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Il tema dell'Apocalisse nella storia dell'arte - antropologiaartesacra

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II CAPITOLO<br />

<strong>Il</strong> <strong>tema</strong> dell’Apocalisse <strong>nella</strong> <strong>storia</strong> dell’arte<br />

II.1. L'Apocalisse figurata tra Medioevo e Rinascimento<br />

Si le thème de l’apocalypse est un thème bien connu de la peinture religieuse dès le<br />

Moyen-Age, on a toutefois tendance à oublier qu’il s’est manifesté bien au delà de cette<br />

époque, jusqu’au XIX siècle, et qu’on peut le retrouver dans un art fort différent de celui<br />

des moines ou des peintres flamandes. 1<br />

Nell’Inghilterra del XIX secolo, la paura e l’attesa degli avvenimenti predetti nell’ultimo<br />

libro della Bibbia, erano, come abbiamo visto, maggiormente sentite rispetto agli altri paesi europei<br />

<strong>nella</strong> stessa epoca, e la questione veniva principalmente trattata ponendo l’accento sul Giudizio<br />

Universale. <strong>Il</strong> <strong>tema</strong> religioso ha da sempre avuto un ruolo fondamentale nelle arti figurative, e, in<br />

particolar modo, l’Apocalisse ha stimolato svariati artisti proprio per le sue indiscusse<br />

caratteristiche figurative. 2 Non dobbiamo infatti dimenticare che l’ultimo libro della Bibbia è un<br />

testo che va al di là della semplice lettura, e fin dal prologo si presenta come un libro da “guardare”:<br />

Rivelazione di Gesù Cristo, a lui commessa da Dio per far sapere ai suoi servi ciò che<br />

deve tosto avvenire, e da lui manifestata, mediante l’invio del suo angelo, al suo servo<br />

Giovanni, il quale attesta, qual parola di Dio e dichiarazione di Gesù Cristo, quanto egli<br />

ha veduto. 3<br />

Un libro la cui narrazione inizia effettivamente dopo l’esortazione «quello che vedi, scrivilo<br />

in un libro» (Apo I:11) e dove la vista gioca un ruolo così importante, che non meno di 36 volte nei<br />

suoi 22 capitoli, Giovanni scriverà «io vidi». Come conferma anche lo studioso Louis Réau, <strong>nella</strong><br />

sua opera sull’iconografia nell’arte cristiana, «Nigún otro libro de la Biblia, salvo los Salmos, fue<br />

1 J.D. Rudney, Apocalypse et peinture de catastrophe en Angleterre au XIXe siècle: les peintres John Martin, Francis<br />

Danby et Samuel Colman, in “Cahier Charles V”, vol. VII, 1985, p. 89: «Se il <strong>tema</strong> dell’apocalisse è certamente ben<br />

conosciuto <strong>nella</strong> pittura religiosa del Medioevo, si ha tuttavia tendenza a dimenticare che si è manifestato ben al di là<br />

di quest’epoca, fino al XIX secolo, e che lo si può ritrovare in un’arte ben differente da quella dei monaci e delle pitture<br />

fiamminghe».<br />

2 C. Burdon, The Apocalypse cit., pp. 16-30.<br />

3 Apo I:1-2, in La Sacra Bibbia cit., p. 2263.


tan frequentemente illustrado ni inspiró tantas obras de arte esculpidas, pintaras o grabadas, sin<br />

contar las tapicerías y vidrieras». 4<br />

Le immagini visionarie <strong>dell'Apocalisse</strong> costituiscono uno dei temi più diffusi <strong>dell'arte</strong> sacra<br />

fin dall'epoca Carolingia (le apocalissi precarolinge sono purtroppo andate perdute), ed ebbero un<br />

formidabile incremento, specialmente attorno all’anno Mille, quando, secondo la storiografia<br />

romantica, la paura della fine del tempo dava particolare credito alle profezie di una Nuova Venuta<br />

e della fine del mondo. 5 In realtà, i maggiori storici del XX secolo hanno dimostrato che l’idea degli<br />

orrori dell’anno Mille nasce più tardi, e che, al contrario, l’attesa fosse piena di speranze: «l’avvento<br />

di un futuro raggiante». 6 La crescente preoccupazione per l’educazione morale delle masse<br />

illetterate fece sì che, a partire dal XIII secolo, si sviluppasse un particolare tipo di commento alle<br />

Sacre Scritture: una forma condensata e riassuntiva, che prevedeva l’uso estensivo di immagini<br />

creando, quindi, una vera e propria Bibbia illustrata. In particolare, questo avveniva con alcuni testi<br />

concepiti ancora come volumi individuali, come è il caso dei Vangeli e dell’Apocalisse. 7<br />

Verso la metà del XIII un nuovo tipo di manoscritto miniato apparve in Inghilterra, [...]<br />

divenendo subitamente molto popolare: l’Apocalisse, cioè un breve testo in latino o in<br />

francese che spiegava le scene illustrate nelle miniature. 8<br />

Nella produzione di questi manoscritti miniati, la scuola anglosassone, sviluppatasi<br />

soprattutto nei pressi di Canterbury e Winchester, ebbe un indiscusso posto d’onore, per la grazia e<br />

la delicatezza delle sue opere. All’interno del ciclo anglo-normanno, sviluppatosi in seguito alla<br />

conquista del 1066, si notano: il testo oggi conservato al Trinity College di Cambridge, miniato nel<br />

1230 per la regina Eleonora, dall’Abbazia di Saint Alban; la famosa Apocalisse Douce della<br />

Bodleian Library di Oxford, prodotta nel 1270 per Edoardo I, dall’Abbazia di Saint Augustine a<br />

Canterbury; e la Lambeth Apocalypse, sempre miniata dall’Abbazia di Saint Augustine a<br />

Canterbury tra il 1260 e il 1275, per Eleonora De Quincy, contessa di Winchester. 9 È tale<br />

l’eccezionalità di queste opere, che daranno vita a «la vogue d’une Apocalypse en images». 10<br />

4 L. Réau, Iconografíe cit., p. 692: «Nessun altro libro, eccetto i Salmi, fu tanto frequentemente illustrato né ispirò tante<br />

opere della scultura, pittura o dell’incisione, senza contare la tappezzeria e le vetrate».<br />

5 Per uno studio approfondito si vedano M. Rickert, La miniatura inglese: dalle origini alla fine del secolo XII, in<br />

Collana della <strong>storia</strong> della miniatura, Electa, Milano, 1959; P. Skubiszewski, L’arte europea dal VI al IX secolo, UTET,<br />

Torino 1995; X. Muratova, L’Alto Medioevo: i secoli X e XI, UTET, Torino, 2000 entrambe le opere in Storia<br />

universale dell’arte, sez. III, Civiltà dell’Occidente, diretta da E. Castelnuovo.<br />

6 X. Muratova, L’Alto Medioevo cit., p. 37.<br />

7 G. Jaritz (a cura di), <strong>Il</strong> Manoscritto Medievale, Dipartimento di Studi Medievali, Central European University, Torino,<br />

s.d. (disponibile in www.ceu.hu).<br />

8 M. Rickert, La miniatura inglese: dal XIII al XV secolo, in Collana della <strong>storia</strong> della miniatura, Electa, Milano, 1961,<br />

p. 9.<br />

9 Per approfondimenti si vedano M. Rickert, La miniatura inglese: dal XIII al XV secolo cit.; F. van der Meer, L’Apocalypse dans<br />

l’art, Fonds Mercator, Anvers, Chêne, 1978, p. 175; L. Réau, Iconografíe cit., p. 695; M. Michael, Lo stile e il richiamo della fede, in<br />

M. Kitson e G. Arbore-Popescu (a cura di), La pittura inglese, <strong>nella</strong> collana La pittura in Europa, Electa, Milano, 1998, pp. 31-33, A.


Posséder une Apocalypse illustrée fut longtemps le privilège des grands et des maisons<br />

religieuses bien dotées; seul les princes et les très grandes dames avaient les moyens de<br />

se procurer un manuscrit luxueusement enluminé. 11<br />

Nelle opere medioevali era rappresentata una visione molto negativa dell’ira divina: esseri<br />

infernali, mostri e strane creature del mondo onirico, facevano da corona alle vivide figure Sacre.<br />

Questi simboli, evocatori di una terrificante vendetta, divennero così definitivamente parte «di un<br />

grande repertorio medioevale raffigurante scene del Giudizio Universale, come pure nel fitto e<br />

continuo svolgersi di motivi decorativi mostruosi e poi grotteschi». 12 Ciononostante, come ci<br />

ricorda lo storico Jean Delumeau, che ha curato la prefazione al testo di Frederik van der Meer,<br />

L’Apocalypse dans l’art, la più grande epoca di diffusione delle paure e delle speranze<br />

escatologiche nell’arte, si situò tra il Tardo Medioevo e il Rinascimento, e più precisamente tra la<br />

fine XIV secolo e la metà del XVI: «Les plus puissantes et les plus nombreuses réalisations<br />

iconographiques consacrées à l’Apocalypse, à l’Antéchrist et au Jugement dernier datent toutes du<br />

temps de la Pré réforme et de la Réforme». 13<br />

I motivi storici, culturali e spirituali che portarono a questa crisi sono da ricercare nel fatto<br />

che, in quegli anni, le strutture fondamentali della società europea entrarono in crisi, e le due forme<br />

essenziali e millenarie di organizzazione temporale e spirituale persero autorevolezza: la Chiesa,<br />

dilaniata da una lotta intestina, fu minata dallo Scisma d’Occidente (1378-1417); per contro, gli<br />

imperi furono devastati da vere e proprie guerre, spesso lunghe ed estenuanti, come la Guerra dei<br />

Cent’anni tra Inghilterra e Francia (1337-1453). Questa dissoluzione fu accompagnata da<br />

movimenti rivoluzionari, non solo a carattere sociale, ma anche religioso. 14 «Si dissolve l’ordine<br />

esistente, le tradizionali forme di organizzazione decadono, insorgono molteplici forme di<br />

millenarismo e nascono aspettative apocalittiche». 15<br />

È su queste basi che il testo sacro trovò la sua massima rappresentazione nell’arte<br />

fiamminga di quegli anni, e più in generale, nei cicli figurativi del nord Europa. Gli artisti in primo<br />

Varisco, L'illustrazione <strong>dell'Apocalisse</strong>: dal libro miniato ai libri tabellari, in Teologia dell’arte, Artcurel Editoriali (disponibile in<br />

www.artcurel.it).<br />

10 F. van der Meer, L’Apocalypse cit., p. 172: «la moda di un’apocalisse in immagini».<br />

11 Ivi, p. 273: «Possedere un’Apocalisse illustrata fu per lungo tempo privilegio dei grandi e delle case religiose ben<br />

dotate; solamente i principi e le donne molto nobili avevano i mezzi per procurarsi un manoscritto lussuosamente<br />

miniato».<br />

12 A. Varisco, <strong>Il</strong> mille e l’Apocalisse. Storia dell’iconografia dell’apertura dei primi 4 sigilli. <strong>Il</strong> Beatus de Ljebana e<br />

altri, in Teologia dell’arte, Artcurel Editoriali (disponibile in www.artcurel.it).<br />

