atlante degli anfibi e dei rettili della toscana - Università degli Studi ...
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ATLANTE DEGLI ANFIBI E DEI RETTILI DELLA TOSCANA<br />
scrive tra l’altro varie nuove specie, molte delle quali passate in sinonimia dagli<br />
studiosi successivi ma in buona parte oggi rivalidate dalle moderne ricerche<br />
su base morfologico-biochimica. Fra queste vi è ad esempio il tritone alpestre<br />
apuano, descritto da Bonaparte nel 1839 (punt. 131 fasc. XXVI e t. 85 bis fig.<br />
3) come buona specie (Triton Apuanus), con terra typica Seravezza, sulle Alpi<br />
Apuane, considerato poi per un lungo periodo di tempo una semplice sottospecie<br />
del tritone alpestre ma, alla luce di recenti studi biochimici ed etologici, da<br />
ritenere con probabilità realmente un taxon specifico a sé stante. Un discorso<br />
analogo potrebbe essere pure fatto per l’ululone dal ventre giallo appenninico<br />
(Bombina pachypus), descritto sempre nel 1839, che molti studiosi considerano<br />
distinto a livello specifico dalla simile Bombina variegata, e per vari altri<br />
Vertebrati italiani. Dati toscani contenuti nell’“Iconografia” riguardano anche la<br />
salamandra pezzata, la salamandrina dagli occhiali, i geotritoni e le due restanti<br />
specie di tritoni presenti nella regione. In quest’opera Bonaparte ricorda inoltre<br />
per la prima volta la presenza in Toscana <strong>della</strong> testuggine marginata, specie<br />
alloctona <strong>della</strong> quale è citato un esemplare, con il carapace lungo un piede (cioè<br />
circa 33 cm), vissuto “lunghi anni” in cattività presso la Certosa di Firenze, a<br />
pochi chilometri dal centro <strong>della</strong> città.<br />
Anche gli studi di Paolo saVi (1798-<br />
1871), naturalista poliedrico e dal<br />
1823 prefetto del Museo e professore<br />
di Storia Naturale presso l’<strong>Università</strong><br />
di Pisa come successore del<br />
già ricordato G. Santi, emergono tra<br />
quelli <strong>della</strong> sua epoca per la precisione<br />
delle descrizioni e la lucidità<br />
delle relative considerazioni. Non<br />
essendo affatto certo che la specie<br />
segnalata da Lacépède nel 1788 fosse<br />
quella da lui esaminata, nel 1821<br />
egli descrive come nuova entità la<br />
Salamandra perspicillata, trovata a<br />
più riprese nell’ ”Appennino toscano<br />
e specialmente in quello del Mugello”;<br />
per la legge di priorità la specie<br />
di Savi è passata per lungo tempo in<br />
sinonimia con la Salamandra (oggi<br />
Fig. 38. Paolo Savi.<br />
Salamandrina) terdigitata dello studioso<br />
francese, la cui un po’ fanta-<br />
siosa diagnosi non regge peraltro il confronto con quella, al contrario accurata e<br />
inequivocabile, del naturalista pisano; recenti studi su base biochimica l’hanno<br />
però rivalidata all’originario livello di buona specie. Analogamente a quanto<br />
già rilevato per Bonaparte, anche un altro taxon descritto da Savi nel 1838, la<br />
salamandra còrsa (Salamandra corsica), è stato recentemente rivalidato a quel<br />
livello specifico cui l’aveva considerato originariamente l’autore, dopo una lunga<br />
“permanenza” come semplice sottospecie in Salamandra salamandra.<br />
Senz’altro più ricca di contributi è la seconda metà del XIX secolo. <strong>Studi</strong> aventi per<br />
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