione per l’analisi TGA<br />

Gli impasti sono stati preparati seguendo la stessa procedura utilizzata per<br />

l’analisi XRD in-situ, compreso il trasferimento nei portacampioni stagni, al<br />

fine di avere un campione riproducibile che permetta il confronto dei risultati<br />

ottenuti con le due tecniche. Al raggiungimento della maturazione prevista, i<br />

campioni sono stati estratti dagli anelli e frammentati manualmente; la quantità<br />

di materiale necessaria per l’analisi (dell’ordine della decina di mg, variabile a<br />

seconda della misura) è stata quindi prelevata dal bulk dei frammenti e<br />

trasferita nel crogiolo porta campione.<br />

91


Capitolo 8<br />

DEFINIZIONE DELLE CINETICHE DI<br />

IDRATAZIONE<br />

8.1 Generalità<br />

Le prime informazioni sulle dinamiche di idratazione dei due cementi<br />

provengono dalla misura del calore di idratazione in funzione del tempo; in<br />

questo modo si ha un'idea delle tempistiche di evoluzione del sistema e si<br />

possono individuare le zone di interesse analitico.<br />

8.2 Risultati e commenti<br />

Il risultato di ciascuna prova è rappresentato dalla curva del flusso di calore<br />

(mW/g) in funzione del tempo.<br />

Le curve sono state riscalate in modo da eliminare gli istanti corrispondenti<br />

all'iniezione dell'acqua di impasto, nei primi minuti di idratazione hanno luogo<br />

infatti le reazioni di dissoluzione dei sali inorganici solubili, reazioni altamente<br />

esotermiche.<br />

Da questo momento in poi, il flusso di calore decresce costantemente fino ad<br />

un minimo locale (periodo di induzione). Successivamente la reazione riprende<br />

vigore (periodo di accelerazione).<br />

Dopo aver raggiunto un massimo locale, il flusso di calore decresce lentamente<br />

in un lungo periodo di tempo (periodo di diffusione controllata).<br />

Il segnale registrato è dovuto alla somma del calore di idratazione di tutte le<br />

fasi mineralogiche presenti nel cemento, anche se riceve il principale<br />

92


contributo proviene dall'idratazione dei silicati (componente maggioritaria del<br />

sistema).<br />

In Figura 8.1 sono mostrati gli andamenti dei flussi termici per i due cementi,<br />

ricavati con misure isotermiche; sono ben riconoscibili i tre periodi termici<br />

caratteristici dell’idratazione dei cementi Portland (Par. 2.3).<br />

Flusso termico [mW/g]<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

Accelerazione<br />

Induzione<br />

Diffusione<br />

0 5 10 15 20 25<br />

t [ore]<br />

93<br />

CemA<br />

CemB<br />

Fig.8.1 Flusso termico dovuto all’idratazione dei due cementi<br />

La prima evidenza sperimentale, in accordo con la teoria, è il ritardo visibile<br />

nella curva relativa al CemA (in nero), dovuto al più basso tenore di alluminati<br />

di calcio.<br />

Un’ulteriore osservazione è che l’area sottesa alla curva (calore di idratazione)<br />

è maggiore per il campione CemB, il quale risulta essere quindi più reattivo e<br />

sembra raggiungere un grado di idratazione più elevato, ipotesi coerente con i<br />

valori di resistenza a compressione sviluppata dagli impasti (Tabella 6.4)<br />

È inoltre osservabile la presenza di una spalla nel picco di idratazione<br />

principale a circa 18 nore (maggiormente accentuata per il campione CemA).<br />

Come descritto precedentemente (Par.2.5), nei cementi Portland si manifesta a<br />

volte un terzo ciclo termico generato da una prematura scomparsa del gesso<br />

dalla fase acquosa.<br />

Gli intervalli di interesse analitico individuati coincidono con i tre periodi<br />

termici; in modo da poter monitorare le fasi salienti dell’idratazione.


Capitolo 9<br />

SCELTA DELLO STANDARD INTERNO<br />

9.1 Effetti sulle cinetiche di idratazione<br />

9.1.1 Generalità<br />

La presenza di un materiale cristallino non-idraulico può influenzare il grado di<br />

idratazione del cemento, ad esempio catalizzando o rallentando le reazioni di<br />

idratazione.<br />

L'effetto prodotto dall'aggiunta dello standard interno sulle reazioni di<br />

idratazione è stato quindi verificato tramite analisi calorimetriche su di un<br />

cemento Portland di Tipo I 52.5R.<br />

Per questa prova non sono stati utilizzati i campioni CemA e B per motivi<br />

logistici, le analisi TAM sono state infatti svolte nel laboratori R&D dello<br />

stabilimento Buzzi Unicem di Guidonia.<br />

9.1.2 Risultati e commenti<br />

Dalle misure si può osservare, come già riportato in letteratura [Le Saoût &<br />

Scrivener, 2006], che l'aggiunta di anatasio e corindone (nel nostro caso in<br />

quantità del 5% in peso) non altera significativamente il profilo della curva del<br />

flusso di calore di idratazione di un Cemento Portland, in funzione del tempo<br />

(Figura 9.1).<br />

Il principale effetto dei due standard cristallini è quello di traslare le curve nella<br />

direzione positiva dell'asse dei tempi.<br />

94


Flusso termico [mW/g]<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Figura 9.1 Effetto degli standard interni sul flusso di calore derivante<br />

dall'idratazione di un cemento Portland di Tipo I.<br />

In altri termini, si ha un ritardo nelle reazioni di idratazione conseguentemente<br />

al fatto di aver aggiunto al sistema un'aliquota di materiale non-idraulico, il cui<br />

effetto è quello di ridurre la superficie dei grani anidri di cemento a contatto<br />

con l’acqua. Per quanto riguarda l'entità di questo effetto, si può notare già<br />

visivamente che l'anatasio sembra influire in maniera minore sulla cinetica del<br />

sistema.<br />

9.2 Effetti sulle misure XRD-Rietveld<br />

9.2.1 Generalità<br />

CemI 52,5R<br />

CemI 52,5R + TiO 2 (5%)<br />

5 10 15 20 25<br />

t [ore]<br />

I campioni idratati verranno sottoposti ad un'analisi mineralogica quantitativa,<br />

è quindi importante che lo standard interno non influenzi la misura. In un<br />

esperimento di diffrazione di raggi X entrano in gioco numerosi fattori che<br />

determinano il profilo finale dei picchi costituenti il diffrattogramma misurato,<br />

fattori inseriti in un file di controllo ed utilizzati dal software per l'affinamento<br />

di Rietveld. Durante l'affinamento il programma varia i parametri relativi alle<br />

singole fasi cristalline, come posizioni atomiche, orientazioni preferenziali, etc.<br />

95<br />

Flusso termico [mW/g]<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

CemI 52,5R<br />

CemI 52,5R + Al 2 O 3<br />

5 10 15 20<br />

t [ore]


Ci sono poi ulteriori parametri per cui il software è “calibrato” mediamente, in<br />

particolare il fattore di assorbimento dei raggi X. In altre parole, il software<br />

tiene conto del valore del coefficiente di assorbimento del "sistema cemento";<br />

cioè la media dovuta ai contributi di ciascuna fase cristallina.<br />

Ora, aggiungendo del materiale estraneo al sistema, è possibile che le<br />

differenze in termini di fattore di assorbimento rispetto alla media delle fasi<br />

costituenti il sistema si possano riflettere in errori di misura.<br />

Un altro fattore da tenere in considerazione è la granulometria e la taglia dei<br />

cristalliti dello standard interno, parametri non controllabili in questo studio,<br />

per il quale sono stati utilizzati dei prodotti commerciali.<br />

È cioè possibile che l'analisi XRD/Rietveld rilevi una quantità di standard che<br />

non rispecchi quella effettivamente aggiunta, falsando in tal modo i risultati<br />

ottenuti con il metodo dello standard interno utilizzato per la determinazione<br />

percentuale del materiale amorfo presente nei campioni.<br />

Per determinare tale possibile effetto sono state eseguite delle aggiunte<br />

standard di anatasio e corindone al campione CemA anidro.<br />

Le misure hanno interessato campioni anidri, in quanto si tratta di sistemi<br />

caratterizzati da una bassa frazione di fasi mineralogiche amorfe, quello che ci<br />

si aspetta è quindi che l'analisi diffrattometrica rilevi una quantità di standard<br />

leggermente superiore a quella effettivamente aggiunta (sovrastima dovuta alla<br />

presenza di materiale amorfo che non contribuisce alla diffrazione); se così non<br />

fosse questo sarebbe indice di un qualche effetto dello standard interno sulla<br />

misura.<br />

9.2.2 Risultati e commenti<br />

In Fig.9.2 sono riportati i dati sperimentali e le relative interpolazioni lineari:<br />

per quel che riguarda le aggiunte di anatasio si osserva il comportamento<br />

atteso; nel caso di aggiunte di corindone invece l'analisi di Rietveld sottostima<br />

il tenore di questa fase. Questo e un non-senso perché, al limite di una polvere<br />

di cemento perfettamente cristallina, la retta dovrebbe avere coefficiente<br />

angolare unitario, sempre che lo standard aggiunto sia anch'esso perfettamente<br />

cristallino e non “interferisca” per assorbimento di raggi X con l’analisi di<br />