13 F. van der Meer, L’Apocalypse cit., p. 9: «Le più possenti e numerose realizzazioni iconografiche consacrate<br />

all’Apocalisse, all’Anticristo e al Giudizio finale, sono tutte datate tra la Preriforma e la Riforma».<br />

14 R.A. Giffiths, <strong>Il</strong> basso medioevo, in K.O. Morgan (a cura di), Storia cit., pp. 151-196; J. Białostocki, <strong>Il</strong> quattrocento<br />

nell’Europa settentrionale, in Storia universale dell’arte, sez. III, Civiltà dell’Occidente, diretta da E. Castelnuovo,<br />

UTET, Torino, 1989, pp. 1-5.<br />

15 J. Białostocki, <strong>Il</strong> quattrocento cit., p. 4.


piano, per la loro produzione apocalittica, furono Dierick Bouts (c. 1415-1475), Hieronymus Bosch<br />

(c. 1450-1516), Albrecht Dürer (1471-1528), Jean Duvet (1485-c. 1570), e Pieter Bruegel il<br />

Vecchio (c. 1525-1569), i quali costituirono il punto di riferimento degli artisti apocalittici nei<br />

secoli successivi. 16 In particolar modo, il clima religioso, l’invenzione della stampa e la diffusione<br />

dell’incisione, non solo trasmisero il testo di Giovanni ad un pubblico sempre più ampio, ma<br />

consacrarono come massima espressione, per il loro grande impatto emotivo e la maestria tecnica,<br />

le quindici xilografie dell’Apocalipsis cum figuris 17 di Dürer (1498).<br />

Fu in parte proprio la grande ammirazione del genio norimbergese, che creò un<br />

appiattimento artistico attorno a questo <strong>tema</strong>: le successive Apocalissi figurate ripeterono, infatti,<br />

pedestremente, la sua illustrazione. Tuttavia, i motivi di un simile silenzio artistico, sono da<br />

ricercarsi prevalentemente nel mutamento dei gusti estetici:<br />

Ciò che allontana gli artisti dal Libro dell’Apocalisse non è dunque la mancanza di una<br />

concezione della <strong>storia</strong> in linea con la teologia di Giovanni, ma la lontananza dalla<br />

forma estetica di tale teologia. Quando al simbolo si preferisce una lettura diretta e<br />

morale della realtà, non ci si accosta all’Apocalisse ma a testi meno criptici, più<br />

chiaramente esemplari ed etici. 18<br />

La <strong>storia</strong> dell’arte inglese del XVI e XVII secolo, vide un decisivo calo d’interesse nei<br />

confronti del soggetto religioso, probabilmente anche a causa dell’allontanamento dalla Chiesa<br />

Cattolica in seguito alla Riforma Protestante e allo Scisma Anglicano voluto da Enrico VIII. In<br />

effetti, questi eventi fecero in modo che l’offensiva del Barocco fosse piuttosto temperata. Una<br />

reazione che frenò sia gli aspetti figurativi più fastosi, tipici di questa corrente, sia ogni eventuale<br />

influenza delle arti figurative legate alla Chiesa Anglicana. La Riforma promosse un senso di rigore<br />

e sobrietà, che non fu di grande impulso per le arti figurative e decorative. La pittura religiosa<br />

scomparve del tutto, a parte poche eccezioni, come, ad esempio, la commessa affidata nel 1682 al<br />

16 Su questi artisti e la loro produzione si vedano H. Honour e J. Fleming, World History of Art, Fleming Honour Ltd.,<br />

London, 1982, trad. it. a cura di E. Capriolo, Storia universale dell’arte, Laterza, Roma, 1982, pp. 271-387; J.<br />

Białostocki, <strong>Il</strong> quattrocento cit., passim. E ancora R. Maillard (a cura di), Dictionnaire universel de l’Art et des Artistes,<br />

Fernand Hazan, Paris, 1967-1968, trad. it. di M. Attardo Magrini, Dizionario universale <strong>dell'arte</strong> e degli artisti, <strong>Il</strong><br />

saggiatore, Milano 1970; C. Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario dei pittori, in La Pittura in Europa, Electa, Milano,<br />

2002; AA. VV., Enciclopedia universale <strong>dell'arte</strong>, Istituto per la Collaborazione Culturale, Venezia; Roma, 1958-1967;<br />

E. Benezit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs de tous les temps et<br />

de tous le pays par un groupe d'ecrivains specialistes francais et etrangers, Gründ, Paris, 1976, alle voci dei rispettivi<br />

nomi degli artisti .<br />

17 «Nel 1498 compare un’opera d’arte che con ragione potrebbe essere definita un sintomo della svolta tra i grandi<br />

periodi della <strong>storia</strong> culturale europea. […] Nell’opera di Dürer siamo testimoni di una realtà terrificante, dinamica e<br />

visionaria, descritta con un potere di suggestione che lascia un’impronta durevole <strong>nella</strong> mente»: in J. Białostocki, <strong>Il</strong><br />

quattrocento cit., p. 281.<br />

18 A. Varisco, L’illustrazione del libro dell’Apocalisse Post-Rinascimentale, in Teologia dell’arte, Artcurel Editoriali,<br />

s.d. (disponibile in www.artcurel.it).


olognese Benedetto Gennai dalla allora duchessa di York, e poi regina, Maria di Modena, la quale<br />

richiese una pala d’altare, rappresentante la Sacra Famiglia. 19<br />

In campo strettamente artistico, la scuola inglese era ancora poco sviluppata e i committenti<br />

britannici preferivano le opere e gli artisti stranieri, piuttosto che investire su quelli autoctoni. <strong>Il</strong><br />

gusto generale era principalmente dettato dall’arte fiamminga, certamente quella più apprezzata, la<br />

quale era caratterizzata da ritratti e nature morte, con soggetti di frutta e ortaggi. Per di più, la<br />

crescente tendenza a possedere una collezione d’arte privata da parte non solo della corte, ma anche<br />

dei cittadini benestanti, poneva maggiormente l’accento su come il gusto artistico si avvicinasse più<br />

che altro a soggetti laici di carattere personale. 20<br />

II.2. Arte in Inghilterra tra XVIII e XIX secolo<br />

Dobbiamo attendere il Settecento per avere un risveglio generale dell’arte inglese 21 , e con<br />

esso del <strong>tema</strong> religioso. 22 La sensibilità letteraria che si sviluppò nel corso del XVIII secolo in tutta<br />

Europa, permeò anche le belle arti, facendo un luogo comune del famoso motto “ut pictura poësis”,<br />

derivante dall’oraziana Ars poetica. 23 Sin dalla fine del Seicento, «the relationship between painting<br />

and poetry had […] become fully acknowledged in England as an integral part of aesthetic theory<br />

and practice». 24 Di conseguenza, le teorie letterarie del neoclassicismo prima, e del romanticismo<br />

dopo, diedero un indirizzo ben definito anche alle arti figurative. Già dagli anni ‘70 del Settecento,<br />

decennio dello Sturm und Drang tedesco e di altre manifestazioni precoci del Romanticismo,<br />

numerosi artisti dell’Europa settentrionale utilizzarono l’arte e le fonti letterarie classiche per<br />

realizzare pitture e disegni, il cui carattere appassionato raggiunge il culmine delle tensioni<br />

19 G. Arbore-Popescu, L’arte nell’età delle monarchie assolute, in Storia universale dell’arte, sez. III, Civiltà<br />

dell’Occidente, diretta da E. Castelnuovo, UTET, Torino 1997, pp. 178-185.<br />

20 G. Arbore-Popescu, Immagine del potere, in M. Kitson e G. Arbore-Popescu (a cura di), La pittura inglese cit., pp.<br />

75-87.<br />

21 O. Rossi Pinelli, <strong>Il</strong> secolo della ragione e delle rivoluzioni, in Storia universale dell’arte, sez. III, Civiltà<br />

dell’Occidente, diretta da E. Castelnuovo, UTET, Torino, 2000, pp. 24-32.<br />

22 Una nuova commessa per un soggetto sacro arrivò soltanto nel secondo decennio del Settecento, quando Sir James<br />

Thornhill ricevette l’incarico di affrescare, con otto decorazioni monocrome, la cattedrale di Saint Paul: in G. Arbore-<br />

Popescu, L’arte cit., p. 178; Immagine del potere, in M. Kitson e G. Arbore-Popescu (a cura di), La pittura inglese cit.,<br />

p. 75.<br />

23 S. Perosa, La transitabilità letteraria e figurativa, in M. Kitson e G. Arbore-Popescu (a cura di), La pittura inglese<br />

cit., p. 261.<br />

24 M. Roston, Changing Perspectives in Literature and the Visual Arts, 1650-1820, Princeton University Press,<br />

Princeton, 1990, p. 44: «in Inghilterra, la relazione tra la pittura e la poesia era diventata completamente riconosciuta<br />

come parte integrante della teoria e della pratica estetica».


interiori. 25 Fu proprio in quegli anni che si ebbe uno sviluppo delle condizioni artistiche inglesi,<br />

grazie soprattutto alla fondazione di numerose accademie di iniziativa privata, tra le quali divenne<br />

un’istituzione la Royal Academy of Arts, creata nel 1768. Le composizioni pittoriche si<br />

allontanarono finalmente dai ristretti confini della ritrattistica e delle nature morte, per dare vita ai<br />

diversi generi, fra i quali la conversation piece, ossia il ritratto informale derivato, in particolar<br />

modo, dal gusto per il romanzo; la pittura paesaggistica di derivazione francese e italiana; e, infine,<br />

la history painting, dipinti narrativi che ricreavano episodi della <strong>storia</strong>, della mitologia e della<br />

Bibbia. 26 Londra viveva un vibrante momento nell’evoluzione della sua tradizione figurativa,<br />

determinato dalla straordinaria libertà di cui godevano i suoi artisti, che non erano limitati da vincoli<br />

di patronato, laico e religioso, o da uno stile ufficiale da seguire ed emulare. <strong>Il</strong> libero mercato<br />

dell’arte e la stimolante competizione tra artisti che si affrontavano in mostre pubbliche, promossero<br />

innovazione e originalità, e introdussero il movimento romantico.<br />

Come mostra Murray Roston <strong>nella</strong> sua ampia analisi dei cambiamenti artistici e degli<br />

sviluppi tra la fine del XVII e la metà del XIX secolo 27 , la pittura, come la letteratura di quegli<br />

stessi anni, fondò le sue basi su alcune espressioni del passato, conformandosi prevalentemente a<br />

«whate’er Lorrain light-touch’d with softening hue,/ Or savage Rosa dashed, or learnèd Poussin<br />

drew». 28 Seguendo i dettami della nuova corrente, gli artisti iniziarono ad esplorare le qualità<br />

estetiche ed emozionali dell’immensità, dell’oscurità e del terrore. Le teorie sul Bello 29 e sul<br />

