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atlante degli anfibi e dei rettili della toscana - Università degli Studi ...

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FATTORI DI RISCHIO E NUOVE PROSPETTIVE DI CONSERVAZIONE DEGLI ANFIBI IN TOSCANA<br />

ATLANTE DEGLI ANFIBI E DEI RETTILI DELLA TOSCANA<br />

Quella che segue vuole essere una breve rassegna delle conoscenze attuali<br />

riguardo ai maggiori fattori di impatto che agiscono sugli Anfibi in Toscana<br />

e <strong>dei</strong> più importanti studi e interventi realizzati per la conservazione di<br />

questi animali. Naturalmente molti <strong>dei</strong> fattori di rischio ricordati a proposito<br />

<strong>degli</strong> Anfibi sono validi anche per buona parte delle specie di Rettili. Le varie<br />

forme d’impatto sono discusse nell’ordine proposto da scoccianti (2001a).<br />

1. Scomparsa, alterazione ed errata gestione delle zone umide di grande<br />

estensione.<br />

Le grandi opere di bonifica dell’ultimo secolo hanno duramente colpito tutte<br />

le ultime ampie aree palustri che erano giunte ai tempi nostri, nonostante<br />

i ripetuti interventi <strong>dei</strong> secoli precedenti. L’assetto del territorio di<br />

tutta la regione, dalle coste alle pianure interne, risulta oggi radicalmente<br />

trasformato. Secondo Barsanti & roMBai (1986) in Toscana, soltanto nell’età<br />

moderna, gli ettari “risanati” e recuperati mediante bonifica per l’uso agricolo<br />

si possono stimare in circa 160.000. Purtroppo imponenti opere di<br />

prosciugamento sono tuttora portate avanti in alcune aree <strong>della</strong> Toscana,<br />

seppure le zone umide siano state universalmente riconosciute quali<br />

ecosistemi preziosissimi per la biodiversità e la cultura e nonostante siano<br />

ormai vigenti numerosi trattati, leggi, convenzioni e direttive a livello locale,<br />

nazionale e internazionale che le tutelano. L’area del Padule di Scarlino<br />

(Grosseto), ormai quasi totalmente trasformata in zona industriale, e l’area<br />

di Guasticce (Livorno), che è in fase di definitiva scomparsa in séguito agli<br />

interventi di costruzione dell’interporto a servizio <strong>della</strong> vicina città di Livorno,<br />

sono solo due esempi fra i tanti che si potrebbero fare.<br />

Al di là <strong>della</strong> perdita continua di superficie delle zone umide si deve anche<br />

osservare che nella maggior parte <strong>degli</strong> habitat umidi residui presenti nella<br />

regione le aree con caratteristiche ecologiche di maggior interesse per gli<br />

Anfibi, cioè quelle marginali (acquitrini, zone temporaneamente allagabili,<br />

prati umidi ecc.), sono divenute assai rare o sono spesso addirittura assenti<br />

(scoccianti, 2001a). Questa situazione è frequente anche in molte aree che<br />

godono oggi di uno stato di tutela per l’istituzione di parchi o riserve naturali.<br />

Infatti, a séguito alle precedenti opere di bonifica, la maggior parte<br />

delle zone umide si presenta oggi ormai definita entro confini artificiali, costituiti<br />

generalmente da arginature e canali perimetrali. Il risultato di tutto<br />

questo è la forte alterazione <strong>della</strong> naturale dinamicità e la scomparsa delle<br />

estese zone ecotonali ad allagamento periodico.<br />

Nel complesso nella regione le zone umide ancora presenti si mostrano<br />

oggi frammentate, isolate e più o meno fortemente alterate, in particolare<br />

per quanto riguarda il ciclo delle acque, che vi vengono mantenute<br />

con metodi di gestione spesso incongrui. In particolare sono molti i casi in<br />

cui intere zone umide si mostrano completamente assoggettate a forme di<br />

gestione del tutto contrastanti con i più elementari criteri di conservazione.<br />

I responsabili di queste forme improprie di gestione sono soprattutto i<br />

cacciatori e i consorzi di bonifica. I primi utilizzano pressochè annualmen-<br />

di Carlo SCoCCianti, Biologo,W.W.F. Toscana

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