Rietveld.<br />

96


Analisi Rietveld [%]<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Corindone<br />

anatasio<br />

teorico<br />

Linear Fit of Data1_Corindone<br />

Linear Fit of Data1_anatasio<br />

Linear Fit of Data1_teorico<br />

0 2 4 6 8 10<br />

Aggiunta standard [%]<br />

Figura 9.2 Aggiunte standard di anatasio/corindone - campione CemA.<br />

Dato che anatasio e corindone hanno densità pressoché identiche (3.9 e 4.05,<br />

rispettivamente) è ragionevole pensare che le anomalie mostrate nella loro<br />

quantificazione tramite analisi di Rietveld, non siano dovute a differenze nei<br />

fenomeni di assorbimento.<br />

L’esatta determinazione delle cause del comportamento osservato per i due<br />

standard interni richiede un’analisi più approfondita del problema, che viene<br />

tralasciata in questa sede.<br />

9.3 Conclusioni<br />

Data la sua maggiore inerzia sulla termodinamica di idratazione e sul metodo<br />

di misura per l'analisi mineralogica quantitativa, si è scelto di utilizzare la fase<br />

anatasio del biossido di titanio, quale standard interno per la valutazione del<br />

tenore di materiale amorfo in sistemi idratati.<br />

97


Capitolo 10<br />

ANALISI MINERALOGICA QUANTITATIVA<br />

XRPD/RIETVELD DEGLI IMPASTI<br />

10.1 Generalità<br />

Si tratta del metodo usato tradizionalmente, basato sul principio di arrestare<br />

l'avanzare dell'idratazione in modo da poter eseguire una comune analisi di<br />

diffrazione di raggi X da polveri su campioni a diverso grado di idratazione.<br />

10.2 Problematiche connesse con la preparazione del<br />

campione<br />

Al raggiungimento della maturazione desiderata, il provino (preparato secondo<br />

la procedura descritta al Paragrafo 7.1.2.1) viene estratto dal cilindro e<br />

frantumato meccanicamente ad una granulometria di circa 2mm, dopodichè si<br />

effettua un lavaggio con acetone su buchner e si ripone il residuo in stufa a 40<br />

°C per 24 ore, al fine di promuovere la completa evaporazione del solvente<br />

organico.<br />

Dal campione disidratato così ottenuto vengono preparate le pastiglie per<br />

l’analisi XRPD, con il modulo di macinazione Polab ® APM (Paragrafo.<br />

7.1.2.1).<br />

Come già accennato, in letteratura esistono studi che hanno riscontrato<br />

un’alterazione nella microstruttura delle fasi mineralogiche presenti in paste di<br />

cemento disidratate secondo questo metodo. [Le Saoût et al., 2001]<br />

98


Gli idrati complessi appartenenti alla struttura dell’ettringite (Paragrafo<br />

2.3.3) tendono ad essere fragili e a decomporsi facilmente nella fase AFm, se<br />

sottoposti a riscaldamento. In letteratura la decomposizione termica<br />

dell’ettringite viene individuata tramite analisi termica intorno ai 120 °C<br />

[Taylor, 1997]; studi XRD e FTIR riportano invece una temperatura di 114 °C<br />

[Hall et al., 1996] per la decomposizione di un campione di ettringite contenuto<br />

in una capsula stagna.<br />

La curva della perdita in peso in funzione della temperatura [Taylor, 1997]<br />

mostra però che la struttura inizia a perdere acqua rapidamente a circa 50 °C,<br />

come è confermato da successivi studi di diffrazione dei raggi X e scattering<br />

Raman [Deb et al., 2003].<br />

Il possibile effetto di destrutturazione del campione causato dal metodo di<br />

disidratazione è stato verificato confrontando la composizione mineralogica<br />

(ricavata con il metodo di affinamento di Rietveld, secondo le specifiche<br />

descritte al Paragrafo 7.1.4) di 3 campioni CemB preparati dallo stesso impasto<br />

e analizzati a 30 giorni dall’idratazione dopo aver subito trattamenti diversi;<br />

rispettivamente senza arrestare l'idratazione, bloccandola tramite trattamento<br />

con acetone e evaporazione all'aria per 24 ore, bloccandola solo con<br />

trattamento termico (Tabella 10.1).<br />

Tabella 10.1 Composizione mineralogica in funzione del trattamento di<br />

disidratazione<br />

Campione Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite CH Quarzo<br />

Tal quale 30,7 21,0 1,3 0,4 14.0 30,6 2,0<br />

Disidratazione<br />

acetone<br />

30,4 23,0 1,8 2,7 11,5 28,7 1,9<br />

Disidratazione<br />

a 40°C<br />

34,5 22,5 2,1 3.0 2,4 33,6 2.0<br />

Effettivamente, si riscontra un comportamento anomalo del campione trattato<br />

termicamente<br />

Dai diffrattogrammi relativi a tali misure (Figura 10.1) si nota inoltre la<br />

progressiva riduzione di intensità dei picchi principali relativi all'ettringite,<br />

nell'ordine: campione tal quale, disidratazione all'aria con acetone,<br />

disidratazione con trattamento termico a 40 °C.<br />

99


Figura 10.1 Effetto del trattamento di disidratazione sulla struttura cristallina<br />

del campione.<br />

Per avvalorare tali osservazioni, è stata effettuata un’analisi TGA su un<br />

campione di ettringite sintetica (Figura 10.2), secondo le specifiche descritte al<br />

Paragrafo 7.3.1.<br />

Peso [%]<br />

100<br />

95<br />

90<br />

85<br />

80<br />

75<br />

70<br />

0 45 90 135 180 225 270<br />

100<br />

tal quale<br />

disidratazione acetone<br />

disidratazione 40 °C<br />

Figura 10.2 Perdita in peso del campione di ettringite sintetica in funzione<br />

della temperatura.<br />

Dalla curva sperimentale della perdita in peso si osserva che il processo di<br />

disidratazione (e quindi destrutturazione) del nostro campione di ettringite<br />

sintetica ha inizio per temperature attorno ai 45 °C; questo spiega i risultati<br />

T [°C]


anomali ottenuti dalle analisi XRPD sul campione disidratato con trattamento<br />

termico a 40 °C per 24 ore.<br />

10.3 Conclusioni<br />

Le analisi hanno dimostrato che il trattamento per la rimozione dell'acqua in<br />

eccesso ha effetti complessi sulle fasi idrate; in particolare si è constatato che è<br />

il trattamento termico, più che l'acetone ad alterare lo stato di idratazione<br />

dell’ettringite. La permanenza del campione in un ambiente alla temperatura di<br />

40 °C per 24 ore risulta un trattamento troppo severo per l’ettringite, tale da<br />

causarne la destrutturazione. Destrutturazione che si riflette in una perdita di<br />

cristallinità e nella conseguente sottostima di questa fase da parte dell’analisi di<br />

