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33<br />
vivere bene<br />
anti aderente con pochissimo olio. scaldare la salsa<br />
“savore”, metterla a specchio in ogni piatto, aggiungere<br />
degli spinaci freschi precedentemente saltati<br />
in padella. Mettervi sopra il medaglione di palamita,<br />
il finto foie gras e, volendo, finire con lamelle di tartufo<br />
nero e sale di Guèrande.<br />
L’altro pesce che vi vogliamo presentare è, va detto,<br />
considerato non un pesce di grande pregio, come possono<br />
esserlo l’orata e il branzino, ma se pescato in<br />
mare aperto (e pulito) è tutt’altra cosa e sarà in grado<br />
di stupire anche i più scettici. Ciotti propone il cefalo<br />
alla brace con finocchi brasati e gel di mele all’anice.<br />
Ingredienti: 1 cefalo da 800/1000 gr., 50 gr. di pane<br />
profumato tradizionale, 2 finocchi freschi, 300 gr di<br />
mele verdi, 300 gr di acqua naturale, 1 anice stellato,<br />
1 lime, 25 gr di gelatina vegetale per ogni 300 gr di<br />
succo di mele.<br />
Per il succo di mele: bollire 300 gr di mele verdi (tagliate<br />
in quattro senza torsolo) con 300 gr di acqua<br />
naturale e l’anice stellato; passati 30 min filtrare il<br />
tutto. Per la gelatina di mele: 300 gr di succo di mele,<br />
25 gr di gelatina vegetale, il succo e la scorza di 1<br />
lime. Bollire il succo di mele mischiato alla gelatina<br />
vegetale, fare raffreddare il tutto infine aggiungere<br />
succo e scorza di lime, mixando bene. e ora la finitura<br />
e presentazione del piatto: cuocere il cefalo precedentemente<br />
filettato e “porzionato” alla brace<br />
solo dalla parte della pelle, dopo di che girarlo su se<br />
stesso e finire di cuocerlo a 55°.<br />
A parte brasare i finocchi portandoli a cottura con<br />
poco brodo di pesce o vegetale. Impiattare il pezzo<br />
del finocchio brasato al centro del piatto, condire<br />
con sale, olio e barba di finocchio fresco; adagiarvi<br />
sopra il cefalo grigliato e dressare con il gel di mele.<br />
Finire con qualche mollica di pane profumato croccante.<br />
entrambi i piatti di Ciotti, come avrete notato,<br />
non sono semplicissimi nella realizzazione, perché<br />
richiedono attenzione e pazienza, ma seguendo<br />
passo dopo passo le indicazioni che ci ha fornito, riuscirete<br />
ad ottenere dei piatti dell’alta ristorazione<br />
italiana. spendendo 3 euro a porzione circa. l<br />
un Menu ContRo la CRisi<br />
Ristorante Vicolo Santa Lucia dell’Hotel Carducci,<br />
viale Carducci 76 a Cattolica (Rimini)<br />
Chef: Stefano Ciotti<br />
Seconda puntata<br />
due piatti di mare<br />
filetto di palamito alla “Rossini” falsata<br />
(costo a persona: 3,00 euro)<br />
Cefalo alla brace con finocchi brasati e gel di mele<br />
all’anice (costo a persona: 3,00 euro)<br />
novembre 2009<br />
Il chinotto<br />
di Savona<br />
Un tempo in molti caffè italiani e francesi si<br />
poteva trovare un vaso dotato di un cucchiaino<br />
di maiolica pieno di piccoli agrumi<br />
verdi immersi nel Maraschino: erano chinotti<br />
di Savona, famosi e unici per qualità, aroma e<br />
ottimi come digestivo. La pianta, sempreverde, è alta<br />
poco più di un metro e mezzo, ma sviluppa sui pochi<br />
rami un’incredibile quantità di frutti e di fiori. Tra<br />
settembre e novembre, è possibile scorgere tra le foglie<br />
grappoli di chinotti, di piccole dimensioni e dal<br />
colore verde brillante che, col tempo, vira all’arancio.<br />
Il profumo che sprigionano è intenso, segno di una<br />
eccezionale serbevolezza, che ne consente la conservazione<br />
per periodi molto lunghi. Si coltiva solo<br />
nel territorio rivierasco da Varazze a Finale, ma è una<br />
pianta originaria della Cina, portata nel 1500 da un<br />
navigatore savonese.<br />
Il primo laboratorio di canditura in Liguria risale al<br />
1877, quando la Silvestre-Allemand si trasferisce a<br />
Savona dalla città di Apt, nel sud-est della Francia.<br />
La varietà, acclimatatasi sulla riviera di Ponente,<br />
inoltre, si dimostrò più adatta alla trasformazione per<br />
via delle dimensioni ridotte, della buccia più spessa,<br />
resistente e profumata. In pochi anni nacquero molti<br />
stabilimenti locali che affinarono l’arte della canditura,<br />
ponendo le basi di un’importante tradizione<br />
pasticciera. Verso la fine del 1800 a Savona fu fondata<br />
la “Società Cooperativa dei chinotti” che provvedeva<br />
sia alla coltivazione che alla trasformazione e<br />
alla vendita dei frutti. Il periodo di più intensa attività<br />
di quest’industria è quello a cavallo tra il XIX e il<br />
XX secolo. Dagli anni Venti però iniziò un lungo declino<br />
che dura tutt’oggi: poche piante di chinotto<br />
sono ancora coltivate nel savonese e la conservazione<br />
della specie è affidata a orti botanici e vivai.<br />
L’obiettivo del Presidio Slow Food è il recupero della<br />
coltivazione e il rilancio della canditura.<br />
Solo pochi pasticceri candiscono ancora i chinotti di<br />
Savona: questi agrumi si possono consumare infatti<br />
esclusivamente canditi - freschi sono troppo amarognoli<br />
- oppure sotto sciroppo. La lavorazione comincia<br />
con un’immersione in salamoia che si prolunga<br />
per tre settimane circa. Gli agrumi, quindi, sono torniti<br />
a mano per togliere un sottile strato di buccia<br />
contenente gli estratti e gli aromi più amari, e rimessi<br />
poi in salamoia. Dopo questi passaggi i chinotti<br />
sono pronti per essere conciati con bolliture successive<br />
in sciroppi dolci a concentrazione crescente e<br />
infine posti in liquore, preferibilmente Maraschino,<br />
oppure canditi.