atlante degli anfibi e dei rettili della toscana - Università degli Studi ...
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ATLANTE DEGLI ANFIBI E DEI RETTILI DELLA TOSCANA<br />
con creazione di habitat riproduttivi e di svernamento-estivazione. Successiva<br />
organizzazione di periodiche operazioni di gestione di questi habitat.<br />
- realizzazione di opere di mitigazione d’impatto nei confronti di nuove entità<br />
infrastrutturali.<br />
Bufo viridis è la specie “target” principale di molti di questi interventi, perchè<br />
localmente è da considerarsi a forte rischio proprio a causa delle trasformazioni<br />
subite dall’ambiente <strong>della</strong> pianura negli ultimi anni. Per la realizzazione di siti<br />
riproduttivi adeguati a questa specie sono stati effettuati, per la prima volta in<br />
Italia, interventi dedicati alla creazione di bassure di vaste proporzioni, mediante<br />
rimo<strong>della</strong>mento con mezzi meccanici <strong>della</strong> morfologia originale di alcuni<br />
terreni agricoli. Queste bassure sono state inoltre progettate con dimensioni e<br />
forma tali da permettere una capacità molto ampia di raccolta di acqua piovana<br />
e, mediante sistemi di scolmatori regolabili, una profondità media delle acque<br />
molto modesta. Infine, per evitare la crescita troppo veloce <strong>della</strong> vegetazione,<br />
è stato operato in modo da compattare periodicamente con mezzi meccanici il<br />
fondo (scoccianti, 2001a).<br />
5. Aree estrattive.<br />
Molte sono le aree nella regione compromesse gravemente da estesissimi bacini<br />
estrattivi. Fra i tanti esempi si ricordano per le grandi dimensioni l’area<br />
delle cave e miniere di Campiglia Marittima (Livorno), l’area <strong>della</strong> cave <strong>della</strong><br />
Montagnola Senese (Siena), l’area delle cave di Firenzuola (Firenze), il bacino<br />
minerario di Santa Barbara (Arezzo) e i bacini minerari nei pressi di Massa Marittima<br />
(Grosseto). Probabilmente però l’area più nota per i gravi danni subiti<br />
dall’ambiente a séguito delle lavorazioni delle cave è il complesso <strong>dei</strong> bacini<br />
per l’estrazione del marmo nelle Alpi Apuane. Oltre alla rilevante alterazione<br />
morfologica <strong>dei</strong> versanti di molte vallate, divenute in gran parte inutilizzabili<br />
per molte specie, è noto il gravissimo impatto che questa attività estrattiva ha<br />
avuto e ha tuttora sulla qualità delle acque superficiali e di falda in séguito alle<br />
lavorazioni del materiale in situ e principalmente a causa <strong>della</strong> produzione di<br />
enormi quantità di polvere di marmo (“marmettola”) mista ad altri inquinanti.<br />
Gli effetti di tutto questo si risentono anche negli ingenti ambienti ipogei presenti<br />
nell’area; fra le specie di Anfibi a rischio dove è presente questa attività si<br />
segnala lo Speleomantes ambrosii, proprio per l’inquinamento delle acque e la<br />
conseguente obliterazione per intasamento di gran parte <strong>degli</strong> interstizi naturali<br />
delle rocce, con conseguente forte frammentazione dell’habitat adatto alla<br />
specie (scoccianti, 2001a).<br />
Sono da ricordare anche le aree estrattive di ghiaia e sabbia, piuttosto comuni in<br />
varie zone pianeggianti <strong>della</strong> regione, che con il procedere delle attività finiscono<br />
per creare vaste depressioni. Quest’ultime, spesso a séguito del successivo<br />
abbandono <strong>dei</strong> siti, possono allagarsi per affioramento <strong>della</strong> falda o per la raccolta<br />
dell’acqua piovana. A parte l’impatto che necessariamente avviene duranti<br />
le fasi di coltivazione, molti di questi ambienti, una volta allagatisi, di fatto<br />
vanno a rappresentare ambienti umidi potenziali, che, con l’evoluzione e la rinaturalizzazione<br />
spontanea (o meglio, a séguito di opportuni interventi mirati),<br />
possono divenire anche molto importanti per la conservazione di varie specie.<br />
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