Rietveld.<br />

A causa dell’insorgere di queste problematiche, il metodo di analisi<br />

XRPD/Rietveld con disidratazione dei campioni non risulta un metodo<br />

affidabile per la quantificazione delle fasi mineralogiche cristalline presenti in<br />

una pasta di cemento.<br />

Tale procedimento è quindi destinato ad essere abbandonato, a favore del<br />

metodo XRD/Rietveld in-situ.<br />

101


Capitolo 11<br />

ANALISI MINERALOGICA QUANTITATIVA<br />

XRD/RIETVELD in-situ DEGLI IMPASTI<br />

11.1 Generalità<br />

Il sistema di misura descritto al Paragrafo 7.1.3, viene qui applicato in<br />

abbinamento al metodo di calcolo per la correzione dei dati sperimentali<br />

sviluppato durante questo lavoro di Tesi e descritto dettagliatamente nel<br />

Capitolo 5.<br />

11.2 Risultati e commenti<br />

L’idratazione iniziale dei due cementi è stata monitorata in-situ, quindi<br />

quantificata con il metodo di Rietveld (secondo le specifiche esposte al<br />

paragrafo 7.1.4). I dati di composizione mineralogica così ottenuti<br />

costituiscono il punto di partenza per il sistema di calcolo che permetterà di<br />

standardizzare l’analisi alla luce dei tenori percentuali di fase amorfa C-S-H,<br />

acqua libera e materiale amorfo (eq.ni 5.1 – 5.10).<br />

Le maturazioni scelte per le misure sono 2 ore, 4 ore (periodo di induzione), 6<br />

ore, 9 ore(periodo di accelerazione), 13 ore 24 ore (periodo di diffusione).<br />

In Figura 11.1 e 11.2 è raffigurata l’evoluzione della composizione<br />

mineralogica in funzione del tempo di idratazione per i due campioni. In<br />

Tabella 11.1 e 11.2 è riportata l’analisi quantitativa della composizione<br />

mineralogica durante l’idratazione dei due cementi, secondo analisi<br />

XRD/Rietveld in-situ.<br />

102


Peso [%]<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

C 3 S<br />

0 5 10 15 20 25<br />

103<br />

CH<br />

Maturazione [ore]<br />

Ettringite<br />

Figura 11.1 Evoluzione della composizione mineralogica nel corso<br />

dell’idratazione – XRD/Rietveld in-situ, campione CemA.<br />

Peso [%]<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

C 3 S<br />

CH<br />

Ettringite<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Maturazione [ore]<br />

Figura 11.2 Evoluzione della composizione mineralogica nel corso<br />

dell’idratazione – XRD/Rietveld in-situ, campione CemB.


Maturazione<br />

[ore]<br />

Tabella 11.1 Composizione mineralogica in funzione del tempo di idratazione – XRD/Rietveld in-situ, campione CemA.<br />

Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite CH Anatasio Gesso GofF Rwp Totale<br />

0 61,8 12,9 11,2 4,5 0,0 0,0 6,9 2,6 1,43 9,35 100.0<br />

2 56,4 9,4 11,8 0,9 4,2 0,0 10,8 6,4 1,35 9,07 100.0<br />

4 54,6 7,8 10,5 0,0 6,9 2,3 11,6 6,2 1,24 8,56 100.0<br />

6 48,0 10,3 10,5 1,5 7,8 7,2 11,9 2,8 1,28 9,09 100.0<br />

9 41,9 8,4 10,8 1,4 12,8 11,5 13,1 0,0 1,36 9,44 100.0<br />

13 30,8 16,9 9,7 0,8 12,4 17,5 12,0 0,0 1,37 9,71 100.0<br />

24 29,3 15,6 3,9 0,9 13,7 23,8 12,9 0,0 1,44 10,01 100.0<br />

,<br />

Maturazione<br />

[ore]<br />

Tabella 11.2 Composizione mineralogica in funzione del tempo di idratazione – XRD/Rietveld in-situ, campione CemB.<br />

Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite CH Anatasio Gesso GofF Rwp Totale<br />

0 59,1 17,7 4,9 9,0 0,0 0,0 5,8 3,4 1,52 9,81<br />

2 55,9 17,1 4,8 7,4 6,7 0,0 7,5 0,6 1.28 9.41 100.0<br />

4 52,5 15,6 2,5 8,0 8,0 4,4 8,4 0,6 1,42 9,83 100.0<br />

6 46,0 18,9 1,5 8,7 11,6 4,8 8,6 0,0 1,43 9,87 100.0<br />

9 35,4 20,5 2,8 6,3 12,9 13,6 8,5 0,0 1,31 9,24 100.0<br />

13 27,7 19,7 0,3 5,4 13,1 24,8 9,0 0,0 1,40 9,75 100.0<br />

24 25,7 19,3 0,5 4,1 12,5 28,5 9,5 0,0 1,36 9,48 100.0<br />

104


Dai diagrammi in Figura 11.1 e 11.2 sono subito riconoscibili le<br />

cinetiche relative ai tre periodi di idratazione:<br />

1. Periodo di induzione: maturazione < 4 ore<br />

2. Periodo di accelerazione: 4 ore < maturazione < 13 ore<br />

3. Periodo di diffusione: maturazione > 13 ore<br />

Il campione CemB risulta maggiormente reattivo, si ha infatti un più rapido<br />

consumo di C3S (fase anidra maggioritaria) ed una anticipata formazione di<br />

ettringite nelle prime ore di idratazione, rispetto al campione CemA.<br />

La maggiore reattività del campione CemB e sicuramente dovuta alla sua<br />

distribuzione granulometrica, spostata verso valori più bassi rispetto al<br />

campione CemA (Tabella 6.4).<br />

Non solo, è da notare (Tabella 6.3) che il campione CemB ha un maggiore<br />

tenore di alluminati, questo può essere la chiave di lettura per spiegare il<br />

comportamento registrato durante la sua idratazione.<br />

In letteratura viene riportato che l’aumento del tenore di C3A del cemento ha<br />

effetti catalitici sull’idrolisi del C3S [Celani et al., 1966], si è infatti riscontrato<br />

che nei periodi iniziali dell’idratazione, la superficie specifica della pasta di<br />

cemento cresce rapidamente con il contenuto di C3A.<br />

Come già accennato nel capitolo dedicato al processo di idratazione del<br />

cemento Portland, una pasta di cemento, dopo una rapida reazione superficiale,<br />

prosegue ad idratarsi molto lentamente a causa della difficoltà incontrata<br />

dall’acqua nel penetrare nella struttura interne dei grani anidri.<br />

Sostanzialmente, Celani conclude che l’effetto del C3A sia quello di<br />

promuovere, attraverso la sua rapida idratazione e la conseguente formazione<br />

iniziale di prodotti colloidali altamente idrofili, la penetrazione dell’acqua<br />

all’interno dei grani anidri. In tal modo si rende disponibile un maggior<br />

quantitativo di acqua, il che determina un anticipo delle reazioni ed una<br />

crescita della velocità di idratazione di idratazione.<br />

Effettivamente, sembra che un maggiore contenuto di C3A influenzi<br />

cataliticamente le reazioni di idratazione, nei primi periodi di idratazione.<br />

Per quanto riguarda il periodo diffusivo, il campione CemB sembra<br />

raggiungere un grado di idratazione leggermente più elevato, ma comunque<br />

confrontabile con quello raggiunto dall'altro campione.<br />

105


Ciò si rifletterebbe nello sviluppo di proprietà fisiche sostanzialmente simili; in<br />

realtà, le resistenze meccaniche sviluppate dai due cementi sono tutt’altro che<br />

simili. Come viene riportato in Tabella 6.5, l’impasto preparato dal campione<br />

CemB sviluppa mediamente 10 MPa di resistenza alla compressione in più,<br />

rispetto all’impasto CemA.<br />

Come suggerito da tale anomalia, i risultati ottenuti sono corretti solamente da<br />

un punto di vista qualitativo, in quanto affetti da una sovrastima non<br />

trascurabile, dovuta alla presenza di un rilevante quantitativo di materiale<br />

amorfo nei campioni.<br />

Nel seguito viene applicato, al set di dati ottenuti tramite analisi XRD/Rietveld<br />

in-situ, il metodo di calcolo per la correzione dei risultati sperimentali<br />

sviluppato in questo lavoro di Tesi (Capitolo 5)<br />

In Figura 11.3 ed in Figura 11.4 viene mostrato l’andamento dei tenori<br />

percentuali di acqua libera e delle fasi mineralogiche principali presenti negli<br />

impasti in funzione del tempo di maturazione, ottenuto applicando il metodo di<br />

correzione ai risultati dell’analisi XRD/Rietveld.<br />

La prima evidenza è il significativo ribasso delle percentuali in peso relative a<br />

tutte le fasi mineralogiche, in virtù del fatto di aver incluso nel computo delle<br />

componenti del sistema l’acqua libera, la fase amorfa C-S-H ed il materiale<br />

amorfo.<br />

Il campione CemA risente maggiormente di questo effetto, contenendo una<br />

frazione amorfa maggiore.<br />

Inoltre, il campione CemB sembra raggiungere un grado di idratazione finale<br />

significativamente superiore rispetto al secondo impasto, come confermano il<br />

più cospicuo consumo di acqua e C3S, ed il maggior tenore di fasi idrate<br />

Si può notare come, dopo le correzioni, le differenze nel grado di idratazione<br />

raggiunto dai due impasti siano in pieno accordo con i dati di resistenza a<br />

compressione registrati per i due campioni.<br />

106


Peso [%]<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

H 2 O libera<br />

C 3 S<br />

C-S-H<br />

CH<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Maturazione [ore]<br />

107<br />

Ettringite<br />

Figura 11.3 Evoluzione della composizione mineralogica nel corso<br />

dell’idratazione dopo le correzioni – XRD/Rietveld in-situ campione CemA.<br />

Peso [%]<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

C 3 S<br />

H 2 O libera<br />

C-S-H<br />

CH<br />

Ettringite<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Maturazione [ore]<br />

Figura 11.4 Evoluzione della composizione mineralogica nel corso<br />

dell’idratazione dopo le correzioni – XRD/Rietveld in-situ campione CemB.


