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ne a tale ingiusta fonte di lucro accogliendo<br />

di fatto le disposizioni<br />

previste nel terzo pacchetto Bersani,<br />

quello che non è stato mai approvato<br />

per la fine prematura della<br />

legislatura. La nuova normativa<br />

stabilisce che la commissione può<br />

essere applicata solo al cliente con<br />

un fido il cui scoperto duri più di un<br />

mese e non possa mai superare lo<br />

0,50 per cento per ogni trimestre,<br />

pena la nullità del contratto.<br />

Prontamente le banche hanno<br />

reintrodotto questa commissione<br />

semplicemente cambiandole nome.<br />

Ministro e Banca d’Italia si<br />

sono affidati prima ad innocue<br />

raccomandazioni per ottenere il<br />

rispetto della legge e poi a disposizioni<br />

più stringenti per evitare<br />

l’ennesima furbata come quella<br />

sui mutui quando le banche hanno<br />

fatto di tutto per ritardare le<br />

disposizioni sulla rinegoziazione.<br />

In questo caso però Tremonti è intervenuto<br />

efficacemente con una<br />

penale per le banche che ritardano<br />

l’operazione più di trenta giorni. Le<br />

lobbies insomma resistono e insistono.<br />

«Il tentativo di rimettere<br />

tutto in discussione è evidente –<br />

commenta antonio Lirosi – ma la<br />

partita non è persa perché su alcune<br />

conquiste dei consumatori sarà<br />

difficile tornare indietro». Certo, se<br />

questa partita la giocano anche i<br />

consumatori facendo sentire la loro<br />

voce, non c’è lobby che tenga.<br />

«Il nostro è il Paese delle disuguaglianze<br />

sociali e la crisi in atto<br />

tende a esasperarle ancora di più<br />

– sostiene soldi –. Ma un’economia<br />

che non cerca di riequilibrare<br />

le differenze è debole, oltre che<br />

ingiusta. Riequilibrare significa<br />

orientare in modo corretto le<br />

strategie politiche e di investimento,<br />

introducendo così anche<br />

elementi di sviluppo economico».<br />

Può contribuire a questo riprendere<br />

e rafforzare le liberalizzazioni?<br />

soldi non ha dubbi: «Bisogna<br />

mettere al centro il cittadino,<br />

non gli interessi di pochi. solo facendo<br />

così, aumentando la concorrenza,<br />

migliorando i servizi, si<br />

può incidere concretamente non<br />

solo sugli indicatori economici,<br />

ma anche sulla qualità della vita<br />

di ognuno di noi». l<br />

17<br />

novembre 2009<br />

in primo piano<br />

un pianeta da difendere<br />

di Mario tozzi<br />

primo ricercatore Cnr - Igag<br />

e conduttore televisivo<br />

Frane conosciute<br />

A proposito della tragedia di Messina<br />

Di chi è la colpa di quanto accaduto a Messina, ma anche di quello<br />

che abbiamo registrato per anni in questo sciagurato Paese<br />

incapace di mettersi in sicurezza? Di chi è la colpa delle 15.000<br />

frane d’Italia, da Ancona (1982) al Vajont (1963), dalla Valtellina<br />

(1987) a Niscemi (1997), da Sarno (1998) al Brennero (1998) e poi a Soverato<br />

(2002) e così via? Le frane sono un fenomeno assolutamente naturale<br />

e prevedibile, dipendono da cause fisiche e geologiche che si chiamano<br />

forza di gravità, presenza di versanti acclivi, rocce di un certo tipo e soprattutto<br />

acqua (cioè piogge). Ma non farebbero alcun danno se non ci<br />

fossero gli uomini a decidere di vivere dove forse non dovrebbero, peggiorando<br />

la situazione naturale con strade, case, incendi e disboscamenti.<br />

La responsabilità è perciò degli uomini, prima di tutto di quelli che - consapevolmente<br />

o no, questo poco conta - decidono di costruire abusivamente<br />

trascurando gli eventuali rischi del territorio. Non ci sono scuse, né<br />

vale ribadire che qualcuno ha permesso loro di farlo, perché in Italia i<br />

controlli non sono possibili e perché comunque qualcun altro, nelle stesse<br />

circostanze e negli stessi luoghi, ha comunque scelto di comportarsi bene,<br />

aspettando per avere una casa, pagandola di più o rimanendo in affitto.<br />

Certo che sono più colpevoli gli amministratori locali, che spesso sono<br />

perfettamente a conoscenza dei rischi naturali e decidono di sperare che<br />

non toccherà mai a loro. Amministrazioni locali strangolate dai debiti percepiscono<br />

come unica fonte di reddito quella delle licenze edilizie e poco<br />

si domandano dove si insediano i cittadini. Inoltre gli amministratori preferiscono<br />

sempre costruire un’opera pubblica, anche se inutile, purché si<br />

veda e porti consenso, perché nessuno si accorgerà invece di una manutenzione<br />

ordinaria del territorio, proprio quella che manca in Italia.<br />

Per non parlare della incivile tolleranza all’abusivismo o dell’ignoranza<br />

di qualsiasi principio fisico che informi il territorio. Poi c’è lo Stato<br />

che non provvede a destinare fondi alla protezione dal rischio idrogeologico,<br />

passando dai 510 milioni di euro del 2008 ai 269 di oggi e ai<br />

93 previsti nel 2011: una vera vergogna nazionale, questa sì degna di<br />

esecrazione. Ma come fanno le autorità nazionali a piangere morti di<br />

cui sono, in ultima analisi, in parte responsabili?<br />

Di più, come si fa a continuare a insistere con la costruzione dell’opera<br />

pubblica forse più inutile del Mediterraneo (il ponte sullo stretto), e<br />

sicuramente più costosa del mondo, nella zona a maggior rischio naturale<br />

(idrogeologico e sismico) d’Italia? Non si dovrebbero invece stornare<br />

quei fondi ingenti per riconvertire ecologicamente il territorio e<br />

dopo, semmai, parlare di ponte? L’imposizione dei pilastri di sostegno<br />

al ponte porterà uno sconvolgimento disastroso: milioni di metri cubi<br />

di roccia da movimentare, equilibrio idrogeologico distrutto, cemento<br />

a profusione. In pratica, se si andrà avanti così, si schiaffeggeranno<br />

quei morti: se qualcuno vi parla ancora di ponte sullo stretto di Messina<br />

siete autorizzati a risentirvi pesantemente.

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