Sublime 30 , definite da Edmund Burke nel 1757, influenzarono ampiamente la pittura di fine secolo,<br />

dando vita a diverse categorie visive, basilari per le grandi opere escatologiche. Con la qualità del<br />

Pittoresco 31 , derivato da entrambi i concetti di Bello e Sublime, ma in opposizione tale da formare<br />

una terza categoria estetica a se stante, si definiva ciò che in natura o nell’arte avesse elementi<br />

25<br />

Si veda l’attenta analisi sullo sviluppo del gusto romantico in I. Ciseri, <strong>Il</strong> Romanticismo: 1780-1860, Mondatori,<br />

Milano, 2003, passim.<br />

26<br />

I. Bignamini, Hogart e il suo tempo, in M. Kitson e G. Arbore-Popescu (a cura di), La pittura inglese cit., pp. 111-<br />

133; O. Rossi Pinelli, <strong>Il</strong> secolo della ragione cit., pp. 24-32.<br />

27<br />

M. Roston, Changing cit., pp. 193-253.<br />

28<br />

J. Thomson, The Castle of Indolence, I:38, in Complete Poetical Works, J.L. Robertson, Oxford, 1951, p. 265, citato<br />

in M. Roston, Changing cit., p. 195: «Tutto ciò che Lorrain toccava leggermente con una tinta tenue, / o il selvaggio<br />

Rosa gettava, o l’istruito Poussin disegnava».<br />

29<br />

Nel XVIII secolo, l’analisi del Bello era legata alla perfezione sensibile e al concetto di Sublime, con il quale aveva in<br />

comune il “sentimento”, ma mentre il primo aveva per fondamento il piacere, il Sublime derivava dal dolore: L. Grassi,<br />

voce Bello, in L. Grassi e M. Pepe, Dizionario della critica d’arte, UTET, Torino, 1978, vol. I.<br />

30<br />

<strong>Il</strong> Sublime era considerato un sentimento di piacere, a cui, però, si accompagnavano attrazione e timore insieme. Gli<br />

aspetti più rilevanti di questo concetto erano l’interesse per il terrifico, il tragico, il mostruoso, l’immaginoso e<br />

l’infinito, tutti elementi che andavano oltre le regole della tradizione. Nelle arti visive il Sublime aveva espressione<br />

attraverso la grazia, la grandezza, l’invenzione, l’espressione e la composizione. <strong>Il</strong> sentimento del Sublime si<br />

manifestava, dunque, attraverso un piacere negativo, la ricerca della grandezza assoluta e dell’infinito, dello stupore e<br />

dell’entusiasmo: L. Grassi, voce Sublime, ivi, vol. II.<br />

31<br />

<strong>Il</strong> concetto di Pittoresco, elaborato in Inghilterra tra il XVIII e il XIX secolo, era una particolare categoria del gusto<br />

legata a forme irregolari, intricate e selvagge che prendeva forma, in quegli anni, nell’arte dei giardini: L. Grassi, voce<br />

Pittoresco, ivi, vol. II.


proporzionati, ma irregolari, armoniosi, ma selvaggi. Espressione del Pittoresco erano, dunque, i<br />

giardini all’inglese, che cercavano di ricreare, con un piacevole disordine artificiale, il Paradiso<br />

Terrestre. 32<br />

Seguendo questi principi estetici, <strong>nella</strong> pittura vennero considerate massima espressione del<br />

Pittoresco due figure seicentesche che trattarono la natura in maniera quasi opposta: il francese<br />

Claude Lorrain e l’italiano Salvator Rosa. 33 <strong>Il</strong> primo, che idealizzò il sentimento della natura, venne<br />

assunto dagli artisti inglesi come maestro delle opere paesaggistiche. Per contro, rappresentante di<br />

una natura «talvolta incommensurabile nelle sue vastità, talvolta temibile e potente al punto da<br />

annientare l’uomo stesso» 34 , divenne il secondo, che a differenza di Lorrain, evitò le campagne<br />

idilliache e pastorali per creare elaborate e malinconiche fantasie, caratterizzate da rovine e da<br />

briganti. Fattori dunque strettamente legati agli aspetti grotteschi e terribili derivati dal Sublime,<br />

come lo stesso Burke aveva annunciato nel suo scritto:<br />

Whatever is fitted in any sort to excite the ideas of pain and danger, that is to say,<br />

whatever is in any sort terrible, or is conversant about terrible objects, or operates in a<br />

manner analogous to terror, is a source of the sublime; that is, it is productive of the<br />

strongest emotion which the mind is capable of feeling. 35<br />

Un altro paesaggista, probabilmente più accreditato come modello per gli artisti romantici,<br />

fu il francese Nicolas Poussin. Egli, a differenza di Rosa che rappresentò il selvaggio, e a differenza<br />

di Lorrain che incarnò il mondo edenico, non venne preso come esempio per un solo stile, in quanto<br />

le sue opere spaziarono dal pastorale idilliaco a più cupe e contrastanti rappresentazioni. 36<br />

In particolar modo, egli venne considerato il precursore del cosiddetto Sublime<br />

apocalittico 37 , in quanto venne valutato unico e grande maestro delle rappresentazioni del Diluvio<br />

Universale. 38 <strong>Il</strong> <strong>tema</strong> tanto caro all’Inghilterra di fine Settecento, rappresentava «a bridge between<br />

32<br />

M. Roston, Changing cit., p. 203; O. Rossi Pi<strong>nella</strong>, <strong>Il</strong> secolo della ragione cit., pp. 115-145.<br />

33<br />

Su Lorrain si vedano M. Kitson, voce Lorrain, Claude Gellée, in Enciclopedia cit., vol. VIII, 1958; M. Roston,<br />

Changing cit., pp. 193-253; R. Temperini, voce Lorrain Claude, in C. Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario cit., vol. G-N.<br />

Sulla figura di Salvator Rosa, si vedano M. Roston, Changing cit., pp. 193-253; D. Tarabra, voce Rosa Salvator, in C.<br />

Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario cit., vol. O-Z.<br />

34<br />

I. Ciseri, <strong>Il</strong> Romanticismo cit., p. 264.<br />

35<br />

E. Burke, Philosophical Enquiry cit., pp. 58-59: «Tutto ciò che sia in grado in qualsiasi modo di destare idee di<br />

dolore e di pericolo, ossia, qualsiasi cosa sia in un certo senso terribile, o versato ad uno scopo terribile, o agisca in<br />

maniera analoga al terrore, è fonte del Sublime, cioè produce la più forte emozione che la mente sia capace di sentire».<br />

36<br />

Riguardo Nicolas Pussin, si vedano J. Thuillier, voce Poussin, Nicolas, in Enciclopedia cit., vol. X, 1963; M. Roston,<br />

Changing cit., pp. 193-253; e particolarmente A. Mérot, Nicolas Poussin, Editions Hazan, Paris, 1990, trad. it. a cura di<br />

M. Parizzi, Nicolas Poussin, Leonardo Editore, Milano 1990, passim.<br />

37<br />

<strong>Il</strong> «Sublime apocalittico», a cui M.D. Paley ha dedicato un’intera opera dal titolo, appunto, The Apocalyptic Sublime<br />

cit.<br />

38<br />

R. Cariel (catalogo a cura di), Visions du deluge: De la Renaissance au XIXème siècle, Editions de la Réunion des<br />

musées nationaux, Paris, 2006, passim, di cui si ha visione di alcuni estratti in www.musee-magnin.fr. L’opera di<br />

Poussin, intitolata L’hiver, o Le Déluge, apparteneva ad un ciclo di quattro dipinti rappresentanti le quattro stagioni,


natural catastrophe and apocalypse by showing divine forces virtually breaking through nature». 39<br />

Nonostante il Sublime non fosse vincolato ad un unico genere artistico, la natura, come soggetto<br />

principale o come sfondo, ne divenne espressione principale; una natura rappresentata in tutti i suoi<br />

aspetti, dalle composizioni pacifiche di ampio respiro, alle forme più terrificanti, come mari<br />

burrascosi, cime innevate o eruzioni vulcaniche. 40<br />

II.2.1. Le immagini di crisi<br />

Per comprendere completamente quali furono gli sviluppi che portarono alla composizione<br />

delle opere apocalittiche, non si deve sottovalutare tutta quella produzione artistica che, pur non<br />

rappresentando obbligatoriamente il testo sacro, ne riproduceva perfettamente il sentimento: una<br />

sublimazione, dunque, dell’esperienza religiosa, in un’epoca prettamente secolare. La guerra<br />

napoleonica, e gli eventi che ne seguirono, stimolarono l’interesse degli artisti per la cronaca e<br />

l’allegoria, la celebrazione e la pubblica accusa, con soluzioni stilistiche di straordinaria varietà.<br />

Visti, dunque, gli sviluppi storici e sociali, e le nuove tendenze estetiche, anche nelle arti visive,<br />

come <strong>nella</strong> letteratura, si accrebbe l’interesse per il Terribile e il Sublime, di cui erano espressione<br />

perfetta le catastrofi, fossero queste tratte da temi religiosi o laici. 41<br />

A fascination with disaster gripped Britain in the first half of the nineteenth century,<br />

notably in the uneasy years between 1815 and 1848, when conflicts over social reform<br />

replaced warring with the French. Many people were obsessed by premonitions of doom,<br />

and their preoccupation was reflected in the work of Romantic landscapists. 42<br />

metafora del ciclo naturale della vita e delle cose. Prodotte tra il 1660 e il 1664, costituiscono la maggiore impresa del<br />

pittore, col tentativo di dare prestigio alla pittura di paesaggio, ancora adombrata dalla pittura di <strong>storia</strong>. L’opera<br />

rappresenta un inverno mediterraneo, grigio e piovoso, e venne presto conosciuto, dagli artisti e dagli esperti d’arte<br />

inglesi, soltanto come il Deluge. Divenne particolarmente famoso, non solo perché riproponeva la struttura<br />

michelangiolesca del Diluvio Universale <strong>nella</strong> Sistina, che focalizza l’attenzione non su Noè e l’arca, bensì sui<br />

sofferenti, ma perché introduceva, inoltre, il motivo della famiglia inondata, simbolo della distruzione di tre<br />

generazioni. Un’altra caratteristica apprezzata dai romantici inglesi, furono le tinte spente, lugubri, che corrispondevano<br />

all’idea di un Sublime dal colore «sad and fuscous» (E. Burke, A Philosophical cit., p. 149): in M.D. Paley, The<br />

Apocalyptic cit., pp. 7-11; A. Mérot, Nicolas cit., pp. 237-249.<br />

39 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 2: «un ponte tra la catastrofe naturale e l’apocalisse, mostrando le forze divine<br />

virtualmente irrompere <strong>nella</strong> natura».<br />

40 Per un quadro generale della pittura romantica, e delle sue espressioni paesaggistiche, il cosiddetto natural sublime, si<br />

veda I. Ciseri, <strong>Il</strong> Romanticismo cit., passim.<br />

41 Riguardo alle immagini di crisi si veda l’approfondito studio di G.P. Landow, Images of Crisis: Literary Iconology,<br />

1750 to the Present, Routledge & Kegan Paul, Boston and London, 1982, passim.<br />

42 M. Whidden, Samuel Colman: Belshazzar’s cit., p. 3: «Un fascino per il disastro catturò l’Inghilterra <strong>nella</strong> prima<br />

metà del XIX secolo, particolarmente nei difficili anni tra il 1815 e il 1848, quando i conflitti sulle riforme sociali<br />

sostituirono la guerra con la Francia. Molte persone erano ossessionate dalle premonizioni rovinose e le loro<br />

preoccupazioni si riflettevano nel lavoro dei paesaggisti romantici».