Le diversità in termini di reattività e grado di idratazione finale riscontrate nelle<br />

paste preparate dai due cementi possono essere spiegate considerando le<br />

diverse distribuzioni granulometriche dei due cementi ed il diverso effetto<br />

catalitico sviluppato negli impasti dai differenti tenori di C3A.<br />

In Tabella 11.3 e 11.4 è riportata l’effettiva composizione mineralogica<br />

dell’impasto in funzione del tempo di idratazione per i campioni CemA e<br />

CemB rispettivamente.<br />

108


Tabella 11.3 Composizione mineralogica in funzione del tempo di idratazione dopo le correzioni – XRD/Rietveld in-situ campione<br />

CemA<br />

Maturazione<br />

[ore]<br />

Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite CH Anatasio Gesso C-S-H H2Olibera Amorfo Totale<br />

0 42,5 8,9 7,7 3,1 0,0 0,0 4,8 1,8 0,0 0,0 31,2 100.0<br />

2 19,2 3,4 4,4 0,1 1,7 0,0 3,7 2,3 0,0 28,9 36,4 100,0<br />

4 17,5 2,2 3,2 0,1 2,2 0,8 3,7 2,0 1,8 27,8 38,6 100,0<br />

6 15,0 3,1 3,3 0,5 2,4 2,3 3,7 0,9 5,3 26,3 37,2 100,0<br />

9 11,8 2,3 3,0 0,4 3,7 3,3 3,7 0,0 7,7 24,7 39,4 100,0<br />

13 9,6 5,0 2,9 0,3 3,9 5,4 3,7 0,0 12,8 22,5 33,9 100,0<br />

24 8,3 4,4 1,2 0,2 3,9 6,8 3,7 0,0 16,0 21,1 34,3 100,0<br />

Tabella 11.4 Composizione mineralogica in funzione del tempo di idratazione dopo le correzioni – XRD/Rietveld in-situ campione<br />

CemB<br />

Maturazione<br />

[ore]<br />

Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite CH Anatasio Gesso C-S-H H2Olibera Amorfo Totale<br />

0 48,3 14,5 4,0 7,4 0,0 0,0 4,8 2,8 0,0 0,0 18,3 100.0<br />

2,0 25,4 7,8 2,2 3,4 3,0 0,0 3,4 0,3 0 27,2 27,5 100,0<br />

4,0 21,3 6,3 1,0 3,2 3,2 1,8 3,4 0,2 4,2 25,3 30,0 100,0<br />

6,0 18,2 7,5 0,6 3,4 4,6 1,9 3,4 0,0 4,5 24,6 31,4 100,0<br />

9,0 14,2 8,2 1,1 2,5 5,2 5,4 3,4 0,0 12,9 20,8 26,3 100,0<br />

13,0 10,5 7,5 0,1 2,0 5,0 9,4 3,4 0,0 22,2 17,0 23,1 100,0<br />

24,0 9,2 6,9 0,2 1,5 4,5 10,2 3,4 0,0 24,1 16,4 23,7 100,0<br />

109


Le principali differenze negli andamenti dell’evoluzione mineralogica<br />

ricavati dopo le correzioni sono riscontrabili nelle prime ore di idratazione,<br />

cioè nel lasso di tempo in cui nel campione è presente il massimo quantitativo<br />

di componenti amorfe.<br />

In Figura 11.5 e 11.6 riportiamo, a titolo di esempio, il confronto tra i risultati<br />

dell’analisi di Rietveld, per la fase C3S, prima e dopo le correzioni.<br />

Peso [%]<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

0 5 10 15 20 25<br />

110<br />

C 3 S Rietveld<br />

C 3 S Rietveld+correzioni<br />

Maturazione [ore]<br />

Figura 11.5 Confronto del tenore di C3S rilevato dall’analisi di Rietveld,<br />

prima e dopo le correzioni – campione CemA.<br />

Peso [%]<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

C 3 S Rietveld+correzioni<br />

5<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Maturazione [ore]<br />

C 3 S Rietveld<br />

Figura 11.6 Confronto del tenore di C3S rilevato dall’analisi di Rietveld,<br />

prima e dopo le correzioni – campione CemB


Nelle prime ore di idratazione, il generale aumento della frazione amorfa in<br />

seguito alla dissoluzione delle fasi anidre più reattive (nella fattispecie C3A) ed<br />

alla formazione di prodotti di idratazione amorfi, maschera il reale consumo<br />

delle fasi anidre (di cui il C3S è la maggioritaria).<br />

Il campione CemB risente maggiormente di questo effetto, essendo più reattivo<br />

nelle fasi iniziali dell’idratazione; si confronti a tal proposito l’andamento dei<br />

primi tre punti sperimentali relativi al C3S riportati in Figura 11.6, dove<br />

l’applicazione delle correzioni determina un’inversione della “concavità” della<br />

“curva” che collega i primi tre punti sperimentali.<br />

La discrepanza tra le curve relative ai risultati prima e dopo le correzioni<br />

diminuisce con il procedere dell’idratazione. Questo perché, parte dell’acqua di<br />

impasto inizia ad essere inglobata nella struttura dei prodotti di idratazione<br />

cristallini, e si determina un innalzamento della cristallinità del sistema.<br />

Differenze sostanziali si hanno invece da un punto di vista quantitativo,<br />

tutte le fasi mineralogiche cristalline vengono sovrastimate dall’analisi di<br />

Rietveld di almeno il 100% rispetto ai relativi valori dopo le correzioni. Per il<br />

campione CemB, ad esempio, il tenore della fase C3S a 2 ore di maturazione<br />

passa da circa 56% a circa 25% in peso Variazioni analoghe (intermini di<br />

percentuali relative) si riscontrano per le altre fasi cristalline e durante le varie<br />

maturazioni.<br />

In Figura 11.7 è mostrato il confronto tra i dati di composizione mineralogica,<br />

a 2 ore dall’idratazionen del CemB, ottenuti con XRD/Rietveld in-situ prima e<br />

dopo le correzioni; per il campione CemA si osserva un comportamento<br />

analogo.<br />

111


Anatasio 3,4%<br />

55,9%<br />

C S 3<br />

Ettringite<br />

3,05%<br />

C A 3,38%<br />

3 2,21%<br />

C AF 4 7,77%<br />

C S 2<br />

Analisi XRD/Rietvel in-situ<br />

H O 2 Libera<br />

27,17%<br />

C S 2<br />

17,1%<br />

Analisi XRD/Rietvel in-situ + correzioni<br />

112<br />

25,45%<br />

C S 3<br />

C AF 4<br />

4,8% C A 3<br />

7,4%<br />

6,7%<br />

Ettringite<br />

Anatasio<br />

7,5%<br />

0,6%<br />

Gesso<br />

Amorfo<br />

27,29%<br />

Figura 11.7 Composizione mineralogica prima e dopo le correzioni -<br />

campione CemB a 2 ore dall’idratazione.


