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Ph.: Agenzia TEN<br />
I mitici...<br />
“Sono un nostalgico degli anni ‘80;<br />
un nostalgico abbestia. Me lo rimproverano<br />
gli amici perché non faccio<br />
altro che rimpiangere quel periodo<br />
di cui ricordo anche i cantanti più<br />
squallidi: quelli che hanno fatto una<br />
canzone sola, poi sono scomparsi.<br />
Il periodo in cui ho vissuto la mia<br />
adolescenza. Negli anni ottanta ho<br />
scoperto per la prima volta il piacere<br />
del sesso… il mio. Mi sono giocato<br />
per sempre la capigliatura e<br />
per fortuna che non si diventa ciechi<br />
come qualcuno andava dicendo.<br />
Già i capelli. All’epoca ancora mi<br />
piaceva farmeli trastullare dal vento<br />
senza temere che me li portasse via<br />
per sempre come successe qualche<br />
anno dopo. Le capigliature maschili<br />
erano veramente imbarazzanti ed io<br />
ovviamente mi sono adeguato visto<br />
che nel periodo adolescenziale si è<br />
fichi se si è come la massa. Avevo una<br />
specie di puppola sulla fronte, mentre<br />
sui lati i capelli erano quasi rasati<br />
a zero. Ma era sul retro che davo il<br />
meglio di me con una zazzera alla<br />
polacca tipo Nick Kershaw.<br />
E cosa dire poi della moda di quegli<br />
anni? Era l’epoca dei paninari,<br />
ovvero i fighetti vestiti con il<br />
Moncler, le Timberland, le felpe della<br />
Best American e le cinture di El<br />
Charro. Questa era la versione dei<br />
figli di papà. Poi c’era quella dei<br />
poveracci, come me, che cercavano<br />
di imitarli vestendo le marche da<br />
mercato che rendevano ancora più<br />
grezzo uno stile che non era certo il<br />
massimo della finezza. Io personalmente<br />
credo di avere dato il peggio<br />
anche perché era il periodo in cui<br />
studiavo e vivevo a Urbino e subivo<br />
l’influenza dei marchigiani delle<br />
campagne che non erano certo dei<br />
lord nel vestire.<br />
Da una collezione degli anni ‘80:<br />
Duran Duran<br />
22 LA MAISON LS<br />
Così mi proponevo con dei calzoni<br />
stile “acqua in casa” a volte con l’orlo<br />
in fondo fatto con stoffe fiorite, una<br />
cintura con una fibbia delle dimensioni<br />
di un piatto da portata da dodici<br />
con in centro una orrenda aquila<br />
in rilievo. Ma la cosa più agghiacciante<br />
era il maglione di lana a coste<br />
infilato sotto i pantaloni che mi faceva<br />
una maletta girovita di una grezzaggine<br />
assurda. Però cercavo di<br />
rifarmi nel weekend quando mi<br />
vestivo di tutto punto per andare al<br />
Mister Fantasy. Pantalone elegante,<br />
sempre corto di gamba, camicia, cravatta,<br />
e sopra il tamarrissimo spencer<br />
alla Terence Trent D’Arby.<br />
Salivo sulla Vespa PX rigorosamente<br />
con il “parabris” (versione<br />
anglo italiana del parabrezza)<br />
sfrecciavo verso il Mister con delle<br />
galaverne oramai dimenticate.<br />
E lì, al suono di “The Final Countown”<br />
degli Europe, cominciavo le<br />
serate trascorse a far chilometri<br />
nella discoteca all’inseguimento<br />
della gnocca perduta, con qualche<br />
pausa per rifiatare, durante la<br />
quale mi poggiavo alle colonne per<br />
puntare le fighe, con la sigaretta in<br />
bocca. Il problema era che la punta<br />
c’era ma non riuscivo mai a sollevare<br />
il fagiano per catturarlo.<br />
Così uscivo fuori e andavo a sfogarmi<br />
con il negroni al bar a fianco, che<br />
costava meno. Dopo tre ore trascorse<br />
a cercare di sedare l’ormone che si<br />
infervorava al minimo movimento<br />
sussultorio di un seno femminile,<br />
rincasavo mesto, ma ingrifato.<br />
Sono stati anni in cui non ho battuto<br />
un chiodo e a volte mi chiedo che<br />
cosa cacchio avrò mai da rimpiangere<br />
quel periodo. Giusto per i capelli<br />
forse. LS<br />
Spandau Ballet