Nonostante la tendenza alla secolarizzazione di scene religiose interessasse svariati generi<br />

artistici 43 , essa ebbe massima espressione nelle opere paesaggistiche. Sin dalla fine del Settecento,<br />

nacque un gusto strettamente legato alle immagini della natura nelle sue manifestazioni funeste, che<br />

enfatizzavano la futilità degli sforzi umani: l’uomo appariva debole e senza speranze davanti alla<br />

schiacciante forza della natura. A sostenere queste teorie vi furono, inoltre, alcuni eventi e<br />

speculazioni scientifiche che impressionarono certamente gli artisti dell’epoca. In questi termini<br />

vennero, infatti, interpretati i ritrovamenti compiuti durante gli scavi di Ercolano (1737) e di<br />

Pompei (1748) 44 , o gli studi sul Diluvio Universale, che occupavano le discussioni degli intellettuali<br />

fin dal Seicento. 45 È proprio da queste basi che sorse la cosiddetta School of Catastrophe, che non<br />

ebbe un gruppo di adepti preciso, ma coinvolse, più o meno temporaneamente, gran parte degli<br />

artisti britannici. 46 Come scrive George P. Landow nel suo studio su questo genere artistico,<br />

sviluppatosi a partire dal 1750, l’essenza di questa tendenza, riscontrabile sia in campo letterario<br />

che artistico, stava <strong>nella</strong> profonda rottura con la situazione passata: «The situation of crisis creates<br />

or generates an entirely new imaginative cosmos for those who experience it». 47 Un nuovo mondo<br />

che, però, portava con sé una natura dalle forze immensamente più grandi rispetto a quelle umane:<br />

una natura che minacciava la totale distruzione. Pertanto, l’attenzione venne rivolta alle tempeste di<br />

neve, alle eruzioni vulcaniche, alle valanghe e ai naufragi, ossia, a tutti quegli eventi naturali che<br />

interrompessero bruscamente la vita dell’uomo.<br />

L’introduzione di questi temi catastrofici evidenziava, in realtà, sentimenti di paura e<br />

smarrimento, e una conseguente ricerca del Dio che sembrava ormai aver abbandonato gli uomini al<br />

loro destino. D’altra parte, i cataclismi continuarono ad avere i tradizionali significati religiosi di<br />

punizione, prova per l’essere umano e mezzo per la sua educazione spirituale, fondendo il principio<br />

di salvezza con quello di distruzione, secondo la visione cristiana del Giudizio Universale. 48<br />

43 Fin dalla metà del XVIII secolo, è evidente l’utilizzo di elementi precedentemente usati nelle opere sacre. Un esempio<br />

di tale tendenza sono i dipinti di Joseph Wright of Derby (1734-1797), nelle cui scene industriali, fattori come la luce e<br />

la struttura della composizione, ricalcano i modelli iconografici delle immagini religiose: M. Roston, Changing cit., pp.<br />

246-250.<br />

44 A. Hauser, Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, O.H. Beck, München 1951, vol. III, trad. it. a cura di Anna<br />

Bovero, Rococò Neoclassicismo Romanticismo, in Storia sociale dell’arte, Einaudi, Torino, 2001, p. 138.<br />

45 Effettivamente, fin da allora, artisti e studiosi si erano rivolti a questo episodio biblico, ponendo l’attenzione sul<br />

carattere religioso, sulla giustizia divina resa tangibile attraverso le forze degli elementi naturali. A tal proposito, alla<br />

fine del Settecento, vennero presi come esempio L’hiver di Poussin e il primo libro di The Sacred Theory cit., di T.<br />

Burnet, interamente dedicato alle teorie sul diluvio e la distruzione della Terra: in M. Roston, Changing cit., pp. 216-<br />

221; Si vedano anche M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 7-11 e M.S. Seguin, Le déluge universel: Science et histoire,<br />

in R. Cariel (catalogo a cura di), Visions cit., pp. 10-11.<br />

46 M. Whidden, Samuel Colman: Belshazzar’s cit., p. 21.<br />

47 G.P. Landow, Images cit., p. 5: «La situazione di crisi crea o genera in coloro che la vivono, un cosmo immaginativo<br />

completamente nuovo».<br />

48 Ivi, pp. 3-33.


È in quest’ottica che si devono analizzare opere come: The Shipwreck (1805), Cottage<br />

Destroyed by an Avalanche (1810), conosciuta anche come The Fall of an Avalanche in the<br />

Grisons, e Snowstorm: Hannibal and His Army Crossing the Alps (1812) di Joseph M.W. Turner 49 ;<br />

o, ancora, The Destruction of Pompeii and Herculaneum (c. 1822) e Sadak in search of the Waters<br />

of Oblivion (1812) di John Martin 50 , il quale conservò questo sentimento catastrofico durante gran<br />

parte della sua produzione artistica.<br />

Ma le immagini disastrose furono, soprattutto, alla base di molteplici rappresentazioni<br />

bibliche (tra le quali emerge il <strong>tema</strong> del Diluvio) ispirate all’arte di Poussin e alle teorie di Burnet,<br />

come le opere di Philippe Jacques de Loutherbourg (1790) , Francis Danby (1837-40), e i già citati<br />

Turner (1813) e Martin (1834). 51<br />

II.3. Rinascita del <strong>tema</strong> religioso<br />

<strong>Il</strong> <strong>tema</strong> religioso, soprattutto nelle sue sfumature escatologiche, si sviluppò sulle basi di<br />

queste teorie estetiche e di questo fermento emotivo, attirando nuovamente l’attenzione dei pittori<br />

durante il periodo della Rivoluzione francese 52 , quando la coscienza si concentrò sulla fugacità<br />

degli ideali umani:<br />

All’<strong>Il</strong>luminismo segue il Neoclassicismo; a questo il Romanticismo. Comune agli ultimi<br />

due il desiderio di una realtà “altra” dalla presente, o comunque una visione dell’arte<br />

come suscitatrice di verità eterne, al di là del corso quotidiano degli eventi. 53<br />

L’evoluzione delle <strong>tema</strong>tiche e degli stili nel corso della prima metà del XIX secolo,<br />

determinò la ripresa e la rielaborazione di soggetti tradizionali, ma anche la creazione di totalmente<br />

nuovi. I principi basilari delle nuove correnti artistiche, combinate con gli eventi storici di quegli<br />

anni, portarono dunque ad un recupero del testo dell’Apocalisse, come libro da tradurre in figura.<br />

49 Per l’analisi delle opere si vedano: A. Staley, Joseph Mallord William Turner, in F. Cummings e A. Staley (catalogo<br />

a cura di), Romantic Art in Britain, Paintings and Drawings, 1760-1860, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia,<br />

1968, pp. 191-192; A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner, vie et oeuvre: Catalogues des peintures et<br />

aquarelles, Office du livre, Fribourg, 1979, trad. in. J.M.W. Turner: His Art and Life, Poplar Books, Inc., Secaucus,<br />

1979, pp. 94-95, 153-156; G.P. Landow, Images cit., pp. 3-130; I. Ciseri, <strong>Il</strong> Romanticismo cit., pp. 265, 278, e il sito<br />

della Tate Gallery (www.tate.org.uk).<br />

50 M.L. Pendered, John Martin, Painter: His Life and Times, Hurst & Blackett, London, 1923, pp. 58-60, 107-114; G.P.<br />

Landow, Images cit., pp. 9-10; W. Feaver, The Art of John Martin, Clarendon Press, Oxford, 1975, pp. 9-24, 55-59.<br />

51 G.P. Landow, Images cit., pp. 133-179; J.C. Lebensztejn, Note sur le déluge et le sublime, e R. Cariel, De Poussin à<br />

Turner, fortune d’une icône, entrambi in R. Cariel (catalogo a cura di), Visions cit., pp. 12-16.<br />

52 Per un’analisi degli sviluppi artistici nel periodo della Rivoluzione si veda E. Kennedy, A Cultural History of the<br />

French Revolution, Yale University Press, New Haven, 1989, passim.<br />

53 A. Varisco, L’illustrazione cit.


Ciò che, però, mutò radicalmente, rispetto alle lontane raffigurazioni medievali e rinascimentali, fu<br />

l’approccio con cui il pittore si avvicinava al testo:<br />

Egli non desidera più spiegarlo agli altri, ma misurarsi con esso in una ricerca solitaria<br />

d’identità spirituale. Se l’arte è misura dell’invisibile, l’Apocalisse che ci parla di realtà<br />

escatologiche è per l’artista una Parola che lo sprona a cercare nuove forme di<br />

espressione e una ritrovata vena simbolista. 54<br />

Se si collega il <strong>tema</strong> religioso al gusto per l’orrido, per il violento e per il sovrannaturale, che<br />

fin dal 1770 si sviluppò come espressione del Sublime e della corrente neogotica, si ottiene il gusto<br />

estetico attraverso il quale venivano rappresentate le scene sacre, ossia, ciò che Morton D. Paley<br />

definisce il Sublime apocalittico. La sua analisi delle opere d’arte rappresentanti il libro<br />

dell’Apocalisse o, più in generale, le visioni leggendarie e profetiche della Bibbia, identifica come<br />

primo esponente di questa corrente,il pittore John Hamilton Mortimer (1740-1779). 55<br />

Death on a Pale Horse, esibita alla Royal Accademy nel 1775, raffigura un vero soggetto<br />

apocalittico, non una semplice catastrofe, e, più esattamente, il momento in cui San Giovanni,<br />

all’apertura del quarto sigillo, vede apparire l’ultimo cavaliere, la Morte:<br />

Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva:<br />

«Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava<br />

Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra<br />

per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra. 56<br />

Nonostante il brano sia già di per sé spaventoso, Mortimer riuscì a dare del testo<br />

un’immagine ancor più terrificante, combinando abilmente le fantasie neogotiche, alla violenza e<br />

alla passione del Barocco. È palese l’indebitamento con l’incisione di Dürer, I quattro cavalieri<br />

dell’Apocalisse, la cui Morte (raffigurata in primo piano in basso) rappresentava, quasi certamente,<br />

uno dei rari soggetti apocalittici, di un certo valore, conosciuti da Mortimer. 57 Benché fosse una<br />

fonte inusuale per quei tempi, era ancora forte nell’immaginario collettivo, a quasi tre secoli di<br />