Altro aspetto interessante del metodo di calcolo per la correzione<br />

dell’analisi di Rietveld è la possibilità di monitorare la variazione del tenore<br />

percentuale di materiale amorfo presente nel campione in funzione del tempo<br />

di idratazione.<br />

In Figura 11.8 viene riportato l'andamento di tali percentuali per i due<br />

campioni, ricavate da analisi XRD in-situ/Rietveld, secondo il metodo dello<br />

standard interno (Paragrafo 5.2).<br />

Come conseguenza al mescolamento con l'acqua, ha inizio l'idrolisi delle fasi<br />

anidre, che ne comporta la destrutturazione. Questo determina un incremento<br />

del disordine nel sistema e quindi una crescita del tenore di materiale amorfo,<br />

che raggiunge il suo massimo durante il corso del periodo di accelerazione.<br />

L'idratazione del campione CemB determina in questo intervallo temporale,<br />

una variazione del quantitativo di materiale amorfo leggermente superiore.<br />

Tale comportamento può essere dovuto al già citato effetto catalitico del C3A<br />

sulle reazioni di idratazione, che conseguentemente determina un più rapido<br />

consumo iniziale del C3S, con conseguente formazione di prodotti scarsamente<br />

cristallini.<br />

Peso [%]<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Maturazione [ore]<br />

113<br />

CemA<br />

CemB<br />

Figura 11.8 Materiale amorfo presente negli impasti in funzione del tempo<br />

di idratazione.


Con il procedere della maturazione dell'impasto, si ha la precipitazione dei<br />

prodotti di idratazione cristallini ed il conseguente decremento della frazione<br />

amorfa presente nel campione, fino al raggiungimento di un valore pressoché<br />

costante nel periodo diffusivo delle reazioni; il che spiegherebbe l'andamento<br />

dei dati sperimentali.<br />

Come già accennato precedentemente, il campione CemA contiene una<br />

frazione amorfa sistematicamente maggiore (circa 10 punti percentuali)<br />

Questo lavoro non si pone comunque come obiettivo lo studio e la<br />

comprensione dei complessi fenomeni legati all'idratazione del cemento, per i<br />

quali occorrerebbero analisi più approfondite.<br />

11.3 Problematiche connesse con la misura<br />

Il campione in esame verrà sottoposto a ripetute misure in un intervallo di<br />

tempo di 24 ore, è quindi possibile che l'energia della radiazione incidente<br />

causi la destrutturazione o alteri lo stato di idratazione delle fasi cristalline in<br />

esso presenti, determinando in tal modo una amorfizzazione dello stesso.<br />

Le analisi diffrattometriche per il monitoraggio della composizione<br />

mineralogica nel corso dell’idratazione hanno richiesto complessivamente 9<br />

misure per campione. I campioni hanno dunque subito irraggiamento per un<br />

tempo totale pari a circa 72 minuti (9 scansioni da circa 8 minuti),<br />

È stata quindi condotta una prova per verificare la possibile perdita di<br />

cristallinità del campione, in seguito ad una prolungata esposizione ai raggi X.<br />

Da uno stesso impasto sono state preparate due pastiglie (attraverso le modalità<br />

descritte al Paragrafo 7.1.3.1): una di esse è stata sottoposta a 9 scansioni XRD<br />

in-situ (secondo i parametri di scansione riportati nel Paragrafo 7.1.3), nell'arco<br />

delle prime 24 ore di idratazione, in modo da ricreare le condizioni<br />

sperimentali realmente subite dai campioni nel corso del lavoro; sulla seconda<br />

pastiglia è stata eseguita una sola misura, a 24 ore dall'impasto.<br />

I due diffrattogrammi, relativi all'ultima scansione della prima pastiglia ed alla<br />

singola misura della seconda sono mostrati in Figura 11.9, la curva blu<br />

corrisponde alla singola scansione da 8 minuti effettuata su di un campione<br />

“vergine” (mai irraggiato) a 24 ore dall’impasto; la curva rossa corrisponde alla<br />

nona scansione effettuata sul campione irraggiato per 72 minuti.<br />

114


Lin (Counts)<br />

1100<br />

1000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

CemA_24h<br />

5 10 20 30 40 50<br />

2-Theta - Scale<br />

Figura 11.9 Effetto dell'esposizione prolungata ai raggi X sul grado di cristallinità/idratazione dell'impasto – campione CemA.<br />

CemA_24h - File: CemA_24h.raw - Type: 2Th/Th locked - Start: 5.000 ° - End: 55.010 ° - Step: 0.030 ° - Step time: 0.3 s - Temp.: 25 °C (Room) - Time Star ted: 20719 s - 2-Theta: 5.000 ° - Theta: 2.500 ° -<br />

Operations: Y Scale Add 417 | Import<br />

CemA_24h_singola misura - File: CemA_24h_singola misura.raw - Type: 2Th/Th locked - Start: 5.000 ° - E nd: 55.010 ° - Step: 0.030 ° - Step time: 0.3 s - T emp.: 25 °C (Room) - Time Started: 16 s - 2-Theta<br />

Operations: Import<br />

115<br />

CemA irraggiamento 8 min<br />

CemA_ irraggiamento 72 min


Tabella 11.5 Composizione mineralogica in funzione del tempo di<br />

esposizione ai raggi X - campione CemA<br />

Esposizione Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite Portlandite Totale GofF Rwp<br />

8 min 29.0 22.1 3.4 5.1 9.8 20.7 100 1.32 9.53<br />

72 min ore 28.4 21.0 2.4 5.4 9.8 23.5 100 1.35 9.83<br />

Dato che i diffrattogrammi misurati sono pienamente sovrapponibili, e non<br />

essendo visibili sostanziali differenze nella composizione mineralogica dei due<br />

campioni (Tabella 11.5) è quindi ragionevole ritenere che i tempi di<br />

esposizione ai raggi X, utilizzati per il monitoraggio della loro idratazione, non<br />

comportino significative modificazioni strutturali che possano falsare l’analisi<br />

di Rietveld.<br />

Con il metodo XRD in-situ, è teoricamente possibile monitorare<br />

l'idratazione di una pasta di cemento in maniera continua, nel periodo iniziale<br />

dell'idratazione.<br />

Per verificare i possibili effetti di una esposizione continua ai raggi X in tale<br />

intervallo di tempo è stata condotta una prova analoga a quella precedente,<br />

esasperando però le condizioni sperimentali a cui è stato sottoposto il campione<br />

in questo studio.<br />

La prima pastiglia ha subito un irraggiamento per circa 12 ore (90 scansioni da<br />

circa 8 minuti ciascuna); sulla seconda pastiglia è stata eseguita una sola<br />

misura, a 12 ore dall'impasto.<br />

I diffrattogrammi relativi alle misure a 12 ore di maturazione per i due<br />

campioni sono mostrati in Figura 11.10: la curva blu corrisponde alla singola<br />

scansione da 8 minuti effettuata sul campione “vergine” a 12 ore dall’impasto;<br />

la curva rossa corrisponde alla novantesima scansione effettuata sul campione<br />

irraggiato continuamente per 12 ore.<br />

Le differenze in termini di intensità dei due diffrattogrammi sono dovute a<br />

effetti propri della misura, e non influenzano l'analisi di Rietveld.<br />

L’effetto principale è un innalzamento del rumore di fondo della misura ed un<br />

generale allargamento dei picchi di costituenti lo spettro (ben visibile per i<br />

riflessi evidenziati dai cerchi verdi).<br />

116


Lin (Counts)<br />

1200<br />

1100<br />

1000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

confronto a t=12h<br />

5 10 20 30 40 50<br />

2-Theta - Scale<br />

CemA_irraggiamento_8 min<br />

CemA_ irraggiamento _12h<br />

Figura 11.10 Effetto dell'esposizione prolungata ai raggi X sul grado di cristallinità/idratazione dell'impasto – campione<br />

CemA.<br />

117<br />

CemA_continuo - File: CemA_continuo80.raw - Type: 2Th/Th locked - Start: 5.000 ° - End: 55.010 ° - Ste p: 0.030 ° - Step time: 0.3 s - Temp.: 25 °C (Room) - Time Started: 21 s - 2-Theta: 5.000 ° - Theta: 2 .<br />

Operations: Import<br />

CemA_singola - File: CemA_singola.raw - Type: 2Th/Th locked - Start: 4.712 ° - End: 54.754 ° - Step: 0 .030 ° - Step time: 0.3 s - Temp.: 25 °C (Room) - T ime Started: 16 s - 2-Theta: 4.712 ° - Theta: 2.500 °<br />

Operations: Y Scale Add -167 | Y Scale Add 417 | Y Scale Mul 0.875 | Displacement 0.547 | Import