54 Ibidem.<br />

55 Su J.H. Mortimer si vedano: F. Cummings, John Hamilton Mortimer, in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura<br />

di), Romantic cit., pp. 106-110; E. Benezit, voce Mortimer (John Hamilton), in Dictionnaire critique cit., vol. VII.<br />

56 Apo VI:7-8, in La Sacra Bibbia cit., p. 2269.<br />

57 È probabile che Mortimer si sia ispirato anche ad opere minori, come, per esempio, l’incisione dell’italiano Stefano<br />

della Bella, La Morte sul campo di battaglia, del 1646 circa: in Norman D. Ziff, Mortimer’s Death on a Pale Horse, in<br />

“The Burlington Magazine”, vol. CXII, n° 809, August 1970, pp. 531-532. Per una breve descrizione dell’opera di West<br />

si faccia inoltre riferimento a M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 16-18 e il sito della Tate Gallery, www.tate.org.uk.


distanza, il ricordo dell’Apocalipsis cum figuris, in quanto, come si è detto, il <strong>tema</strong> apparve<br />

raramente <strong>nella</strong> pittura postmedioevale. 58<br />

Malgrado la scelta di una resa più raccapricciante, la struttura del quadro, con la Morte che<br />

arriva di lato, in basso a sinistra, la posa del soggetto, il cielo tempestoso e le figure impotenti in<br />

primo piano sono derivate dall’incisore tedesco. Furono proprio il <strong>tema</strong> e lo stile della<br />

rappresentazione a suscitare tanta ammirazione, da creare una nuova espressione artistica, che prese<br />

forma esclusivamente in Inghilterra, «a mode that subsequently effloresced during the period of the<br />

French Revolution, the Napoleonic Wars, and the agitation for Reform». 59 Nonostante<br />

dell’originale si siano perse le tracce, si può apprezzarne l’intensità in un’acquaforte di Joseph<br />

Haynes, pubblicata nel 1784. L’opera di Mortimer fu certamente una fra le più bizzarre e influenti<br />

della sua produzione artistica, in quanto ebbe un tale successo, che svariati pittori si dedicarono alla<br />

raffigurazione dello stesso <strong>tema</strong>. Rappresenta, inoltre, per gli studiosi contemporanei, un valido<br />

documento di quella vasta e cospicua corrente “del terrore”, che stava, appunto, emergendo nell’arte<br />

inglese di quegli anni. 60<br />

Benjamin West (1738-1820) 61 fu uno di quei pittori che rimasero particolarmente affascinati<br />

dall’opera di Mortimer. Egli si dedicò al soggetto apocalittico, abbozzando l’opera tra il 1783 e il<br />

1802 e presentando la versione definitiva nel 1817 col titolo Death on a Pale Horse; or the Opening<br />

of the First Five Seals. 62 La tela si presenta strutturalmente diversa dalla precedente, segnando il<br />

distacco dalle rigidità del Neoclassicismo, e preannunciando la sensibilità del Romanticismo.<br />

<strong>Il</strong> suo principale riferimento artistico fu Rubens, ma la quantità di personaggi e le<br />

dimensioni, facevano dell’opera una vera e propria “sfida”. 63 L’opera si distingue per il vasto<br />

spazio, che abbandona del tutto la struttura stratificata. A favorire questo allontanamento fu,<br />

innegabilmente, l’ampliamento del soggetto, non più ristretto a poche figure, ma esteso a numerosi<br />

elementi sia terreni che celesti. Di particolare importanza fu, inoltre, l’uso del colore applicato<br />

58 Ricordiamo d’altronde che Sir Joshua Reynold nel sesto discorso (1774) della sua raccolta, dichiarò che: «The works<br />

of Albert Durer, Lucas Van Leyden, the numerous inventions of Tobias Stimmer, and Jost Ammon, afford a rich mass of<br />

genuine materials, which wrought up and polished to elegance»: Discourses on Art, in The Works of Sir Joshua<br />

Reynolds, Knight; Late President of the Royal Academy, vol. I, T. Cadell and W. Davies, London, 4° ed, 1809, p. 176,<br />

(Le opere di Albrecht Dürer, Lucas Van Leyden, le numerose invenzioni di Tobias Stimmer, e Jost Ammon, fornivano<br />

una ricca quantità di materiale originali, che trasformavano e rendevano elegante).<br />

59 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 1: «una moda che successivamente fiorì durante il periodo della Rivoluzione<br />

Francese, delle Guerre Napoleoniche e dell’agitazione per la Riforma».<br />

60 Ivi, pp. 1-18.<br />

61 Per uno studio su B. West si vedano F. Cummings, Benjamin West, in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura di),<br />

Romantic cit., pp. 97-104; E. Benezit, voce West (Sir Benjamin), le vieux, in Dictionnaire critique cit., vol. X; M.D.<br />

Paley, The Apocalyptic cit., pp. 19-50; S. Barini, I. Citterio, M. Pirovano e S. Pirovano, voce West Benjamin, in C.<br />

Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario cit., vol. O-Z.<br />

62 Vi furono altre due versioni precedenti: The Triumph of Death (1784) e The Opening of the Four Seals (1796): M.D.<br />

Paley, The Apocalyptic cit., pp. 19-26. Per l’analisi dell’opera si veda anche il sito della Tate Gallery, www.tate.org.uk.<br />

63 O. Rossi Pinelli, <strong>Il</strong> secolo della ragione cit., p. 271.


liberamente, alla maniera di Rubens, e non più definito da linee nette. 64 La figura centrale della<br />

Morte perdeva le sue sembianze scheletriche, per dar vita a una figura grande, forte e possente, che<br />

in «its moral impression would approximate to that of the visionary Death of Milton». 65<br />

Tutt’intorno venivano ripresi ed ampliati i temi classici che accompagnavano queste<br />

rappresentazioni. Alle spalle della Morte, un’orda di mostri, incarnazione del verso «gli veniva<br />

dietro l'Inferno», e davanti il gruppo familiare distrutto. Nella parte sinistra altre vittime della<br />

carneficina, mentre <strong>nella</strong> parte destra spiccano altre tre figure a cavallo: il Messia, rappresentato sul<br />

cavallo bianco con la corona e l’arco 66 ; il cavaliere col cavallo rosso che aveva il potere «di toglier<br />

la pace dalla terra e far che si sgozzino gli uni gli altri, e gli fu consegnata una grande spada» 67 ; e<br />

il cavaliere dal cavallo nero con la bilancia in mano.<br />

<strong>Il</strong> periodo tra il 1790 e il 1810 vide l’emergere di numerose rappresentazioni profetiche e<br />

apocalittiche nelle arti figurative, con svariati artisti che traevano i propri soggetti dai libri della<br />

Bibbia. Immagini che emergevano da un vasto insieme di preoccupazioni: il millenarismo, la<br />

rinascita dell’Evangelicalismo e un senso di crisi politica durante l’era rivoluzionaria. In questo<br />

contesto, l’opera di West, molto vicino ai circoli millenaristi inglesi, venne concepita come<br />

elemento di un ciclo di pitture. I dipinti che illustravano l’Apocalisse, infatti, sarebbero dovuti<br />

essere esposti <strong>nella</strong> cappella del Castello di Windsor. Ma il progetto fallì, e vennero prodotte<br />

solamente due composizioni 68 : Death on a Pale Horse e The Destruction of the Old Beast and false<br />

Prophet (1804), raffigurante il passo del XIX capitolo dell’Apocalisse. 69 E questo non fu l’unico<br />

progetto apocalittico di West: egli tornò spesso su questo <strong>tema</strong>, soprattutto tra il 1797-98, quando,<br />

sotto il patronato di William Beckford, eseguì ben sei rappresentazioni del Libro di Giovanni, che<br />

64<br />

A tal riguardo, si veda la descrizione dell’opera in John Galt, A Descrition of Mr. West’s Picture of Death on the Pale<br />

Horse: Or the Opening of the First Five Seals, C. H. Reynell, London, 1818, pubblicata come opuscolo di sette pagine<br />

in occasione dell’esibizione al n° 125 di Pall Mall, e inclusa successivamente <strong>nella</strong> biografia del 1820 (Nonostante<br />

appaia solo la sigla “J.G.”, appare ovvio che si tratti di Galt in quanto amico e biografo dell’artista). John Galt (1779-<br />

1839) meglio conosciuto come romanziere, si occupò ampiamente di West, pubblicando una biografia in due parti: The<br />

Life and Studies of Benjamin West (1816) e The Life, Studies and Works of Benjamin West (1820).<br />

65<br />

J. Galt, A Description cit., p. 3: «la sua impressione morale approssimerebbe la visione della Morte di Milton».<br />

66<br />

In realtà, nelle precedenti versioni questo soggetto rappresentava semplicemente il cavaliere dal cavallo bianco, di cui<br />

si parla nell’Apocalisse VI:2, ma John Galt, <strong>nella</strong> descrizione del dipinto, introduce questa nuova interpretazione: «it<br />

was not THE SAVIOUR healing and comforting the afflicted, […] it was the King of Kings going forth "conquering and<br />

to conquer," to bruise the head of the serpent, and finally to put all things under his feet»: ivi, p. 4 (non era il Salvatore<br />

che guarisce e conforta gli afflitti, […] ma il Re dei Re che va avanti “vincitore per nuove vittorie”, per schiacciare la<br />

testa del serpente e finalmente mettere ogni cosa ai suoi piedi).<br />

67<br />

Apo VI:4, in La Sacra Bibbia cit., p. 2269.<br />

68<br />

M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 31-36.<br />

69<br />

«Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco. Colui, che gli sta in sella, è detto fedele e verace, e giudica e<br />

guerreggia con giustizia. I suoi occhi sono fiamma di fuoco; sul suo capo stanno molti diademi; porta scritto un nome<br />

che nessuno conosce fuorché egli stesso; indossa un mantello intriso di sangue, e ha nome: “Verbo di Dio”. Lo<br />

seguono sopra cavalli bianchi le schiere celesti, vestite di bisso bianco, nitido. Dalla sua bocca esce una spada<br />

tagliente, per percuotere con questa le genti; ed egli avrà da governarle con verga di ferro, egli da pigiare nel tino il<br />

vino dell'accesa ira di Dio Onnipotente. E porta scritto sul mantello e sul suo fianco un nome : “Re dei Re e Signore<br />

dei signori”», Apo XIX:11-16, in La Sacra Bibbia cit., p. 2282.


avrebbero dovuto adornare la Revelation Chamber di Fonthill. Purtroppo, ancora una volta, il<br />

progetto non andò in porto, e le opere rimasero incompiute o semplicemente abbozzate. 70<br />

Furono diverse le variazioni sul <strong>tema</strong> alla fine del XVIII secolo, e, sicuramente, due<br />

importanti figure furono di grande stimolo: Thomas Macklin con la Poets’ Gallery (1788) e<br />

l’illustrazione della più grande Bibbia mai stampata al mondo (c. 50x40 cm), conclusa nel 1791 e<br />

pubblicata nel 1800 (successivamente rivista e ampliata nel 1816); e Robert Bowyer, con una<br />

successiva illustrazione del testo sacro (c. 1824), che comprendeva più di 6000 incisioni, tratte dai<br />

maggiori artisti della <strong>storia</strong> di tutti i tempi. 71 Entrambi i progetti biblici attirarono la partecipazione<br />

di numerosi artisti, tra i quali si distinse il francese Philippe Jacques de Loutherbourg (1740-<br />

1812) 72 , il quale portò la sensibilità apocalittica verso sfumature di occultismo, derivate dai suoi<br />

interessi alchemici e dai circoli swedenborghiani di cui faceva parte. Nonostante Macklin avesse<br />

ingaggiato svariati artisti coevi per il suo progetto, fra i quali Reynolds, West, Füssli, e Hamilton,<br />

de Loutherbourg apportò il maggiore contributo, producendo 22 delle 71 immagini 73 e quasi 125<br />

vignette di apertura e chiusura di ogni libro, che poi vennero riprese nel progetto di Bowyer. Come<br />

osserva Thomas S.R. Boase, riguardo alla collaborazione di quest’artista, «no other group of<br />

paintings exemplify so clearly the early stages of the Romantic Movement in England». 74<br />

Sebbene adottasse un senso apocalittico pressoché per qualsiasi scena della Bibbia, la<br />

massima espressione si ha, ovviamente, nelle due opere create per l’ultimo libro: The Angel Binding<br />

Satan (1792) e The Vision of the White Horse (1798), conosciuta anche come The Opening of the<br />

Second Seal.<br />

Quest’ultima, in particolar modo, mostra gli sviluppi che questo genere di pittura stava<br />

percorrendo in quegli anni, successivamente alle esposizioni di Mortimer e di West. The Vision of<br />

the White Horse venne inserito come illustrazione del XIX capitolo, nonostante rappresentasse i<br />

primi versi del VI capitolo: «Ed ecco alla mia vista un cavallo bianco, in groppa ad esso uno che<br />

aveva un arco; a lui fu data una corona, ed egli partì vincitore per nuove vittorie». 75 Traendo<br />

spunto dalle prime due versioni del Death on a Pale Horse di West, de Loutherbourg riesce a creare<br />

un’opera originale, modificando completamente l’impianto del quadro: il soggetto è concentrato<br />

70<br />

M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 36-50.<br />

71<br />

T.S.R. Boase, Macklin and Bowyer, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, vol. XXVI, n° 1/2, 1963,<br />

pp. 148-177; M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 65.<br />

72<br />

Per alcuni cenni sull’artista e la sua produzione artistica si vedano: E. Benezit, voce Loutherbourgh ou Lutherbourg<br />

ou Lautherbourg (Philipp Jakob I ou Jaques Philippe I), in Dictionnaire critique cit., vol. VI; M.D. Paley, The<br />

Apocalyptic cit., pp. 51-70.<br />

73<br />

M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 54. In realtà nel sito della Tate Gallery, che conserva l’opera (www.tate.org.uk),<br />

viene fornito il dato di 21 opere su 72.<br />

74<br />

T.S.R. Boase, Macklin cit., p. 150: «nessun altro gruppo di pitture è esempio così chiaro della fase iniziale del<br />

movimento romantico in Inghilterra».<br />

75 Apo VI:2, in La Sacra Bibbia cit., p. 2269.


solo sui primi due cavalieri, che galoppano non più sul fermo terreno, ma in cielo. Tutti gli elementi<br />

(lo sfondo nuvoloso, l’uso del colore, le posizioni delle figure) contribuiscono a fare di quest’opera,<br />

una perfetta rappresentazione del Sublime apocalittico. 76<br />

De Loutherbourg si dedicò anche alla pittura di scene non bibliche, seguendo la tendenza di<br />

una secolarizzazione del <strong>tema</strong> religioso, tanto che il forte tono catastrofico e apocalittico<br />

caratterizzò la maggior parte delle sue opere, sia quelle a carattere paesaggistico, come Survivors of<br />

a Shipwreck attacked by Robbers (1793) e An Avalanche, or Ice-Fall, in the Alps (1803), sia le<br />

rappresentazioni dei disastri umani in The Great Fire of London in 1666 (1797) e Coalbrookdale by<br />

Night (1801), o, ancora, le scene di battaglia, fra le quali ricordiamo The Battle of the Nile (1802). 77<br />

II.3.1. Figure chiave per lo sviluppo dell’arte apocalittica: Füssli, Blake e<br />

Turner<br />

Alla luce di tutto ciò, e vista l’evoluzione della cultura artistica in Inghilterra durante gli<br />

ultimi anni del Settecento, si possono inquadrare e comprendere meglio figure come Johann<br />

Heinrich Füssli (1741-1825) e William Blake (1757-1827), i quali, accanto alla realizzazione di<br />

simboli ed emblemi fantastici, dalla grande potenza evocativa, affrontarono opere a carattere<br />

religioso. Proprio per l’approccio che ebbero nei confronti delle rappresentazioni escatologiche, essi<br />

possono essere considerati fra gli anticipatori delle tendenze artistiche che prenderanno forma nelle<br />

opere degli artisti apocalittici del secolo successivo.<br />

Johann Heinrich Füssli, meglio noto nei circoli artistici inglesi come John Henry Fuseli,<br />

nacque a Zurigo, ma trascorse gran parte della sua vita in Gran Bretagna, diventando un artista<br />

particolarmente influente <strong>nella</strong> produzione artistica inglese. Qui espose regolarmente alla Royal<br />

Academy, affermandosi immediatamente come maestro del genere immaginario, data la forte<br />

caratterizzazione fantastica e visionaria di The Nightmare, apparso per la prima volta a Londra nel<br />

1781. 78 Egli «si consacrò così definitivamente pittore del sublime, dell’oscuro, dello spettrale del<br />

magico, tanto che venne soprannominato Principal Hobgoblin Painter to the Devil». 79 La sua<br />

formazione umanistica e l’amore per i classici lo avvicinarono al <strong>tema</strong> religioso: attorno al 1790 gli<br />

76<br />

Per l’analisi dell’opera si veda M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 58-59 e il sito della Tate Gallery,<br />

www.tate.org.uk.<br />

77<br />

M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 68-70.<br />

78<br />

L’opera ebbe altre cinque versioni. Per approfondimenti sulla figura e sulle opere di Füssli si vedano: R. Todd,<br />

Tracks cit., pp. 61-93; F. Cummings, John Henry Fuseli, in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura di), Romantic cit.,<br />

pp. 121-127; O. Rossi Pinelli, <strong>Il</strong> secolo della ragione cit., pp. 211-215; G. Bungarten, voce Füssli Johann Heinrich, in<br />

C. Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario cit., vol. A-F.<br />

79<br />

G. Bungarten, voce Füssli Johann Heinrich cit.: «il più importante spirito e pittore al servizio del Diavolo» (trad. it. a<br />

cura di G. Bugarten).


proposero, infatti, l’illustrazione delle opere di Milton, che vennero esposte nel 1799 alla Milton<br />

Gallery: più di quaranta dipinti che lo impegnarono per quasi dieci anni, e anche se l’impresa si<br />

rivelò un fallimento finanziario, resta comunque utile per comprendere come lo stesso approccio<br />

fantasioso delle prime opere, venisse utilizzato per trattare il <strong>tema</strong> sacro, in un clima di «sublime<br />

mefistofelico». 80<br />

<strong>Il</strong> <strong>tema</strong> religioso venne approfondito nel 1796, con la partecipazione alla Macklin’s Bible,<br />

per la quale illustrò il brano dell’Apocalisse:<br />

«Sette candelabri d'oro e, in mezzo dei candelabri, uno simile a uomo, vestito di un abito<br />

talare, e ricinto alle mammelle di una fascia di oro. Aveva il capo e i capelli bianchi<br />

come la lana candida, come neve, e gli occhi quali fiamme di fuoco […] e teneva <strong>nella</strong><br />

sua mano destra sette stelle. Dalla bocca gli usciva un’acuta spada a due tagli, e<br />

splendeva nel viso come fa il sole nel suo forte». 81<br />

<strong>Il</strong> soggetto era indubbiamente sublime e onirico allo stesso tempo, tanto che, argomentando<br />

la sua scelta, l’artista scrisse: «Of the several moments before me I have taken what appeared to me<br />

the most Sublime, the Sudden apparition and trance of John». 82 <strong>Il</strong> St John's Vision of The Seven<br />

Candlesticks, possiede, ancora una volta, uno stile altamente espressivo e semplificato. L’opera<br />

gioca sul contrasto tra la greve corporatura del profeta, curva su se stessa e appesantita dalla<br />

lunghezza degli arti, contro la suprema grazia della divinità, «luminous and androgynous-<br />

looking». 83<br />

<strong>Il</strong> punto di vista ribassato e il lungo abito del Cristo, con la fascia alta e i drappeggi degli<br />

abiti femminili, accentuavano l’effetto di impotenza del profeta. Per il suo espressionismo e per il<br />

suo interesse attorno all’immaginario, che spesso sfociava nel terribile, Füssli anticipò l’età<br />

romantica ed ebbe molti ammiratori, tra i quali i suoi studenti alla Royal Academy e un’altra figura<br />

fondamentale per gli sviluppi artistici di quegli anni, William Blake. 84<br />

80<br />

D. Blayney Brown, L’evasione romantica, in M. Kitson e G. Arbore-Popescu (a cura di), La pittura inglese cit., p.<br />

182. Si vedano come esempio Satan Starting from the Touch of Ithuriel’s Spear (1779) o The Night-Hag Visiting<br />

Lapland Witches (1796).<br />

81<br />

Apo I:12-16 in La Sacra Bibbia cit., p. 2264.<br />

82<br />

Lettera a William Roscoe del 15 giugno 1796, in D.H. Wienglass, The Collected English Letters of Henry Fuseli,<br />

Kraus International Publications, Millwood, New York, 1982, citata in M.D. Paley. The Apocalyptic cit., p. 41: «Fra i<br />

vari momenti davanti a me, ho scelto quello che mi sembrava il più Sublime, l’improvvisa apparizione e catalessi di<br />

Giovanni».<br />

83<br />

M.D. Paley. The Apocalyptic cit., p. 41: «luminoso e dall’aspetto androgino».Per l’analisi dell’opera vedi anche<br />

www.tate.org.uk.<br />

84<br />

Per una ricerca più approfondita sulla figura e sulle opere di Blake, si vedano: R. Todd, Tracks cit., pp. 29-60; F.<br />

Cummings, William Blake, in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura di), Romantic cit., pp. 157-166; S. Barini, I.<br />

Citterio, M. Pirovano e S. Pirovano, voce Blake William, in C. Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario cit., vol. A-F.