Si nota inoltre che i due diffrattogrmmi mostrano anomalie (inversioni) nelle<br />

intensità relative di alcuni picchi (cerchi in nero).<br />

In aggiunta, per il difrattogramma relativo al campione che ha subito un<br />

irraggiamento prolungato si osserva una perdita di risoluzione (due picchi<br />

risolti nella curva blu diventano un unico largo picco nella curva rossa –<br />

cerchio arancione).<br />

In Tabella 11.6 è riportata l’analisi mineralogica quantitativa dei due campioni,<br />

si può notare come i risultati relativi al C3S ed alle fasi idrate siano<br />

significativamente diversi.<br />

Tabella 11.6 Composizione mineralogica in funzione del tempo di<br />

esposizione ai raggi X – campione CemA<br />

Esposizione Frazione in peso (%)<br />

C3S C2S 3 C4AF C3A Ettringite Portlandite Totale GofF Rwp<br />

8 min 34,3 15,9 3,9 5.9 12.4 26.7 100 1.32 9.53<br />

12 ore 50,7 15,8 3,7 5,8 9,7 12,4 100 1.35 9.83<br />

Quello che si può affermare con certezza è che i due diffrattogrammi non sono<br />

equivalenti, conseguentemente è possibile concludere che l’esposizione del<br />

campione ai raggi X per un intervallo di tempo di 12 ore ha sicuramente degli<br />

effetti sulla struttura cristallina del campione.<br />

Nel monitoraggio dell'idratazione iniziale di un cemento Portland è quindi<br />

basilare tenere presente queste considerazioni, raggiungendo un compromesso<br />

tra il numero di scansioni (punti sperimentali) e il tempo totale di<br />

irraggiamento del campione.<br />

Ovviamente, come verrà discusso nelle conclusioni, utilizzando un rilevatore<br />

che permetta di ridurre i tempi di scansione è possibile aumentare<br />

significativamente il numero di osservazioni sperimentali, mantenendo basso il<br />

tempo di irraggiamento totale subito dal campione.<br />

118


Capitolo 12<br />

ANALISI TERMOGRAVIMETRICA DEGLI<br />

IMPASTI<br />

12.1 Generalità<br />

Diversi autori hanno descritto le reazioni che accompagnano un incremento di<br />

temperatura in una pasta di cemento [Alarcon-Ruiz et al., 2003]:<br />

• 30 - 105 °C: evaporazione acqua libera e di parte dell’acqua legata.<br />

Generalmente si considera che l’acqua libera venga eliminata<br />

completamente a 120 °C<br />

• 110 - 170 °C: decomposizione gesso (con una doppia reazione<br />

endotermica), decomposizione ettringite (che però come dimostrato<br />

nel paragrafo 10.2 inizia a decomporsi già attorno ai 45 °C)<br />

• 180 – 300 °C: perdita acqua legata dalla decomposizione del C-S-H<br />

• 450 – 550 °C: deidrossilazione del CH<br />

• 700 – 900 °C: decarbonatazione del carbonato di calcio<br />

In Figura 12.1 e riportata la curva TG/DTG di una pasta di cemento a 28 giorni<br />

dall'idratazione, sono visibili i vari contributi alla perdita in peso per<br />

riscaldamento del campione<br />

Gli intervalli di temperatura relativi alla perdita di acqua libera ed alla<br />

decomposizione dell’ettringite si sovrappongono, risulta perciò difficile<br />

discriminare tali contributi.<br />

119


Figura 12.1 Curve TG/DTG di una pasta di cemento a 28 giorni<br />

dall'idratazione. [Gabrovsêk et al., 2005]<br />

Per quel che riguarda la fase C-S-H, non si ha una variazione di peso ben<br />

definita e la perdita d’acqua avviene in maniera pressoché continua, come<br />

conseguenza della scarsa cristallinità di tale fase.<br />

Inoltre, dato che lo studio è focalizzato sull'idratazione iniziale degli impasti, il<br />

sistema in esame è composto in larga parte da acqua libera; data l’esigua<br />

quantità di materiale prelevato per la misura (circa 10 mg) ed il conseguente<br />

sfavorevole rapporto superficie / volume, si ha una perdita in peso non<br />

trascurabile dovuta all’evaporazione di tale acqua libera già durante le<br />

operazioni di preparazione e trasferimento del materiale dal porta campione<br />

stagno alla fornace dello strumento.<br />

L’analisi termogravimetrica si presta invece molto bene alla quantificazione<br />

dell’ idrossido di calcio, la cui decomposizione è ben isolata e circoscritta in un<br />

piccolo intervallo di temperatura, data la sua elevata cristallinità. La<br />

disidratazione del CH è inoltre immune dai fenomeni di evaporazione<br />

precedentemente accennati, il calo di peso relativo all'idrossido di calcio è<br />

infatti dovuto alla perdita di acqua legata nella sua struttura cristallina, che è<br />

circoscritta in un intervallo di temperature piuttosto elevate (400 – 500 °C).<br />

120


È perciò possibile stimare con discreta precisione il tenore di portlandite<br />

presente nel nostro campione.<br />

Per tali motivi si è deciso di utilizzare questa tecnica di misura solamente per la<br />

quantificazione percentuale di tale fase.<br />

12.2 Risultati e commenti<br />

Le specifiche dei parametri strumentali e la modalità di preparazione del<br />

campione sono descritti al Paragrafo 7.3.<br />

In Figura 12.2 vengono riportati i risultati sperimentali per il campione CemB,<br />

rilevati a 4, 13 e 24 ore dall’inizio delle reazioni di idratazione.<br />

TG [%]<br />

100,5<br />

100,0<br />

99,5<br />

99,0<br />

98,5<br />

98,0<br />

97,5<br />

97,0<br />

96,5<br />

400 420 440<br />

T [°C]<br />

460 480<br />

Figura 12.2 Perdita in peso a diversi tempi di maturazione dell'impasto –<br />

campione CemB.<br />

Le curve sono state normalizzate a 100 per renderle sovrapponibili; il valore<br />

TG[%] relativo all’inizio del calo in peso dovuto alla disidratazione<br />

dell’idrossido di calcio dipende infatti dal tempo di maturazione dell’impasto,<br />

121<br />

4h<br />

13h<br />

24h


in funzione del quale il campione conterrà diversi quantitativi di acqua libera e<br />

di prodotti di idratazione con temperature di decomposizione inferiori a 400°C<br />

Dalle curve mostrate in Figura 12.2 si nota già visivamente che l'entità della<br />

perdita in peso nell’intervallo di temperature tra 400 e 480 °C cresce<br />

nell'ordine 4, 13, 24 ore di maturazione.<br />

Dal punto di vista quantitativo, il calcolo viene effettuato secondo lo schema<br />

seguente:<br />

( H O ) moli(<br />

CH ) = ΔTG<br />

(%) 18<br />

moli = ° , (eq.12.1)<br />

2 CH<br />

400÷<br />

480 C<br />

( % ) moli(<br />

CH ) * 74<br />

CH = , (eq.12.2)<br />

In Tabella 12.1 vengono riportati i tenori di CH percentuale in funzione del<br />

tempo di idratazione dell'impasto, ottenuti dall'analisi TGA.<br />

Tabella 12.1 Tenore di CH in funzione del tempo di idratazione – TGA,<br />

campione CemB<br />

Maturazione [ore] 4 13 24<br />

∆TG [%] 0.46 2.5 3.0<br />

Frazione in peso (%) 1.9 10.3 12.8<br />

Il confronto con i dati ottenuti dall'analisi XRD/Rietveld in-situ, prima e dopo<br />

le correzioni apportate attraverso l'applicazione del metodo di calcolo<br />

sviluppato durante questo studio viene riportato in Tabella 12.2 ed in Figura<br />

12.3.<br />

Tabella 12.2 Confronto risultati TGA/XRD – frazione in peso (%) di CH,<br />

campione CemB<br />

Tecnica analitica<br />

122<br />

Maturazione [ore]<br />

4 13 24<br />

TGA 1.9 10.3 12.8<br />

XRD/Rietveld in-situ 4.4 20.7 25.3<br />

XRD/Rietveld in-situ<br />

con correzioni<br />

1.9 10.2 11.1<br />

I dati ottenuti direttamente dall'analisi RXRD/Rietveld mostrano una netta<br />

sovrastima del tenore di idrossido di calcio, dovuta alla presenza nel campione<br />

di una rilevante frazione di materiale amorfo, non rilevata dall'analisi (Capitolo<br />

5).


Per contro, i risultati sperimentali ottenuti secondo analisi TGA e<br />

XRD/Rietveld in abbinamento al sistema di calcolo sono tra loro consistenti e<br />

mostrano una buona correlazione.<br />

Tralasciando le considerazioni relative alle incertezze sui dati<br />

sperimentali, la leggera sovrastima finale determinata dalle analisi TGA<br />

rispetto ai dati XRD corretti è dovuta alla presenza di una frazione amorfa di<br />

idrossido di calcio. Negli impasti di cemento Portland è stata infatti riscontrata<br />

l’esistenza di porzioni amorfe di idrossido di calcio, concresciute all’interno<br />

della matrice dei geli C-S-H, od intercalato tra gli strati. [Taylor, 1997]<br />

L’andamento divergente dei risultati attenuti con le due tecniche, osservato<br />

negli ultimi due punti sperimentali, può essere dovuto al fatto che, con il<br />

procedere dell’idratazione, la formazione e l’addensamento della matrice di C-<br />

S-H gel inibisca la precipitazione ordinata dell’idrossido di calcio.<br />

CH [wt%]<br />

30<br />

28<br />

26<br />

24<br />

22<br />

20<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

XRD/Rietveld<br />

in-situ<br />

0 5 10 15 20 25<br />

Maturazione [ore]<br />

Figura 12.3 Confronto tra i tenori percentuali di CH ottenuti con analisi<br />

TGA e XRD in-situ con e senza correzioni – campione CemB.<br />

123<br />

TGA<br />

XRD/Rietveld<br />

in-situ+correzioni<br />

Queste considerazioni permettono quindi di affermare che esista un accordo tra<br />

i risultati ottenuti con le analisi TGA e quelli ricavati dall’analisi<br />

XRD/Rietveld in-situ attraverso l’applicazione del metodo di correzione


L'esatta quantificazione dell'idrossido di calcio è di vitale importanza<br />

perché è proprio dalla percentuale in peso di questa fase (ricavata tramite<br />

XRD/Rietveld in-situ + metodo dello standard interno) che viene stimato il<br />

quantitativo di C-S-H potenzialmente formato nel corso dell'idratazione.<br />

Essendo il C-S-H la fase idrata predominante (20 – 25 % in peso della pasta, a<br />

24 ore dall'idratazione), un errore nella quantificazione della portlandite<br />

verrebbe amplificato dal metodo di calcolo per la correzione dei risultati<br />

dell'analisi di Rietveld e falserebbe il dato finale.<br />

Non solo, la verifica della consistenza tra i risultati TGA e quelli<br />

ricavati dall'analisi XRD/Rietveld in-situ abbinata al metodo di calcolo qui<br />

sviluppato, porta ad una verifica indiretta dell'esattezza delle stime effettuate<br />

durante i calcoli e del metodo stesso.<br />

124


CONCLUSIONI<br />

L’utilizzo del metodo di calcolo sviluppato in questo lavoro di Tesi, è risultato<br />

una potente strategia per la correzione dei risultati ottenuti tramite analisi<br />

XRD/Rietveld in-situ su campioni di cemento idratato, permettendone<br />

l’applicazione al fine di monitorare in maniera affidabile l’evoluzione<br />

mineralogica del campione nel corso dell’idratazione.<br />

Numerosi sono i vantaggi apportati dal metodo in-situ rispetto all’analisi<br />

XRPD tradizionale:<br />

• Monitoraggio idratazione iniziale che, come già accennato nella<br />

prefazione, è di grande importanza analitica. Il metodo XRPD, non<br />

trova applicazione in questo intervallo temporale. Con il sistema di<br />

misura in-situ è possibile effettuare misure su campioni idratati da<br />

pochi minuti, in modo da seguire l’evoluzione mineralogica del sistema<br />

a partire dal “tempo zero”.<br />

• Quantificazione C-S-H, H2OLibera e materiale amorfo presenti nel<br />

campione, i quali costituiscono le principali componenti di una pasta di<br />

cemento nel periodo iniziale dell’idratazione (si veda a titolo di<br />

esempio il diagramma in Figura 11.5).<br />

• Eliminazione dei problemi di preparazione del campione dovuti al<br />

trattamento necessario per la rimozione dell’acqua libera ed il<br />

conseguente arresto dell’idratazione. Questo fattore è di basilare<br />

125


importanza, le informazioni composizionali ottenute tramite analisi<br />

XRD/Rietveld derivano infatti proprio dalla natura della struttura<br />

cristallina del campione, la cui modificazione si riflette<br />

nell’inattendibilità del risultato analitico.<br />

• Rapidità dell’intera procedura analitica: la preparazione del<br />

campione per le analisi consiste unicamente nella realizzazione della<br />

miscela anidra cemento/standard e la sua successiva idratazione.<br />

Il sistema analitico trattato in questo lavoro presenta comunque alcune<br />

limitazioni sistematiche.<br />

• Livello di approssimazione (1): il sistema di calcolo stechiometrico<br />

per la determinazione quantitativa di C-S-H ed acqua libera, si basa su<br />

considerazione empiriche ed è quindi affetto da un certo grado di<br />

incertezza.<br />

Il quantitativo di C-S-H calcolato si riferisce a quello potenzialmente<br />

formato nella reazione di idratazione del C3S, secondo l’esatta<br />

stechiometria suggerita da Fuji e Kondo (eq. 5.3).<br />

Inoltre, nel sistema di calcolo qui presentato, la frazione in peso di C-S-<br />

H presente nel campione viene calcolata a partire dal quantitativo di CH<br />

rilevato tramite analisi XRD/Rietveld in-situ. Tale analisi rileva<br />

solamente la frazione cristallina delle fasi mineralogiche costituenti il<br />

campione. È quindi ragionevole pensare che la quantità di CH<br />

effettivamente presente nel campione sia leggermente superiore a quella<br />

rilevata tramite diffrazione di raggi X. Questo si riflette in una<br />

sottostima nei tenori di C-S-H ed acqua libera da parte del metodo,<br />

relativamente ai quali, allo stato attuale del lavoro, non sono stati<br />

effettuati confronti tramite tecniche analitiche complementari, se non la<br />

verifica indiretta ottenuta con l’analisi TGA.<br />

126


• Livello di approssimazione (2): per quanto riguarda il metodo dello<br />

standard interno per la determinazione della frazione di campione<br />

amorfa, sono da tenere presenti gli effetti dovuti al composto cristallino<br />

utilizzato. Come già accennato (Paragrafo 9), è ragionevole ritenere che<br />

un reagente commerciale, quale il biossido di titanio utilizzato in questo<br />

studio, non sia completamente monofasico e non presenti una perfetta<br />

cristallinità. Per unanalisi quantitativa si rende quindi necessario uno<br />

standard perfettamente cristallino e rigorosamente monofasico. La<br />

strada più semplice per garantire tali caratteristiche è partire da cristalli<br />

macroscopici (di anatasio o corindone) ed effettuarne una<br />

frantumazione. Ovviamente, per assicurare l’attendibilità dell’analisi di<br />

Rietveld, è fondamentale un accurato controllo sulla taglia dei cristalliti<br />

della polvere così ottenuta (Paragrafo 4.2.2).<br />

• Caratteristiche superficiali del campione: l’impasto viene<br />

semplicemente trasferito nell’anello porta campione e sigillato con il<br />

film di Kapton (Figura 7.5). Il processo di idratazione determina<br />

variazioni di volume dell’impasto. Per cui la superficie del campione<br />

non gode di ottima planarità, causando disallineamenti del sistema di<br />

misura che si riflettono in errori nel posizionamento dei picchi.<br />

In conclusione. tenendo conto delle considerazioni sopra citate, il sistema<br />

XRD/Rietveld in-situ supportato dal sistema di calcolo qui sviluppato si<br />

dimostra una valida metodologia analitica per il monitoraggio dell’idratazione<br />

iniziale di un cemento Portland.<br />

127


SVILUPPI FUTURI<br />

È ovvio come ogni ulteriore approfondimento del problema non debba<br />

prescindere dall’utilizzo di un rilevatore più performante di quello montato<br />

sullo strumento utilizzato in questo lavoro. Utilizzando un rilevatore ad area,<br />