Quest’ultimo è certamente il maestro più riconosciuto per quanto riguarda le immagini a<br />

soggetto fantastico–religioso:<br />

So early in his artistic career did Blake come to apocalyptic subjects that his treatment of<br />

some of them antedates or is contemporary with comparable works by the considerably<br />

older artists West and de Loutherbourg. 85<br />

Nel 1784, mentre il Triumph of Death di West era esposto alla Royal Academy, Blake si<br />

presentava con un acquerello intitolato War unchained by an Angel, Fire, pestilenc, and Famine<br />

following e da quel momento i temi della guerra, della peste, della fame e del fuoco, con le loro<br />

connotazioni apocalittiche, furono presenti lungo tutto il corso della sua produzione artistica, che si<br />

sviluppò durante quegli anni così ricchi di fermenti millenaristi. 86 Nonostante, rappresentasse<br />

soggetti terribili, egli sembrò deliberatamente evitare il Sublime di Burke, rinnegando il gusto per<br />

l’oscurità, tanto cara agli artisti coevi. Per lui, infatti, «Obscurity is Neither the Source of the<br />

Sublime not of any Thing Else». 87 Tutte le sue opere, nonostante echeggino lo stile di Füssli, furono<br />

formulate così singolarmente, da essere fuori da qualsiasi schema del periodo, mantenendo, anche<br />

nell’illustrazione dei temi più terribili e drammatici, un forte rigore nelle forme e nel colore.<br />

Accanto alle linee neoclassiche, egli utilizzò prevalentemente la tecnica della tempera, recuperata<br />

dall’epoca medioevale, come «materia più adeguata alla lievità delle sue piatte figure fluttuanti in<br />

situazioni ambientali indefinite». 88 Malgrado, dunque, Blake si allontani dallo stile catastrofista che<br />

prese forma alla fine del XVIII secolo in Inghilterra, gran parte della sua produzione ebbe come<br />

<strong>tema</strong> centrale l’Apocalisse.<br />

In seguito a un accordo con l’amico e mecenate Thomas Butts, produsse, infatti, numerose<br />

rappresentazioni della Bibbia, di cui dieci illustrano passi dell’Apocalisse e due raffigurano proprio<br />

il Giudizio Universale. 89 Fra le varie opere, le più drammatiche furono quelle che avevano come<br />

85 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 71: «Blake arrivò così presto ai soggetti apocalittici nel corso della sua carriera<br />

artistica, che, il modo in cui li trattò, risulta in anticipo o contemporaneo se paragonato alle opere di artisti<br />

considerevolmente più grandi, come West e de Loutherbourg».<br />

86 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 71.<br />

87 Annotazioni per Reynolds, in D.V. Erdman (a cura di), The Complete Poetry and Prose of William Blake, University<br />

of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1983, p. 658, citato in M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 100:<br />

«L’oscurità non è né sorgente del Sublime, né di nessun altra cosa».<br />

88 O. Rossi Pinelli, <strong>Il</strong> secolo della ragione cit., p. 215.<br />

89 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 81. Blake produsse, in tutto, quattro opere trattanti il <strong>tema</strong> del Giudizio<br />

Universale; opere bibliche nell’ispirazione ma non legate ad un preciso capitolo o verso, se non poche righe generali. <strong>Il</strong><br />

Giudizio Universale è descritto, infatti, in una parte piuttosto breve, ma intensa dell’Apocalisse: «Vidi poi un grand<br />

trono bianco e Colui che vi sedeva, dalla cui presenza fuggirono la terra e il cielo e di essi non si trovò più traccia. Vidi<br />

i morti, grandi e piccoli, stare innanzi al trono; e furono aperti dei libri. Fu pure aperto un altro libro, quello della<br />

vita; e i morti furono giudicati da ciò che stava scritto nei libri, secondo le loro azioni. <strong>Il</strong> mare mise fuori i morti, che si<br />

vi trovavano; la morte e l’Averno resero i morti di loro pertinenza. Ciascuno di quelli fu giudicato secondo le sue<br />

azioni; e la morte e l’Averno furono gettati nello stagno del fuoco. La seconda morte è questa: lo stagno del fuoco; e in<br />

quello stagno fu gettato chiunque non fu trovato scritto nel libro della vita»: Apo XX:11-15, in La Sacra Bibbia cit., p.


soggetto il Diavolo, i quattro acquerelli dedicati ai capitoli 12 e 13, sintesi di vero e proprio<br />

«apocalyptic theatre». 90<br />

Come osserva Martin Butlin, uno dei maggiori biografi di Blake, «In no other case does<br />

Blake devote so many illustrations to a mere two chapters of the Bible». 91 The Great Red Dragon<br />

and the Woman Clothed with the Sun e «The Devil is Come Down», prodotti tra il 1803 e il 1805,<br />

descrivono due brani pressoché consecutivi del XII capitolo. <strong>Il</strong> primo descrive l’inizio del capitolo,<br />

quando «una donna, a cui è manto il sole, la luna le sta sotto i piedi, e le cinge il capo una corona<br />

di dodici stelle» 92 sta per partorire il Messia. La composizione è dominata dal drago che si erge<br />

possente di spalle, con le grandi ali da pipistrello dispiegate <strong>nella</strong> parte superiore della tela, e, <strong>nella</strong><br />

parte inferiore, la maestosa coda, che trascinava «la terza parte delle stelle del cielo» 93 , gettandole<br />

sulla terra, rigirata su se stessa in spire serpentine. Blake scelse di mostrare solo tre delle sette teste,<br />

con un ovvio richiamo al Satana descritto da Dante nell’Inferno, che l’artista si cimenterà ad<br />

illustrare qualche anno dopo. 94 <strong>Il</strong> “grande visionario” aggiunse alla tradizionale interpretazione,<br />

anche elementi della filosofia teologica di Swedenborg (alla quale era profondamente legato), e<br />

della propria personale mitologia, tanto che alcune parti dell’opera ricordano le figure mitologiche<br />

create per i suoi Prophetic Books, pochi anni prima. Egli mise in scena i due opposti: l’istintiva<br />

virilità maschile, demoniaca e distruttiva, ma anche potente e grandiosa, che fronteggia<br />

un’apparentemente fragile donna, illuminata dal Sole e gravida, portatrice, in realtà, di un nuovo<br />

sapere, di una rinnovata, illuminata e spirituale, cultura dell'umanità. La struttura dunque è<br />

bilanciata tra la linea verticale del demone che sovrasta quella orizzontale della donna sottomessa.<br />

Al contrario, in «The Devil is Come Down», la donna diventa anch’essa protagonista, in<br />

netto contrasto con il drago: «Quando il dragone si vide precipitato sulla terra, inseguì la donna<br />

che aveva partorito il maschio. Ma alla donna furono date le due ali della grande aquila, perchè<br />

volasse al deserto, al suo posto, dove fosse nutrita per un tempo, più tempi e metà di un tempo,<br />

lungi dalla vista del serpente». 95 Tutta l’opera è giocata sul contrasto delle due figure, dettato non<br />

solo dalla contrapposizione dei colori, ma anche dalle linee spigolose e demoniache per Satana,<br />

2283. Le opere prodotte tra il 1805 e il 1810, ebbero come punto di partenza il Last Judgement eseguito tra il 1805 e il<br />

1806 per la poesia The Grave (1743) di Robert Blair, e conosciuto attraverso un’incisione di Luigi Schiavonetti.<br />

90<br />

Questo termine venne usato da J. Mede in riferimento al testo di San Giovanni, e riadattato sulla figura di Blake da<br />

M.D. Paley, in The Continuing City: William Blake’s “Jerusalem”, Clarendon Press, Oxford, 1983, citato in M.D.<br />

Paley, The Apocalyptic cit., p. 87.<br />

91<br />

M. Butlin (catalogo a cura di), William Blake, Tate Gallery Publications, London, 1978, citato in M.D. Paley, The<br />

Apocalyptic cit., p. 87: «In nessun altro caso Blake dedicò così tante illustrazioni a due semplici capitoli della Bibbia».<br />

92<br />

Apo XII:1, in La Sacra Bibbia cit., p. 2274.<br />

93<br />

Ibidem, Apo XII:4.<br />

94<br />

M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 87.<br />

95<br />

Apo XII:13-14, in La Sacra Bibbia cit., p. 2274.


morbide e celestiali per la donna. 96 Come si può notare in tutte le raffigurazione del Diavolo 97 , la<br />

rappresentazione delle forme demoniache è scrupolosamente attenta alle descrizioni fatte nel testo<br />

dell’Apocalisse, sfociando spesso in figure grottesche, uniche dominatrici delle composizioni<br />

artistiche.<br />

In questo processo di evoluzione artistica risulta fondamentale l’osservazione di colui che<br />

ispirò gran parte del gusto del XIX secolo: Joseph M.W. Turner. 98 La sua vasta e varia produzione<br />

artistica consente di trattare questo maestro separatamente rispetto agli altri esponenti della School<br />

of Catastrophe, in quanto la sua attenzione verso il <strong>tema</strong> apocalittico iniziò prima e fu soltanto una<br />

delle sue numerose espressioni pittoriche. Turner, infatti, abbandonò presto le tendenze artistiche di<br />

quell’epoca, frequentemente basate sulla definizione del Sublime di Burke, per creare uno stile del<br />

tutto personale, costruito su giochi di luce e di colore, su forme convulse e circolari e su<br />

rappresentazioni eteree: un vero e proprio «Turnerian sublime». 99<br />

Nonostante, a volte, prendesse spunto dalle opere di Martin e Danby, con i quali era in<br />

“competizione”, egli sviluppò un’arte assolutamente originale così grandiosa da annebbiare<br />

completamente il rapporto che ebbe con il <strong>tema</strong> apocalittico. Indubbiamente, con i suoi 76 anni di<br />

vita, fu il pittore che segnò maggiormente il panorama inglese di quel tempo, influenzando, e più<br />

spesso offuscando, un’intera generazione d’artisti, tanto che risulta obbligatorio, nell’analisi<br />

dell’arte ottocentesca, fare riferimento alla sua figura, soprattutto per l’importanza che acquistò la<br />

sua rappresentazione della natura. Ciononostante, troppo spesso si è sorvolato sull’analisi delle sue<br />

opere secondo la chiave apocalittica e catastrofica che, invece, caratterizzò parte della sua<br />

produzione. Proprio perché meno evidente che in pittori come Martin, Danby e Colman, ancora in<br />

tempi recenti quest’aspetto viene semplicemente accennato nelle biografie e negli studi su<br />

quest’artista, rendendo difficile un concreto inserimento di quest’artista <strong>nella</strong> School of<br />

Catastrophe. 100<br />

96 La fisicità del drago è portata all’estremo, e tutti gli elementi caratterizzanti oltre ad essere accentuati, sono in primo<br />

piano: le enormi ali da pipistrello, le tre teste con le corna, e la coda arrotolata su se stessa. Sotto di lui, la donna che<br />

brilla dei colori dell’oro, è morbidamente avvolta in una veste che lascia intravedere la rotondità della sua gravidanza,<br />

ripresa anche dalla forma delle grandi ali d’aquila, molto più curve di quello che dovrebbero essere.<br />

97 A tal proposito, si vedano anche The Great Dragon and the Beast from the Sea, detto anche «And Power was Given<br />

Him over all Kindreds and Tongues and Nations», e The Number of the Beast is 666, rappresentazioni del XIII capitolo<br />

dell’Apocalisse, perfettamente analizzate in F. Cummings, William cit., in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura di),<br />

Romantic cit., pp. 161-163.<br />

98 Sulla figura di Turner si vedano: A. Staley, Joseph cit., in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura di), Romantic<br />

cit., pp. 189-198; A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., passim; M. Chamot, voce Turner, Joseph Mallord<br />

William, in Enciclopedia cit., vol. XIV, 1966; M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 101-121; S. Barini, I. Citterio, M.<br />

Pirovano e S. Pirovano, voce Turner Joseph Mallord William, in C. Pirovano (a cura di), <strong>Il</strong> dizionario cit., vol. O-Z.<br />

99 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 117: «Sublime di Turner».<br />

100 Gli unici approfondimenti sull’argomento sono stati trovati in M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp. 101-121.


Negli anni in cui West, de Loutherbourg e Blake realizzavano i loro terribili soggetti, anche<br />

Turner si volse al <strong>tema</strong> apocalittico, legandolo al suo primo interesse: la pittura di paesaggio. Di<br />

fatto, egli enfatizzò l’aspetto monumentale e il potere della natura, messa in relazione alla debolezza<br />

e alla pochezza del genere umano. Attraverso la rappresentazione dell’ambiente, evocò sentimenti<br />

di profonda spiritualità, concentrandosi sulla visione di un paesaggio che fosse sintesi di catastrofe<br />

naturale o divina “ricompensa”, dando vita alla rappresentazione del paesaggio apocalittico. 101 La<br />

sua produzione, in questo senso, iniziò nei primi anni dell’Ottocento, con la creazione di alcune tele<br />

rappresentanti le piaghe bibliche e altri temi semi-apocalittici 102 , che segnarono l’inizio di una lunga<br />

serie di raffigurazioni di cataclismi, disastri cosmici e furie elementali. 103 Fin da queste prime opere<br />

si nota l’importanza della natura, per la quale Turner s’ispirava al paesaggio di Poussin, che, come<br />

abbiamo visto, era considerato uno dei massimi rappresentanti dell’arte paesaggistica. 104 A<br />

differenza di West o de Loutherbourg, i quali disegnarono figure dominanti, Turner presentò i<br />

protagonisti come piccoli dettagli, concentrandosi sulle qualità apocalittiche del paesaggio.<br />

Decisamene più importante, per la formazione di questo pittore, fu la composizione del<br />

Deluge (c. 1805), <strong>nella</strong> quale egli combinò equilibratamente la natura e l’uomo, diventando un<br />

modello per i giovani artisti come Martin e Danby. Sebbene l’opera rimandi ancora una volta allo<br />

stile severo dell’artista francese, in realtà, se ne allontana per prendere una forma nuova, ravvivata<br />

dall’uso del colore nello stile di artisti italiani, quali Tiziano e Veronese. Ciò che però si scosta<br />

maggiormente dalla tradizione è la rappresentazione dell’episodio biblico in maniera catastrofica,<br />

elemento completamente assente nel Diluvio di Poussin e di derivazione più recente. <strong>Il</strong> disastro si<br />

svolge in uno sfondo totalmente naturale, al centro del quale, un gruppo di persone tenta<br />

disperatamente di arrampicarsi su una barca allagata: a sinistra, tra altra gente travolta dalle acque,<br />

un airone annega, intanto che, in primo piano, un serpente nuota avvolto su sé stesso; sulla destra,<br />

invece, dietro una donna dalle sembianze di una Maddalena, un possente uomo di colore aiuta una<br />

donna svenuta con in braccio un bambino, mentre accanto a lui viene riproposto il gruppo morente<br />

delle generazioni, già visto in opere precedenti. Ogni cosa nel dipinto, tranne l’arca ormai lontana,<br />

sta per essere spazzata via da un’enorme onda. Di conseguenza, tutto concorre ad accentuare quella<br />

tendenza pessimista che dubitava della validità del Diluvio come giusto mezzo di divina punizione,<br />

portando lo spettatore a fraternizzare con le vittime, che eroicamente e drammaticamente cercano la<br />

101 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 101.<br />

102 Le prime opere a carattere apocalittico furono per l’appunto: The Fifth Plague of Egypt (1800); The Army of the<br />

Medes Destroyed in the Desart [sic] by a Whirlwind (1801); The Tenth Plague of Egypt (1802); The Destruction of<br />

Sodom (1805): in A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., pp. 65-86; M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp.<br />

102-106.<br />

103 A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., p. 65.<br />

104 Per una breve analisi del rapporto tra Turner e l’arte di Poussin si veda J. Ziff, Turner and Poussin, in “The<br />

Burlington Magazine”, vol. CV, n° 724, July 1963, pp. 315-321.


salvezza, aiutandosi fra di loro. L’immaginazione del Settecento sovvertì, dunque, il tradizionale<br />

significato cristiano del Diluvio, per creare un evento dove non dominano le regole del Signore, ma<br />

quelle di una natura infuriata contro degli innocenti. 105<br />

A palesare l’attitudine pessimista di Turner, vi erano non solo le immagini, ma anche alcuni<br />

testi da lui scritti come commento alle sue tele. Nonostante il concetto fosse già stato introdotto nel<br />

1810 con The Fall of an Avalanche in the Grisons, egli compose un poema intitolato Fallacies of<br />

Hope, di cui, occasionalmente, utilizzò estratti a corredo dei titoli delle opere esposte. A tal<br />

riguardo, la prima opera in mostra con un brano di commento tratto dalle Fallacies fu Snowstorm:<br />

Hannibal and His Army Crossing the Alps 106 , esibita nel 1812, che, introducendo il tipico vortice<br />

presente in gran parte della sua arte successiva, mostra l’abilità del pittore <strong>nella</strong> combinazione tra la<br />

grande pittura storica e l’uso moderno degli effetti naturali, «whose sublime violence borders on the<br />

apocalyptic». 107<br />

Già in quest’opera si intravede come Turner muterà il suo stile nel rappresentare il Sublime<br />

apocalittico; fatto evidente già <strong>nella</strong> seconda decade del secolo e chiaro nelle successive opere a<br />

<strong>tema</strong> biblico, apparse negli anni ’40 dell’Ottocento, quando l’ormai affermato Martin sembrava<br />

volersi misurare con lui. In questo senso furono concepite opere come Shade and Darkness – the<br />

Evening of the Deluge e Light and Color – the Morning after the Deluge – Moses writing the Book<br />

of Genesis, entrambe esibite nel 1843, in seguito all’esposizione, qualche anno prima, di Eve of the<br />

Deluge e Assuaging of the Waters di Martin; e ancora The Angel standing in the Sun 108 del 1846,<br />

che seguiva le numerose rappresentazioni di angeli che Martin aveva inciso per l’illustrazione della<br />

Westall’s Bible (1836). Nonostante non possano essere considerate imitazioni delle opere di Martin,<br />

i dipinti di Turner devono essere intesi «as tacit ‘answers’ or responses to a challenge». 109<br />

È dunque chiaro come, all’inizio del nuovo secolo, immagini di orrore apocalittico, di<br />

devastazioni, di piaghe e pestilenze fossero alla base delle arti figurative visionarie. <strong>Il</strong> <strong>tema</strong><br />

apocalittico poteva essere trattato in termini illusionistici o simbolici, e questo era ciò che<br />

differenziava pittori come West, che mantenne la straordinarietà delle visioni di San Giovanni<br />

usando colori naturali e la costruzione prospettica, rispetto ad artisti innovativi come Blake che,<br />

105 G.P. Landow, Images cit., pp. 133-144.<br />

106 Per l’analisi dell’opera si vedano A. Staley, Joseph cit., in F. Cummings e A. Staley (catalogo a cura di), Romantic<br />

cit., pp. 191-192; A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., pp. 94-95, 153-156; M.D. Paley, The Apocalyptic<br />

cit., pp. 108-111; I. Ciseri, <strong>Il</strong> Romanticismo cit., p. 278.<br />

107 M.D. Paley, The Apocalyptic cit., p. 109: «la cui sublime violenza sfocia nell’apocalittico». Sull’influenza che<br />

quest’opera ebbe su Martin e Danby si veda A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., p. 155.<br />

108 Per una breve descrizione delle opere sopraccitate di Turner e un’analisi dei rapporti con gli altri pittori apocalittici,<br />

si vedano: A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., pp. 198-199, 216, M.D. Paley, The Apocalyptic cit., pp.<br />

113-118, e il sito della Tate Gallery (www.tate.org.uk).<br />

109 A. Wilton (catalogo a cura di), J.M.W. Turner cit., p. 216: «come tacite “risposte” o repliche a una sfida».


interpretando i contenuti, accentuò la stilizzazione e il simbolismo delle immagini a discapito della<br />

resa naturalistica. Lo stesso contrasto si potrà ritrovare <strong>nella</strong> generazione successiva tra le opere di<br />

Turner, che aveva una visione della religione meno esplicita e dottrinale, e quelle di Martin, Danby<br />

e Colman. Ciò che lo studioso Christopher Burdon afferma riguardo West e Martin, è, pertanto, una<br />

teoria estendibile anche agli altri due grandi componenti della School of Catastrophe:<br />

[They] saw their art as a kind of Christian evangelism, read the text of Revelation, it<br />

seems, in a lurid and literal way and tried to reproduce its visions in the midst of the<br />

known world, asking the viewers of their pictures to imagine the power of God invading<br />

it. 110<br />

Di conseguenza, nonostante questa corrente interessasse numerosi artisti fin dal XVIII<br />

secolo, la produzione di Martin, Danby e Colman fu una rappresentazione «beaucoup plus<br />

populaire, spectaculaire et même littérale» 111 , <strong>nella</strong> quale si tralasciò il messaggio di speranza e di<br />

gloria, tipico delle teorie millenariste, per mettere in evidenza l’aspetto più violento e catastrofico<br />

delle visioni di San Giovanni, grazie anche all’utilizzo degli elementi sublimi elaborati da Burke. I<br />

pittori disponevano di mezzi stilistici adatti ad evocare il Sublime, fra i quali figurano più<br />

caratteristici la ripetizione di certe linee, le dimensioni imponenti delle tele, l’uso di profondità e<br />

prospettive che si perdono nell’oscurità, e la sensazione di schiacciamento delle figure dei<br />

protagonisti 112 , tutti elementi, come si vedrà nel prossimo capitolo, facilmente ritrovabili <strong>nella</strong> gran<br />

parte delle loro opere.<br />

110 C. Burdon, The Apocalypse cit., p. 21: «[Loro] videro la propria arte come una sorta di evangelismo cristiano,<br />

lessero il testo dell’Apocalisse, sembra, in maniera impressionante e letterale, e provarono a riprodurre le visioni nel<br />

mezzo del mondo conosciuto, chiedendo agli spettatori dei loro quadri di immaginare il potere di Dio che lo invadeva».<br />

111 J. Durbin Rudney, Apocalypse et peinture cit., p. 89: «molto più popolare, spettacolare e anche letterale».<br />

112 Ivi, p. 97.

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