(Paragrafo 3.2.5) è infatti possibile eseguire scansioni della durata di 2-3<br />

minuti, è cioè possibile acquisire un intero spettro di diffrazione in un periodo<br />

di tempo trascurabile rispetto alla cinetica di evoluzione del sistema.<br />

Un possibile sviluppo dello studio è un'ulteriore verifica e messa apunto<br />

del metodo di correzione dei risultati qui sviluppato attraverso la diretta<br />

determinazione dell’acqua libera presente nell’impasto, per mezzo di analisi di<br />

calorimetria differenziale a scansione (DSC).<br />

Tramite tale tecnica è possibile determinare il parametro free water index<br />

(FWI, un parametro compreso tra 0 e 1, che indica la frazione di acqua presente<br />

nell'impasto), a partire dalla quantità di acqua che può solidificare e fondere,<br />

misurando l’entalpia di fusione specifica del ghiaccio a 0 °C in funzione del<br />

tempo di idratazione. [Damasceni et al., 2002]<br />

I punti che restano in sospeso riguardano quindi il sistema di misura<br />

sperimentale (sensibilità detector, caratteristiche superficiali del campione,<br />

requisiti dello standard), l'accuratezza dell’analisi di Rietveld ed il grado di<br />

approssimazione introdotto dalle stime effettuate nella correzione dei risultati.<br />

128


APPENDICE<br />

I Analisi XRD/Rietveld in-situ - campione<br />

CemA.<br />

I


1.100<br />

1.000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

-100<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

CEMAscuro-TiO2_Anidro.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 61.79 %<br />

C2S beta (MUMME) 12.88 %<br />

26<br />

28<br />

II<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 11.23 %<br />

C3A cubic 4.54 %<br />

Anatase 6.92 %<br />

Gy psum 2.63 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemA(scuro)2h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 55.09 %<br />

C2S beta (MUMME) 9.86 %<br />

28<br />

III<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 12.65 %<br />

C3A cubic 0.34 %<br />

Ettringite 4.75 %<br />

Anatase 10.65 %<br />

Gy psum 6.67 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemA(scuro)4h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 55.14 %<br />

C2S beta (MUMME) 6.86 %<br />

28<br />

IV<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 10.08 %<br />

C3A cubic 0.47 %<br />

Ettringite 7.05 %<br />

Portlandite 2.44 %<br />

Anatase 11.67 %<br />

Gy psum 6.29 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemA(scuro)6h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 48.16 %<br />

C2S beta (MUMME) 10.05 %<br />

28<br />

V<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 10.48 %<br />

C3A cubic 1.49 %<br />

Ettringite 7.84 %<br />

Portlandite 7.24 %<br />

Anatase 11.88 %<br />

Gy psum 2.86 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemA(scuro)9h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 41.88 %<br />

C2S beta (MUMME) 8.15 %<br />

28<br />

VI<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 10.76 %<br />

C3A cubic 1.48 %<br />

Ettringite 13.09 %<br />

Portlandite 11.52 %<br />

Anatase 13.11 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

-250<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemA(scuro)13h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 31.10 %<br />

C2S beta (MUMME) 16.36 %<br />

28<br />

VII<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 9.35 %<br />

C3A cubic 0.87 %<br />

Ettringite 12.75 %<br />

Portlandite 17.54 %<br />

Anatase 12.02 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


1.100<br />

1.000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

-100<br />

-200<br />

-300<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemA(scuro)24.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 29.20 %<br />

C2S beta (MUMME) 15.47 %<br />

28<br />

30<br />

VIII<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 4.15 %<br />

C3A cubic 0.84 %<br />

Ettringite 13.64 %<br />

Portlandite 23.75 %<br />

Anatase 12.96 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


II Analisi XRD/Rietveld in-situ - campione CemB.<br />

IX


1.050<br />

1.000<br />

950<br />

900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

-250<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

CEMBchiaro-TiO2_Anidro.raw:1<br />

24<br />

CEMBchiaro-TiO2_Anidro.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 59.13 %<br />

C2S beta (MUMME) 17.69 %<br />

26<br />

28<br />

X<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

C4AF 4.93 %<br />

C3A cubic 9.00 %<br />

Anatase 5.83 %<br />

Gy psum 3.41 %<br />

48<br />

50<br />

52<br />

54


900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

28<br />

CemB_2h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 55.90 %<br />

C2S beta (MUMME) 17.06 %<br />

30<br />

XI<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

48<br />

C4AF 4.84 %<br />

C3A cubic 7.42 %<br />

Ettringite 6.71 %<br />

Anatase 7.47 %<br />

Gypsum 0.60 %<br />

50<br />

52<br />

54


900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

28<br />

CemB_4h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 52.50 %<br />

C2S beta (MUMME) 15.61 %<br />

30<br />

XII<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

48<br />

C4AF 2.53 %<br />

C3A cubic 8.01 %<br />

Ettringite 7.98 %<br />

Portlandite 4.37 %<br />

Anatase 8.42 %<br />

Gypsum 0.59 %<br />

50<br />

52<br />

54


900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemB_6h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 45.96 %<br />

C2S beta (MUMME) 18.87 %<br />

CemB_6h.raw:1<br />

28<br />

30<br />

XIII<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

48<br />

C4AF 1.48 %<br />

C3A cubic 8.72 %<br />

Ettringite 11.59 %<br />

Portlandite 4.75 %<br />

Anatase 8.63 %<br />

50<br />

52<br />

54


1.100<br />

1.050<br />

1.000<br />

950<br />

900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

-200<br />

-250<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

28<br />

CemB_9h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 35.39 %<br />

C2S beta (MUMME) 20.51 %<br />

30<br />

XIV<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

48<br />

C4AF 2.83 %<br />

C3A cubic 6.29 %<br />

Ettringite 12.92 %<br />

Portlandite 13.60 %<br />

Anatase 8.45 %<br />

50<br />

52<br />

54


1.800<br />

1.700<br />

1.600<br />

1.500<br />

1.400<br />

1.300<br />

1.200<br />

1.100<br />

1.000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

-100<br />

-200<br />

-300<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemB_13h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 27.72 %<br />

C2S beta (MUMME) 19.74 %<br />

28<br />

30<br />

XV<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

48<br />

C4AF 0.28 %<br />

C3A cubic 5.35 %<br />

Ettringite 13.13 %<br />

Portlandite 24.77 %<br />

Anatase 9.01 %<br />

50<br />

52<br />

54


2.100<br />

2.000<br />

1.900<br />

1.800<br />

1.700<br />

1.600<br />

1.500<br />

1.400<br />

1.300<br />

1.200<br />

1.100<br />

1.000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

-100<br />

-200<br />

-300<br />

-400<br />

6<br />

8<br />

10<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

26<br />

CemB_24h.raw:1 C3S monoclinic (NISHI) 25.73 %<br />

C2S beta (MUMME) 19.26 %<br />

28<br />

30<br />

XVI<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

46<br />

48<br />

C4AF 0.47 %<br />

C3A cubic 4.06 %<br />

Ettringite 12.47 %<br />

Portlandite 28.49 %<br />

Anatase 9.53 %<br />

50<br />

52<br />

54


RINGRAZIAMENTI<br />

Questo lavoro di Tesi e stato supportato dalla Buzzi Unicem S.p.A., un gruppo<br />

operante nel campo del cemento e del calcestruzzo dal 1907. L’azienda,<br />

presente con numerosi stabilimenti produttivi in Italia, Germania, USA,<br />

Lussemburgo, Messico, Russia, Ucraina, Repubblica Ceca e Polonia, è dotata<br />

di tre laboratori di controllo e ricerca sui leganti a Trino (Vc) – sito di<br />

svolgimento principale delle analisi relative a questa Tesi -, Guidonia (Rm) e<br />

Wiesbaden (Germania).<br />

È per me un piacere ringraziare il personale del laboratorio R&D dello<br />

stabilimento Buzzi Unicem di Trino; in particolare Daniela Gastaldi e Fulvio<br />

Canonico per la loro impareggiabile professionalità e disponibilità nei miei<br />

confronti e per il fondamentale apporto fornito a questo lavoro.<br />

Di basilare importanza è stata anche la collaborazione con l’Università del<br />

Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” di Alessandria, presso i cui laboratori<br />

sono state condotte le analisi TGA; tale collaborazione è stata promossa da<br />

Enrico Boccaleri, al quale sono molto riconoscente.<br />

Un grande contributo alla redazione di questa Tesi è stato apportato dal mio<br />

relatore, Professor Giovanni Ferrarsi; a lui vanno i miei sentiti ringraziamenti<br />

per i molteplici suggerimenti, per l’avermi stimolato ad approfondire ogni<br />

aspetto dello studio e per avermi spronato a continui miglioramenti nella<br />

stesura del testo.<br />

Infine voglio fare un ringraziamento particolare alla mia famiglia, che con<br />

sacrifici non indifferenti e soprattutto con molta pazienza, mi ha permesso di<br />

arrivare fino a qui.<br />

XVII<br />

F.A.<br />

Luglio 2008


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XX

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